martedì 31 luglio 2012

il prezzo del biglietto

fitz

E' la fine del 1938, e Frances Turnbull, aspirante scrittore desideroso di avere dei riscontri per il proprio lavoro, spedisce una copia della sua ultima storia a Francis Scott Fitzgerald, celebre romanziere nonché amico di famiglia. In breve ottiene la risposta, del tutto onesta.

9 Novembre 1938

Caro Frances:

Ho letto attentamente la storia e, Francese, temo che il prezzo da pagare per un lavoro professionale sia molto più alto di quanto tu riesca a sostenere, al momento. Devi vendere il tuo cuore, le tue reazioni più forti, non quelle piccole cose minori che ti toccano solo lievemente, le piccole esperienze che si possono raccontare a cena. E ciò è particolarmente vero quando si comincia a scrivere, quando non ci si è ancora impadroniti di quei trucchi capaci di interessare le persone sulla carta, quando non hai quella tecnica che richiede tempo per essere imparata. Quando, in poche parole, hai da vendere solo le tue emozioni.

E' l'esperienza che fanno tutti gli scrittori. Per Dickens, era necessario mettere dentro Oliver Twist tutto il risentimento appassionato del bambino sfruttato ed affamato che aveva tormentato la sua infanzia. La prima storia di Ernest Hemingway, "Nel nostro tempo", è andata giù, fino al fondo di tutto quello che lui aveva sentito e conosciuto. In "Questo lato del paradiso" ho scritto una storia d'amore che era ancora sangue fresco, come quello che sgorga dalla pelle ferita di un emofilo.

Il dilettante, vedendo come il professionista, che ha imparato tutto quello che sa sulla scrittura, riesce a fare una cosa del tutto triviale, come prendere le reazioni di tre ragazze non caratterizzate e farle diventare brillanti e affascinanti - il dilettante pensa di poter riuscire a fare la stessa cosa. Ma il il dilettante può riuscire a trasferire le sue proprie emozioni in un'altra persone solo per mezzo di un espediente disperato e radicale, come è quello di strapparsi dal cuore la sua prima tragica storia d'amore e metterla sulla pagina, perché la gente la veda.

Questo, ad ogni modo, è il prezzo del biglietto. Se sei disposto a pagarlo, o meno, o se coincide oppure se confligge con la tu attitudine verso il "bello", è qualcosa che sta a te decidere. Ma la letteratura, perfino la letteratura leggera, dal neofita non accetta niente di meno. E' una di quelle professioni che vuole le "opere". Chi potrebbe essere interessato ad un soldato che è appena coraggioso?

Alla luce di tutto questo, non mi sembra valga la pena analizzare il perché questa storia non è vendibile, ma ti sono troppo affezionato per poter prenderti in giro, cosa che si tende a fare alla mia età. Se tu decidessi di voler raccontare le tue storie, nessuno sarebbe più interessato de

Il tuo vecchio amico,

F. Scott Fitzgerald

P.S. Posso dire che la scrittura è scorrevole e piacevole e alcune pagine sono molto azzeccate ed affascinanti. Hai talento - che poi sarebbe l'equivalente di un soldato che ha i requisiti fisici per entrare a West Point.


fonte: http://www.lettersofnote.com

lunedì 30 luglio 2012

necrologio

Kurz6-homepage

Robert Kurz è stato sicuramente il più interessante, se non il migliore, teorico della scuola marxiana di lingua tedesca. Fuori dal mondo accademico, come lo sono tutti quegli individui raggruppati intorno alla rivista EXIT!, adesso, e KRISIS, prima; una bella prova di coerenza per questi figli del proletariato, con il loro lavoro di rilettura e sviluppo della teoria di Karl Marx, che potrebbe essere raffrontato a quello di Guy Debord, se non fosse per il fatto che Kurz lo detestava al massimo grado.
La sua tesi centrale sulla fine del capitalismo è la più solida, attualmente. Anche più solida dell'analisi di Anselm Jappe, anch'essa eccellente. I due hanno lavorato insieme ma, evidentemente, Jappe non ha convinto Kurz per quanto riguarda l'avventura situazionista e  la critica del Feticismo della Merce sviluppata da Debord ne "La Società dello Spettacolo".
Robert Kurz era molto preoccupato dalla deriva antisemita dell'estrema sinistra tedesca: la sua generazione è nata sotto il 3° Reich, se a questo aggiungiamo l'influenza della Scuola di Francoforte e il simbolismo della sua città natale (Norimberga), si possono comprendere le cause della sua ipersensibilità per una simile deriva che ha fatto cadere, sotto la copertura della simpatia per "la causa palestinese", certi giovani tedeschi degli anni settanta e ottanta, nelle grinfie delle succursali del KGB. Ha anche sostenuto, riferendosi al maggio del 1968, che "era solo un movimento studentesco", trascurando il fatto che si sia trattato del più grande sciopero generale selvaggio del ventesimo secolo
Ad ogni modo, cose che non dovrebbero influenzare il giudizio più di tanto, considerato che lo stesso Marx, nell'azione, è stato uno scarso rivoluzionario, come dimostra la sua influenza catastrofica sulla Prima Internazionale. Cosa che si sentì costretto ad ammettere, a differenza di Engels, padre di tutte le burocrazie operaie.
Si può essere un immenso teorico e non saper fare niente con a disposizione la più rivoluzionaria di tutte le organizzazioni del proletariato!

venerdì 27 luglio 2012

Il debito

eleanor

"Delle innumerevoli storie meravigliose che il Moro mi raccontava, la più meravigliosa, quella che amavo più di tutte era la storia di Hans Röckle. Durò per dei mesi, era come se fosse un'intera serie di storie. Hans Röckle era un mago stile Hoffman e aveva una bottega che vendeva giocattoli, e molti debiti. La sua bottega era piena delle cose più meravigliose: uomini e donne di legno, giganti e nani, re e regine, mastri e garzoni, animali e uccelli numerosi come nell'Arca di Noè, tavoli e sedie, carrozze, e scatole di tutte le forme e dimensioni. Ma benché fosse un mago, Hans non riusciva a saldare i suoi debiti, fosserol col diavolo o con il macellaio, e così, molto a malincuore, era sempre obbligato a vendere i suoi giocattoli al diavolo. Ma dopo molte e molte meravigliose avventure e peripezie, quelle cose tornavano sempre nella bottega di Hans Röckle."

- Eleanor Marx, a proposito delle storie della buonanotte di suo padre Karl -

giovedì 26 luglio 2012

programmi e governi

cnt

Lettera Aperta alla C.N.T.

Abbiamo letto con più sorpresa che interesse il programma minimo della CNT "per la realizzazione di una vera politica di guerra". La lettura del programma ha sollevato tutta una serie di domande e problemi, alcuni dei quali dovrebbero essere posti alla vostra attenzione.
Certamente, nessuno di noi era così ingenuo da credere che una guerra potesse essere condotta con risoluzioni e teorie antimilitariste. Molti di noi credevano, assai prima del 19 luglio (1936), che la propaganda antimilitarista, così cara ai nostri compagni olandesi dell'Anti-militarist Bureau e che ha avuto, in passato, un eco comprensivo sulle colonne dei vostri giornali, in Spagna, fosse in contraddizione con l'organizzazione della rivoluzione.
Molti di noi sapevano che i putsch, tanto cari ai nostri compagni spagnoli, come quelli dell'8 dicembre e del gennaio del 1934, erano assai lontani dal poter aiutare questa organizzazione della rivoluzione, essi aiutavano piuttosto a disorganizzarla.
Il 19 luglio ci ha aperto gli occhi. Ci ha fatto capire l'errore che avevate commesso in passato, quando, durante un periodo rivoluzionario, avete SERIAMENTE trascurato di organizzare i quadri necessari alla lotta che sapevate sarebbe stata inevitabile, il giorno della resa dei conti. Eppure, oggi state chiudendo i vostri occhi su un altro fatto importante. Sembra che pensiate che una guerra civile causata dalla circostanza di un putsch fascista non debba necessariamente obbligare ad esaminare e ad alterare il carattere di tale guerra civile.
Un programma "minimo" non è qualcosa che ci allarmi; ma un particolare programma minimo (come lo è il vostro) non può avere alcun valore, a meno che esso non crei le opportunità per la preparazione di un programma massimo.
Ma, la vostra vera politica di guerra", dopo tutto, è solo un programma per entrare nel Consiglio dei Ministri (governo); vi comportate meramente come un partito politico desideroso di partecipare al governo esistente; esponendo le vostre condizioni per la partecipazione, e tali condizioni sono di carattere così burocratico dall'essere assai lontane dal poter minimamente indebolire il regime capitalista borghese, ed al contrario esse tendono a rafforzare il capitalismo e a renderlo stabile.
La parte sorprendente del vostro programma è che non lo considerate come un mezzo per l'attuazione di alcuni obiettivi ben definiti, ma considerate il programma di una "vera politica di guerra" come un fine in sé stesso. E' questo il pericolo principale nel vostro programma. Esso presuppone una partecipazione permanente al governo - non meramente circostanziale - la quale si estenderebbe per un certo numeri di anni, anche se la guerra stessa, con la sue brutali, quotidiane manifestazioni, dovesse nel frattempo cessare. Un monopolio del Commercio con l'Estero (i comunisti vi hanno sussurrato questo?), la politica doganale, nuove leggi, un nuovo codice penale, - tutte cose che richiedono un lungo periodo di tempo. Per poter realizzare questi compiti, il vostro programma propone una collaborazione molto stretta su tutti i campi con la borghesia (il blocco repubblicano) e con i comunisti (il blocco marxista). mentre quasi allo stesso tempo, nel vostro appello del 14 giugno, dichiarate che siete sicuri di trionfare non solo su Franco, ma anche sulla borghesia stupidamente retrograda (il blocco repubblicano) e sui politici disonesti e imbroglioni (blocco marxista).
Vedete, quindi, che anche il vostro programma minimo è irto di flagranti contraddizioni; la sua realizzazione dipende dall'aiuto di molti settori contri i quali il programma è rivolto. Anche la libertà con la quale enunciate questi due programmi che si escludono a vicenda: collaborazione con la borghesia e "il marxismo", da una parte, e lotta fino alla fine contro la stessa borghesia e lo stesso "marxismo", dall'altra, dimostra come il programma minimo sia l'obiettivo, e la vostra dichiarazione del 14 giugno sia pura verbosità. Ci sarebbe piaciuto vedere le cose nel modo opposto.
Il problema della ricostruzione economica della Spagna non fa parte del vostro programma. Tuttavia, non vi aiuta ignorare che una guerra civile, come quella che state attraversando, non coinvolge il popolo, a meno che le vittorie sui vari fronti non assicurino allo stesso tempo le vittorie del popolo nelle retrovie.
E' vero - e molti di noi fuori dalla Spagna lo sapevano già da prima del 19 luglio - la Rivoluzione Sociale non si ottiene in 24 ore, ed un regime libertario non può essere eretto ruotando il palmo della mano. Nondimeno, né la CNT né la FAI si sono curate in nessun modo dell'organizzazione pre-rivoluzionaria e di preparare per tempo l'impianto per la ricostruzione sociale ed economica. Noi affermiamo che c'è un ponte d attraversare, dalla caduta del vecchio regime alla costruzione di un nuovo regime sulle ceneri di quello vecchio. Il ponte è costellato del maggior numero possibile di trappole e trabocchetti pericolosi, tanto più il nuovo regime differisce da quello vecchio. Ed è stato proprio questo periodo di transizione che avete frainteso in passato e che continuate a fraintendere oggi. Perché se aveste riconosciuto che la ricostruzione sociale ed economica su basi libertarie è la condizione indispensabile per la vittoria sul fascismo, avreste elaborato (tenendo in mente l'obiettivo da raggiungere) un programma rivoluzionario minimo che avrebbe dato al proletariato urbano e rurale della Spagna la volontà e l'entusiasmo necessari per continuare la guerra fino alla sua conclusione logica.
Ma avete fallito a mettere insieme un tale programma. Le poche timide allusioni contenute nel vostro "programma di guerra" sono assai distanti dall'avere un carattere rivoluzionario: l'elaborazione di un piano di ricostruzione economica che possa essere accettato da tutti e tre i blocchi sarebbe solo un'ingenua illusione, se non fosse così pericoloso; la municipalizzazione della terra è un progetto contro-rivoluzionario, dal momento che legalizza qualcosa che una rivoluzione dovrebbe abolire, visto che le municipalità sono, dopo tutto, solo ingranaggi della ruota dello stato , finché esiste lo stato.
Naturalmente, l'elaborazione di un programma economico per il periodo di transizione presuppone un obiettivo finale. La CNT ritiene che il comunismo libertario si un'irraggiungibile "Utopia", da esporre in un museo?
Se continuate a pensare (come facevate prima del 19 luglio) che il comunismo libertario sia parte del programma della CNT è vostro dovere - lo era fin Luglio 1936 - elaborare il vostro programma economico di transizione, senza alcun riguardo per i blocchi borghese e marxista, che non possono non sabotare qualsiasi programma di ispirazione e tendenza libertaria.
Sicuramente, tale programma vi metterà in conflitto con quei blocchi, ma dall'altra parte, si unirà a voi la larga maggioranza dei lavoratori, che vuole solo una cosa, la vittoria della Rivoluzione. E' necessario, pertanto, dover scegliere fra queste due eventualità.
Tale programma, naturalmente, renderà nullo il vostro "programma di guerra" che è solo l'espressione di un desiderio "sincero" per una collaborazione permanente a livello ministeriale. Ma questo proposito, questo vostro "programma di guerra" è diametralmente opposto alla tradizionale attitudine rivoluzionaria della CNT, tradizione che codesta organizzazione non ha ancora negato. E' pertanto necessario scegliere.
La CNT non dovrebbe permettere - come ha sfortunatamente fatto dal 19 luglio - l'accettazione delle tattiche di una "linea di minor resistenza", la quale non può che portare ad una lenta, ma sicura liquidazione della rivoluzione libertaria.
La politica di collaborazione ministeriale ha certamente spinto indietro il programma di economia rivoluzionaria. Siete sulla strada sbagliata e potete vederlo da voi.
Non credete che dovreste smettere di percorrere questa strada, che porta alla rovina certa?

