venerdì 28 settembre 2012

Detriti

Madrid-Rastro1

Encarnación López, detta l'Argentinita, una delle muse di Lorca, l'amante di Ignacio Sánchez Mejías, la cui morte, tragica e prematura, la trasformò nell'erede di tutti i manoscritti, delle lettere scritte dai suoi amici poeti e dei libri dedicati al torero. Al momento della sua, di morte, altrettanto prematura. l'Argentinita trasmise l'eredità alla sorella. Pilar López, ballerina e coreografa. Anni dopo, Jacques Issorel, dell'Università di Montpellier, va a trovare Pilar a casa sua. Domanda di vedere qualcuna di quelle lettere. Pilar è una donna difficile, e non gli mostra quasi niente dei documenti in suo possesso. Nasconde tutto, con gelosia. Nessuno poteva pensare che molte di quelle lettere, insieme ad altre cose, più personali ed intime, sarebbero arrivate al Rastro.

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Anche questa fotografia, dove la si vede insieme al marito, l'impresario Tomás Ríos. La foto è stata scattata a New York da Alfredo Valente, famoso a Broadway. La foto, strappata, reca una dedica. E' stata dedicata, più di mezzo secolo fa, ad una persona che non l'ha mai ricevuta. Quelli che si libereranno della foto che era nella casa in cui viveva Pilar López, erano degli inesperti. Non sapevano com'è difficile distruggere una traccia, né che nel Rastro tutto ha un valore, inclusi i resti di un naufragio. Soprattutto i resti di un naufragio.

pilar lopez2

Relitti, tre piccole valigie di cartone. Fogli strappati, passaporti, foto, fatture, ricevute, matrici di assegni della Bank of British West Africa. E lettere, lettere, lettere scampate alla distruzione, in qualche modo. Il Rastro come il fiume della vita. Lettere da Tomás a Pilar, quasi tutte lettere d'amore. Alcune di disamore. Tomás promette, Tomás chiede, Tomás si lamenta. Dapprima. Poi Tomás non scrive, Tomás tace. Non ci sono lettere di Pilar. I documenti di Tomás, che morì separato dalla moglie, tornarono in mano a Pilar. Un'eredità. Nell'eredità c'erano anche le carte che Pilar aveva ricevuto in eredità dall'Argentinita, e che, dopo la separazione, erano rimaste in mano al marito. Ora tornavano, come un boomerang. Lettere della Pilar giovane alla Pilar vecchia. Ma dove sono? Decise di distruggerle e di tenersi solo le lettere di lui? Chissà?!

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Cos'è successo fra i due? E' una storia frequente, di illusioni perdute. Ci sono due passaporti, a distanza di dieci anni l'uno dall'altro. Due fotografie, due uomini. Qualcosa è successo al primo dei due. Da compositore ad imprenditore. In qualcuno dei documenti compare come "Direttore" del Balletto Spagnolo di Pilar. Sarà stata quella la fonte dei loro disaccordi, magari una schermaglia d'amore - grazie al ruolo - con qualcuna delle ballerine più giovani. Ci sono molti dati in quelle valigie, circa l'infelicità di Pilar Lòpez. Di Encarnaciòn, la sorella, ci sono lettere e un diario dove annotava con puntualità maniacale tutte le spese, centesimo per centesimo tutto quello che guadagnava o spendeva. Di Tomàs no, niente. Il primo, si chiama Tomàs. Ma più tardi, dopo aver fatto il "salto americano", dovette pensare che era meglio Thomas, più americano. Ma, alla fine, optò per Tommy. Tommy Rios - dovette pensare - come il suono di un paio di maracas in un'orchestra di samba!
pilar lo´pez

Questa storia che è cominciata con una foto strappata, finisce con un'altra fotografia, strappata anch'essa. Il fotografo è lo stesso, ed anche questa reca una dedica. Ma è tutto cambiato. Dai giorni del vino e delle rose, della prima fotografia, all'infelicità di questa. Nel mezzo una storia, come tante, una storia come nessun'altre. Dimenticata, destinata all'oblio, al nulla. Poi, però, c'è qualcuno che lavora, che fruga, nottivaghi all'eterna ricerca nei cassonetti di Madrid. Fruga, cerca, e trova. Trova alcune valigie con dentro delle carte. Non sa cosa siano, non ha idea del loro valore, spesso è qualcuno che non sa nemmeno leggere. Se vai a Madrid, ne trovi a centinaia al Rastro, al mercato delle pulci, con il loro aspetto cencioso di mendicanti mentre offrono la loro mercanzia. A loro, la vita ha insegnato che tutto vale qualcosa. Ha anche insegnato loro, la vita, che ad ogni cosa bisogna dare un prezzo vago e, soprattutto, a venderlo alla persona adeguata. Poi sarà la persona giusta, a sua volta, a venderlo alla persona idonea. Ad una vecchio libraio, in questo caso.  Non sempre accade, però. A volte, i veri tesori finiscono in mani che li disprezzano. Ma se arrivano a qualcuno, non è per caso. E' il lungo viaggio della vita, di tutte le vite.

fonte: http://hemeroflexia.blogspot.it/

giovedì 27 settembre 2012

L'uomo che uccise Laureano Cerrada

cerrada

- "Quiddentro o fuori?"
- "Fuori ... qui ho degli amici che non intendo mettere nei guai."

