giovedì 31 gennaio 2013

Belfast

fotobelfast

La foto, della Sygma/Corbis, scattata nel 1972 in una strada di Belfast, mostra due membri dell'IRA che perquisiscono un passante, sotto una scritta ammonitrice.

giallo

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Alexandre Dumas, nella vita fece molte cose, come ci ha spiegato il dottor King Schultz in "Django Unchained"; fra le molte cose che fece, fra il 1860 ed il 1864 fu anche direttore di un giornale, L'Indipendente, con sede a Napoli. C'era stato messo da Garibaldi in persona. E, a quanto pare, su quel giornale uscì, pubblicato a puntate, un romanzo di cui sembrava si fossero perse le tracce; un libro cui solo qualche studioso dell'autore francese de "Il conte di Montecristo" aveva fatto qualche riferimento, citando una presunta lettera di Dumas. Tant'è che nessuno lo aveva più cercato quel libro.
Ora, invece, "L'Assassinio di rue Saint Roch" esce fuori - con tutti i suoi interrogativi - dall'archivio di una biblioteca napoletana, non so quanto polverosa, e viene pubblicato da Baldini e Castoldi Dalai. Scritto fra il 28 dicembre 1860 e l'8 dicembre 1861, il romanzo non può non farci delle domande ben precise, e su Dumas e su Edgar Allan Poe ed il suo "Delitto di Rue Morgue", da sempre considerato il capostipite di tutti i polizieschi.
L'ambientazione dei due romanzi è la stessa, come le stesse sono le vittime e la storia. Nel romanzo di Dumas padre, a visionare i cadaveri, viene chiamato il medico legale Paul Dupin, lo stesso medico legale che nel racconto di Poe si chiama Paul Dumas, e a condurre l'indagine è niente meno che lo stesso Poe; mentre nella storia scritta da Poe, Dupin è il cognome del detective. C'è di che insospettirsi! Solo che "I delitti della Rue Morgue" vengono pubblicati a Filadelfia nel 1841, vent'anni prima (!!!) del libro di Dumas. Del resto, lo stesso Dumas spiega, fin dalle prime pagine de "L'assassinio di rue Saint-Roch", che Poe era stato suo ospite a Parigi, nel 1832. Presentatogli da un altro scrittore americano, James Fenimore Cooper (l'autore de "L'ultimo dei Mohicani"), era stato ospite in Rue de l'Ouest, a Parigi, dove Dumas aveva ceduto due camere della sua casa a Poe. Proprio in quei giorni - a quanto pare - i due, sfogliando la "Gazzette des Tribunaux", erano venuti a conoscenza della terribile fine di madame L'Espanaye e di sua figlia Camilla, e si erano messi ad indagare sul delitto.
Ovviamente, l'unica prova sarebbe la "testimonianza" romanzesca di Dumas, scritta nel suo proprio libro, ma rimane assai probabile che proprio in quel periodo, fra il 1832 e il 1834, Poe abbia visitato l'Europa, magari arruolato nella marina mercantile, se non in quella di guerra, come Mellville. Inoltre. è da sottolineare come sia Poe che Dumas, e anche Fenimore Cooper, facessero parte di una setta massonica e rivoluzionaria americana, la "Society of the Cincinnati", che si prefiggeva come scopo quello di liberare le colonie americane, sia dall'Inghilterra che dalla Francia di Napoleone, e, più in generale, di provocare rivoluzioni repubblicane in tutt'Europa, cospirando per l'indipendenza di Grecia, Italia, Polonia e Turchia. Poi, a complicare ancora tutto questo mistero, esiste una lettera autografa, datata 1832, in cui Dumas parla dell'incontro con Poe.
Qui ci vorrebbe un detective!!!

giallo

mercoledì 30 gennaio 2013

buoni e cattivi

capitale

Evviva le frontiere! Abbasso la finanza!
Ecco lo slogan preferito dalla sinistra populista europea. Bisogna rimettere le dogane alle frontiere, e tassare le transazioni finanziarie - così continuano a martellarci, e lo slogan è stato ripreso anche dai conservatori. La sinistra, che sia moderata o "radicale", ha trovato il responsabile della crisi che ha investito tutto il pianeta a partire dal 2007. Il responsabile è il mondo della finanza, il banchiere cattivo, il malvagio speculatore! Sì, il vero nemico è lui - ci dicono - quest'uomo terribile che lavora per JP Morgan, per la BNP o per Goldman Sachs, e che specula con i soldi degli onesti investitori. E' lui che, giocando con i suoi computer, mette in ginocchio la sacrosanta "economia reale", fa salire alle stelle il tasso di disoccupazione, amplifica la crisi del credito.
Quest'analisi non solo è falsa, ma puzza anche di quel vecchio antisemitismo che finì per identificare nell'ebreo, il perfido banchiere. La finanza non è la causa della crisi, e le proposte di economisti pseudo-sovversivi come Frédéric Lordon non sono in grado di dare alcuna risposta a quello che sta succedendo. La verità è che non ci sono soluzioni. In ogni caso, non ci sono soluzioni in grado di salvare il sistema produttivo capitalista. Lo sviluppo di un capitalismo finanziario negli anni '80 e lo sviluppo esponenziale di un credito, un po' più recentemente, sono stati con ogni probabilità l'ultimo respiro del capitalismo. Come analizzato da Marx, il sistema capitalista possiede un suo limite interno, una vera e propria contraddizione inerente il suo funzionamento e che, fin dal suo inizio, ci parla del suo crollo inevitabile.
« La logica della valorizzazione capitalista reca in sé una contraddizione fondamentale che non può essere risolta. Da un lato, bisogna che sempre più forza lavoro venga impiegata nella produzione di merci, al fine di garantire la valorizzazione del capitale; la moltiplicazione del denaro, diventata un fine in sé, per mezzo dell'impiego di forza lavoro, è un fine astratto e quantitativo, e non conosce alcun limite logico. Dall'altro lato, la concorrenza onnipresente obbliga as aumentare continuamente la produttività per "razionalizzare" la produzione. Ciò vuol dire che bisogna produrre sempre più merci per unità di tempo, cioè ridurre il tempo di lavoro necessario fino a rendere "superflua" la forza lavoro.» (Norbert Trenkle, in
«Qu'est-ce que la valeur et qu'en est-il de sa crise? Une introduction à la wertkritik»
).
La ricerca del plusvalore (profitto) è alla base del modo di produzione capitalista, l'utilità di quel che viene prodotto conta assai poco. A partire da questo, si aprono due strade per il genere umano. In primo luogo, si può continuare a mettere cerotti sul corpo già morto del nostro buon vecchio sistema capitalista, e ciò è quello che si contenta di proporre la sinistra, che sia rosa, verde o rossa. Si può continuare a inanellare piani di rilancio, di austerità, o di non importa cosa, per cercare di ottenere il ritorno della crescita, come fine in sé. E noi, consumatori-pecore-elettori, si può continuare a chiedere lavoro, aumenti salariali, diritto di voto. Altrimenti, forse è tempo di guardare le cose come stanno, Forse è tempo di capire che il "lavoro", nel senso capitalista del termine, non serve affatto l'interesse della società, ma quello del detentore del capitale, e che esso è diventato oggi un elemento di controllo sociale primordiale. Il mutamento dovrà essere radicale, e va fatta un'analisi profonda del capitalismo e delle sue categorie (stato, valore, denaro, merce ...) per riuscire a porre le basi di una società post-capitalista.
La mera denuncia del cattivo speculatore, non solo non è in grado di apportare niente all'analisi, ma finisce per avere, come conseguenza diretta, proprio la xenofobia, in una società dove l'avvento del fascismo rischia di diventare un problema reale.