Alexander Schapiro

Da: One Big Union, Agosto 1937 -

mercoledì 25 luglio 2012

il mestiere dello storico

commune

Rue Ramponneau, l'ultima barricata delle giornate di Maggio. Per un quarto d'ora, un solo federale la difende. Per tre volte spezza l'asta della bandiera di Versailles innalzata sulla barricata della via parigina. Come premio per il suo coraggio, l'ultimo soldato della Comune riuscirà a scappare.
Era Prosper-Olivier Lissagaray, secondo la leggenda, quest'ultimo soldato. Un partigiano poi diventato uno storico che racconterà la Comune di Parigi, come hanno fatto altri, fra cui Marx ed Elie Reclus. La storia della Comune di Parigi, lo terrà impegnato per più di vent'anni e, alla sua pubblicazione, verrà salutato come un capolavoro. Un libro appassionato e vero, secondo Amédée Dunois:

"Nessun altro gli si avvicina in vigore, splendore, intensità, pathos; nessuno ha resuscitato come lui ha fatto, nella sua miseria e nella sua gloria, l'Avventura sanguinosa e sublime (...) La Storia della Comune non è altro che un libro vero, un libro bello, di un'arte potente e spontanea che niente deve al mestiere, alla scuola, e che si può solo ammirare. Colore, ritmo, respiro, slancio. Dal prologo, agli scorci sorprendenti, si impenna e non si ferma più. Il dramma prende forma, diventa chiaro, si amplifica, fino alla catastrofe finale - questa battaglia di otto giorni fra una soldatesca rabbiosa, armata fino ai denti, ed un proletariato "stanco di vegetare nell'ignoranza e di affogare nella miseria", questa repressione selvaggia del popolo da parte del popolo, il cui atroce ricordo non si cancellerà mai (...)

E' il popolo, lui solo, che ha fatto la Comune. Sollevazione spontanea di una massa anonima, "risposta istintiva di un popolo schiaffeggiato", il 18 marzo non ha niente a che vedere con i comitati che pullulavano nella capitale, di cui nessuno, nemmeno lo stesso Comitato centrale, aveva previsto, né tantomeno preparato o diretto gli avvenimenti. Il merito dei comitati, che non è poco, fu quello di seguire il passo del movimento partito dal basso, di dargli una voce, delle idee, di rimanere solidale con i sobillatori sconosciuti. Il Comitato centrale, prima della Comune e meglio di essa, seppe far sorgere "da dietro questo conflitto per le libertà municipali, la questione del proletariato." Ma è il popolo, da sé solo e senza obbedire a nessuno che ha fatto tutto. (...)
Trentamila uomini sono morti sulle barricate; il socialismo è stato decapitato. Ma la Passione e l'Idea sono sfuggite, come sempre, al massacro. Sono entrate, da vive, nel libro vendicatore di Lissagaray."

martedì 24 luglio 2012

tempo di elezioni

Pablo Suero con García Lorca

Il giornalista Pablo Suero chiede a Indalecio Prieto il suo pronostico per le elezioni imminenti, quelle del febbraio del 1936. Il socialista, facendo sfoggio di una franchezza del tutto inusuale per i politici, risponde: "Non vorrei screditarmi in quanto profeta, ma non lo so (...) Non sono a contatto con la gente, dal momento che mi relaziono con poche persone, e queste persone, appartengono alla mia ideologia. Mi manca il senso di quello che si percepisce nella strada, quel quid indefinibile che ti permette di orientarti e di vaticinare". In quel momento, Prieto, ancora in clandestinità, ricercato per la sua partecipazione alla rivoluzione asturiana dell'ottobre 1934, criticava il programma repubblicano "così moderato e conservatore che in qualsiasi altro paese sarebbe un programma delle destre".
Pablo Suero era arrivato in Spagna nel 1935; aveva un passaporto argentino, ma era nato a Gijón, nelle Asturie. Figlio di una famiglia di emigranti, a Buenos Aires era ben presto diventato un personaggio. Reporter, critico letterario, drammaturgo e direttore di scena. Fra le altre cose, fu lui che notò una giovane attrice e la fece la lavorare nella sua compagnia teatrale. Si chiamava Eva, la ragazza, e non aveva ancora ricevuto il cognome da sposata che l'avrebbe resa celebre. Perón. Suero scrisse anche testi memorabili per il tango del suo amico Carlod Gardel. E fu sempre a Buenos Aires che conobbe Federico Garcia Lorca, di cui divenne amico e fu poi ospite nella sua casa, in Spagna. E Suero, a proposito delle elezioni, ricorderà le parole della madre di Lorca: "Se non vinciamo, possiamo dire addio alla Spagna. Ci strapperanno via, se non ci uccideranno, addirittura!".
Gli articoli di Suero vennero raccolti in un libro "España levanta el puño", la Spagna alza il pugno, che venne pubblicato nel 1937 in Argentina. Fra le altre cose, il giornalista traccia la sera del 16 febbraio del 1936, nella redazione del quotidiano "La Voz", dove si aspettano con ansia i risultati delle elezioni. Si chiede se, quella sera, qualcuno, fra tutti coloro lì riuniti, intuisse quello che stava per succedere. Non nasconde lo stupore per una simile cecità, soprattutto a partire dalla rilettura delle sue cronache precedenti a quella serata. E, soprattutto, a partire dalla conoscenza, a posteriori, di quello che sarebbe successo il 18 luglio del 1936.
Ma conviene rassegnarsi, ed ammettere che il giornalismo, anche il migliore, è così: scettico anche verso sé stesso, nonostante tutta la potenza metaforica degli aneddoti, si rivela assolutamente inutile, un profeta inetto, incapace com'è di offrire una bussola nel trambusto del presente. E, alla fine, forse, il giornalismo è destinato ad incontrare, solamente in mezzo agli acari della polvere che infestano le emeroteche, i suoi lettori più competenti, cui vaticinare con estrema precisione un tempo imperfetto.

españa-levanta-el-puño

sabato 21 luglio 2012

Il valore e la sua critica

RobertKurz

E' morto, a 68 anni, Robert Kurz. E' morto a Norimberga, durante un'operazione. Sembra che, mentre lo stavano operando ai reni, per errore, gli abbiano affettato il pancreas!! Già membro del gruppo Krisis, con cui pubblicò il "Manifesto contro il Lavoro", da anni era l'animatore della rivista Exit, un prezioso strumento teorico e conoscitivo che, nell'ambito della "critica del valore", provava, e prova, a spiegare la crisi e il mondo in cui viviamo. Appena poco prima di morire, aveva pubblicato un ultimo libro " GELD OHNE WERT, Grundrisse zu einer Transformation der Kritik der politischen Ökonomie". Voglio ricordarlo, traducendo uno dei suoi ultimi scritti, la lettera aperta che ogni anno scriveva per chiedere sostegno alla rivista "Exit". Risale al gennaio di quest'anno ed ha un titolo impietoso, "Nessuna Rivoluzione, da nessuna parte"!