Questo brevissimo scambio di battute avviene in una caffetteria a Belleville, Parigi. E' il 18 ottobre del 1976, e due uomini si affrontano dentro il Caffè Europa. Quello più vecchio, che ha deciso per "fuori", esce, seguito da un uomo più giovane. Poi, dentro, da fuori, arriva il suono inconfondibile delle pallottole che vengono esplose. Un colpo, due, forse a distanza ravvicinata. Per terra, rimane il corpo intriso di sangue di Laureano Cerrada. Insieme alla domanda a proposito di chi aveva voluto assassinare il vecchio falsario, e perché. E perché, l'assassino aveva scelto un luogo affollato come quello, senza che gli importasse di poter essere riconosciuto?
"Si era fatto ipotecare" - Così ipotizza Lucio Urtubia - di cui Cerrada era stato maestro e mentore nell'arte della falsificazione - nella sua biografia. Sì, ma da chi?
La morte di Laureano coincide, cronologicamente, con la parte finale del lavoro di investigazione di Eliseo Bayo per la "Gaceta llustrada", dove venivano pubblicati gli articoli che poi andranno ad essere raccolti nel libro "Los atentados contro Franco". Sembra che Bayo avesse convinto Laureano a scrivere le sue memorie. Avevano trascorso tre giorni insieme, e Bayo aveva programmato 15 giorni per mettere dentro un libro tutta la preziosa storia di Cerrada.
"Questa iniziativa fu l'errore che portò Cerrada alla morte, e che solo lui avrebbe potuto prevedere" - afferma Luis Andrés Edo.
Per giorni, Cerrada registrò la propria voce in un magnetofono, aspettando che Bayo tornasse a Parigi. La morte fermò il progetto.
Lo stesso Bayo condusse un'investigazione sull'accaduto, e i risultati vennero pubblicati sulla “Gaceta Ilustrada”, compreso il nome del supposto assassino: Ramón Benichó Canuda, alias Ramón Leriles. La polizia, però, non pervenne alle stesse conclusioni del giornalista, e dopo aver interrogato Leriles, lo lasciò andare. Permettendogli così di scappare in Canada.
Ramón Benichó Canuda, alias Ramón Leriles, 52 anni, spagnolo, aveva militato tempo addietro nella CNT e, dopo aver trascorso un certo periodo in carcere, si pienamente integrato nella mafia francese. Secondo Bayo, il primo incontro di Leriles con Cerrada risale alla sua prima detenzione, nel 1950, quando quest'ultimo fu arrestato in seguito ad una delazione. Leriles c'entrava?
Il giorno prima che Leriles sparasse a Laureano, la Gaceta aveva pubblicato l'articolo che si riferiva al fallito attentato contro Franco nella Baia della Concha de San Sebastian. Un caso?
Mentre Bravo arrivava a Parigi per mettersi a lavorare sul suo progetto riguardo le memorie di Cerrada, questi incaricò un giovane avvocato parigino, Nicolas Reveillard, di sottrarre dal Palazzo di Giustizia un dossier di più di millecinquecento pagine. Questa era un genere di pratica per la quale alcuni impiegati si rendevano disponibili, dietro pagamento di un'adeguata somma. Laureano pagò tremila franchi. Secondo Bayo, nel dossier in questione si trovava la prova che l'attentato contro Franco era fallito a causa di una delazione. Il delatore, a detta di Bayo, sarebbe stato Primitivo Pérez, il pilota del piccolo areoplano. C'è da dire che Antonio Téllez, in "Storia di un attentato aereo contro Franco", confuta con varie prove una simile ipotesi.
Cosa conteneva questo misterioso dossier?
Nel romanzo, "Laureano Cerrada, el empresario anarquista", Cesar Galiano riprende l'ipotesi di Bayo e rincara la dose affermando che in quell'abbondante dossier si fanno i nomi di altri possibili delatori. Seguendo il filo di questa versione, si arriva al fatto che Ramón Benichó (Leriles) avrebbe agito per far sì che quel dossier non arrivasse mai nelle mani di Laureano.
Ma c'è una cosa che non quadra, in questa storia, ed è il fatto che Laureano sapeva benissimo che l'avvocato Reveillard era amico intimo di Leriles. E allora, cosa cercava Cerrada? La sua propria morte???
Quella mattina del 18 ottobre del 1976, Cerrada telefonò all'avvocato, dalla caffetteria Europa. Poco dopo, dalla porta del bar, fece il suo ingresso Leriles che salutò con ostentazione tutti gli avventori.
Ma perché? Perché l'assassino doveva entrare a viso scoperto sulla scena del crimine?
Bayo fa anche l'ipotesi del coinvolgimento dei servizi segreti, nella morte di Cerrada. Secondo tale versione, i servizi di polizia avrebbero fatto passare la cosa come un regolamento di conti tra mafiosi, e così facendo si possono evitare tutte le ipotetiche speculazioni politiche sulla morte di Cerrada.
Seguendo una linea simile, Stuart Christie, nel suo libro di memorie "Franco me hizo terrorista", suggerisce che Ramón Benichó lavorasse per il Grupo Paladin, una delle bande di pistoleri dirette da Eduardo Blanco, capo della Brigada Politico Social. Un gruppo segreto che reclutava fascisti italiani e tedeschi, ed era comandata da Otto Skorzeny, alias Caracortada, ex-colonnello delle SS che si era stabilito a Madrid.
Da un'altra parte, Luis Andrés Edo, ne "La CNT en la encrucijada. Aventuras de un heterodoxo", riporta una nuova versione che, in sostanza, non differisce molto da quella di Bayo, anche se aggiunge un nuovo tassello. Nel suo libro, Edo racconta che fu proprio Cerrada a spiegargli che Ramón Benichó, alias Leriles, integrandosi nella mafia francese, si era specializzato nello sfruttamento della prostituzione. Un'attività criminale che necessitava della protezione della polizia, ed è fra gli "sfruttatori del sesso" che la polizia recluta la sua principale rete di informatori. Sembra che Cerrada avesse chiesto ai delinquenti "più degni" di denunciare pubblicamente il nucleo di confidenti "sfruttatori del sesso".