J.B.

fonte: http://palim-psao.over-blog.fr

martedì 29 gennaio 2013

predizioni

Napoleon-Bonaparte

NAVI A VAPORE:

" Che cosa? Vorreste costruire una nave per correre il vento e le correnti, accendendole un fuoco sotto coperta?" - Napoleone Bonaparte, 1800 -

 

Dr.-Dionysius-Larder

TRENI VELOCI: " Il viaggio ferroviario ad alte velocità non è possibile, dal momento che i passeggeri, incapacitati a respirare, morrebbero di asfissia." - Dr. Dionysius Larder, 1835 -

 

Western-Union

TELEFONO: "Questo 'telefono' ha troppi difetti per essere seriamente considerato come un mezzo di comunicazione. Il dispositivo è intrinsecamente privo di valore, per quel che ci riguarda." memo interno della WESTERN UNION, 1876 -

Lord-Kelvin

RAGGI X:

"I raggi X si riveleranno una bufala." - Lord Kelvin, 1883 -

 

HG-Wells

SOMMERGIBILI: "Devo confessare che la mia immaginazione si rifiuta di vedere ogni sorta di sottomarino che riesca a fare qualcosa di diverso dall'asfissiare il suo equipaggio ed affogarlo in fondo al mare" - HG Wells, 1901 -

 

Horace-Rackham

AUTOMOBILI: "

Il cavallo è qui per rimanere, ma l'automobile è solo una novità, una moda." - Horace Rackam (avvocato di Henry Ford), 1903 -

 

 

Charlie-Chaplin

CINEMA:

"Il cinema è poco più di una moda passeggera. E' un dramma in scatola. Quello che il pubblico vuole realmente vedere è la carne ed il sangue sul palcoscenico." - Charlie Chaplin, 1916 -

The-NY-Times

VIAGGIO SPAZIALE:

"Nessun razzo sarà mai capace di uscire dall'atmosfera terrestre." – The New York Times, 1936 -

 

The-New-York-Times

TELEVISIONE: " La TV non sarà mai un serio concorrente per la radio dal momento che la gente vi si deve sedere davanti e tenere gli occhi incollati su uno schermo; la famiglia americana media non ha il tempo per farlo." - The New York Times, 1939 -

 

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COMPUTER: "Non c'è alcun motivo per cui qualcuno dovrebbe volere un computer in casa sua." Ken Olson, presidente della DEC, specializzata in computer mainframe, 1977 -

Bentornati!

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Gli Ultras dei club calcistici egiziani sono stati associati per anni alle idee anarchiche, e sono stati accreditati come decisivi per il crollo del regime di Mubarak, nel febbraio del 2011. La scorsa notte hanno deciso di lasciare i loro luoghi, all'ombra dei graffiti sui muri, le conventicole ed i forum online, e sono riemersi al Cairo per riprendere il filo lasciato due anni fa. Una pioggia di bottiglie molotov contro gli uffici dei fratelli musulmani. Il governo ha subito provveduto a chiudere le loro pagine facebook, "Black Blocairo" e “Egyptian Black Bloc”, subito riaperte.
Il giorno dopo, hanno fatto la prima loro apparizione di massa in piazza Al-Tahir e, subito dopo, hanno attaccato con bottiglie molotov lo Shura (il parlamento egiziano) e si sono scontrati, insieme ad altri, con le forze di sicurezza.

black-bloc-egypt
"Ieri, dopo aver terminato la nostra manifestazione, ci siamo incontranti con alcuni facenti parte dei movimenti rivoluzionari ed abbiamo deciso di unirci per i nostri prossimi attacchi, dopo le nostre due prime azioni di ieri:

1 - Abbiamo incendiato Ikwahn, uffici online dei fratelli musulmani.
2 - Abbiamo incendiato l'ufficio di Ikhwan, in Al Manial street, Cairo.

Abbiamo annunciato la nostra rivoluzione, a cominciare da oggi, in piazza Al-Tahrir. Fino a quando l'Egitto ed il suo popolo non ottengano Vita, Libertà e Giustizia Sociale!

Black BloCairo, gli Hooligans

Aspettatevi i nostri prossimi attacchi, in risposta alla chiusura della nostra pagina ufficiale ..."

fonte: Anche se la Vostra Voce Trema

lunedì 28 gennaio 2013

mattini difficili, e commoventi

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Un'annotazione per mano di Guy Debord, sul retro di una busta, sulla quale aveva scrupolosamente annotato, via via, tutto quello che aveva bevuto il 9 maggio 1962, tra le 14 e le 6 dell’indomani mattina. Un miscuglio permanente di vino (rosé), di birra e di superalcolici (Calvados, Cognac) per un totale di tre litri di vino, due litri di birra e sei bicchieri di superalcolici (cioè mezzo litro). Ovvero, 5 litri e mezzo di alcol in sedici ore. Una media costante di circa 33 cl di alcol all'ora.
Eppure, come lui stesso scriverà, anni dopo, nel Panegirico: «D’altra parte sono un po’ sorpreso, io che ho dovuto leggere così spesso, al mio riguardo, le più stravaganti calunnie o critiche molto ingiuste, di costatare che circa trent’anni, e più, sono passati senza che mai un malcontento abbia denunciato la mia ubriachezza come un argomento, almeno implicito, contro le mie idee scandalose; con un’unica eccezione, peraltro tardiva, di uno scritto di alcuni giovani drogati in Inghilterra, che intorno al 1980 diceva che oramai ero abbrutito dall’alcol, e che pertanto avevo smesso di nuocere.»

domenica 27 gennaio 2013

il primo

gibilterra

8 agosto 1936, un marinaio spagnolo ferito viene soccorso da marinai inglesi. Lo stanno trasportando, per essere curato d'urgenza, in un centro sanitario situato a Gibilterra, Si tratta del primo marinaio spagnolo che entra nella Rocca, dall'inizio del dominio inglese.

 

fonte: http://album-agujero-negro.blogspot.it

suk

ambasciata

Allo scoppio della guerra civile in Spagna, nel luglio 1936, l'ambasciata spagnola a Parigi si trovò a giocare un ruolo di primo piano nella strategia diplomatica repubblicana. Iniziata la guerra, questa struttura del servizio diplomatico acquisì una rilevanza vitale, considerando che proprio a Parigi si andò ad insediare la Commissione Governativa per l'Acquisto di Armi, incaricata di centralizzare la maggior parte dei tentativi di acquisto di materiale bellico da parte del bando repubblicano.
Gli eventi che ebbero corso nell'ambasciata parigina, in seguito al sollevamento franchista, furono esemplificatori di quello che avvenne presso le altre rappresentanze diplomatiche spagnole.
La capitale francese, al tempo, ospitava una buona parte degli spagnoli monarchici ed antirepubblicani che risiedevano fuori dal loro paese. L'inizio del sollevamento corrispose ad un certo movimento, presso i circoli frequentati dagli spagnoli a Parigi, che avevano partecipato, in un modo o nell'altro, ad organizzare la cospirazione. La figura principale era José María Quiñones de León, ex-ambasciatore di Alfonso XIII nella capitale francese, il quale, nei mesi posteriori alla sollevazione militare, insieme al Conte delle Andes, fu l'organizzatore del Servizio di Informazioni della Frontiera del Nord-est della Spagna, con sede presso il Grand Hotel di Biarritz. I suoi anni di servizio a Parigi gli avevano fornito un'ampia rete di contatti: politici, diplomatici, giornalisti e militari che gli permettevano di stare al passo con gli eventi che si svolgevano nella convulsa Europa degli anni trenta. Le sue dimissioni, nel 1931, dall'incarico di ambasciatore, non avevano avuto come conseguenza un calo in tali rapporti, che continuava ad intrattenere, installato presso il lussuoso Hotel Meurice, in rue Rivoli, di fronte al Louvre.
Il primo compito fu quello di cercare di neutralizzare le attività dell'ambasciata, soprattutto quelle destinate a comprare armi all'estero. E, perciò, era necessario reclutare personale che simpatizzasse con la causa franchista. All'inizio, si preferì che i reclutati rimanessero al loro posto, per filtrare gli ordini provenienti da Madrid e, se il caso, sabotarli.
L'edificio dell'ambasciata, situato a duecento metri dagli Champs Elysees, in avenue George V, dopo la sollevazione militare, si era trasformato in una specie di suk, dove si mescolavano politici repubblicani, sorpresi dalla guerra civile fuori dal paese, ad altri politici arrivati dalla Spagna, al personale diplomatico e ad avventurieri, trafficanti di armi, opportunisti, ladri e cittadini di diverse nazionalità venuti ad offrire il loro generoso aiuto alla causa repubblicana. In tale clima di febbrile attività, cominciò ad aver luogo, nell'ambasciata parigina, una battaglia simile a quella che si svolgeva presso tutte le altre agenzie diplomatiche, cominciarono i primi arruolamenti ed i primi sabotaggi.
Poi, a settembre, con l'arrivo del nuovo ambasciatore, Luis Araquistáin, la sicurezza dell'ambasciata migliorò sostanzialmente, e l'attività cospiratoria, pur non cessando, venne limitata sensibilmente.