RobertKurzbooks

NESSUNA RIVOLUZIONE, DA NESSUNA PARTE

La sinistra cosiddetta movimentista per molto tempo si è creduta al di sopra dell'opposizione, anche a partire dalla semplice relazione fra riforme e rivoluzione. Questo non può significare che una cosa: che tra riforme e rivoluzione non sapeva più quale dovesse prevalere. L'obiettivo di un rovesciamento rivoluzionario del capitalismo, visto come catalizzatore necessario per le riforme sociali, per quanto modeste potevano essere, non era mai stato riformulato ma era stato semplicemente attribuito in tutta fretta al defunto marxismo di partito e di stato.
In realtà, gli agitati dei movimenti di sinistra con la loro ideologia decostruttivista avevano chiuso nell'armadio l'idea di rivoluzione, dal momento che non disponevano nemmeno della forza necessaria per una banale riforma all'interno del quadro capitalista. Come ognuno sa, tranne i partiti, il neoliberismo aveva messo le mani sul concetto di riforma per rivoltarlo come un guanto, senza incontrare alcuna resistenza significativa. Non solo le lotte sociali reali si sono rarefatte ma hanno abbandonato qualsiasi riferimento alla critica radicale della società per limitarsi ad una timida difesa degli interessi particolari. L'intrusione che sconvolge i rapporti sociali cede il passo all'azione simbolica, sotto forma di "happening"; di qui la farse dei "movimenti", oramai quasi immobili, che fingono di svolgere il proprio ruolo in faccia alle telecamere. Alle bolle finanziarie del capitale in crisi fanno da contraltare le bolle dei movimenti di sinistra che, anch'esse, devono finire per scoppiare.
Ancora meno credibile appare in queste condizioni l'improvvisa inflazione del concetto di rivoluzione, che ha trovato una seconda giovinezza nel 2011, in tutto il mondo, senza che le idee del passato siano state oggetto del minimo riesame critico né della minima modifica. Abbiamo avuto in primo piano la cosiddetta rivoluzione araba che, a prezzo di numerosissime vite umane, è riuscita a far cadere qualche regime autoritario (Tunisia, Egitto, Libia) mentre altrove è stata schiacciata sul nascere dall'esercito (Syria, Algeria, Bahrein, Yemen). In seguito, ci sono state delle sommosse anche in Europa. La Gran Bretagna ha sperimentato violenti disordini da parte di giovani sottoproletari disperati, e il governo conservatore ha risposto prendendo a modello la repressione araba. I paesi sud-europei colpiti dalla crisi del debito (Grecia, Spagna, Portogallo, Italia) hanno visto movimenti sociali più o meno grandi protestare contro la brutale politica d'austerità rivolta principalmente contro le giovani generazioni. Israele ha presentato grosso modo un quadro analogo, con proteste di massa contro le politiche antisociali del governo Netanyahu. In Cile, gli studenti si sono ribellati alla controriforma neoconservatrice dell'insegnamento. Negli Stati Uniti, infine, il movimento delle "occupazioni", con il suo discorso diretto contro l'ineguaglianza crescente  e il potere delle banche, è apparso come un contrappeso al "Tea Party" ultraconservatore ed è stato emulato in diversi paesi, compresa la Germania.
Questa sinistra che guarda il culo ad ogni più piccola dimostrazione sociale che si vede per la strada  si sarebbe senza dubbio rotolata nei paesaggi fioriti di un anno 2011 della rivoluzione [allusione ad un celebre discorso del socialdemocratico Helmut Kohl che, quando ci fu la riunificazione tedesca nel 1990 - era cancelliere - promise imprudentemente di trasformare i Länder della Germania dell'Est « molto rapidamente in paesaggi fioriti dove varrà la pena di vivere e lavorare». (Ndt)]. Solo che, senza voler evocare l'opportunismo cinico con cui si è operato per rosicchiare freneticamente quest'imbarazzante parola che comincia con la R, quando si diceva fino a poco fa che apparteneva definitivamente al passato, è chiaro che il semplice fatto di incensare i diversi movimenti insurrezionali e di protesta non ha per niente servito alla causa dell'emancipazione sociale. Marx ha giustamente sottolineato come uno sconvolgimento realmente rivoluzionario progredisce solo nella misura in cui si criticano - senza pietà! - gli inizi e le tappe successive, al fine di poter andare più lontano scartando le mezze misure, le ricadute negative e le derive. In caso contrario, tutta l'impresa può trasformarsi nel suo contrario. Lo statuto accordato alla riflessione teorica qui si fa decisivo. A maggior ragione in un contesto come il nostro, oggigiorno, dove il concetto di una rottura rivoluzionaria con l'ordine dominante brilla per la sua assenza. La forma d'intervento è la polemica sullo stato dei movimenti; accontentarsi di partecipare con compiacimento equivale a reagire in modo puramente tattico su delle basi ideologiche errate che rassicura inoltre gli attori nella loro illusione di immediatezza. Dopo più di 250 anni di storia della modernizzazione, la spontaneità innocente non esiste più.
Procedere ad un'analisi critica, richiede in primo luogo lo stabilire una scala per così dire esistenziale che permetta di valutare la rudezza dell'insurrezione e della repressione. I movimenti di massa arabi hanno sacrificato scientemente numerose vite ed hanno realmente rovesciato dei governi. Gli scontri nell'Europa del Sud ed in Gran Bretagna, sebbene violenti nella scala dei rapporti sociali delle metropoli occidentali, sono stati tuttavia molto meno intensi e largamente inefficaci. Altrettanto si può dire per Israele e Cile. Quanto al movimento statunitense delle occupazioni, conteneva essenzialmente un moralismo senza mordente, superficiale e banale, che gli imitatori tedeschi si sono incaricati di abbassare ulteriormente: una banda di delegati di classe che pongono delle belle e gentili domande. Ben inteso, queste differenze esteriori in materia di militantismo non ci dicono ancora niente su un contenuto rivoluzionario che solo una seria critica radicale può permetterci di determinare; ci dicono semplicemente quanto grande è il disastro e quanto grande è la disperazione in questa o quella regione del mondo.
La recente crisi economica mondiale, lungi dall'essere confinata alla sola sfera dell'economia, causa nella maggior parte del globo l'indurimento delle situazioni di relegazione sociale che le condizioni e le forme di sviluppo specifico locale non sono sempre in gradi di assorbire; queste situazioni rivelano la struttura trascendente del capitalismo mondiale. Per cominciare, si assiste ad un'esplosione generalizzata dei prezzi dei generi alimentari; cosa che colpisce innanzitutto gli strati più bassi, ma resta il fatto che anche le famiglie a reddito medio cominciano a soffrirne sempre di più. Così i limiti interni (economici) ed esterni (ecologici) del capitale si incontrano. Nel caso dei beni agricoli, gli effetti della politica inflazionista adottata dappertutto, e che consiste in un fiume di denaro versato dalle banche centrali, sono aggravate dalla produzione crescente di biocarburanti al posto degli alimenti di base, questi ultimi contemporaneamente continuano a diminuire a causa di un certo numero di catastrofi naturali causati dalla società. Chiaramente osservabile in tutti quanti i paesi, senza nessuna eccezione, questa tendenza diventa insopportabile laddove, come nel caso della maggioranza delle genti del mondo arabo, il costo dei generi di base divora la maggior parte del bilancio familiare.
D'altra parte, la crisi economica mondiale ha visto drammaticamente accentuarsi la precarizzazione dei giovani laureati. Si tratta, ancora, di un fenomeno globale; anche in Germania, la "generazione stage"  non risale certamente a ieri. In Europa del Sud la disoccupazione giovanile colpisce dappertutto, e vede oltrepassare la barriera del 50%, mentre dequalificazione e sottoimpiego aumentano sempre più. Non è solo la Cina, dove i laureati trovano sempre meno un posto commisurato alle loro capacità. Per i dottorandi, come per gli "extra" impiegati nel restauro, il momento buono è finito. Naturalmente, in questo quadro evolutivo, possiamo trovare delle differenze fra una regione e l'altra. Se, in Europa ed in America del Nord, nella loro assenza di prospettive, i rampolli della classe media qualificata possono ancora in parte contare sul sostegno dei loro anziani, altrove è l'inverso: ci sono dei giovani che mantengono la famiglia che affonda nella miseria. Non c'è da stupirsi che il simbolo del sollevamento arabo sia stata l'autoimmolazione di un giovane laureato tunisino che, pur vendendo ortaggi, non riusciva più a guadagnarsi da vivere.
Nella storia moderna, il declino sociale della gioventù studentesca ha sempre costituito un fermento di eruzioni rivoluzionarie. Tuttavia, perché si producesse un reale sconvolgimento sociale, è stato necessario, in primo luogo, produrre un concetto teorico al passo con i tempi e, in secondo luogo, mettere in campo un'organizzazione sociale, senza escludere soprattutto gli strati inferiori. Si misura, a tale riguardo, l'infinità mediocrità intellettuale, sociale ed organizzativa della generazione Facebook. In nessuno dei movimenti attuali troviamo traccia di un'idea rivoluzionaria. La classe media studentesca è in gran parte ripiegata su sé stessa, senza legami sistematici con le classi inferiori, e l'incontro senza coinvolgimento a partire da Internet non sortisce alcun effetto strutturante nella scala della società. Non porta che a belle parole vuote e democratiche. Ecco perché, ancora una volta, non si può parlare da nessuna parte di rivoluzione nel momento in cui la si concepisce come cambiamento economico fondamentale e non soltanto come sostituzione di un notabile con un altro peggiore che rimane a capo dell'amministrazione della crisi.
In assenza di una dialettica qualitativamente nuova, fra riforme e rivoluzione, lo stesso approccio sindacale che mantengono alcuni paesi arabi non va molto lontano. Si rimane alla semplice ridistribuzione delle rendite petrolifere e turistiche. In Europa e negli STati Uniti non esiste alcuna esigenza sociale concreta degna di questo nome. Per cui si a strumentalizzare la rivolta di forze con cui non si ha niente a che vedere e che, considerata l'assenza di concetti e strutture organizzative, fanno valere le loro tendenze barbariche. Nel mondo arabo ci sono gli islamofascisti; guadagnano alle elezioni, una dopo l'altra, riescono perfino a far passare lo sterile democraticismo formale per un modello di legittimità  e sono disinteressati alle questioni di fondo. Hanno già in parte soppiantato i sindacati, hanno imposto la loro politica dell'elemosina come emancipazione sociale (ottenendo l'adesione degli strati popolari), hanno installato un terrorismo della virtù misogina e omofoba, ed hanno fatto della propaganda antisemita diretta contro Israele una valvola al risentimento violento a causa di un miglioramento economico che tarda a venire. Nell'Europa del Sud e dell'Est, c'è il ribollente e anacronistico nazionalfascismo in cui vengono rigurgitate divario concettuale e impotenza sociale. Progrom contro i Rom in Italia e in Ungheria, o il trattamento crudele che viene riservato in Grecia ai rifugiati e ai migranti. A tale riguardo, il tono francamente antisemita del movimento delle occupazioni si integra perfettamente a completare il quadro.
Qui Israele rivela la sua duplice natura per cui da una parte, in quanto Stato ebraico, è diventato oggetto di odio numero uno sotto l'effetto del rimuginare ideologico mondiale sulla crisi, mentre dall'altra parte, in quanto Stato capitalista, esso attraversa le medesime fratture sociali di tutti gli altri ed ha prodotto il suo proprio fascismo religioso (un fenomeno che trascende tutte le culture della post-modernità) sotto forma di un potenziale intrinseco di auto-distruzione. Degli eminenti rabbini evocano il rischio di talebanizzazione che fa correre a quel paese una minoranza di fanatici ebrei ultra-ortodossi che assomigliano, come si assomigliano due gocce d'acqua, ai loro nemici fratelli islamici. Unendo le loro forze a quelle dei coloni sciovinisti, minacciano di piombare Israele nella barbarie e di privarla della sua legittimità storica. Quanto al movimento sociale dei giovani israeliani contro l'amministrazione della crisi, esso è identico sotto molti aspetti ai movimenti che conosce l'Europa. Data la situazione generale, è stato resuscitato una forza d'intervento di tipo sindacale, pur mantenendo la potenza militare, a fronte di una coalizione di paesi ostili che vogliono, in definitiva, cancellare lo stato israeliano dalle carte geografiche; ci potrà essere un margine di manovra all'interno di questo quadro solo chiudendo il rubinetto delle sovvenzioni agli ultra religiosi ed ai nazionalisti. La protesta sociale arriva a far proprio il concetto di base sionista che risale a Mose Hess, l'ideale socialista che, ancora una volta, non è che l'ombra di sé stesso.
La cosa più sorprendente è che, al di là delle differenze, la rivolta si verifica dappertutto  "senza la sinistra", come rileva con soddisfazione il Frankfurter Allgemeine Zeitung. Di colpo, anche per i politici da operetta post-operaisti della globalizzazione, l'entusiasmo per questo soprassalto della moltitudine è andato loro di traverso. Ma cosa dovrebbe aver da dire la corrente, o piuttosto il ruscelletto che è tutto quel che rimane del marxismo e del post-marxismo, oggi ai manifestanti che, indipendentemente dalla sua retorica, si sono messi in movimento? Se il niente intellettuale e l'apatia sociale della generazione Facebook si stanno dimostrando un puro prodotto della socializzazione di un capitalismo in crisi virtualizzata, dovrebbe toccare alla sinistra e alle sue diverse sensibilità proporre un'ideologia che abbia un senso. Accontentarsi di ripresentare la sua propria comprensione teorica fatta di un medley decostruttivista non aprirà la pur minima prospettiva storica ai nuovi attori. Parimenti, non serve a niente mescolare una scienza economica riesumata dai quadri interpretativi degli anni '70 (se non addirittura ancora prima) e incorporarla nel pensiero postmoderno, in un impasto infetto.
La teoria marxiana non è stata sviluppata ed estesa al di là di una lettura diventata ormai storicamente obsoleta; anzi, è stata privata della sua essenziale critica della forma fondamentale capitalista, per poter così trasformare il marxismo tradizionale e striminzito del movimento operaio in un marxismo post-moderno, ancora più striminzito, ad uso della classe media. Invece di creare un nuovo concetto di rivoluzione e, così facendo, di fornire un contrappeso all'imbarbarimento che è all'opera nella crisi, questa sinistra accecata dal culturalismo è arrivata perfino ad allucinare l'islamofascismo come una forza con la quale sarebbe possibile e legittimo fare un'alleanza (evviva la differenza!) e ad accogliere nel suo seno una diffusa spinta antisemita ostile ad Israele; cosa che fa perfettamente il paio con la sepoltura della critica radicale dell'economia politica.
La protesta-senza-la-sinistra e la post-sinistra che la guarda disorientata hanno in comune che entrambe ritengono di poter legittimare il discorso democratico per mezzo del discorso esistenzialista. Quello che fa difetto ad entrambi, è la critica scientemente antipolitica della sfera capitalista di regolamentazione; e questo perché la protesta è antipolitica fino al midollo, mentre la sinistra continua a scaldare la minestra del politicismo più stantìo. Sul rovescio della stessa medaglia, vediamo dappertutto proliferare un "rivoltismo" (in Francia, dipinto di post-situazionismo) ostile a qualsiasi pensiero teorico, che pretende di risparmiare la fatica di un ripensamento concettuale ed analitico della critica radicale, che scrive una sorta di feuilleton fantasioso dove la falsa coscienza delle masse starebbe salpando verso nuovi lidi.
"L'insurrezione che viene" è già là, ma sul piano del contenuto è altrettanto deplorevole delle stesse circostanze, che non sembrano trascendere in nessun modo dei concetti. Senza teoria rivoluzionaria, niente movimento rivoluzionario; bisogna reinventare questa vecchia massima in funzione della situazione storica che è cambiata. E' nello sviluppo e nella diffusione dei contenuti che generano riflessione, dentro l'intervento teorico stesso, che oggi si trova la risposta alla domanda "che fare?": non è nelle pseudo-attività o nel bricolage dei piccoli mondi perfetti ed illusori che i movimenti di protesta si lasciano velocemente alle spalle. Tali movimenti continueranno a girare a vuoto finché non si trasformeranno attraverso il confronto con la teoria riformulata e, pertanto, attraverso l'intervento diretto sul proprio corso. Certo, c'è una comicità involontaria nel vedere questa sinistra che non ha mai seriamente rotto con gli schemi di pensiero vetero-marxista o post-moderno che l'hanno fatta naufragare, appellarsi ancora una volta, in un'assenza pressoché totale di sostanza teorica, alla "questione dell'organizzazione". Appello che, già nel 1968, era rimasto perfettamente inascoltato.
Chiunque si rifiuta si cogliere e di combattere la totalità capitalista ha già perso. La svolta culturalista e decostruttivista ha portato in un vicolo cieco perché ha fatto dimenticare la logica oggettiva del feticcio-capitale portando la critica ad affogare nelle particolarità. E' importante dare battaglia a questa specie di universalismo che considera l'astrazione delle categorie come se fosse il nostro rapporto essenziale con il reale.
Per venire a capo della paralisi che affligge la trascendenza rivoluzionaria, occorre senza dubbio uno sforzo teorico da parte dei numerosi gruppi dappertutto in tutto il mondo. Non sotto la forma della cacofonia borghese-pluralista, ma mirando risolutamente all'oggetto che ingloba e condiziona tutti i settori - il capitale mondiale - e combattendo per la verità teorica della nostra epoca. Dentro lo spazio di lingua tedesca e al di là, la costruzione teorica che consiste nella critica della dissociazione-valore formulata nel contesto della rivista EXIT! si sforza di dare un contributo. La critica dei rapporti umani assoggettati alla dissociazione-valore, rapporti dove il genere gioca anch'esso un ruolo determinante, ha dimostrato di non essere un'interpretazione contorta e desueta, un prodotto derivato del Capitale; questo perché cerca più che mai di afferrare il concetto di totalità - in sé stesso frammentario - del capitale. Non abbiamo scoperto la pietra filosofale; la nostra attenzione alla critica fondamentale della forma ed al contesto storico sono il risultato delle premesse di una trasformazione della teoria critica. Chi si lamenta, giustamente, del fatto che la costruzione teorica non sia stata ancora sviluppata a sufficienza, e concretizzata, non dovrebbe perdere di vista quelle che sono le condizioni. Senza sostegno materiale niente è possibile, e niente si ottiene gratuitamente: né la produzione teorica né la possibilità di riceverla in modo indipendente. Gli impazienti - ma non solo loro - sono invitati a sostenere EXIT! nel suo "nuotare contro corrente".