- "Ho letto l'articolo che ha fatto un tale Eliseo Bayo. Tu vuoi che noi veniamo denunciati dalla stampa spagnola".

Sarebbe cominciata così la discussione che poi sarebbe finita con due colpi di pistola a bruciapelo, e con un cadavere riverso su un marciapiedi di Parigi ...


fonte: http://diariodevurgos.com

mercoledì 26 settembre 2012

capitalismo e francobolli

faulkner

Era il 5 dicembre del 1921 quando, William Faulkner, futuro premio nobel per la letteratura, riuscì ad ottenere un lavoro, come Ufficiale postale presso l'Università del Mississippi. E quel posto lo mantenne per quasi tre anni, nonostante le innumerevoli segnalazioni a proposito del fatto che scriveva i suoi romanzi in orario di lavoro, che perdeva, ed ogni tanto gettava via, la posta, ignorando colleghi e clienti e giocando a bridge durante l'orario di apertura dell'ufficio , ed arrivando tardi per andarsene via presto. Soltanto un'ispezione, verificatasi nel settembre del 1924, lo costrinse a dimettersi.

Quindi, Faulkner scrisse la seguente lettera ai suoi superiori:

“Dal momento che vivo, e fino a quando vivrò, in un sistema capitalistico, mi aspetto che la mia vita sia influenzata dalle esigenze delle persone danarose. Ma che io sia dannato se mai mi proporrò di essere alla mercede di qualsiasi farabutto ambulante che possiede due centesimi da investire in un francobollo.

Queste, signore, sono le mie dimissioni.”

(firmato)

fonte: http://www.lettersofnote.com

martedì 25 settembre 2012

philosophybook

deridda

Ho perso l’aura!

benj

Quando Walter Benjamin proclama che "l'aura" è perduta, lo scrive con una grossa quota di dolore.
Essendo un marxista, aveva visto nei mezzi di riproduzione tecnica - così come si manifestavano principalmente nel mezzo cinematografico - la liberazione finale dell'arte da tutti i vincoli del rituale e della tradizione.
"L'aura" - in pratica, una qualità quasi mistica, attribuita agli oggetti sulla base della loro unica presenza nel tempo e nello spazio - andava compresa come un qualcosa da superare, una sfortunata reliquia dei tempi in cui la maggioranza degli uomini era esclusa dall'arte. Una situazione che solo gli ultrareazionari" avevano interesse a mantenere. In breve, la perdita dell'aura, nell'arte, per mezzo della sua riproduzione meccanica, significava per Benjamin la necessaria democratizzazione dell'arte stessa.
Non è un caso che il saggio sull'arte di Benjamin continui ad essere letto ed usato da tutti quei teorici interessati all'arte, al cinema, alla teoria politica e alla cultura visuale. Il testo è per molti versi, profetico. Quando Benjamin afferma che "qualsiasi uomo oggi può vantarsi di essere stato filmato", egli sta prevedendo il detto di Andy Warhol per cui in futuro ognuno avrà i suoi 15 minuti di celebrità. La sua osservazione, a proposito del fatto che "la distinzione fra autore e pubblico è in procinto di perdere il suo carattere di base" è proto-post-moderna. Eppure, è incapace di immaginare che il 21°secolo vedrà un mondo in cui essere filmati non è solo un diritto, ma un dovere civile. Dalle Telecamere di Sorveglianza a Youtube: nessuno sfugge più all'obiettivo! E guai all'adolescente analfabeta che non ha un blog; a dirla tutta, oggi, essere un autore è più un passatempo che una professione.
Se conveniamo con Benjamin che "il culto delle stelle del cinema non preserva l'aura unica della persona, bensì la magia della personalità, il falso incantesimo di una merce", allora dobbiamo interrogarci se la democratizzazione dei media, che si suppone ci sia stata portata da Internet, non è, nei fatti, la trasformazione di un soggetto dato in una merce.  Alcuni lo pensano; per cui mentre ci sono studiosi come Pelle Snickars che predicano il Vangelo di Google, teorici come Tiziana Terranova postulano la tesi provocatoria per cui gli utilizzatori di Internet costituirebbero una nuova lega di liberi lavoratori (pubblicando una webzine significativamente intitolata "NetSlaves").
Con la riproduzione meccanica - sembra sostenere Benjamin - la stessa distinzione fra originale e copia comincia a diventare obsoleta. "L'opera d'arte riprodotta diventa l'opera d'arte disegnata per essere riproducibile. Dal negativo di una foto, per esempio, si possono fare un qualsiasi numero di stampe; domandare quale sia quella autentica, è privo di senso."
Questa affermazione, nella teoria più tarda, arriverà a relazionarsi alla totalità dell'esistenza, e non solo all'arte. La filosofia post-moderna ha osservato, affascinata dall'orrore, come questo mondo sempre più "mediale" sia stato risucchiato in un vortice di "iperrealizzazione", "una generazione di modelli di un reale senza origine o realtà" (Baudrillard). Come a dire, il sogno democratico di Benjamin si è trasformato nell'incubo di Baudrillard!
Ma, la perdita dell'aura è irreversibile? Qualcuno sostiene che con il degrado dei materiali l'aura dell'oggetto ritorna. Toccata dal tempo, ogni copia diverrebbe un originale. Come in qualche modo conferma il dibattito in corso circa la supposta morte del cinema, caratterizzato da un ossessivo interesse per la caducità della pellicola. Per cui, il film analogico recherebbe in sé la propria morte, dal momento che ad ogni proiezione si avvicina sempre di più alla propria distruzione. Così, la paura della scomparsa rende ogni proiezione esistenzialmente preziosa. La penuria è la strada maestra per l'unicità. E l'unicità è il prerequisito per l'aura.
Ogni proiezione è unica, come lo è ciascun spettatore. E, allo stesso modo, non si può dire che un film sia sempre un solo film. Portando più avanti questo esercizio di "plurizzazione", si può arrivare ad affermare che anche lo spettatore non è mai solo uno. Non si riguarda mai lo stesso film con gli stessi due occhi. Banalmente, ad esempio, l'esperienza di un film cambia, a seconda della persona con cui lo si guarda. Una scena d'amore non viene percepita allo stesso modo quando la si guarda con un amante, con un amico, con un genitore, da solo. Se si conosce la situazione emozionale della persona con cui si guarda il film, si può arrivare ad esperire la proiezione, in parte, attraverso i suoi occhi, per mezzo di lui, o di lei.
Così, l'unicità, ovvero l'aura, finisce per risiedere non negli oggetti, ma nell'esperienza che è sempre processo di cambiamento, unico.