sabato 26 gennaio 2013

di padre in figlio

gerassi
Il 18 luglio del 1936, il pittore spagnolo Fernando Gerassi stava chiacchierando con gli amici sulla terrazza del caffè La Rotonde, a Parigi, quando passò Malraux e gli disse che Franco si era ribellato, in Spagna, e che aveva dato inizio ad una guerra civile. Gerassi, che in quel momento si stava prendendo cura del figlio di cinque anni, mentre la moglie seguiva una lezione alla Sorbona, depositò il bambino sulle ginocchia di un amico, pregandolo di spiegare alla madre cosa stava succedendo e si alzò per andarsene in Spagna a difendere la Repubblica. In tutto il mondo, migliaia di spagnoli facevano la stessa cosa, in quel giorno e nei giorni a venire. C'è da dire, però, che l'amico sulle cui ginocchia Gerassi depositò il piccolo Juanito non era uno qualunque. Si trattava di Jean Paul Sartre. Fino a quel momento, Sartre era convinto di avere incontrato qualcuno uguale a lui: Gerassi dipingeva come Sartre scriveva. Su questo si basava la loro amicizia. E poi, ecco che d'un tratto Gerassi si alzava da quella sedia a La Rotonde e, di punto in bianco, abbandonava la pittura!
Fu proprio per questo, nel tentativo di comprendere le cose, scrivendoci sopra, che Sartre convertì Gerassi in uno dei personaggi de "I cammini della libertà", il suo romanzo sul compromesso. In una scena mitica, Gòmez (Gerassi) si incontra fugacemente a Parigi con Mathieu (Sartre), quando è già caduta Madrid, e gli annuncia che quella stessa notte tornerà ad attraversare la frontiera per riprendere il suo posto nella lotta. Mathieu gli domanda il perché, dal momento che la guerra è oramai perduta, e Gòmez pronuncia la sua famosa frase: "Non si combatte il fascismo perché lo si può battere, lo si combatte perché è fascista."
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Gerassi era spagnolo ... nell'anima: era nato a Istanbul, figlio di ebrei sefarditi. La famiglia, benestante, lo aveva mandato a studiare con Husserl, in Germania. E Gerassi, lì, era passato dall'andare a sciare con il suo compagno di studi Heidegger a lasciare tutto per dedicarsi alla pittura, rubando anche la fidanzata al musicista viennese Alban Berg (l'ucraina Stepha Awdykovicz, che poi sarebbe diventata la mamma di Juanito oltre che l'amore impossibile di tutto il quartiere latino), finendo a morire di fame a Parigi. Lei lavorava di modo che lui potesse dipingere e, quando poteva, si iscriveva a qualche corso alla Sorbona. Fu così che si conobbero Sartre e Gerassi: Simone de Beauvoir rimase abbagliata da Stepha durante un corso.
Gerassi abbandonò Barcellona salendo sull'ultimo aereo che decollò, poco prima che cadesse la città. Si paracadutò dall'altra parte dei Pirenei, dal momento che la Francia rinchiudeva nei campi di concentramento, i repubblicani che passavano la frontiera. Il playboy Porfirio Rubirosa, che oltre a fare il trafficante occasionale di armi era anche genero del dittatore dominicano Trujillo, gli fece ottenere alcuni visti in cambio di qualche favore ricevuto (Gerassi e Malraux compravano da Porfirio armi per i repubblicani). Gerassi distribuì i visti ai suoi amici ebrei a Parigi, tenendosi gli ultimi tre visti per sua moglie, per suo figlio e per sé. Arrivarono a New York poco prima di Pearl Harbor. Due settimane dopo, stava con la OSS (Office of Strategic Services, americani): la sua missione (grazie alla sua esperienza nelle brigate repubblicane) era di entrare clandestino in Spagna, costruire una rete e stare pronto a far saltare alcuni ponti strategici, nel caso che i carri armati nazisti decidessero di passare attraverso la Spagna franchista per andare a difendere l'Africa del Nord.
Gerassi aveva combattuto in Spagna con i comunisti, e dopo la guerra, in era maccartista, la sua vita negli Stati Uniti divenne impossibile. Sopravviveva, insieme a Stepha e a Juanito, nel Vermont, lavorando in una scuola sperduta, la Putney School of Arts. Dopo averla fatto partire, la lascio in mano a Stepha, e tornò a dedicarsi alla pittura. Fu tutta una somma di delusioni. Non volle mai fare una mostra, né tornare ad insegnare. Cacciò di casa il figlio Juanito, quando aveva 15 anni: voleva studiare il marxismo e fare una tesi su Sartre. Poco prima c'era stato l'unico incontro di Gerassi e Sartre, dopo la guerra, in occasione di una mostra, al Museo d'Arte Moderna, di Mondrian ("Sì, però dipingere in questo modo significa non farsi domande difficili" - mormorò Gerassi); incontro che finì quando entrambi cominciarono ad accusarsi, gridando, di avere zoppicato moralmente, come se, faccia a faccia, non potevano essere altro che i personaggi de "I cammini della libertà"!
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Juanito non fece mai la sua tesi su Sartre, però, nel 1970, dopo aver girato il mondo come attivista internazionale, cercando invano di conciliare le tendenze dell'uomo d'azione con quelle dell'uomo di idee (Tribunale Russell, Cuba, Vietnam, Rivoluzione Culturale Cinese, Bolivia insieme al Che), venne consacrato, inaspettatamente, da Sartre, come suo biografo ufficiale. Si incontravano una volta la settimana, a parlare davanti ad un registratore. Sartre cominciava ad essere stanco: il peso di essere la coscienza del mondo gli pesava, soprattutto da quando i medici gli avevano proibito le anfetamine. Incontrarsi con Juanito lo faceva sentire in famiglia. Juanito conversava con le persone vicine a Sartre, per il resto della settimana. Ma anche Juanito, come il padre,non aveva pace. Aveva creduto che essere il biografo di Sartre significasse erigersi fiscalmente a proposito di ciascuno dei suoi atti, così come era stato rispetto al suo padre biologico, notte dopo notte, fino a quando aveva sbattuto la porta; ed un attimo dopo, aveva sentito, da dietro la porta, Gerassi che gridava, rivolto a Stepha: "Lascialo andare! Se riesce a sopravvivere questa notte, vuol dire che è ora che se ne vada da casa!"
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Juanito Gerassi dormì su quei nastri per quasi 40 anni. Non scrisse mai la biografia. Dopo la morte di Sartre, pubblicò un voluminoso studio su di lui. "La coscienza odiata del suo tempo", era il sottotitolo. Vent'anni dopo, quando gli restavano solo tre anni di vita, diede i nastri a Yale, in cambio della pubblicazione di una selezione dei suoi scritti. Un libro patetico e tristemente commovente, con dentro suo padre, Sartre, e lui stesso. Non era riuscito a distogliersi da quel duello di maschi, per concentrarsi su sua madre. Stepha Awdykovicz, la donna che aveva insegnato filosofia, musica, botanica ed astronomia a tre generazioni di giovani capaci, ma senza risorse, in Nord America. Si può trovare un intero capitolo dedicato a lei, nelle "Memorie di una ragazza per bene", di Simone de Beauvoir. C'è pero un bellissimo ritratto, che ne dà il figlio, senza rendersene conto. Quando Sartre, in una delle ultime conversazioni, gli chiede come vanno i disturbi della bella Stepha.
"Lei non ci vede quasi più, però conosce tanto bene le piante del suo giardino che riesce a distinguere, a tentoni, le erbacce, e a rimuoverle. Le dolgono talmente le mani che, quando le tocca, le scendono le lacrime, però la musica riesce a consolarla. E' troppo sorda per riuscire a sentirla, ma dice che la sente attraverso le dita".