Robert Kurz per la redazione di EXIT!, gennaio 2012 

venerdì 20 luglio 2012

il colore della guerra

arte salvado

Durante la guerra civile spagnola, venne portata a termine un'operazione che coinvolse diverse gallerie d'arte europee, con l'obiettivo di salvare dalla guerra le inestimabili opere d'arte che si trovavano nel Museo del Prado. A tempo di record, con grande rischio e con i problemi che derivavano dalla burocrazia e dalla logistica si riuscì a mettere in salvo la maggior parte delle opere.

giovedì 19 luglio 2012

Una conversazione rivelatrice

hitlerstalin

Riunione del Politburo. Primi di agosto 1936. Presenti: Diaz, Hernandez, Ibarruri, Mije e Uribe.  Delegazione sovietica: Stepanov, Togliatti, Guere, Duclos e Codovila.

Togliatti: Il conflitto oltrepasserà i confini nazionali per acquisire il suo carattere autentico di scontro tra blocchi di potenze che si preparano per la seconda guerra mondiale. L'URSS deve prendersi cura della loro sicurezza, come delle pupille dei suoi occhi, qualsiasi azione precipitosa può incoraggiare la rottura degli equilibri attuali ed affrettare la guerra ad est.

Diaz: Queste opinioni sono personali della delegazione o sono ufficiali?

Duclos: Queste opinioni ci sono state fornite dall'ambasciatore sovietico a Parigi prima della nostra partenza per la Spagna.

Hernandez: Ma l'Unione Sovietica può inviarci le armi di cui abbiamo bisogno, senza indugi o esitazioni.

Duclos: Piano, piano, Hernandez amico mio, le cose non sono così semplici. L'URSS deve tener conto della posizione delle potenze democratiche. Un'azione unilaterale può causare gravi complicazioni.

Hernandez: Non ne vedo la ragione.

Duclos: Eppure è abbastanza semplice, se in Francia e in Inghilterra non c'è nessuna decisione favorevole alla guerra è per la paura della guerra con la Germania.

Un'altra chiave

Conversazione di Jesús Hernández con il generale sovietico Goriev. Fine agosto 1936.

Goriev: Certamente. E se il senso comune non è una cosa vana, Francia e Inghilterra dovranno ispirare la loro politica agli stessi interessi - ovviamente al contrario - che muovono il Führer e il Duce.

Hernandez: Possiamo escludere il pericolo di un'aggressione della Germania all'URSS in questo momento?

Goriev: Assolutamente.

Hernandez: Ma per quanto riguarda il sommare la potenza dell'URSS a quella di Francia e Inghilterra?

Goriev: Di questo, neanche a parlarne. I reazionari anglo-francesi vedrebbero con piacere i russi e i tedeschi venire alle mani.