lunedì 24 settembre 2012

mappe dell’inferno

google-goggles

Lo scorso 28 agosto, sul "Guardian", Oliver Burkeman scriveva a proposito de "le mappe digitali che cambiano il nostro modo di vedere il mondo", partendo dalla constatazione dell'onnipresenza di tali mappe e dal fatto che continuano a migliorare in termini di precisione. A tal punto che Jerry Brotton, storico della cartografia, ha dichiarato: "Penso, in tutta onestà, che stiamo assistendo, per quanto concerne la produzione di mappe, ad un cambiamento ancora più profondo di quello avvenuto nel Rinascimento, quando si è passati dal manoscritto alla stampa". "Il passaggio alla stampa - chiosa Burkeman - ha messo a disposizione le mappe ad un pubblico assai più numeroso. Il passaggio alla cartografia digitale accelera ed estende tutto questo, ma trasforma altresì il ruolo che le mappe giocano nella nostra vita".
L'idea di una carta del mondo in scala 1:1, in grado di riprodurre tutto quello che essa contiene, è un'idea letteraria ben nota che si ritrova nelle opere di Lewis Carroll e Borges. In "Harry Potter" esiste un mappa che mostra tutto quello che stanno facendo, in qualsiasi momento, tutti i sudditi del reame. Riferito a ciò che ci sta preparando Google, tutto questo appare sempre meno inverosimile. Ma il livello di dettaglio è solo uno degli aspetti in cui la cartografia è cambiata, e continua a cambiare.
Giorno per giorno, vediamo diminuire la distanza che esiste fra il consultare una mappa ed interagire con il mondo che la mappa descrive. "Google Goggles" è in grado di proiettare, direttamente nel vostro perimetro visuale, l'indirizzo del ristorante che stiamo guardando, oppure le recensioni che parlano di tale ristorante. A questo punto, cosa significa "mappa"?
"Mappa" è l'essenza di Google. E' vero che la società Google parla di Google  Maps, o di Google Earth, come se fossero una sorta di extra, dei gadget, rispetto a quella che è la funzione principale del motore di ricerca. Ma un motore di ricerca, in un certo senso, è il tentativo di mappare il mondo dell'informazione. E nel momento in cui diventa possibile combinare il mondo concettuale con il mondo geografico, allora le opportunità commerciali esplodono. La ricerca di un ristorante, di una farmacia, di un taxi, tutto si apre alle più grandi possibilità pubblicitarie, da un punto di vista geografico. E, in più, quando si guarda una mappa - in un mondo di smartphone dotati di GPS - non si consultano solo i dati di Google, o di Apple, ma si aggiunge noi stessi a questi dati!
Più il vostro telefono conosce con esattezza il luogo dove vi trovate, più la pubblicità che vi arriva può essere mirata.
La vera questione, argomenta Burkman, è: chi controlla i filtri attraverso i quali andiamo a percepire la realtà?
Ogni chilometro quadrato di questo pianeta può essere descritto in un'infinità di modi. Dal punto di vista delle sue caratteristiche naturali, metereologiche, partendo dal suo profilo socio-economico, oppure da quello che si può comprare nei negozi che vi si trovano. Tradizionalmente, nelle mappe si riflettevano gli interessi degli stati e dei loro eserciti, considerato che erano loro quelli che "fabbricavano" le mappe. L'utilizzo era militare, e chi aveva la mappa migliore aveva più possibilità di vincere la battaglia. Oggi, che il potere si è come dispiegato, le mappe diventano un modo di guardare, e di far vedere, il mondo.

fonte: X de la Porte InternetActu

sabato 22 settembre 2012

malignamente

pizza

Se non ci credete: www.rai.it/dl/grr/notizie/ContentItem-2dbfc4de-a861-49ca-aa96-bee0197ea4d1.html
La cittadina in provincia di Groninga alla mercè di saccheggi e atti vandalici

Un invito sbagliato su Facebook
scatena la furia in Olanda

Doveva essere un compleanno di 16 anni riservato a pochi amici, ma la festeggiata si e' dimenticata di limitare l'evento su Facebook e ha di fatto invitato l'intera comunita' della rete a venire a casa sua. Migliaia di ragazzi ubriachi hanno saccheggiato la cittadina per tutta la notte. 20 arresti

Una immagine degli scontri

ROMA -

Notte di scontri in una cittadina olandese, con danni ingenti e 20 adolescenti arrestati, a causa di un invito sbagliato su Facebook. Doveva essere un compleanno di 16 anni riservato a pochi amici, ma la festeggiata si e' dimenticata di limitare l'evento su Facebook e ha di fatto invitato l'intera comunita' della rete a venire nella sua casa di Haren, nella provincia di Groninga. Migliaia di ragazzi ubriachi si sono cosi' riversati nelle strade della cittadina dando fuoco a giardini e negozi, alcuni dei quali sono stati anche saccheggiati, e tirando sassi e bottiglie alla polizia.