fonte: http://www.pagina12.com.ar

venerdì 25 gennaio 2013

rosso di sera

aurora

75 anni fa, il 25 gennaio del 1938, ebbe luogo una grande aurora boreale che fu visibile in tutta quanta l'Europa. La Spagna si trovava in piena guerra civile, e l'evento, a quanto pare, venne vissuto con un miscuglio di sorpresa, di stupore e di paura. Il fenomeno, visibile in tutta la penisola iberica, causato da elio ed ossigeno atmosferico discesi a bassa quota, raggiunse il suo apice fra le otto della sera e le tre del mattino del giorno successivo. A Barcellona, dopo una giornata di pesanti bombardamenti, il morale delle truppe venne influenzato dall'apparizione di questa luce, mentre a Madrid si pensò - informa il quotidiano ABC, del 26 gennaio 1938 - che si trattasse di un incendio. Si pensava che stessero bruciando le montagne del Pardo. Poi, ci si rese conto che si trattava di un fenomeno metereologico. José Luis Alcofar Nassaes racconta, in un suo libro, riferendosi alla Catalogna, che si cominciarono a fare le più strane congetture. Uno strano misticismo si impadronì della città di Barcellona, si cominciò a parlare di miracoli e qualcuno diceva che quella luce aveva posto fine ai bombardamenti franchisti; l'ottimismo finì qualche giorno dopo, il 30 gennaio, quando ripresero i bombardamenti. Altrove si pensò che la luminosità fosse causata dagli incendi prodotti dai bombardamenti, ma anche alle anime dei morti nel corso dei bombardamenti. Qualcuno parlò di un'arma segreta del nemico.
Una menzione speciale la merita il giornale repubblicano "El Luchador", il quale approfittando della spettacolare Aurora Boreale, come era stata vista ad Alicante, riportò alla ribalta una vecchia storiella politica: "tutto questo ci ricorda un aneddoto che dimostra la stoltezza dei governatori monarchici", riferendosi all'anno 1880 e ad uno dei capi villaggio che erano stati messi al loro posto per eseguire gli ordini del "Cacicco Massimo", Francisco Romero Robledo, capo del governo. Sorpreso dal meraviglioso spettacolo dell'Aurora, si affrettò a telegrafare al Ministro: "Si è presentata Aurora Boreale: cosa devo fare?" Romero Robledo rispose immediatamente, sempre per telegramma: "Arrestatela immediatamente!".

giovedì 24 gennaio 2013

per amore

fotoGreasley

Il soldato inglese, nella fotografia, si chiamava Horace Greasley ed è sopravvissuto al campo di concentramento, dove lo vediamo, per morire il 4 febbraio del 2010. Greasley, secondo gli archivi, è stato il soldato che vanta il record mondiale di fughe da un campo di concentramento. Per più di 200 volte rinunciò all'ospitalità tedesca, nel corso della seconda guerra mondiale. Tale frequenza, ma anche le conseguenti ricatture, credo vadano considerate alla luce del fatto che era il suo amore per una ragazza tedesca, Rosa Rauchbach, a guidare i suoi passi. Il rischio era enorme, anche e forse ancor più per la ragazza, considerato che Rosa nascondeva le sue radici ebraiche ai nazisti.
Nella foto, lo si vede mentre sta sfidando, orgogliosamente, niente di meno che Heinrich Himmler, venuto a compiere un'ispezione nel campo di concentramento. Dopo la guerra, Greasley ha spiegato che, in quel momento, ignorava chi fosse quell'uomo. Sapeva, però, che si trattava di un ufficiale superiore, così aveva colto al volo l'occasione per cercare di ottenere razioni più abbondanti. Infatti, nel corso della "conversazione", Greasley, ad un certo punto, decise di togliersi la camicia per dimostrare a Himmler quanto fosse deperito. Ma, nonostante tutto, non riuscì a conseguire il suo obiettivo. Un motivo in più per andarsene, quanto prima!

mercoledì 23 gennaio 2013

Dumas era negro!

django1

Si trova in territorio ostile, il dottor King Schultz. Si trova nella tenuta governata con pugno di ferro, dal proprietario della piantagione e degli schiavi. Eppure, nonostante sia stato "smascherato" e si ritrovi controllato da diversi sicari armati, nonostante tutto riesce a prendere il controllo della conversazione. E' la sua arte, come ha saputo dimostrare fin dall'inizio del film. Del resto, è un dentista, e la specialità di ogni dentista è quella di farti stare zitto!!!
Rimirando la libreria, sposta il discorso su Dumas, e sorridendo, ironicamente informa Candie che Dumas era ... nero. Lo schiavista non riesce a trovare un'obiezione, a questa informazione circa il preteso colore della pelle dell'autore del Conte di Montecristo; rimugina. Solo quando Schultz gli girerà le spalle, dopo avergli spiegato che non può dirgli auf wiedersehen, ma solo addio, dal momento che non ha più intenzione di rivederlo; solo allora, pretenderà una stretta di mano, a sugello del contratto firmato. Ma Schultz non può stringergli la mano, è impossibile per lui compiere quell'atto non verbale che sarebbe ben più che una riconciliazione. Ecco che viene meno l'eloquenza, ma anche lo scherno, lo stesso che ci ha mostrato i razzisti del ku klux klan in  preda ai loro problemi con i buchi per gli occhi dei cappucci; la faccenda, ora, si fa seria. E' il momento della verità, non c'è spazio per nient'altro. E la verità è semplice. Ci sono conflitti che non possono avere una soluzione pacifica, e che se devono comportare la rovina comune, allora vuol dire che così dev'essere.

Django_unchained_trailer

martedì 22 gennaio 2013

padri e figli

Chissà cosa ne pensa, di questo video, il padre? Già, perché l'autore del videoclip musicale che si vede sopra è Romain Gravas, figlio di Costa-Gravas, figlio dell'autore di film come "Z" e "L'Amerikano". Certe eredità sono sempre pesanti, e sembra quasi che cerchino di costringerti a differenziarti. Come dire, ho appreso la lezione ed ora faccio per conto mio; cammino con le mie gambe e guardo con i miei occhi, senza dimenticare i tuoi, e quello che hanno visto. Ma la strada è quella giusta, e si vede. La musica può piacere o meno, ma le immagini sono potenti.

modelli economici

kurz

Nell'ideologia economica dell'Occidente, per lungo tempo si sono apparentemente affrontati due campi: quello degli USA, neoliberale, radicalmente orientato sul mercato, e quello dell'Europa, politico industriale, conosciuto anche sotto il nome di "capitalismo renano", a base di Keynesismo e di Welfare. Gli ideologi del mercato scommettevano su una politica dell'offerta (tagli della spesa a tutti i costi, in particolare della spesa salariale), mentre quelli dello Stato scommettevano su una politica della domanda (crescita dei consumi per mezzo della spesa pubblica e dell'innalzamento dei salari). Una trentina d'anni fa, il modello europeo aveva perduto qualsiasi credito, nella misura in cui l'accrescimento della spese pubblica aveva aperto la strada all'inflazione, mentre la crescita ristagnava, malgrado tutto. Il crollo del socialismo di stato sembrava confermare questa crisi. A questo punto, il concetto statunitense di ultraliberismo poteva intraprendere la sua marcia trionfale, mentre gli europei, in particolare i socialdemocratici guidati da Schröder et Blair, si affrettavano a seguirne l'esempio.
Il grande « successo » della rivoluzione neoliberista consisteva, come tutti sanno, nel far nascere delle bolle finanziarie senza precedenti, che incoraggiassero per più di un decennio la congiuntura deficitaria mondiale. Quando arrivò il crack del 2008, e mise fine a quest'epoca, l'atterraggio fu brutale. I governi europei, una « grande coalizione » con a capo la Germania, fecero ricadere la colpa sull'America e la sua dottrina neoliberale - come se essi non avessero, da parte loro, imposto a forza la medesima politica. A volte, si aveva l'impressione che ci fosse stato un cambiamento e che, su entrambe le coste dell'Atlantico, per mezzo di piani di salvataggio e programmi di rilancio, ci si fosse allineati al modello europeo. Ma i limiti del finanziamento pubblico non tardarono ad apparire sotto forma di crisi del debito. Fece ritorno il tradizionale antagonismo, più bruciante che mai, tranne che i ruoli si erano invertiti: almeno a prima vista, gli USA e la loro élite economica scommisero sull'intervento statale al fine di stimolare il mercato, mentre l'Europa, sotto l'ala della Merkel, si orientò verso dei programmi di austerità draconiana.
Ma la verità è che non c'era più un modello economico chiaro; al contrario, le due parti cercavano di uscirne con l'inganno. Sia negli USA che in Europa, da una parte si votavano i programmi di rigore finanziario sulla spesa, mentre da un'altra parte le banche centrali si impegnavano a far sì che il denaro continuasse a scorrere.  Gli Stati venivano esortati a risparmiare, le imprese ad investire. Solamente che, anche se annaffiate da denaro a buon mercato, le banche non accordavano più prestiti, se non in modo risibile, preferendo mettere i soldi nelle banche centrali. Dall'altra parte, le imprese avevano del tutto smesso di reclamare dei crediti per poter fare grossi investimenti, ed erano tornate alla buona vecchia politica che consiste nel ridurre drasticamente i costi. Senza la spesa pubblica non funziona più niente, ma essa deve essere ridotta comunque ad una porzione congrua. E se è anche vero che le bancghe centrali sottoscrivono le obbligazioni di Stato, non lo fanno per sostenere una domanda reale, ma semplicemente per frenare il deprezzamento di quei titoli, al fine di salvare le banche che li detengono.
Tale politica ipocrita ha portato un ritorno della stagnazione ancora più grave di quella precedente, ma stavolta non durerà. Per il momento, gli USA sembrano voler privilegiare la strada inflazionistica e l'Europa di Merkel la strada della recessione e di un terrorismo finanziario da Stato d'urgenza. Né l'una, né l'altra strada funzionerà. Chi vuole salvare il sistema finanziario non ha altra scelta che lasciar deperire la domanda, e chi vuol salvare la domanda si vede costretto a rovinare il sistema finanziario. L'intreccio assurdamente contraddittorio dei due modelli economici indica che i loro fondamenti capitalisti comuni si sono oramai sgretolati.