Stalin, la Massoneria spagnola e l'Intelligence Service

"La guerra civile spagnola, incoraggiata da Stalin, deve essere visto nella sua funzione internazionale di provocare uno scontro, quanto meno una tensione tra Hitler e le democrazie occidentali, che gli permettesse di estirpare la cospirazione trotzkista interna (...). Il suo (di Stalin) astenersi dall'inviare armi nei primi mesi della guerra in Spagna, è motivato dal suo desiderio che fossero la Francia, la Cecoslovacchia ed altre democrazie, ad inviarle, creando così tensione e il rischio di una guerra tra nazisti e democratici. (...) Quando Stalin decide di aiutare, lo fa mascherando le sue spedizioni, nascondendo il suo intervento diretto.
Le decine di società che rea nelle diverse nazioni democratiche europee servono ad addossare a tali nazioni la responsabilità degli invii sovietici e a provocare la reazione di Hitler. E, soprattutto, tende a simulare un pericolo italo-tedesco per la rotta timperiale inglese nel Mediterraneo, creando così i presupposti per ché entri in gioco la ragione secolare che ha sempre portato l'Inghilterra in guerra. (...)
Nella manovra, giocano un ruolo i membri massoni del Governo Repubblicano (Prieto, Alcalá Zamora, Portela Valladares, Cambó - non proprio massone, ma legato agli ebrei Rathenau e Heinemann-, poi Rahola, il magnate March…) in generale al servizio degli inglesi, quando non legati direttamente all'Intelligence Service; ed i comunisti al servizio di Mosca.
I primi cercano di far sì che la guerra scoppi fra Germania ed Unione Sovietica, mentre i secondi cercano di farla scoppiare fra la Germania ed i franco-britannici. Da quest'ultima cosa, il preciso ordine di Mosca di impedire la "provocazione" di Prieto, uando questi vorrebbe lanciare l'aviazione repubblicana contro le navi tedesche che, dalla parte del bando franchista, avevano attaccato Almerìa. Dal momento che l'aviazione repubblicana era in gran parte di fabbricazione sovietica, Hitler avrebbe capito l'origine dell'attacco e avrebbe agito di conseguenza.

mercoledì 18 luglio 2012

dolce ed assonnato

dylan

Inizio del gennaio del 1964. Bob Dylan, 22 anni, in studio, lavora al suo terzo album. Quella che segue è la traduzione della lettera da lui scritta a Sis Cunningham e Gordon Friesen, fondatori della rivista Broadside. La lettera verrà pubblicata sulla rivista stessa.

per sis e gordon e tutte le sgualdrine dalle buone taglie
[N.d.T.: "for sis and gordon an all broads of good sizes". Gioco di parole basato sul titolo della rivista "Broadside" ed il termine broads.]

Lasciatemi cominciare ma non dall'inizio
Lasciate che io parta, non dalla partenza, ma continuando
a volte diventa difficile per me -
Ora sono famoso
Ora sono famoso secondo le regole della pubblica famosità
si è intrufolata
e mi ha polverizzato ...
Non ho mai saputo cosa stava succedendo
è difficile per me camminare lungo le solite strade
nello stesso modo in cui lo facevo prima perché ora
veramente non so
chi mi aspetta per un autografo
oh certo a volte lo faccio ...
ma altre volte il retro della mia mente mi dice
che non è onesto ... perché io sto solo appagando
un mito per qualcuno per cui la mia calligrafia
è un tesoro più di quanto sia la sua calligrafia ...
questo diventa molto complicato per me
ed è la prova che vivo dentro una contraddizione ...
per citare mister froyd [N.d.t.: gioco di parole fra Freud e frode]
sto diventando paranoico
e so che è sbagliato
che non è sano come atteggiamento
ma sono davvero convinto che ognuno ha le proprie paure
ognuno sì ognuno ...
Non penso che sia bene trascurarle
Penso che vadano riconosciute ...
e penso che anche tutti i cedimenti vadano riconosciuti ...
la gente chiede perché scrivo nel modo in cui scrivo
che follia
che mostruosità
una domanda del genere mi colpisce ...
mi fa pensare che non sto facendo niente
mi fa pensare che non vengo ascoltato
oltre il guazzabuglio borbottante e le lodi deliranti
e tutti i dischi che ho venduto ... grazie ai luoghi pieni
di gente dove suono ... grazie a tutti i sistemi di comunicazione
e farneticazioni e grida e urla e applausi
arriva una frase come "perché fai quel che fai"
che cos'è?
una specie di stitico mondo idiota?
una specie di gioco a lanciare ferri di cavallo che tutti giochiamo
rispondendo solo quando suona un campanello
no no no
non è il mio mondo
nel mio mondo giocano tutti
non c'è un primo secondo terzo o quarto
si lancia tutti contemporaneamente
ed i campanelli non contano
e si vince tutti
e nessuno perde
perché ciascuno vive e respira
e occupa uno spazio
e non può essere ignorato
e anch'io sono una persona
non posso pretendere di non esserlo
e mi sento in colpa
dio come posso fare a non sentirmi in colpa
cammino sulla bowery e regalo soldi
e mi sento ancora in colpa perché so che non
ho abbastanza soldi da regalare ...
e la gente mi dice "pensa a te stesso, dylan, ti
servirà un giorno" e io dico sì sì
e penso che possa essere così per una frazione di secondo
ma poi alluvioni del vomito della colpa inondano la mia
testa ubriaca e io spargo dal mio intestino lacerato
denaro insanguinato dal fondo delle mie tasche
dimenticate ... e sussurro "è così inutile"
ci sono così tante persone che hanno bisogno di tante cose
ed io cosa sono? una specie di messia che se ne va in giro ...?
no che non lo sono
e mi domando perché altre persone che hanno
non regalano niente
e conosco la risposta senza andarla a cercare
sicurezza sicurezza sicurezza ...
tutti vogliono sicurezza
vogliono essere sicuri
vogliono essere protetti
ho detto protetti?
protetti da che cosa?
protetti dalla fame, dico
e dal potere, anche
e protetti dalle forze che loro sanno che
li afferreranno se perdono i loro soldi.
e perché si è così?
perché si costruiscono questi muri?
chi è questo dio così temuto?
di certo nella mia vita non c'è
sì ho le mie paure ma le mie sono paure della
mente, paure di testa
una persona sola con i soldi rimane una persona sola
non ho mai avuto molti soldi prima
e per questo credo che per me sia facile spenderli
e non dargli importanza
ma sono sicuro che molte altre persone potrebbero farlo
con i loro soldi
ora non sto parlando dei miliardari delle cento miglia
ma piuttosto delle persone che "arraffano tutto quel che possono"
non li capisco
non li capisco proprio
ci sono molte cose che ammetto di non capire
non capisco la blacklist
non capisco come la gente che è contraria a certe cose riesca a conviverci
intendo tutto quanto
non solo i pochi di noi che rifiutano di stare nello show
parlo della gente che si schiera
con violenza contro simili cose e poi in qualche modo ha a che farci ...
non intendo solo i cantanti
ma i manager e gli agenti e i compratori e i venditori ...
sono loro i disonesti
perché non hanno mai visto
che giocano da entrambe le parti contro ciascuna parte
e si aspettano di essere rispettati da tutti

gli eroi di questa battaglia non siamo io e Joan
e il Kingston Trio e neppure Peter Paul e Mary
per nessuno di noi c'è bisogno di andare a quello show
nessuno di no ha davvero bisogno di quel genere di ottusità
ma qualcuno potrebbe usarlo
per poter usare il denaro
mi riferisco a persone come Tom Paxton, Barbara Dane,
e John Herald ... sono loro gli eroi se
questa parola deve essere usata qui
sono i soli che perdono materialisticamente
ah sì ma non nelle loro menti
e questo è molto più importante
questo significa molto di più
abbiamo bisogno di quel genere di persone
che non può andare contro la propria coscienza
non importa cosa potrebbe guadagnare
e sono arrivato a pensare che questa potrebbe essere
la cosa più importante al mondo ...
non andare contro la tua coscienza
né contro i tuoi sensi naturali
perché io penso che tutta la verità stia lì
non c'è verità  nei pettegolezzi, menzogne, religioni, culti,
miti, dei, libri di storia, libri di sociologia,
tutti i libri, politici, decreti, regole, leggi,
versi della bibbia, leggende, e riviste da bagno,
non c'è alcuna guida tranne
quella che viene dai propri sensi naturali
dall'essere nato
è può solo esser condivisa
non può esser predicata
nè venduta
e nemmeno capita....

la mia mente a volte corre come un rotolo di carta igienica
e detesto vederla svolgersi e srotolarsi
fra le mie pareti vuote
sto per andar via di qui, presto
il padrone di casa mi ha picchiato e fa male dirlo
questo posto da cui scrivo e così sporco
i miei vestiti sono sparsi sul pavimento e ogni tanto
ne prendo uno e lo uso come coperta ...
fa un caldo maledetto fino alle dieci
e poi torna alle dieci
questa è la saggezza del mattino
fiotti di calore puzzolente mi svegliano sempre
quando dormo qui
l'intonaco continua a staccarsi
e il pavimento è imbarcato e marcio
ma in qualche modo c'è della bellezza in questo
la columbia record mi ha dato un giradischi
la bontà di alcuni continua a meravigliarmi
e qualche volta lo suono.
tornando al padrone di casa
è davvero troppo
se non sbaglio possiede tre edifici
l'affitto che gli pago è troppo caro
si sta approfittando di me e io lo so
e lui lo sa
ma non ho tempo di andare giù e
controllare i listini degli affitti. Mi hanno detto che
passerebbe dei guai ma sono così pigro. quando c'era sue
mi voleva aumentare l'affitto perché affermava che non gli
avevo mai detto di avere una moglie. Dovresti venire a
vedere questo posto per crederci. Avrei dovuto lasciarlo
molto tempo fa. l'anno scorso mi ha messo una finestra
nuova (c'era un fottuto buco in quella vecchia) ed è stato
come se gli avessi chiesto il suo sangue
o qualcosa del genere (cosa che avrebbe probabilmente dato via)
ad ogni modo ora il giradischi sta suonando
e sto ascoltando Pete che canta Guantanamera per
la miliardesima volta. Non posseggo molti dischi di musica
folk (in realtà non posseggo molti dischi) ma
ho questo qui di Pete.
dio è come andare in trance
è così umano che potrei piangere
mi comunica così tanto
mi fa sentire così bene
è come se di tutte le cose che sono state vendute
per far star meglio, nessuna di essa valesse la pena.
tutte le automobili, i vestiti, i ninnoli, il cibo
i gioielli e i diamanti, i lecca-lecca e i regali di
una buona notizia, non servono a niente per l'anima.
credo che per continuare ad ascoltare Pete che canta Guantanamera
rinuncerei a possedere qualsiasi cosa si possa ...
(è il mio egoismo personale che vi risplende)
sì per me lui è un vero santo
e lo amo
forse più di quanto ne faccia mostra
(come sempre è il caso)

penso all'amore in modo bizzarro.
a volte mi sento persino in colpa a riguardo
perché so che amo sue
ma dovrei amare tutti come amo sue
e in tuta onestà non è così
l'amo proprio in quel modo
e dico quale modo?
e una voce dice "quel modo"
e mi tiro su
e so di avere davanti una lunga strada
perché arrivi il giorno quando potrò amare ogni cosa
che respiri nel modo im cui amo sue allora
sarò veramente un Gesù Cristo ha ha
(ma non voglio essere un Gesù Cristo ha ha)
e così mi sto di nuovo contraddicendo
via via andate via tutti voi demoni
e lasciate che io sia solo me stesso
umano
spietato
selvaggio
gentile
tutti i me possibili

ho visto l'ultimo numero di broadside
e specialmente l'ho sfogliato fino a
"talkin’ Merry Christmas"
non ho mai incontrato Paul Wolfe ma mi piacerebbe
ha uno sconcertante senso del tatto
come Phil, io proprio non posso competere
e migliora migliora migliora sempre
(ho parlato con qualcuno che era con lui ad Hazzard
si chiamava Hamish Sinclair.... un inglese
di grandi virtù e di lingua comune)
vorrei poter vedere la bambina di Phil
mi hanno detto che la ragazza è arrivata gridando a proposito
della bomba. brava ragazza

il mio romanzo non sta andando da nessuna parte
assolutamente da nessuna parte
dal momento che non racconta nemmeno una storia
è lungo circa un milione di scene
ed avviene in un miliardo di frammenti
di carta... certamente non ci posso fare niente.
(oh dimenticavo.
hallelujah a voi per aver messo Brecht nello stesso
ultimo numero. dovrebbe essere universalmente conosciuto come
Woody e dovrebbe essere universalmente letto come Mickey Spalline
[N.d.T.: gioco di parole con Mickey Spillane]
e universalmente ascoltato come Eisenhower.)

