sabato 8 giugno 2013

Sostiene Petrou …

petrou renegades

Michael Petrou, autore di un libro sulla classe operaia canadese che andò a combattere in Spagna contro la sollevazione fascista nel 1936, fa una lettura delle analogie fra quella guerra e l'attuale conflitto in Siria, azzardando un parallelo che ha a che fare con quella che chiama "the fallacy of non-intervention", l'inganno del non-intervento. Con quest'espressione, vuole riferirsi alla politica adottata dalle democrazie - incluso il Canada - nel 1936, quando Francisco Franco, sostenuto dai suoi alleati, Hitler e Mussolini, si ribellò contro il governo spagnolo, democraticamente eletto e, alla fine, sottomise il paese. Fu detto che era un conflitto spagnolo, una guerra civile, e che doveva essere deciso dagli spagnoli. Non fu così che avvenne. Le democrazie non intervennero, ma gli altri poteri sì; fascisti italiani e nazisti tedeschi, da una parte, stalinisti sovietici, dall'altra. All'inizio della guerra, i comunisti era una minoranza all'interno della coalizione repubblicana. Poi, man mano che i presunti amici democratici della Spagna si defilavano, e, nel mentre, l'Unione Sovietica inviava uomini ed armi, il potere e l'influenza dei comunisti cresceva sempre più. Nel 1937, la Ghepeù insieme ad i suoi alleati spagnoli cominciò a stabilire tutta una serie di carceri segreti a Madrid e a Barcellona, dove gli oppositori politici venivano eliminati.
Questo, asserisce Petrou, ci riporta in qualche modo alla Siria. Sono oramai passati due anni, circa 80mila morti e centinaia di migliaia di sfollati; quella che era cominciata come una rivolta democratica, si è trasformata in una guerra civile. Il non-intervento cessa di essere un opzione, dal momento che l'intervento è già in atto. Dire di essere contro l'intervento sarebbe come trovarsi in mezzo ad una bufera di neve, e dire di essere contro la neve.
L'Iran sta appoggiando il regime del dittatore Bashar al-Assad, mentre la milizia libanese, che di solito si occupa di lanciare razzi su Israele, ha inviato suoi combattenti che si sono posti sempre al servizio di Assad. Invece, l'opposizione è composta da gruppi eterogenei, ma quello che appare chiaro è che gli islamisti salafiti sono il gruppo che sta guadagnando maggior forza e potere. In questi due anni, hanno ottenuto denaro e supporto dagli stati arabi del Golfo, mentre le altre fazioni non hanno ricevuto praticamente niente da nessuno, se si esclude l'invio di "aiuti non-letali" da parte degli Stati Uniti (per tentare di buttar giù un MiG che ti sta bombardando non c'è niente di meglio che indossare un paio di occhiali per la visione notturna!). Nel frattempo, il segretario di stato americano, John Kerry, ha raggiunto un accordo con il governo russo (pro-Assad) per portare le parti ad una conferenza (che i russi continuano a cercare di procrastinare); come se ci potesse essere una qualsiasi probabilità di successo per un simile conferenza, mentre Assad insiste a rimanere al potere e mentre i russi non intendono affatto smettere di dare il loro supporto militare al dittatore.
A fronte di tutto questo, Petrou sostiene che così come il non-intervento indebolì i democratici spagnoli, oggi sortisce lo stesso effetto in Siria. I ribelli siriani non hanno chiesto truppe straniere, e Petrou non suggerisce che qualcuno le offra loro, ma ci sono opzioni come oasi protette, attacchi aerei e no-fly zone, visto che la guerrà finirà solo quando una delle due parti prevarrà.

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