- Robert Kurz - da "Neues Deutschland"  6 febbraio 2012

lunedì 21 gennaio 2013

sponsor

Young

Luglio 1988, quasi subito dopo la prima mondiale di "This Note's for You" di Neil Young - canzone e video, dove vengono presi in giro vari musicisti di alto livello, per il loro avallare marchi come Pepsi e Michelob - MTV impone di non trasmettere il video "per problemi di violazione del marchio". Per tutta risposta, Young si offre di girare di nuovo il video; ma MTV sostiene che il testo della canzone è altrettanto problematico. Allora, Young, infuriato, scrive la seguente lettera aperta ai dirigenti di MTV.
(nota: alla fine, MTV, toglierà il divieto, e "This Note's for You" andrà a vincere l'MTV award come miglior Video dell'Anno)

  6 Luglio 1988
  
   MTV, voi, mocciosi senza spina dorsale. Vi rifiutate di trasmettere "This Note's for You" perché avete paura di offendere i vostri sponsor. Per cosa sta la "M", in MTV? Per Music o per Money? Lunga vita al rock and roll.
  
   Neil Young


fonte: http://www.lettersofnote.com

domenica 20 gennaio 2013

Prima e Dopo

marina

Marina Ginestà aveva 17 anni, insieme al sogno di una rivoluzione, quando, nell'estate del 1936 si fece fotografare, bella e orgogliosa, sulla terrazza dell'Hotel Colòn di Barcellona. Oggi, conserva, nel volto, ancora la stessa sfida.

sabato 19 gennaio 2013

Oggi

sull'autobus di ritorno dal cimitero di Coviolo alla stazione di Reggio Emilia, l'autista attacca bottone: "l'hanno cremato?" -fa. "Sì, l'hanno cremato"- "dopo la cerimonia". Poi soppesando con lo sguardo, di rimando, aggiunge "io la conosco la storia". "C'è la storia, e c'è l'uomo." "Non è un eroe" -suggella. "No, certo, gli eroi sono quelli che sparano e ammazzano i marinai indiani disarmati. E' così. No, non è un eroe. Per fortuna!"

venerdì 18 gennaio 2013

Domani

"Due razze di uomini. L'una uccide e paga, anche con la vita. L'altra giustifica migliaia di crimini ed accetta di ricavarne onori"  (- Albert Camus -)

gallinari_manette

Si terrà di domani, sabato 19 gennaio, alle 14.30 presso il cimitero di Coviolo in via dei Fratelli Rosselli 5 la cerimonia in saluto di Prospero Gallinari

Coviolo si trova a 4 km da Reggio Emilia. Si può raggiungere prendendo il bus 4 dalla stazione di Reggio Emilia.
Orari di collegamento (una ventina di minuti il tragitto)
13.11  /  13.59   /   14.05   /   14.12

parole

muerte
Le ultime parole!
"Qui, ho fatto il mio lavoro" - Albert Einstein
"Muoio come ho vissuto, al di là dei miei mezzi" - Oscar Wilde
"Ho bevuto 18 bicchieri di whisky puro. Credo che sia un record" - Dylan Thomas
"Levatemi questo cuscino. Non ne ho bisogno." - Lewis Carroll
"Non avrei mai dovuto passare dallo scotch al martini!" - Humprey Bogart
"Io sono il conte Dracula, il re dei vampiri, sono immortale." - Bela Lugosi
"Ora vado a dormire. Buona notte." - Lord Byron
"Che Dio aiuti la mia povera anima!" - Edgar Allan Poe
"Alce, indio" (incomprensibile frase di) - Henry David Thoreau
"Ma i contadini ... Come muoiono i contadini?" Lev Tolstoj
"O se ne va lui o me ne vado io" - (riferendosi alla carta da parati nella stanza) - Oscar Wilde
"Sei meravigliosa" - (rivolgendosi alla moglie) - Arthur Conan Doyle
"Andate via, sto bene." (Herbert George Wells)
"Qual è la risposta?" "Ah!" "Qual è la domanda?" (Tra un frase e l'altra, ci fu il silenzio) - Gertrude Stein
"Davvero nessuno lo capisce?" (Riferendosi al suo "Finnegans Wake") - James Joyce
"Uccidimi, se no sei un assassino!" - Franz Kafka
"Nato in una stanza d'albergo. Che sia maledetta! Morto in un'altra." Eugene O'Neill

giovedì 17 gennaio 2013

foto di gruppo con prete

prigionieri

24 settembre 1940. Prigionieri repubblicani, in un carcere franchista, durante una "celebrazione" in occasione della giornata della Vergine della Misericordia. Nella fotografia si possono contare 55 persone. Sono tutti seri e dimagriti, e guardano preoccupati verso il fotografo. Tutti tranne uno, che sorride per i posteri: il prete!

(Clickare la foto per ingrandire)

fonte: http://album-agujero-negro.blogspot.it

Plaza Joe Strummer

joe-strummer-en-granada

" Spanish songs in Granada, oh ma corazón ", ebbe a scrivere e cantare Joe Strummer in "Spanish Bombs". Ed ora Strummer avrà il suo nome, dato ad una piazza, nel cuore della città di Granada. E del resto, Strummer, a Granada c'era stato, ben prima dei Clash, partito da Londra insieme ad una ragazza spagnola, Paloma Romero, con cui aveva vissuto in una casa occupata, uno "squat". Poi, a Granada, insieme ad un gruppo locale, gli "091", aveva finito per produrre un loro disco. Con gli 091, aveva parlato molto della dittatura franchista, di Federico Garcia Lorca. E da quelle discussioni, sarebbe poi nata "Spanish Bombs". Era un'ossessione, Lorca, per Strummer. Raccontano che avesse comprato un badile, e avesse provato a scavare la tomba di Lorca!

mercoledì 16 gennaio 2013

Insisto!

joyce

L’insistenza di Joyce

Appunto per questo scrisse Borges una volta, non senza una punta di ironia: «I miei scritti sono così poveri, che persino un magistrato può migliorarli». Non è detto infatti che non sia una prova di immaturità artistica quell’insistenza di Joyce giovane, fermamente protrattasi per ben tredici anni se non più,nel non voler mutare, non diciamo una riga ma nemmeno una parola dei suoi racconti, per quanto glielo chiedessero i successivi editori a cui il manoscritto veniva presentato; quasi che ogni pezzo di ogni suo racconto fosse stato una gemma, il che può pure essere vero se si pensa che quelle novelle erano destinate a diventare antenate di quasi tutti i racconti scritti in seguito per almeno quaranta o cinquant’anni. Ma se quei pezzi da sopprimere erano davvero gemme, è strano che Joyce non si sentisse abbastanza ricco e sicuro da poterle sostituire con altre ugualmente preziose.
La verità è che quei passi che ferivano editori e tipografi (perché in Inghilterra erano soprattutto le tipografie a subire i rigori della legge) erano stati messi lì appunto per ferire, ed è a questa sua personale vendetta o provocazione che Joyce non voleva rinunciare: per lui era importante poter chiamare «vecchia ubriaca» la regina Vittoria; ma su questo piano si confondono l’arte e la politica, e ogni passo in tale direzione è un passo appunto verso la concezione totalitaria, che dal confondere l’arte con la politica presto arriva al sostituire interamente con la politica l’arte. Questo è il cammino che hanno seguito molti dotati scrittori italiani, fino alla quasi totale cancellazione; e come sembrano oggi seri, persino al pubblico, quelli che non l’hanno seguito, si chiamino Campanile o Landolfi.