comunque ci sto scrivendo una commedia da questo chiamiamolo romanzo (ombelico sarebbe meglio suppongo) [N.d.T.: gioco di parole fra novel/romanzo e navel/ombelico]
e ci sto dentro fino all'ombelico.
proprio coinvolto sì
ho scoperto che il potere di scrivere teatro opposto
a quello di scrivere canzoni, sebbene uguali, sono preso
completamente dallo scrivere teatro
al momento, le mie canzoni raccontano solo di me e di come
mi sento ma nel teatro tutti personaggi raccontano come
si sentono. Capisco che questo potrebbe portare più confusione
per qualcuno ma nella realtà totale delle cose può
essere molto meglio per qualcun altro. Penso di poter dire
che i personaggi raccontano in un'ora
quello che a me, da solo, ci vorrebbero due settimane per cantarlo.

Cercherò di riuscire a vedervi uno di questi giorni
ma anche se non ci riesco non pensate nel mentre
che non sia con voi. Sono con voi di più e sempre.
il vostro forse è il solo giornale dalla cui parte
sto in ogni canzone che stampate
e io sono con con con voi

la mia notte si avvicina di nuovo adesso
e andrò alla deriva lungo i sogni
e scalerò tappeti di velluto fino alle stelle
con le copie del newsweek che bruciano e gente
deludente e fumante con ripugnanti lingue in fiamme
e cani bastardi invidiosi che camminano sui carboni ardenti
davanti ai miei occhi innocui che sorridono
(di tali incubi)

e mi sveglierò al mattino e cercherò
di amare di nuovo

ho ricevuto una lettera di Pete che concludeva dicendo
"prenditela comoda ma prenditela" ci ho pensato su
per un'ora e più finché sono arrivato a concludere
che quel che voleva dire davvero era che tu pianga o rida
(non ricordo quale delle due cose) farò la stessa cosa e
aggiungerò "dalla via con comodo ma dalla" e poi ci penserò su
per un'ora e alla fine o piangerò o riderò
(nella prossima lettera che vi scriverò vi dirò quale delle due cose
ho fatto)

tutto bene allora
faretheewell
shaloom an vamoose
me ne vado di nuovo
via dai pericoli e dagli angeli perduti e dai minneapoliziotti
e dai boss di paese e dai prosciutti che bruciano e da ogni altra cosa combinata e combustionata per me
tentando di non impazzire in ogni momento

amore ad agnes
lei è l'unico vero talento dell'universo
l'ho sempre pensato e mi piacerebbe vederla
di nuovo prima o poi

amore a tutti nella vostra casa

ci vediamo

il dolce ed assonnato
ma pronto ed in attesa

Bob Dylan

martedì 17 luglio 2012

Agente C

rasputil

Potrebbe essere uno spin-off tratto dalla "Lega degli Straordinari Gentlemen" di Alan Moore, una storia che racconta di come un agente dei Servizi Segreti britannici abbia assassinato un monaco russo con presunti poteri psichici, e invece è quello che è accaduto all'inizio del XX secolo, al "monaco pazzo" Rasputin, in Russia.
Grigori Rasputin, all'epoca, era famoso per alcune cose che, non nell'ordine, erano il suo appetito sessuale, le dimensioni del suo pene e le sue abilità di guaritore. Era entrato nelle grazie della scena politica russa, per caso, quando aveva salvato la vita del figlio dello zar Nicola II, dalla morte per dissanguamento, a causa dell'emofilia dell'erede al trono.

Mansfield Cummings, meglio conosciuto dai suoi colleghi come "Agente C", aveva messo su il "British Secret Intelligence Service" nel 1909. Solo un piccolo ufficio e un piccolo budget, usando sesso e denaro per ottenere informazioni. Utilizzando questo genere di tattica, aveva effettuato innumerevoli missioni ed aveva spedito migliaia di agenti in Europa e in Russia. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, la Germania si era schierata contro la Gran Bretagna e il governo britannico riteneva che un'eventuale fine delle ostilità fra la Germania e la Russia sarebbe stata dannosa per le forze britanniche, così come un'eventuale tregua avrebbe permesso alla Germania di concentrare tutti gli sforzi militari sulla Gran Bretagna. Il servizio segreto inglese riteneva che Rasputin stesse consigliando allo zar di stringere amicizia con la Germania. Così, nell'inverno del 1916, Cummings aveva inviato tre agenti ad uccidere Rasputin. Il nome in codice dell'azione era "Dark Forces".

L'agente britannico Oswald Rayner - uno dei tre inviati da Cummings - aveva coinvolto un ricco cittadino russo, Felix Yusupov, cche era stato suo amico di college, nell'assassinio di Rasputin. Il loro piano era quello di attirare Rasputin in casa di Yusupov, lasciandogli intendere che la moglie di Yusupov avrebbe avuto rapporti sessuali con Rasputin.
La storia ufficiale racconta che quella notte, Yusupov ed altri cittadini russi, infuriati contro Rasputin, lo avvelenassero con una torta al cianuro e poi gli sparassero, prima di affogarlo dentro un fiume ghiacciato, lì vicino.
Ci sono solidi argomenti che mettono in dubbio la possibilità che Rasputin abbia mangiato una torta al cianuro, ma i fori di proiettile sono impossibili da confutare, per tutta una serie di fotografie del corpo di Rasputin, che mostrano il foro di ingresso di un proiettile, in fronte.
Almeno quattro proiettili trapassarono il corpo di Rasputin, e gli esami balistici parlano di pallottole sparate da un revolver Webley, un'arma comunemente usata dagli agenti britannici.

Il servizio segreto inglese, ad ogni modo, non si fermò a Rasputin. Cummings ordinò ad un agente di uccidere il futuro premier Joseph Stalin, nel 1918. Stalin voleva far pace con la Germania, creando così ancora una volta dei problemi alla Gran Bretagna. L'agente venne licenziato da Cummings, per aver rifiutato l'incarico.

lunedì 16 luglio 2012

cent’anni

Creedmoor

Il centro psichiatrico di Creedmoore, quartiere di Queens, New York, quindici piani di file e file di mattoni e di finestre tutte uguali. E' in questo ospedale che Woody Guthrie trascorse i suoi ultimi anni e morì, dopo aver perso le capacità di camminare, di parlare, di mangiare e di mettere a fuoco cose e persone. La corea di Huntington, una malattia mortale che da sempre albergava nei suoi geni, gli regalò un tragico finale, dopo una vita difficile e qualche effimero episodio di gloria. Attraversò più volte gli Stati Uniti, da costa a costa, ricorrendo anche alla carità, per poter mangiare. Prese treni in corsa, si misurò con il deserto, camminandolo per ore e ore, viaggiò su camion che trasportavano carichi a proposito di quali era meglio non fare domande. In mezzo, mille lavori, in cambio di un letto e di un pasto, dipingere cartelli o lucidare stivali, ma anche spaccarsi la schiena a raccogliere fragole e a frugare fra i rifiuti in cerca di rottami. Era cresciuto a Okemah, una cittadina dell'Oklahoma soggetta ai capricci del vento , la cui fortuna era finita quando i pozzi di petrolio si erano seccati. Come la fortuna del padre, che vendeva e comprava terreni in odor di greggio; operazioni veloci che si concludevano con una stretta di mano, magari dopo una lite furiosa. Addestrato, fin da piccolo, a rimanere in piedi: l'allenamento comprendeva lunghi sermoni e pugilato. In qualche modo funzionò, e Woody imparò a parare i colpi, da subito. L'incendio che distrusse la casa, poi la nuova casa che crollò a causa di un tornado, la sorella maggiore che morì bruciata dentro la macchina incendiatasi per un difetto del radiatore, e la madre uccisa dalla corea di Huntigton.
Con un padre rovinato, e senza più niente da perdere, Woody cominciò il suo viaggio verso la "verde e bella California". Cominciò così, attraversando il confine col Nuovo Messico, con tre tipi, a bordo di un auto nel cui bagagliaio non c'era nascosto niente di buono. A Tucson, Arizona, venne espulso da uno sceriffo cui non piaceva affatto il suo aspetto di vagabondo. Prese un treno in corsa, davanti alle guardie ferroviarie che lo avevano appena fatto scendere da un altro treno, e per un pelo non morì congelato, attraversando il deserto, all'alba, sopra un camion frigorifero diretto a Fresno.
Di tutte queste storie, Woody fece le canzoni che finirono per diventare la voce della classe operaia statunitense.
Già, la voce della classe operaia, che morirà senza poter più riuscire a parlare. No, non è giusto!

venerdì 13 luglio 2012

Adelita

La Adelita, è il titolo di una canzone, forse la più famosa canzone della rivoluzione messicana. Divenne da subito talmente conosciuta e diffusa da far sì che tutte le donne che partecipavano alla rivoluzione, non importa se in qualità di cuoche, infermiere o soldati, venissero chiamate "adelitas".

"Si Adelita se fuera con otro,
La seguiría por tierra y por mar,
Si por mar en un buque de guerra
Si por tierra en un tren militar."

