venerdì 7 giugno 2013

scusa un cazzo!

generale

E' di questi giorni la notizia secondo cui la troika si sarebbe scusata con la Grecia per i sacrifici imposti, in quanto, a quanto pare, avevano sbagliato i calcoli sugli effetti nefasti che tagli e sacrifici avrebbero avuto sulla caduta del PIL e su altri ammennicoli che hanno finito per mettere un paese in ginocchio. Quello che segue, invece, è un pezzo sullo stesso argomento scritto da Robert Kurz, poco più di un anno fa.

Il terrorismo dello stato d'urgenza
di Robert Kurz

Nel 21° secolo, le potenze del capitale hanno perso il gusto delle conquiste territoriali, da effettuare qua e là. Del resto, poi che se ne farebbero di territori economicamente bruciati e di popolazioni superflue? Questo non vuol dire, assolutamente, che l'imperialismo sia scomparso. Tuttavia, non si tratta più per le nazioni di costituire dei vasti imperi e zone d'influenza, bensì di mantenere il controllo di questa mondializzazione sempre più in crisi. I limiti della valorizzazione del capitale vengono sempre più ridefiniti allo scopo di limitare le possibilità di sopravvivenza delle masse di perdenti, ed il crollo delle economie nazionali è sotto sorveglianza, in contiguità con le bolle immobiliari finanziate dal credito, mentre si lascia alle spalle intere regioni che sprofondano nella miseria.
La produzione di sicurezza, per le imprese che sopravvivono in tali condizioni, necessita di una legittimazione ideologica. Ed ecco che viene a fagiolo: i figli del capitale, quelli che sono stati diseredati e spremuti, non sono dei santi ma, al contrario, tendono a prendersela di preferenza con i loro concittadini, piuttosto che con chi rende loro impossibile l'esistenza. La guerra, non allo straniero ma all'interno, colpa etnica e religiosa insieme, è divenuta il paradigma del conflitto in seno ad un mondo costituito da Stati in piena decomposizione. E le operazioni di polizia internazionale, svolte dalle forze dell'ordine dei centri capitalisti contro i barbari delle periferie, hanno potuto appoggiarsi agli ideali democratici.
Tuttavia, questa è stata solo la fase di una tappa passeggera nel processo di dissoluzione dell'edificio dell'ordine mondiale. Con la crisi economica mondiale che stiamo conoscendo a partire dal 2008, la situazione è di nuovo cambiata radicalmente. In termini di credito, i limiti della solvibilità vengono mantenuti ad un livello di attenzione, perfino dentro gli stessi centri capitalisti. Dovunque, vediamo profilarsi una crisi del debito come non si è mai vista altro che dentro le zone marginali del mercato mondiale. Oggi giorno, anche le metropoli si orientano verso un'inedita gestione della crisi, dove la pressione dello stato d'urgenza non viene più esercitato verso l'esterno, ma verso l'interno. Oltre alle popolazioni imprevedibili fuori dal cortile di casa, oramai abbandonate dal capitale mondiale, il bersaglio sono ora diventate le sue proprie classi medie. Il formalismo democratico, questo guscio vuoto che perfino i fascisti hanno oramai riconosciuto da tempo come principio formale del loro delirio, ha fatto proprio l'imperativo della valorizzazione del capitale, in quanto sua "base naturale" (Marx) che ne traccia i limiti. Il rubinetto del denaro, fluido vitale del capitalismo, va gradualmente chiuso, non più solamente alle vittime di povertà nuova e marginalizzata, ma anche alla maggior parte del "popolo sovrano" delle metropoli.
Questo, a sua volta, va a disegnare uno stato d'urgenza, destinato a legittimare tale nuova situazione. Allorché la NATO, in Libia, invocando i valori democratici, instaura la Sharia a colpi di bombe, non lo fa per la causa occidentale della mondializzazione, quanto per il vincolo oggettivo di un sistema finanziario traballante che possa assumere il ruolo degli arei da combattimento. Se l'attuazione di questo imperativo economico in nome della democrazia, e a detrimento degli interessi vitali elementari della maggior parte dei "sovrani" formali, sembra essere rivolto prima di tutto verso l'Unione Europea, è perché è qui che il sistema della moneta unica ha già portato al suo massimo, la contraddizione. Ed è qui che esiste un'istanza di intervento sovranazionale.