- Juan Rodolfo Wilcok -  "Il Reato di Scrivere" -

martedì 15 gennaio 2013

connazionali

poitier

Aveva 15 anni nel gennaio del 1943, Sidney Poitier, quando lasciò Nassau e la sua famiglia, diretto verso gli Stati Uniti, la "terra delle opportunità", in cerca di una vita migliore e di qualche soldo da mandare ai suoi, rimasti alle Bahamas. Dopo mesi di lavori sottopagati e di notti passate a dormire per le strade di Miami, decise di andarsene ad Harlem. Una voltà lì, incapace di riuscire a trovare un lavoro durevole, si arruolò nell'esercito, mentendo sulla sua età. Venne congedato dopo un anno. I soldi guadagnati sotto le armi, finirono alla svelta, ed era sul punto di rinunciare. Piantare tutto e tornarsene a Nassau. Nel disperato tentativo di tornarsene a casa,incapace com'era di mettere insieme abbastanza soldi per pagarsi il viaggio, scrisse una lettera al Presidente Roosvelt, chiedendogli un prestito. Fortunatamente per lui, non gli arrivò risposta. Di lì a poco riuscì ad entrare nella compagnia dell'American Negro Theater e, piano piano, riuscì ad emergere come attore. Nel 1963, 18, anni dopo che aveva scritto la lettera al Presidente, Poitier divenne il primo nero a vincere l'Oscar come miglior attore, per il sua recitazione nella parte di Homer Smith, nel film "Lilies of the Field" (in italiano, I gigli del campo) di Ralph Nelson.
Questa è la lettera:

Caro Presidente Roosvelt,

   Il mio nome è Sidney Poitier e mi trovo qui negli Stati Uniti a New York City. Sono delle Bahamas. Vorrei tornare alle Bahamas ma non ho i soldi necessari. Mi piacerebbe che lei mi prestasse 100 dollari. Glieli restituirò quando sarò arrivato alle Bahamas. Mi mancano mia madre e mio padre, i miei fratelli e le mie sorelle, mi manca la mia casa nei Caraibi. Sembra che non riesca proprio ad organizzarmi qui in America, soprattutto per il freddo, e perciò le chiedo, come cittadino americano, di prestarmi 100 dollari per tornare a casa. Glieli rispedirò e le sarò veramente molto grato.
  
   Il suo connazionale Americano
  
   Sidney Poitier
  
  
fonte: http://www.lettersofnote.com

lunedì 14 gennaio 2013

il giornalista e il brigatista

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"Twitta" Gianni Riotta, su Twitter, a proposito di Gallinari che:
"Colpisce toni ricordi brigatista Gallinari, scomparso oggi: tranne @GotorMiguel parlano di Resistenza e non di strage di innocenti a viaFani"
Certo, non è che uno a Riotta possa chiedere più di tanto, ma credo che la considerazione, nella quale il giornalista fa professione di sgomento, meriti una piccola analisi, anche se ancora i funerali di Prospero non ci sono stati. Ma credo, valga ricordare come questo, nella nostra epoca di pensiero unico ci possa portare a fare raffronti ed analogie con altri funerali, ed altre epoche di pensiero unico. I funerali di Malatesta nella Roma fascista, e quelli di Kropotkin nella Russia bolscevica, ma anche quelli della Baader-Meinhof, a Berlino. Momenti in cui il racconto della sconfitta diventa la sottile vittoria del vinto. Come oggi, con Prospero, per Prospero, grazie a Prospero.

censure

Wilcock 1961 - Recortado

Ma per chi di idee ne ha molte, le potature del censore (non totalitario, cioè, non la potatura totale e definitiva, che è un’altra canzone) non saranno mai una  tragedia. Si è visto per esempio il caso di un film girato quasi interamente davanti a un ottuso censore spagnolo, il quale ordinava senza posa di sopprimere questa o quella inquadratura e per ogni cosa che gli veniva vietata il regista ne inventava una migliore. L’ultima scena dell’opera doveva infine presentare i due protagonisti finalmente congiunti nell’amplesso amoroso, e anche questo particolare tradizionale il pubblico ufficiale ebbe a trovare spinto, sicché il regista esplose adirato: «E  allora che vuole che facciano, che li metta a giocare a carte?». Il censore approvò subito questa idea, e anche il regista la trovò buona, e così venne dato al film un finale molto più intelligente di quello previsto nel copione. Ma naturalmente la Spagna non è un paese totalitario, dove il buon regista invece di girare un film sarebbe o morto o in campo di concentramento.

- Juan Rodolfo Wilcock - "Il Reato di Scrivere" -

domenica 13 gennaio 2013

¡Ay, Carmela!

ebro

 

La battaglia dell'Ebro, senza ombra di dubbio una delle più cruente e definitive fra tutte le battaglie combattute durante la guerra civile spagnola. La battaglia dell'Ebro, la più triste di tutte, una battaglia narrata, cantata, vista al cinema, ed ora, forse "definitivamente" raccontata in questo libro del 2003 che cerca di chiarire gli eventi fatali di quella guerra, di quella battaglia senza vincitori né vinti. Mappe, interviste, manifesti, giornali dell'epoca, per raccontare la storia di quei quattro mesi di lotta, quattro mesi, dal 25 luglio al 13 novembre del 1938, in cui tanti credettero di essere stati piombati all'inferno. Jorge Reverte ha scritto un libro esemplare, emozionato, in ogni pagina una storia, e tutte le storie, insieme, a formare la storia della battaglia dell'Ebro, vista da ogni angolatura, dall'alto della politica internazionale giù, fino al fondo della più sporca trincea.


Jorge Martinez Reverte - La Batalla del Ebro (scaricabile qui per intero)
Language: Spanish | Publisher: Critica | ISBN: 8484324699 | 2003 | PDF | 472 pages | 5 mb

sabato 12 gennaio 2013

fatti inquietanti

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Si era alla fine degli anni '50, sicuramente dopo la rivolta del 1956, quando arriva, da Budapest, la notizia di un "battesimo comunista". Ne riferisce Juan Rodolfo Wilcock, che ha rinvenuto la nota che ne parla sulle pagine di un giornale italiano di cui non si saprà mai il nome. Tutto quello che ne rimane sta dentro una voce del suo libro, "Fatti Inquietanti".
La scena avrebbe potuto svolgersi anche a Praga, anziché a Budapest, e poteva benissimo essere una storia raccontata da Bohumil Hrabal, oppure, in tono meno farsesco e assai più disperato, da Milan Kundera.
Wilcock inizia con la frase - "Su un giornale di Budapest è apparsa una strana notizia ..." e passa a raccontare la storia del battesimo di Mihály Czirjancis, figlio di un operaio, avvenuto nel corso di una cerimonia che "non sapremmo se definire religiosa". La segretaria della sezione locale del partito comunista, ha fatto da madrina, ed il rito si è svolto nel cortile della fabbrica. Il padre, insieme ai colleghi, "hanno cantato in coro diversi inni comunisti ungheresi".