Chi fosse, con certezza, l'Adelita per cui venne scritto il famoso corrido, a quanto pare non è dato sapere. O meglio, sembra che ci siano almeno due contendenti, forse tre, e due autori che si giocano la paternità del pezzo.

adelit10

Altagracia Martínez, conosciuta anche col nome di Marieta, e poi battezzata Adelita quando decise di unirsi alle truppe di Pancho Villa. Sembra che sia stato proprio Francisco Villa, insieme a Rodolfo Fierro, a inventare il nome di battaglia destinato a passare alla storia. Le sembianze di Altagracia sono note, immortalate da una famosa fotografia scattata da Jerónimo Hernández, fotografo ufficiale del quotidiano maderista "Nueva Era". L'immagine, pubblicata l'8 aprile del 1912, mostra una donna, avvolta in uno scialle, che si sporge dal vagone di un treno, alla stazione di Buenavista. E' in procinto di partire con le truppe del generale Huerta, dirette a Chihuahua, dove si scontreranno con l'esercito del generale Orozco, che si è ribellato contro il presidente Madero.
La foto venne pubblicata con una didascalia. Diceva "Defenderé a mi Juan”, difenderò il mio Juan.

adelita velarde

Adela Velarde Pérez era, invece, un'infermiera della Croce Rossa che curava i feriti della Divisione del Nord di Pancho Villa, la quale si innamorò di uno dei suoi pazienti. E sarebbe stato proprio Antonio del Río Armenta, sergente nell'esercito di Pancho Villa, a comporre la famosa canzone. Del resto, i versi dicono:

"En lo alto de la abrupta serranía
acampado se encontraba un regimiento
y una moza que valiente los seguía
locamente enamorada del sargento."

Adelita_La Esperanza

Poi, esiste un'altra versione ancora, che attribuisce la canzone a Elías Cortazar Ramírez, un giovane capitano dell'esercito costituzionalista che scriveva versi e canzoni. Si era innamorato di una ragazza di Tampico, di nome Adela, di un amore incorrisposto. Il capitano morirà in combattimento e i versi della canzone verrano disposti in modo da risultare come un saluto per l'amante ingrata.

"Y si acaso yo muero en la guerra,
y mi cadáver lo van a sepultar,
Adelita, por Dios te lo ruego,
que por mí no vayas a llorar."

giovedì 12 luglio 2012

questione di soldi

Kilgore-Trout

I protagonisti di questa storia sono morti, tutti tranne uno, anche perché quello che non è morto non è mai esistito. Kilgore Trout, era nato nel 1965 dentro la pagine di un libro, e da lì aveva cominciato a muovere i suoi passi, amorevolmente coccolato dal suo papà, Kurt Vonnegut, che ne fa, da subito, un prolifico scrittore di fantascienza. "Kill gore trout", ovvero "uccidi la trota in modo cruento", i riferimenti abbondano, e ce n'è uno in particolare, quello a Theodore Sturgeon (Sturgeon =Storione) che lo stesso Vonnegut dichiara in un'intervista. Con gli anni, e di libro in libro (di Vonnegut), l'opera inesistente (di Trout) arriva a contare fino a 117 romanzi (qualcuno li ha contati) e oltre 2.000 racconti. Di questi romanzi, qualcuno ha anche un titolo. Ed è qui che arriva l'ultimo protagonista di questa storia, Philip José Farmer. Che fa? Prende il nome di Trout e gli fa scrivere un romanzo, proprio uno di quelli che aveva già scritto. E' il 1975, e nelle librerie appare "Venere sulla conchiglia" di Kilgore Trout. E' un romanzo geniale e viene esaltato da critici e lettori, i quali non sapendo chi si celi dietro lo pseudonimo, rinconducono il tutto a Kurt Vonnegut. E a chi altri? Solo che era Farmer, e non Vonnegut, e Farmer non era Vonnegut e non era nemmeno Sturgeon, nella scala letteraria di Vonnegut. Ragion per cui, il tributo - perché di tributo vero e proprio si trattava - innervosì parecchio Vonnegut. Dapprima, si preocupo di smentire e di mettere a tacere tutte le voci che gli attribuivano il "parto". Subito dopo, si ritenne "costretto" a vietare un ulteriore utilizzo del nome del suo personaggio relativamente ad altre opere. Anche perché, la disponibilità all'utilizzo del nome "Kilgore Trout" l'aveva data proprio lui! Solo che non si aspettava che il libro di Farmer ottenesse un eco così vasta. Insomma, il tutto, come spesso avviene, si riduceva ad un problema di ... soldi. A dire di Vonnegut, Tout avrebbe fatto più soldi, in un solo anno, di quanti ne avesse fatti Farmer in tutta la sua vita. E, soprattutto, lui, Vonnegut, di tutti quei soldi, non aveva visto nemmeno il becco di un quattrino. Chiaro! No? La risposta di Farmer arriverà solo qualche anno più tardi, nel 1999. La nipote di Farmer, facendo una ricerca per il college su Kilgore Trout, era incappata in un'intervista a Vonnegut, e chiedeva al nonno la sua versione della storia. E Farmer parla di tristezza, e parla di ammirazione per Vonnegut. Dice quanto gli sia dispiaciuto non aver potuto scrivere "Son of Jimmy Valentine" (un altro degli pseudobiblia di Trout. Quanto ai soldi - racconta -il libro non fu per niente un successo commerciale.
“Mi sono divertito tantissimo a scrivere come Kilgore Trout, mi dispiace che Vonnegut abbia pensato ad esso come un pessimo libro”

mercoledì 11 luglio 2012

l’Europa che ci aspetta, alla stazione!

treni

Era il 1956, quando, in Francia, si decise di abolire la terza classe per il trasporto ferroviario dei passeggeri. Nel 1982, il governo socialista decise di mettere a disposizione di tutti i viaggiatori la prima classe della metropolitana parigina, durante le ore di punta; la prima classe, poi, fu del tutto fatta sparire nel 1991. Nel 1992, la nuova Carta del Trasporto Pubblico definiva nei seguenti termini il diritto al trasporto:
"Ogni utente dev'essere in grado di poter beneficiare del servizio pubblico senza doversi trovare in posizione di inferiorità a causa delle sue condizioni sociali, del suo handicap, della sua residenza o qualsiasi altra ragione che attiene alla sua situazione personale o a quella del gruppo sociale di cui fa parte."
Oggi, il prezzo dei biglietti delle ferrovie francesi è del tutto esagerato, rapportato alle nuove forme di lavoro salariato e di precariato - lavoratori poveri, interinali, tempo di lavoro parziale, ecc. - che di fatto viene penalizzato, se non interdetto, il diritto al trasporto e alla mobilità ad un numero sempre crescente di utenti. Piuttosto che prendere in considerazione una revisione globale delle tariffe, utilizzando una serie di aiuti sociali, la dirigenza della SNCF, dopo aver inventato la Prima Classe Pro, hanno elaborato un progetto che reintroduca, sotto un'altra forma, la Terza classe una volta riservata ai poveri, chiamandola pudicamente "TGV low cost". Un progetto di ghettizzazione dello spazio pubblico mobile, attuato secondo un criterio finanziario. Il futuro utente della terza classe verrà privato di tutta una serie di servizi e verrà sottomesso a tutta una serie di vincoli che renderanno difficile e faticoso il suo viaggio, che richiederà molto più tempo.
Il progetto, chiamato "Aspartame", riprende a grandi linee le caratteristiche del trasporto aereo proposto dalle compagnie low cost, adattate alle ferrovie. Insomma, cose tipo: vendita dei biglietti solo su internet, un solo bagaglio consentito, rimborso del biglietto impossibile, i cambi verranno pagati, ecc. Ovviamente, a tutto questo corrisponderà anche una diversità di trattamento salariale per il personale ferroviario che lavorerà su tali treni. Low cost anche loro!
Chissà come reagirà, il governo "socialista"?!?

martedì 10 luglio 2012

Antipolitica

gabin

“Simenon si occupa di politica solo sotto il profilo psicologico. Quando la tira in ballo, nelle inchieste del commissario Maigret come nei romanzi-romanzi, è per studiarne i meccanismi, indagare le dinamiche. Non prende partito, se non quando gli serve. E se lo fa, sono le circostanze a dettare le sue posizioni. Capita però che siano i libri a parlare per lui, a sua insaputa. Il Presidente, romanzo che scrisse nel 1957 (da cui Verneuil trasse un film interpretato da Jean Gabin) - ora in uscita da Adelphi (trad. di Luciana Cisbani, pp. 155, e16) - è dedicato alla figura di un uomo politico che, approdato alla vecchiaia, vive in bilico tra i ricordi di un passato in prima linea e il nulla del presente, con la minaccia della morte che pesa su di lui e potrebbe bussare alle finestre da un momento all'altro. Augustin ha tenuto le redini del Paese come presidente del Consiglio ed è stato al centro di eventi storici di prima importanza. Ottantaduenne, è ormai fuori dai giochi e trascorre giornate tutte uguali sulla costa normanna, agli Ebergues, una tenuta a mezza strada tra Etretat e Fécamp, al riparo da sguardi indiscreti. Diminuito nel fisico, è discretamente assistito da tre medici, un'infermiera, una segretaria, una cuoca, una domestica e un autista, (fin troppo) attenti a ogni suo gesto e istruiti sul da farsi in caso di emergenza.
Dietro alla figura austera di Augustin, le biografie ci invitano a vedere quella di un uomo politico reale che terminò la sua esistenza in isolamento riflessivo dopo una lunga vita trascorsa a decidere dei destini del Paese: Georges Clemenceau. Negli Anni Trenta, Simenon aveva conosciuto e frequentato un suo ex segretario poi diventato ministro degli Interni, Georges Mandel, uomo che secondo Churchill avrebbe potuto essere la voce della Francia libera ma che fu molto sospettato di collaborazionismo. Tra le alterne vicende della sua esistenza, gli accadde di essere fatto arrestare da un Pétain appena arrivato al potere. Ebreo, venne in seguito rinchiuso in un campo di sterminio, ma poi fatto liberare nel '44 dallo stesso Pétain, che mandò i miliziani a prelevarlo in macchina. A Fontainebleau lo fecero scendere e lo ammazzarono. Ufficialmente, sarebbe stato assassinato dai partigiani (l'attuale presidente francese, Nicolas Sarkozy, ne ha scritto una biografia trasformata in pellicola da Goretta).
Habitué del Café de Paris, negli anni ruggenti dell'approdo al successo, ai soldi e alla mondanità, Simenon vi incontrava Rothschild e Mandel. Lo aveva impressionato una frase che sarebbe stata pronunciata dal presidente Clemenceau sul suo segretario: «Io scoreggio, e lui si porta dietro il fetore». Augustin, nel romanzo, è davvero fuori dai giochi come sembra? Quando fisico e mente glielo consentono, scrive le sue memorie, e i contenuti di quegli scritti fanno gola a più d'uno. La Francia sta vivendo una grave crisi istituzionale, e il Presidente della Repubblica ha incaricato Philippe Chalamont, indipendente di sinistra, di formare un governo di larga coalizione. Entro il mattino si saprà se ha accettato l'incarico. Augustin segue i notiziari per radio. Chalamont era stato un tempo suo segretario e protetto. Poi lo aveva allontanato da sé con l'accusa di alto tradimento e lo aveva costretto a firmare una dichiarazione in cui riconosceva le sue colpe. Adesso quel foglio si e' fatto bruciante: l'ex presidente lo nasconde tra le pagine di un libro, lì agli Ebergues, ed è convinto che nella notte Chalamont verrà. Potrebbe precederlo, e con una telefonata distruggerlo. Esita. Gli piace pensare che ha ancora in mano la Storia, ma allo stesso tempo la cosa lo turba. Saprà essere la Tigre di un tempo? Vuole esserlo?
Per Simenon non c'è alternativa possibile. Politica è sinonimo di corruzione. Una massima di Augustin, quando era al governo, cancellava l'individuo di fronte alla funzione. Che ne è oggi di quella massima? Simenon gode, e ci attira con lui, a insinuarsi nelle contraddizioni di una mente che apparentemente oscilla.
Contraddittorio e ambiguo dal punto di vista ideologico, Simenon lo fu quant'altri mai. Capace di tuonare come il più integerrimo dei moralisti dalle colonne della cattolica e conservatrice Gazette de Liège contro la prostituzione e al tempo stesso suo fruitore quasi giornaliero. In fatto di politica, preferiva affermare il suo disinteresse, ma se la cavò in modo da non perdere mai un possibile vantaggio immediato. Quando giovane giornalista si stava facendo un nome (all'epoca firmava Sim), assecondò la linea della “Gazette de Liège” scrivendo una serie di articoli pesantemente antisemiti, nei quali metteva in guardia contro «la piovra ebraica» e giustificava gli argomenti aberranti dei Protocolli dei Saggi di Sion prendendoli per buoni. A tempo debito, avrebbe poi rinnegato queste sue esternazioni protestando amicizia per gli ebrei.
Ma aveva saputo anche radicalizzare le posizioni del suo giornale, quando aveva denunciato il «complotto giudeo-massonico contro la religione e lo Stato», e additato i massoni come gli alleati dei figli d'Israele nel progetto di instaurare nel mondo intero un «supergoverno ebraico» con l'aiuto dei puritani inglesi e delle dittature comuniste. Purché lo pubblicassero e lo pagassero, scriveva per chiunque: anche per il giornale nel quale era implicato il fratello Christian, la cui partecipazione al massacro di Courcelles Simenon coprì, per ragioni familiari. Negò a posteriori ogni accusa di collaborazionismo durante la seconda guerra mondiale, adducendo ragioni di salute, sue e del figlio Marc, per certi comportamenti ritenuti sospetti, ma i soldi guadagnati in quegli anni, i libri pubblicati e i film realizzati nonostante l'occupazione, varie amicizie pericolose, da Robert Courtine a Arletty, da Drieu La Rochelle a Robert Brasillach, sono innegabili. Come la partenza per gli Stati Uniti, finita la guerra: anelito modernista, per sé e per il figlio Marc, o paura delle ritorsioni e del comunismo?
Piccolo borghese di nascita, «populista» e impareggiabile conoscitore delle «petites gens» che non si stancò mai di scrutare nei suoi romanzi, ma puntando all'alta borghesia agiata come classe da disprezzare e conquistare insieme, Simenon fece apparentemente tutto quello che volle rimanendo però per se stesso un assoluto mistero. Come scrisse a uno dei primi e più convinti ammiratori della sua scrittura, Andrè Gide: «L'unico terreno proibito alla conoscenza non è forse il proprio io? Io ne sono convinto ed è per questo che spesso baro con me stesso. Faccio finta di non sapere per non sfidare il destino». “

