venerdì 3 maggio 2013

Superfluo

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Mentre Walter Benjamin girava per il sud della Francia in compagnia di Jula Cohn, Joseph Roth, a Parigi, incontrava il luogotenente dell'ormai estinto esercito austriaco, Franz Tunda. Sono le quattro del pomeriggio del 27 agosto del 1926, e Roth scrive: il mondo è ostile a Tunda. Ma il mondo se ne infischia, e continua a macinare con il suo ritmo, non accenna nemmeno a rallentare, per far sì, magari, che Roth e Benjamin possano leggere in pace i loro libri. Le strade sono affollate, i negozi sono pieni di gente, le donne si ammassano nei grandi magazzini, nelle pasticcerie, chiacchierando senza nulla da fare, nelle fabbriche ronzano i macchinari e sulle rive della Senna i mendicanti si cercano i pidocchi.
Qualcuno parla di nostalgia, a proposito dei libri di Joseph Roth. Altri raccontano come Roth, nei suoi anni passati a Vienna e, dopo, in quelli trascorsi a Parigi, avesse acquisito modi da dandy: baciare le mani alle signore, usare bastone e monocolo. Ma nel suo incontro con Franz Tunda, nel pieno di un tardo agosto, vide solo un enorme vuoto, un mostro gigantesco in grado di risucchiare tutto. Non aveva alcun mestiere, nessun amore, né desiderio né speranza, alcuna ambizione e, di conseguenza, nessun egoismo - scrive Roth, ricordando Tunda - Non c'era nessuno, in tutto il mondo, che fosse tanto superfluo quanto lui.

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