Ultima Modifica: 22 settembre 2012, 12:33

libri di ferro

ellison-1977

"Non so come vedete voi la mia missione di scrittore, ma per me non significa essere tenuto a riconfermare i vostri miti consolidati e i vostri pregiudizi provinciali. Il mio lavoro non è cullarvi con una falsa sensazione di bontà dell'universo. Questa meravigliosa e terribile occupazione che consiste nel ricreare il mondo in un altro modo, ogni volta nuovo e straniero, è un atto di guerriglia rivoluzionaria.
Smuovo le acque. Vi do fastidio. Vi faccio colare il naso e lacrimare gli occhi.
Consumo la mia vita e chilometri di materiale viscerale in una gloriosa e dolorosa serie di raid notturni contro l'autocompiacimento.
Il mio destino è svegliarmi con rabbia ogni mattina, e andare a dormire alla sera ancora più arrabbiato. Tutto questo per cercare l'unica verità che sta al centro di ogni pagina di narrativa mai scritta: siamo tutti nella stessa pelle ... ma per il tempo che ci vuole a leggere questi racconti ho solo la bocca.
Davanti a voi sta un bambino che non è mai cresciuto, e non sa che è socialmente inaccettabile chiedere, 'Chi ha scorreggiato?'"

- Harlan Ellison (da "Idrogeno e Idiozia") -

venerdì 21 settembre 2012

molto al di sotto delle nostre possibilità

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Quello che segue, più sotto, è la traduzione di un articolo, scritto da di Ernst Lohoff e Norbert Trenkle. Un'analisi che così può essere riassunta:
La crisi attuale non è affatto il risultato delle speculazioni o della crescita del debito degli stati. La causa fondamentale della crisi non va cercata fuori di quella che è la logica stessa di un sistema economico che riesce a funzionare solo a singhiozzo e senza la minima razionalità. La logica del massimo profitto possibile, a breve termine, del capitale investito. Logica che ha come conseguenza l'incapacità a capire la differenza fra la ricchezza reale utile agli uomini e la ricchezza capitalizzabile, quella che viene vista solo sotto forma di denaro.
Paradossalmente, non è vero che le società stiano vivendo al di sopra dei loro mezzi, come sempre più spesso si sente ripetere.
Al contrario, sono troppo ricche per un capitalismo che riesce a prendere in considerazione solamente la ricchezza astratta, quella che circola dentro le banche e che muove gli speculatori, ignorando le esigenze delle popolazioni. Il dramma è che questa logica folle non può portare ad altro se non al crollo di un sistema assolutamente incapace di soddisfare i bisogni delle persone. E questo crollo, i cui segni sono visibili nei paesi più fragili, non lascia altra alternativa che la barbarie, se non saremo in grado di prendere in mano il controllo del nostro destino.
 

L'immenso rilievo del capitale fittizio
(I limiti del rinvio della crisi da parte del capitale finanziario e il delirio dei programmi di austerità)
- di Ernst Lohoff e Norbert Trenkle -