Con il suo Stato che si trovava di fatto in una situazione di bancarotta, all'interno di un contesto di crisi mondiale, la Grecia ha creato un precedente. Un'applicazione incontrollata dei regolamenti comunitari non farebbe soltanto saltare il sistema finanziario europeo: le ricadute oltrepasserebbero quelle seguite al fallimento della Lehman Brothers. Da un'altra parte, un'applicazione controllata è possibile solo se la quasi totalità della popolazione greca viene portata a vivere al di sotto del minimo vitale. Disoccupazione di massa in una proporzione mai vista, povertà che colpisce sempre più larghi strati di classe media, collasso della sanità e delle infrastrutture pubbliche, tutto questo è diventato realtà. Un tale catalogo della logica capitalista non può essere solo responsabilità delle élite greche. Esso abbisogna dell'intervento esterno di un imperialismo di crisi, su richiesta della troika (Commissione Europea, BCE e FMI), e non contro un ospizio per poveri dell'ex terzo mondo ma, per la prima volta, contro un paese occidentale.
Il governo Merkel ha deciso la linea dura, usando - la mano sul cuore - un linguaggio manageriale, oggi così ben appreso sia dalle classi politiche e mediatiche sia dai più bassi elementi della nostra razza di padroni. Considerati come dei capitalisti poco seri, i Greci non possono attaccarsi alla Disneyland berlinese; bisogna invece tenerli alla briglia politico-finanziaria fino a quando non sputano sangue. Si è arrivati a prendere in considerazione l'invio in Grecia di un commissario tedesco all'austerità, anche se la maggioranza dell'Unione Europea, in un empito di vergogna, alla fine si è pronunciata contro. Questo falso sentimento di superiorità deriva dalla posizione di grandi guadagni che occupa temporaneamente la Repubblica Federale Tedesca (*), dentro la crisi. Il rullo compressore delle esportazioni tedesche ha tratto profitto dai programmi statali attuati un po' dappertutto nel mondo, dalla svalutazione dell'euro dovuta proprio alla crisi del debito e, nella stessa Germania, dai bassi salari imposti ai lavoratori dopo la riforma Hartz IV. E' stato totalmente rimosso il fatto che la fiaba che sta vivendo l'economia teutonica ha come prerequisito, oltre al proprio debito, la buona salute delle altre economie, e non potrà che aver fine quando il potere di acquisto si sarà volatilizzato sotto l'effetto della recessione europea e mondiale. Malgrado tutto, ognuno ha capito che, con la Grecia, si trattava di dare un esempio, usando di quel buon vecchio masochismo sociale del soggetto "sovrano" tedesco che non ha mai ceduto in niente alla docilità cittadina.
In questo contesto, è del tutto logico che il budget sociale greco si sia visto ridotto a zero, mentre il budget militare è stato pressoché raddoppiato, tra il 2011 ed il 2012. Il debito che questo implica verrà accolto con indulgenza, anche dai futuri commissari all'austerità, visto che le commesse di Atene rappresentano il 15% del bilancio dei fabbricanti d'armi tedeschi. Ci viene così annunciato che l'apparato dello stato d'eccezione democratico mostrerà i suoi muscoli sul piano militare, ed in quel settore almeno, in Grecia, si comporterà nella stessa maniera "responsabile" in cui si è comportato in Afghanistan. Se dovesse rendersi veramente necessario, il terrorismo dello stato d'urgenza, sotto il comando tedesco, saprà mostrare una volta per tutte di cosa è capace. E così il regime di Assad ci potrà sembrare come una congrega di mollaccioni, dal momento che ci sarà in gioco molto più del magro PIL arabo.
In un primo momento, la classe politica greca dovrà un pochino negoziare le sue condizioni di resa e fingere una parvenza di resistenza, in modo, almeno, da salvare la faccia. La volontà delle urne evidentemente non sa ciò che si suppone deve volere. Il sussulto nazionalista si adatta bene ad un gestione post-nazionale della crisi e può ben servire da valvola di sfogo. La rabbia dei greci non è espressamente anti-tedesca. Se ne fotte del nostro sciovinismo esportatore, dal momento che l'inevitabile pogrom ha come bersaglio i rifugiati albanesi ed africani e tutti gli altri migranti, come si può vedere nei fatti,  e non solamente in Grecia. Anche su questo punto, la Germania, con i suoi serial killer nazisti coccolati dalla STASI democratica, ha degli innegabili vantaggi, in termini di leadership europea.

- Robert Kurz (marzo 2012) -

(*) L'autore parla sovente della RFT e della RDT, in luogo della Germania, al fine di sottolineare ironicamente gli scarti che continuano a persistere, più di vent'anni dopo l'unificazione, tra i Lander dell'ovest e quelli dell'est.

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