lunedì 3 giugno 2013

atlante

brigadas

Lo storico Victor Hurtado ha sistematizzato, per la prima volta, in un atlante contenente una cartografia in gran parte inedita, tutti i movimenti di truppe effettuati, nel corso della guerra civile spagnola, dalle Brigate Internazionali , la cui presenza contava fra i 35mila e i 40mila effettivi. Per elaborare il volume - il secondo della guerra civile spagnola, pubblicato dalla editrice Dau - Jordi Barra ha consultato lo scarso materiale militare repubblicano conservato, ma si è anche riferito alla memoria, alle carte, alle fotografie e ad alcuni giornali come "La Vanguardia", "Solidaridad Obrera", "ABC", e alla stampa degli stessi brigatisti. Viene spiegato come, i brigatisti, fossero veri e propri volontari: giovani proletari che abbandonarono la famiglia ed il lavoro per andare in Spagna, in molti casi a morire come carne da cannone dell'esercito repubblicano.
All'inizio, le Brigate si distribuirono a partire dagli idiomi parlati dagli stessi brigatisti: tedesco e olandese, francese e belga, italiano, inglese e slavo. C'era un importante battaglione ebraico, con membri che provenivano non solamente dalla Palestina inglese, ma anche da prima della diaspora, che avevano ben chiaro che dovevano battersi contro il fascismo, ma c'erano anche molti ebrei nei battaglioni nordamericani e nei contingenti tedeschi. IEra il 22 ottobre del 1936, quando il governo repubblicano autorizzò la formazione delle Brigate Internazionali, a fronte della necessità di organizzare tutti i volontari che arrivavano, in nave, in treno, in bicicletta o a piedi, e decisero di stabilire la loro base ad Albacete. Una mappa illustra che la maggior parte provenivano dalla Francia (13.300), dalla Germania e dalla Polonia (4.400 per ciascuno), dall'Italia (4.300), dagli Stati Uniti (3.200), dal Belgio (2.500), tutti quei volontari che rispondevano allo slogan, ripetuto da Parigi, a Londra, a New York: "Armi e uomini per la Spagna!"
Seppur in numero assai minore, viene sottolineata la sorprendente presenza di andorrani, cinesi, giapponesi, eritrei, australiani, un mongolo e centinaia di latinoamericani, per lo più messicani (414), venezuelani (138) e cubani (136).
Dapprima non vennero accolti molto bene, al punto che Largo Caballero non li voleva nemmeno, ma ben presto si rivelarono decisivi, come nella resistenza iniziale di Madrid e nella battaglia di Jarama, del febbraio del 1937. Nella battaglia di Guadalajara, poi, si verificò la circostanza aneddotica per la quale c'erano, a scontrarsi, italiani contro italiani. Hurtado e Barra ammettono che esistono delle gravi lacune nelle cifre dei brigatisti che parteciparono alla guerra civile, e si augurano che l'apertura degli archivi russi possa cambiare la storia delle Brigate, a livello di cifre e di relazioni.
Oltre ad essere maltrattati dalla Repubblica, i brigatisti soffrirono anche in seguito al loro ritorno a casa. Se a Parigi e a Londra vennero accolti a livello popolare, nel resto della Francia venivano perseguiti se non avevano svolto il servizio militare. A New York vennero accolti solo dai familiari e vennero perseguitati dal maccartismo. In Svizzera vennero condannati e mandati in carcere. I tedeschi e gli italiani, naturalmente, furono quelli che se la passarono peggio, dal momento che non avevano un paese a cui tornare ed erano considerati doppiamente traditori.
Hurtado si sofferma su alcuni dei combattenti "illustri", come Orwell, Malraux, Simone Weil ed Enver Hoxha. Così come identifica gli "amici" stranieri che in certi momenti andarono in Spagna per mostrare il loro sostegno alla Repubblica: Hemingway, Dos Passos, Dorothy Parker, Lilian Hellman, Octavio Paz, Alejo Carpenter, César Vallejo, Pablo Neruda, Antoine de Saint-Exupery, Tristan Tzara, Louis Aragon, Robert Capa, Willy Brandt.
Sottolinea il libro, come il più grosso "buco nero" sia quello che riguarda la "Colonna di Aragòn": la parte più romantica della guerra civile spagnola, quella che riguarda i volontari arrivati prima che si stabilisse il quartier generale ad Albacete, e che si riflette nel film di Ken Loach, "Terra e Libertà".

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