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Nel corso degli ultimi trent'anni, il capitalismo ha cambiato drammaticamente il suo volto: mai, nella sua storia, il settore finanziario aveva assunto così tanta importanza in rapporto all'insieme dell'economia. Negli anni '70, i prodotti finanziari derivati erano ancora praticamente sconosciuti. Oggi, secondo la stima fornita dalla Banca dei Regolamenti Internazionali(BRI), la somma totale di questi strumenti finanziari arriverebbe a seicentomila miliardi di dollari, cioè a dire circa 15 volte la somma di tutti i prodotti interni lordi. Nel 2011, il volume quotidiano delle transizioni finanziarie è stato di 4,7 miliardi di dollari. meno dell'1% di questa somma proveniva da transazioni di beni. La compravendita di azioni, di titoli e di altre promesse di pagamento è diventata centrale per l'accumulazione di capitale e "l'economia reale" è diventata un accessorio dell'"industria finanziaria".
Questo sviluppo viene criticato da tutte le parti, da quando lo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti ha fatto precipitare l'economia mondiale ad una velocità vertiginosa, come non si vedeva dagli anni '30. Le cause di questo malessere, sarebbe l'espansione della super-struttura finanziaria. Dopo il crack del 2008, la rabbia si è rivolta principalmente contro le banche e contro gli altri attori finanziari privati che, nella loro avidità, sarebbero diventati ciechi e stolti. Nel frattempo, lo sguardo si è focalizzato sull'indebitamento statale, e si è puntato il dito contro i governi indebitati, presumibilmente irresponsabili e spendaccioni. Ma nell'uno e nell'altro caso l'idea di base è la stessa: tutti spognano un capitalismo "sano", basato sul "lavoro onesto", un capitalismo nel quale "l'economia reale" detta il corso del mercato, e dove l'economia finanziaria gioca un ruolo secondario, di servizio, in linea con quello che ci raccontano i manuali scolastici dell'economia nazionale.
Il capitalismo è un sistema profondamente assurdo, ed è nella crisi che le sue contraddizioni diventano lampanti e la sua follia si manifesta più apertamente. Ma il pensiero dominante non vuole sapere niente, esso ammette, tutt'al più, degli "errori" o degli "abusi speculativi" in certi settori del sistema. In tal modo, pretende che non solo non vi sia alternativa all'economia di mercato, ma personifica i mali della società, proiettandoli su "banchieri e speculatori", oppure, in modo ancora più generalizzato, sulla "costa ovest americana". La critica semplicistica del capitale speculativo e dell'indebitamento crescente che si ritrova dappertutto è ideologicamente ambigua e pericolosa, e inoltre capovolge il contesto economico reale. (...)
La produzione capitalista non conosce che un solo fine: la trasformazione del denaro in più denaro. Se il capitale non ha la valorizzazione come prospettiva, cessa di essere capitale. E' per questo che il sistema capitalistico è condannato all'espansione. Esso deve perpetuamente investire in nuovi settori per realizzare la valorizzazione, assorbire sempre più lavoro vivo, e ammucchiare sempre più merci. Già nel 19° secolo si assisteva regolarmente a delle interruzioni di questo processo di espansione. A fronte della quantità di capitale accumulato, ci si ritrovava periodicamente di fronte all'assenza di redditizie possibilità di investimento nella "economia reale". All'avvicinarsi di queste crisi di sovraccumulazione, il capitale aveva la tendenza a spostarsi verso la struttura finanziaria dove, sotto forma di "capitale fittizio", poteva riprodursi per un certo tempo attraverso l'accumulazione del debito monetario. Ed è stato unicamente nel momento in cui mostrava i suoi limiti, questa riproduzione di capitale senza passare per la valorizzazione, che si è assistito a dei veri episodi di crisi.
Questo modello di base, su una scala del tutto nuova, si è ripetuto oggi nel processo di crisi. La sua durata è di per sé eloquente. All'epoca, l'accrescimento del capitale fittizio era un fenomeno di breve durata, tutt'al più di uno o due anni, e si verificava all'inizio delle crisi cicliche. Oggi, la proliferazione di capitale fittizio è diventata la caratteristica principale di un intero periodo. Dall'inizio degli anni '80, il volume totale dei titoli scambiati sul mercato finanziario cresce senza fermarsi, in maniera esponenziale. E anche se il supporto di questa dinamica cambia regolarmente (obbligazioni di Stato, azioni, crediti ipotecari, prodotti derivati, ecc.) non è un caso che sia sempre l'"industria finanziaria" a costituire il centro da cui dipende l'accumulazione del capitale. A differenza degli stadi precedenti di sviluppo capitalista, lo spostamento verso le strutture finanziarie, nel corso degli ultimi trent'anni, non è solo il risultato di un'assenza momentanea di possibilità di valorizzazione nell'economia reale. Dalla fine dei gloriosi anni '30 e del fordismo, un'accumulazione autosufficiente all'interno dell'economia reale è diventata definitivamente impossibile. L'enorme aumento di produttività che è seguito alla terza rivoluzione industriale ha provocto uno sfratto di massa della forza lavoro dentro quei settori che producevano valore, minando così l'unica base della valorizzazione del valore: l'impiego della forza di lavoro vivo per la produzione di merci. Da alcuni decenni, il movimento globale di accumulazione riesce a continuare a sopravvivere solo grazie alla sfera finanziaria che, producendo  instancabilmente nuovi crediti monetari, è diventata il motore centrale della crescita del capitale. Se tale "processo di produzione" dell'industria finanziaria si inceppasse, il crollo catastrofico dell'economia mondiale diverrebbe ineluttabile.
Nel gergo del mercato azionario, si dice sempre che il prezzo delle azioni sarebbe "nutrito" dalle aspettative e che i mercati finanziari commerciano con "l'avvenire". Per mezzo di tali formule, anche se non ben comprese, si può percepire il segreto di base del capitalismo contemporaneo. Nella creazione di nuovi titoli di proprietà, si verifica una cosa incredibile che sarebbe impensabile nel mondo dei beni reali e della ricchezza materiale. La ricchezza materiale deve avere una sua esistenza a fronte di poter essere consumata. Non ci si potrebbe mai sedere su una sedia la cui costruzione è solo un progetto, per esempio. Per la ricchezza prodotta dall'industria finanziaria, questa logica temporale si inverte. Il valore che non è stato ancora prodotto, e che eventualmente non lo sarà mai, si trasforma anticipatamente in capitale, in capitale fittizio. Quando qualcuno compra delle obbligazioni di Stato, o dei titoli di Impresa, in occasione dell'emissione di azioni o di nuovi prodotti finanziari derivati, vediamo che il denaro-capitale che era in mano all'acquirente viene scambiato con una promessa di pagamento. L'acquirente si lancia in una simile operazione con la speranza che, in futuro, la rivendita di questa promessa di pagamento gli porterà più di quanto lui ha speso oggi per comprarla. E' grazie a questa aspettativa che le promesse di pagamento diventano l'attuale forma di capitale.