venerdì 11 gennaio 2013

i libri che non ho scritto

malraux

Era l'unico, o almeno uno dei pochissimi, André Malraux, fra i "mostri sacri" della letteratura francese del XX secolo, a non aver avuto pubblicato un volume di "Corrispondenza". C'è da dire che, nel caso dell'autore de "L'espoir", che lui stesso si era premurato, nel suo testamento, a stabilire che le sue lettere non venissero pubblicate, non prima di almeno 30 anni dalla sua morte.
Malraux non considerava la corrispondenza una forma di letteratura e, soprattutto, non intendeva far parlare di sé e della sua intimità; la massa trascurabile dei segreti, come la definiva. Ora, trascorso il tempo prescritto, l'editore Grasset la fa finita con quest'anomalia, e pubblica un libro (Lettres choisies, 1920-1976 (Cartas escogidas, 1920-1976)) che comprende più di 200 lettere, scelte e commentate da François de Saint-Cheron, dove si muove un Malraux come liberato, in un sol colpo, dal peso della letteratura e da quello del grande uomo di stato. Viene fuori l'amico attento, spesso simpatico e divertito, lettore compulsivo, senza far però dimenticare l'uomo dei compromessi politici. I destinatari sono il generale de Gaulle, Max Jacob, Anré Gide, José Bergamin, Marc Chagall, Pablo Picasso, Salvadot Dalì.
"Niente mi pare degno della lettera, tranne le idee, le cose di ordine pratico e gli elementi bizzarri della vita" - questa è la frase di Malraux che fa da preambolo al libro, sebbene nelle lettere pubblicate sia stato consegnato poco spazio alle "cose di ordine pratico". La fanno da padrone, le idee, che siano letterarie o politiche, e, in sottordine, lo “estrambótico”, una delle sue parole feticcio, che emerge da ogni pagina.
Pur quando è investito della funzione ministeriale (che occuperà dal 1958 fino al ritiro di de Gaulle), dimostra tutto il suo senso dell'umorismo; quello stesso che gli faceva disegnare "piccoli diavoli" sulla copertina delle sue note del Consiglio dei Ministri. Nelle lettere a de Gaulle, che definisce come "un compañero, a volte meraviglioso, e fedele, a bordo di una nave sulla quale il destino ci ha imbarcati entrambi".

Malraux 4

Dall'inizio, fino alla fine del libro, quello che risalta su tutto è proprio il valore assegnato all'amicizia, da parte dell'autore de "La condizione umana". "In letteratura, ogni attacco personale è vano", scrive ad un certo punto. Spiega a Martin du Gard come si sia trovato a cantare per la gioia, sapendo che gli avevano assegnato il nobel per la letteratura; lo stesso nobel che Malraux non otterrà mai. In un'altra lettera, sempre a du Gard, chiede che vengano trasmesse a Camus, le sue congratulazioni per avere ottenuto il premio, e applaude alla sua "condotta esemplare". "Avrebbero dovuto darlo a Malraux" - ebbe a dichiarare Camus.
Molte delle lettere, sono una sorta di mini-critica letteraria delle opere che ha ricevuto, che ha letto, che ha analizzato. In altre occasioni, la sua attività politica gli ha impedito di mantenere con la letteratura, quel contatto che amava; e lo manifesta in una lettera a Gide, scritta alla fine del 1945, in cui si scusa per non averlo potuto ringraziare per il suo articolo su "L'espoir". "Quanto alle povere anime che pensano che 'prima lottassi' e che ora mi sarei guadagnato il riposo borghese, hanno molto da imparare ...".
A Marcel Pagnol, che gli propone di presentarlo come candidato all'Accademia Francese, nel 1954, argomenta così il suo rifiuto: "Il desiderio di portare a termine lavori interrotti per 10 anni, di cui lei sa, mi ha obbligato ad una specie di pensione. Mi separano da lei, i libri che non ho scritto".

giovedì 10 gennaio 2013

in che modo, esattamente?

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Nel 1890, i marxisti si trovano di fronte ad un problema molto reale, e politicamente pressante, che Engels spiega nel modo seguente:
"Su un punto, i nostri compagni francesi hanno assolutamente ragione: nessuna trasformazione rivoluzionaria duratura è possibile in Francia contro il volere del piccolo contadino."
Al tempo, in Francia,i contadini erano la più numerosa classe sociale, ed era chiaro per Engels e per i marxisti che nessuna azione socialista, che avesse successo, poteva essere intrapresa, in opposizione a questa classe. Però, la classe non era affatto interessata agli obiettivi politici dei socialdemocratici, e preferiva mantenere le proprie condizioni economiche. Perciò, il problema che si poneva all'opposizione atteneva a come indirizzare le richieste economiche di questa classe al fine di prendere il potere. Secondo Engels, alcuni marxisti pensavano che questo poteva essere fatto mentendo sfacciatamente ai contadini, a proposito delle politiche del futuro governo socialdemocratico.
"(Noi) possiamo portare immediatamente dalla nostra parte la massa dei piccoli contadini solo se siamo in grado di fare loro una promessa che noi stessi sappiamo di non poter mantenere."
Chiaramente, Engels avvertiva i socialdemocratici che nessun marxista poteva salvare i piccoli produttori dal loro destino; tutt'al più, i marxisti potevano solo ritardare l'inevitabile.
"Non è per niente nel nostro interesse, portare il contadino dalla nostra parte, una notte, per poi perderlo di nuovo, la mattina dopo, se non possiamo mantenere le nostre promesse. Non possiamo fare nessun utilizzo del contadino, come membro del Partito, se lui si aspetta che noi perpetuiamo la sua proprietà del piccolo appezzamento di terra, così come del piccolo artigiano, che si vorrebbe vedere perpetuato come maestro."
Ora, era chiaro cosa avrebbe significato questo, nella Francia del tempo, ed Engels, che non si illudeva sulle conseguenze di un comportamento onesto da parte dei marxisti, non esitava a descriverne le conseguenze:
"Lasciateli andare con gli anti-semiti che prometteranno loro di salvare le loro piccole imprese."
Oggi, i marxisti hanno perso un simile senso di onestà.
Anche studiosi come Guglielmo Carchedi possono dimostrare, da un lato, che le politiche Keynesiane non funzionano, mentre, dall'altro lato, chiedono alla classe operaia di battersi, comunque, per tali politiche. Continuano a promettere la "vera democrazia", quando sanno che lo Stato deve essere abolito. Promettono "paghe decenti" alla classe operaia, quando sanno che il capitalismo sta abolendo la domanda di lavoro. Continuano a fare promesse sulla sicurezza sociale, ed altri programmi di welfare, quando sanno che tali programmi devono essere aboliti: se il capitalismo non viene abolita, la sicurezza sociale non c'è più; se il capitalismo viene abolito, la sicurezza sociale non serve. In entrambi i casi, non c'è più!
Oltretutto, la classe operaia non è una qualche classe di piccoli produttori condannata alla sua propria scomparsa, dal progresso del capitalismo, ma sarebbe proprio il prodotto del capitalismo ed il cuore della rivoluzione sociale. E allora, quale ragione ci dovrebbe essere per mentire alla classe operaia su tali questioni? Che vantaggio ne proverrebbe? Diversamente dai socialdemocratici dei tempi di Engels, i marxisti, oggi, non hanno nessuna speranza di sostituirsi al potere statale. Perciò, rimane solo da pensare che ci credono davvero alle loro bugie, e pensano davvero che cose come la sicurezza sociale, il salario minimo garantito e la protezione dell'ambiente possano sopravvivere alla fine del capitalismo. Fottuti buffoni!

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Sia come sia, sembrano confermare la considerazione, fatta da Robert Kurz, a proposito del fatto che "La difficoltà consiste nel fatto che la forma capitalista della divisione funzionale della società - come nel caso della struttura capitalista del valore d'uso - non può essere assimilata, senza alterazioni, all'interno di una riproduzione emancipatrice". Che poi sarebbe la difficoltà di fronte alla quale si trovarono i Comunardi, a Parigi, quando presero il controllo della vecchia macchina statale; e si videro costretti a dismetterne l'intera struttura, per crearne una del tutto nuova che soddisfacesse ai nuovi specifici bisogni. Ora, l'esperienza comunarda circa lo stato, si estende all'intera struttura economica della società, che dev'essere distrutta.
La risposta alla domanda, "In che modo, esattamente?", comincia con l'assumere che niente delle presenti relazioni può più essere salvato, sotto nessuna forma.
L'ultima volta che questa domanda venne posta, dall'anarchico Bakunin, Marx rispose che anche dopo l'emancipazione, sarebbero rimaste vestigia dello Stato; non era questione di quello che si desiderava, ma di processi materiali che determinavano quello che poteva, e quello che non poteva essere realizzato. Dal punto di vista della società di allora, la produzione di merci non aveva ancora esaurito la sua utilità, ed il lavoro era ancora materialmente necessario, come la rivoluzione fordista avrebbe in seguito dimostrato. Marx risponde a  Bakunin più o meno come Engels rispondeva ai marxisti, a proposito dei contadini. Smettere di firmare, agli anarchici, assegni che non potranno riscuotere. Si può promettere alla classe operaia che lo stato verrebbe abolito, ma sarebbe una promessa disonesta, come quella fatta ai contadini francesi.
L'argomento è semplice: lo stato non può essere abolito nella sua interezza, finché sussiste la produzione di merci.
Due sono i corni della questione. Il primo attiene alla relazione fra stato e produzione di beni, ed al fatto che lo stato non possa essere abolito finché si dà divisione dei mezzi di produzione, fra i membri del società, finché le basi economiche della società si fondano sulla produzione e sullo scambio di merci. Il secondo corno, invece, riguarda la necessità stessa della produzione di merci: a che punto diventa obsoleta per la società nel suo intero?
Assumendo che fosse corretta, l'argomentazione di Marx, circa la relazione fra Stato e produzione di merci, niente però lascia supporre che la sua risposta, alla domanda di Bakunin, fosse definitiva. E ora la produzione di merci ha ormai esaurito la sua utilità.