Gabriella Bosco (da "La Stampa - Tuttolibri" 1-09-2007 )

lunedì 9 luglio 2012

La chiave

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Venerdì mattina, niente lasciava immaginare che Cinera, un piccolo villaggio minerario nel nordovest della Spagna, a circa 40 km. dalla città di Leon, fosse sull'orlo di un'insurrezione. Le strade erano tranquille, alcuni uomini si davano da fare al Centro Sportivo, una piccola struttura dove pochi giorni fa i residenti si sono riuniti per lanciare un appello per il mantenimento delle miniere nella regione.
"Penso che andrà a finire male ... Se non verranno ripristinati i sussidi governativi, qui chiude tutto" - commenta Julian Sanchez, un minatore sessantenne in pensione che è cresciuto a Cinera. Spiega che il paese è nato sessant'anni fa su iniziativa dell'impresa che sfrutta le miniere vicine. Tutta la popolazione dipende dall'estrazione del carbone e non vede affatto di buon occhio la decisione del governo. Nei giorni scorsi, molti residenti si sono radunati sulla strada nazionale che attraversa il villaggio, per fare una barricata e bloccare la circolazione. Ne sono nati degli scontri con la Guardia Civile lì inviata. In seguito, le forze dell'ordine sono entrate nel villaggio alla ricerca dei responsabili, sono entrati nelle case. Un anziano, Paco, è stato picchiato senza alcun motivo - a detta dei residenti - ed è stato ferito ad una mano. Ora si rifiuta di parlare, ed è sparito. "Ha paura" - dichiara il fratello, Juan Niembro - "i poliziotti si sono comportati come dei selvaggi".
"Qui, siamo quasi in una situazione da guerra civile" - ha aggiunto.
Vicino alla scuola, la stampa si avvicina ad un gruppo di giovani minatori che si preparano con tutta evidenza a una nuova manifestazione. "Vi consigliamo di dotarvi di qualche segni che vi possa identificare come giornalisti, altrimenti la guardia civile vi picchierà" - avverte uno di loro.
Due delegati sindacali, arrivati da poco nel villaggio, confermano che si sta preparando un'operazione. "Il potere ci tratta come se fossimo dei terroristi. Ma qui il problema è il governo" - sottolinea Ruben Dario, uno dei delegati che per oggi vorrebbe un breve blocco stradale senza violenze.
Verso le 11, un gruppo di residenti composto da giovani e da meno giovani si porta nei pressi della strada nazionale. Quando arriva un camion, sbucano fuori degli uomini mascherati che costringono il conducente a fermarsi, minacciandolo con delle fionde. Lo obbligano a fermare il veicolo di traverso, sulla strada, e gli prendono le chiavi. "Loro rivendicano i propri diritti, ma anch'io devo mangiare. Così, mi impediscono di lavorare" - protesta Thomas Alonso, che non può fare altro che aspettare. I manifestanti, oltre a bloccare il camion, hanno piazzato delle barriere metalliche sulla linea ferroviaria che corre lungo la strada, prima di ritirarsi sul ponte che porta al villaggio.
Poco dopo, arrivano i poliziotti e la tensione sale. I giovani scompaiono, per riapparire subito mascherati con dei cappucci. Uno di loro brandisce un tubo metallico che funziona da cannone per lanciare ... delle palle da golf. Un altro trasporta dei fuochi artificiali che possono essere sparati dai minatori, contro i poliziotti, con dei tubi metallici, come fossero dei lanciarazzi. "Questo ci permette di tenere la polizia a distanza".
Ruben Dario cerca di convincere i giovani a mantenere la calma. Invano. "Vogliono battersi", dice.
Dei poliziotti si sono appostati dall'altra parte del villaggio, nei pressi di un campo di calcio. I giovani lanciano degli oggetti verso di loro e poi si ritirano dietro l'angolo della strada. I poliziotti rispondono con gas lacrimogeni e sparando pallottole di gomma. C'è tutto il villaggio, che teme una nuova invasione.
"Difendono i nostri interessi", dichiara, malgrado tutto, un commerciante, guardando i giovani mascherati che si agitano all'angolo della strada. Dopo mezz'ora di combattimenti, ripiegano. Riappaiono, subito dopo, a viso scoperto, con abiti del tutto diversi. Seduti, al bar, all'angolo, si pavoneggiano come combattenti appena tornati dal fronte.
Nel frattempo, la polizia rimane schierata sulla strada nazionale. "Non si può fare niente fino a quando non abbiamo le chiavi. Aspettiamo decisioni dall'alto" - dice un poliziotto. Alcuni ufficiali in tenuta anti-sommossa si avvicinano al camion per fare il punto della situazione. Tornando sulla strada, sono oggetti di improperi da parte dei residenti che urlano loro degli insulti. Gli sguardi sono pesanti, ma non succede niente.
Nel villaggio, ora regna il buonumore. L'atmosfera si fa più leggera. Un anziano minatore, sulla settantina, ne approfitta per vantarsi di aver sparato anche lui un paio di fuochi d'artificio, giorni fa. "Poi mi sono rifugiato in casa. Abbiamo partecipato tutti". Julian Sanchez si diverte. Seduto sui gradini della scuola, saluta gli amici, li tratta da "rivoluzionari".
"Non ci sarà più battaglia, per oggi", dichiara. E poi ride, non appena gli chiedono quando verrà ripristinato il traffico. "Dipende da chi ha le chiavi", risponde.

fonte: http://communismeouvrier.wordpress.com

Grazie!

Per Marty, quello che gli valse l'oscar, poi Trucker Cobb, sul "Volo della Fenice", il generale Worden della "Sporca Dozzina", Duch nel "Mucchio Selvaggio", ma anche Rogo ne "L'avventura del Poseidon" e Shack, cattivissimo, ne "L'imperatore del Nord", senza scordarsi di "Papà Orso" Wallace, lo sceriffo di "Convoy" e "Cabbie", il tassista di "1997: Fuga da New York". Per un centinaio di film e per quella battuta memorabile, come il suo sorriso, quando risponde, a Pike Bishop/William Holden che giustifica Deke Thorton/Robert Ryan in quanto starebbe solo tenendo fede alla parola data, che quel che conta è a chi la dai, la parola. Per tutto questo, grazie!



domenica 8 luglio 2012

Stratagemmi

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"Aggrotta le sopracciglia e ti verrà in mente uno stratagemma!".
E' il 4 luglio del 1789 e il marchese de Sade, prigioniero alla Bastiglia, si sporge da una finestra e arringa il popolo. Sotto la prigione, si è radunata una piccola folla. "Accorrete" - grida il marchese - "qui si sgozzano i prigionieri!". Nella stessa giornata, Sade, nudo come un verme e con una pistola puntata alla gola, viene trasferito in quell'ospizio di Charenton che lo accoglierà poi di nuovo, dal 1803, per ospitarlo fino alla morte. Dieci giorni dopo, il 14 luglio 1789, finalmente il popolo invaderà la Bastiglia. Dentro, non ci sono prigionieri; c'è solo la biblioteca del marchese de Sade, compreso il manoscritto de "Le 120 giornate di Sodoma", appena terminato e che per molti anni si crederà perduto. Nessun prigioniero da liberare. La rivoluzione è iniziata, praticamente, da una menzogna. Una menzogna tale solo in apparenza. E, forse, nemmeno, in apparenza. Era il gesto teatrale capace di rappresentare la realtà vera, della Bastiglia, di Parigi e della Francia, e innescare quel movimento di popolo che si continuerà a ricordare e a festeggiare.
Aggrotta le sopracciglia, e ti verrà in mente uno stratagemma! Lo spirito rivoluzionario attua un rovesciamento dei fatti e dei pensieri, si autoalimenta dalla capacità di creare dal niente, di inventare, di fingere i presupposti, di scatenare gli effetti da cause inesistenti, quasi alieni.