krisis

Per il bilancio globale della ricchezza del capitalismo, non è tanto la questione della conversione delle promesse ad essere importante. Quel che è particolare, è una bizzarria che si verifica nel lasso di tempo fra l'emissione e la vendita di un titolo di proprietà. Finché questa promessa di pagamento è valida e credibile, essa costituisce un capitale supplementare, accanto al capitale iniziale. Attraverso la semplice creazione di un credito monetario scritto, si sdoppia il capitale. Tale capitale supplementare non esiste più solo sulla carta, come semplice voce di bilancio del capitalismo monetario. Conduce una vita autonoma, partecipa in quanto titolo di proprietà al circuito economico ed al processo di valorizzazione, proprio come farebbe un capitale monetario proveniente dalla valorizzazione reale. Simile a questo a tutti gli effetti, può essere usato per comprare dei beni di consumo, o per essere investito, senza che se ne riconosca la sua provenienza.
Nell'era della terza rivoluzione industriale, il capitalismo può sopravvivere solo se riesce a raccattare sempre più valore dal futuro verso il presente. Ecco perché oggi, i prodotti finanziari sono diventati il tipo di merce più importante. Mentre la produzione di valore si riduce, è la mutazione del capitalismo in un sistema basato sull'anticipo del valore futuro che permette di creare dei nuovi margini di sviluppo. Ma l'espansione dell'industria finanziaria sbatte sempre di più contro i propri limiti. La "risorsa futura" non è così inesauribile come può sembrare. A livello logico, l'accumulazione di capitale fittizio, per mezzo di questi processi di duplicazione in seno all'industria finanziaria, possiede delle particolarità se raffrontato all'accumulazione del capitale che proviene dalla produzione di valore. Una, è la limitata durata di vita. Alla scadenza del titolo di proprietà, la somma di capitale fittizio supplementare in esso incarnato raggiunge il regno di Ade. Deve essere rimpiazzato da nuovi titoli. Per far sì che la produzione di titoli possa giocare il ruolo di motore in grado di rilanciare l'insieme del funzionamento del capitalismo, il suo debito di emissione deve crescere molto più rapidamente di quanto sia cresciuta la produzione nei settori chiave dell'economia reale, nel periodo precedente. E' soggetto ad un obbligo di crescita esponenziale, deve continuamente trasformarsi nel capitale del nuovo valore futuro, e continuare a trovare, senza tregua, rimpiazzi per i valori precedenti via via che arrivano a scadenza. Il fatto che la moltiplicazione del capitale fittizio sia esplosa durante gli ultimi decenni non è un errore di percorso sul quale si possa semplicemente tornare indietro. E' stato uno sviluppo obbligatorio per un sistema capitalista basato sull'anticipo della produzione del valore futuro.
Ma più il peso dell'avvenire capitalista, già consumato, diventa pesante, più diventa difficile tenere in vita la dinamica di creazione del capitale fittizio. Ad aggravare il problema, c'è il fatto che le iniezioni di valore futuro funzionano solo se i titoli di proprietà si riferiscono ad un settore dell'economia reale che prometta dei guadagni futuri. Nell'era di Reagan, questo settore era costituito dai buoni americani del tesoro; nell'era della nuova economia, sono stati gli start-up di Internet, e negli anni 2000, è stato il mercato immobiliare, dove i prezzi sembravano poter continuare a crescere fino al cielo. Ma se questi settori di promessa vengono a mancare, il capitalismo tenuto in vita da trasfusioni di valore futuro raggiunge i suoi limiti. Ora, questo punto critico è stato raggiunto. Dopo la crisi del 2008, l'espansione di prodotti finanziari ha potuto continuare, ma questa dinamica non è più supportata da nessuna prospettiva di guadagno in nessun settore in crescita dell'economia privata. Quest'espansione non è alimentata altro che dai budgets degli Stati e delle Banche Centrali. Per evitare il crollo immediato del sistema finanziario, si è dovuto ricorrere ai poteri pubblici - tradizionalmente, i debitori più affidabili - che si sono assunti i crediti ormai marci. Le banche centrali hanno perfino fatto un passo in più. Non solo offrono alle banche importi a credito senza precedenti, e a tassi d'interesse prossimi allo zero, ma si sono trasformate in "Bad Banks", una sorta di discarica per i rifiuti tossici dell'avvenire capitalista. Esse accettano come garanzia, dei titoli di proprietà che non trovano più acquirenti sul mercato, ed in più comprano, per finanziare il settore pubblico, i titoli dei loro propri Stati. E' chiaro che con tali misure non si può arrestare un processo di crisi: non si fa altro che spostarlo, attribuendogli una nuova qualità.
La trasformazione delle banche centrali in "Bad Banks" è decisivo per il futuro. I guardiani monetari possono, momentaneamente, con l'acquisto di titoli tossici, tenere a galla la creazione di capitale fittizio, ma così facendo si viene a creare un enorme potenziale inflazionistico. Prima o poi, la svalorizzazione del capitale fittizio causerà una svalutazione del denaro in Europa e negli Stati Uniti. In Cina, questo processo è già evidente.
Ma quello che è più caratteristico della situazione attuale, è la doppia politica paradossale del rigore e dell'indebitamento. Per mantenere la loro credibilità sui mercati finanziari, e per continuare a trovare nuovi finanziamenti, gli Stati mettono in pratica dei programmi di austerità. Il caso della Germania è sintomatico: nel 2009, in piena crisi, tutti i partiti decidono di varare un "freno all'indebitamento" a partire dal 2016. Nel frattempo, tale politica è stata esportata in mezza Europa. Si sa già che, quando verrà il momento, questi programmi verranno abbandonati, oppure "temporaneamente sospesi", come avvenne lo scorso anno negli Stati Uniti, durante la "guerra del bilancio". Qualsiasi altro atteggiamento avrebbe un impatto devastante sull'economia. Allora, prima si annuncia che si faranno delle economie, così si calmano i bollenti spiriti dei mercati finanziari e si tranquillizza l'opinione pubblica, di modo che si possa garantire alla Germania la "tripla A", cosa che poi permetterà che si possano contrarre nuovi debiti a condizioni favorevoli.
Ma con ogni evidenza la politica di austerità proclamata non rimane senza conseguenze. La volontà di fare economia viene attuata in modo dimostrativo sulle spalle di quelli che sono considerati "inutili per il sistema". Non è per pagare i debiti di stato che vengono tolte le ultime briciole, ma per mantenere un po' più a lungo una parvenza di credibilità di fronte ai mercati finanziari, di modo da poter continuare a chiedere prestiti. Questa è la natura cinica dei programmi d'austerità attuati nei paesi del sud della zona euro ed in Irlanda. E solo affinché la zona euro possa mostrare la parvenza della capacità di ripagare i suoi debiti che la maggioranza delle popolazioni vengono precipitate nella miseria.
Il modo in cui vengono legittimati simili programmi di pauperizzazione è ben noto. L'ideologia dell'austerità arriva fino a togliere le ultime briciole di pane dalla bocca del pensionato greco, proclamando che la società vive "al di sopra dei suoi mezzi". L'assurdità di questo argomento supera persino la sua insolenza. Capovolge il problema di base con cui oggi si deve confrontare la società mondiale. Da lungo tempo, la nostra società vive, sia qualitativamente che quantitativamente, molto al di sotto delle possibilità che offrirebbe un utilizzo sensato del potenziale di produzione provocato dal capitalismo. Con meno di cinque ore alla settimana di attività produttiva, a persona, si potrebbe produrre una ricchezza in grado di permettere una vita decente a tutti gli abitanti del pianeta, e davvero a tutti, e questo senza distruggere le basi naturali della vita. Se una simile possibilità non si è realizzata, è perché, sotto le condizioni del capitalismo, le ricchezze materiali non hanno ragione di esistere se non si sottomettono al fine dell'accumulazione del capitale, sotto forma di ricchezza astratta.
Con l'avvento della terza rivoluzione industriale, la società ha raggiunto un livello tale che è diventata troppo produttiva per il fine miserabile ed autoreferenziale della valorizzazione del valore. E' stato solo l'anticipo sul futuro valore prodotto e la pre-capitalizzazione del valore che non verrà mai prodotto a permettere, per più di tre decenni, di mantenere la dinamica capitalista. Ma nel frattempo questa strategia delirante di rinvio è, essa stessa, precipitata in una profonda crisi. Non esiste una sola ragione per "tirare la cinghia", o per indulgere in fantasie regressive a proposito di un capitalismo "sano", basato sul "lavoro onesto". Un movimento di emancipazione contro "l'austerità" e la gestione repressiva della crisi dovrebbe mirare a rompere, consapevolmente, il legame obbligatorio fra la produzione di ricchezza e la produzione di valore. Si tratta di rifiutare in modo offensivo la questione della "sostenibilità finanziaria". Sapere se degli alloggi verranno forniti, degli ospedali conservati, degli alimenti prodotti o delle linee di trasporto mantenute, non può dipendere dal sapere se ci sia o meno il denaro. Il solo e unico criterio deve essere la soddisfazione dei bisogni concreti. Se è stato deciso, per "mancanza di soldi", si abbandonare delle risorse, bisogna riappropiarsene e trasformarle per mezzo di un'opposizione cosciente alla logica feticista della produzione di merci. Una vita decente per tutti può esistere solo al di là della forma della ricchezza astratta.