mercoledì 9 gennaio 2013

sterminatori

 

Tierney Jailed After Scuffle  New York -- Patrolman Louis Romano questions former movie actor Lawrence Tierney in the West 54th Street Police Station early today. Tierney was arrested after a bruising battle with Romano and another policeman on Sixth Avenue after they had ejected him from a bar. All three were given treatment at a hospital and released. (1958)

New York, 1958. L'attore di origine irlandese Lawrence Tierney si trova presso la stazione di polizia della 54.a strada west. Tierney che aveva interpretato, da protagonista, il ruolo di Dillinger nel film "Lo sterminatore" del 1945 (e che, prima di morire, chiuderà la sua carriera nel film "Le Jene" di Tarantino, nel ruolo di Joe Cabot), ha appena avuto una "discussione" con il poliziotto che si vede nella foto, Louis Romano, ed un altro agente. I due avevano buttato fuori da un bar l'attore che se l'era avuta piuttosto a male.

martedì 8 gennaio 2013

possibile

fabregas

Quando, dopo il 20 luglio 1936, gli anarchici - per quanto armati e padroni delle strade, delle fabbriche e dei quartieri - di fronte ad un futuro incerto, rinunciarono a portare fino alle estreme conseguenze i loro presupposti rivoluzionari, si aprì una via intermedia che, a partire dall'intenzione "realista" di vincere "prima la guerra", segnò anche la perdita irreparabile del loro protagonismo.
Così, si rispettava il governo della Generalidad e si creava, insieme ai partiti della borghesia, il Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste. Ma anche così, per tutti i primi giorni ed i primi mesi, il potere reale continuava a dettar legge nelle strade e nei quartieri; mentre nelle fabbriche si dava inizio alla loro appropriazione collettiva. In molti cosi, obbligati dalla fuga precipitosa dei padroni.
Quando il governo della Generalidad, e il suo presidente Companys, cercarono di rafforzare il loro potere, cercando di attrarre la CNT nell'area di governo, allora arrivò il momento di mettere per iscritto "i metodi rivoluzionari". Non si trattava di una "socializzazione" dell'economia, di un mutamento rivoluzionario della struttura, ma semplicemente di riconoscere quello che era già realtà. Praticamente, per la "collettivizzazione", era il momento di "fare la legge" che la definisse, ma anche la limitasse. Insomma, venne escogitata una soluzione "possibilista".
Ed è qui che ha un ruolo cruciale, come ministro dell'Economia e rappresentante della CNT, Joan Porqueras Fàbregas (conosciuto anche come Joan P. Fábregas).
La figura di Fàbregas rimane, oggi, quasi praticamente sconosciuta. Non solo ma i dati che si trovano, appaiono spesso contraddittori. Figlio di un oste, fece studi di contabilità, praticò diversi mestieri, fu panettiere e venditore di automobili, per finire poi, verso la metà degli anni venti, consigliere della Banca Marsans. Ed è a questo punto che comincia la confusione sulle sue tendenze politiche, ed alcune fonti lo arruolano come militante della "Lliga regionalista", un raggruppamento politico conservatore. Ovviamente, il lavoro di Fàbregas lo porta a relazionarsi con la borghesia catalana - sono, di fatto, i suoi clienti - ma accomunarlo a tale destra è cosa diversa, soprattutto quando si che, alla proclamazione della seconda repubblica, nel 1931, si presenta nelle lista della  Esquerra Repúblicana de Catalunya (ERC) e iscrive al Sindacato delle Libere Professioni della CNT. Nel gennaio del 1932, fonda l'Istituto di Scienze Economiche della Catalogna, all'interno dello "Ateneu Enciclopèdic Popular", dove comincia a giocare un ruolo di primo piano, come docente di economia politica.
FabregasGobierno

E' l'11 agosto del 1936, che entra a far parte del Consiglio di Economia della Catalogna, dove difende il criterio della "collettivizzazione". Arriva proprio nel momento in cui l'organizzazione anarcosindacalista ha optato per il possibilismo, e necessita di qualcuno che abbia solide conoscenze di Economia. E quando le dirigenze locali e regionali della CNT danno il nulla osta per l'entrata nel governo della Generalidad della Catalogna, sarà Fàbregas ad essere designato, il 26 settembre, come ministro dell'Economia.
Ed è proprio in tale veste che redige e firma il "Decreto di Collettivizzazione e Controllo Operaio"; la disposizione legale più importante, in materia di economia, promulgata durante la guerra civile. Si racconta che l'abbia difeso con tale tenacia, il suo decreto, fino ad arrivare a minacciare, a mano armata, Tarradellas, il ministro delle finanze. C'è da aggiungere che Fàbregas, soprendentemente, si dichiarerà contrario all'ingresso della CNT nel governo centrale e, vittima delle pressioni interne, verrà sostituito, il 17 dicembre, da Sinesio Garcia (più conosciuto come Diego Abad de Santillán).

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lunedì 7 gennaio 2013

spiaggiato

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Era la primavera del 1932, a Berlino, quando Walter Benjamin andò letteralmente a sbattere, per strada, contro il suo vecchio amico Felix Noeggerath. Cominciarono a parlare e Noeggerath informò Benjamin che si stava preparando a partire per Ibiza. Andava a trovare il suo unico figlio, Hans Jakob, che studiava le lingue e le storie di quell'isola e, ben presto, invitò Benjamin ad unirsi a lui. Non era un buon posto, Berlino, per Benjamin. I nazisti gli avevano già requisito l'appartamento ed aveva perso il posto al giornale per cui lavorava, ed anche il programma di radio-storie per bambini stava per essere chiuso. Ibiza era lontana e meravigliosa, ed era anche un posto decisamente a buon mercato, di quei tempi. Accettò, cominciando così l'esilio che sarebbe durato fino alla sua morte. Ci rimase due mesi, su quell'isola delle Baleari, e poi ci tornò per altri sei mesi, intorno all'estate del 1933. Miserevolmente triste, sotto quel sole abbacinante non seppe fare di meglio che seppellirsi nel suo proprio passato remoto - o almeno così sembrava a lui - raccontandosi e scrivendo della sua infanzia a Berlino. Ma scrisse anche di dove si trovava, di quella sorta di "avamposto" dell'Europa, apparentemente non toccato dalla modernità, dove avrebbe potuto affrontare a testa alta la sua idea centrale: che la modernità atrofizzi la capacità di conoscere il mondo e di raccontare storie. E proprio a Ibiza, finì di mettere a punto quelle che poi sarebbero diventate le idee intorno a cui ruotano i suoi testi "importanti". E proprio in quello splendore allucinatorio, inventò una nuova forma di saggio, fatto di incroci e attraversamenti. Sogni, etnografia, icone, racconti. In poche parole, Benjamin, sotto il sole di Ibiza, "spiaggiato come una balena", perse la sua oscurità. Aveva cominciato già da prima, sul lungo viaggio in terza classe sulla "Catania". Undici giorni, da Amburgo a Barcellona, prima di imbarcarsi per Ibiza. Assorbito dai suoi racconti, fertilizzati dalla monotonia della vita di nave. Finiranno dovunque, anche nelle sue lettere, scritte sull'isola, a Gretel Adorno, e al suo amore, Jula Cohn.

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