Ernst Lohoff et Norbert Trenkle*

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* Membri del gruppo tedesco Krisis, autore nel 1999 del "Manifesto contro il lavoro".
Hanno appena pubblicato, in Germania, "Die Grosse Entwertung. Warung Spekulation und Staatsverschuldung nicht die Ursache der Krise sind".

giovedì 20 settembre 2012

Me-ti

meti

Me-ti diceva: Quando un regno è condotto verso l’abisso da bande di briganti che si sono impadronite del governo, coloro che predicono la fine trovano scarso credito per le seguenti ragioni: i grandi regni hanno in sé qualcosa di durevole già per la loro stessa grandezza. La vita in piccolo continua al modo solito, i panettieri vendono pane, si stampano libri, escono i giornali, si celebrano matrimoni, si seppelliscono i morti, si costruiscono case. In tutto ciò è ancora all’opera la ragione. L’osservatore spera quindi, senza cercare di rendersi esattamente conto della questione, che questa grande riserva di ragione, questa collaudatissima attività quotidiana, debba pure rimediare ai tratti demenziali dei reggitori. Questi tratti demenziali desumono da ciò una parvenza di plausibilità, di ragione addirittura.

[Bertolt Brecht, Me-ti, libro delle svolte] (no.39 – 12.1993)

mercoledì 19 settembre 2012

regolamenti

Sade

"L'omicidio deve essere represso con l'omicidio? No, senza dubbio. Non imponiamo mai all'omicida altra pena che quella in cui può incorrere per la vendetta degli amici o della famiglia dell'ucciso. "Io vi accordo la vostra grazia", diceva Luigi XV a Charolais, che aveva ucciso un uomo per divertirsi, "ma io la do anche a colui che vi ucciderà". Tutte le basi della legge contro gli omicidi si trovano in questa sentenza sublime.”

Donatien Alphonse Francois de Sade - da "Francesi ancora uno sforzo!"

martedì 18 settembre 2012

storielle

barometer

L'avete mai sentita la storia del barometro? Si tratta di una sorta di leggenda urbana che parla di una prova di ammissione alla facoltà di Fisica, al MIT, a Cambridge, negli Stati Uniti. Funziona, più o meno, così.
Un docente chiede ai suoi studenti di misurare l'altezza di un edificio, facendo uso di un barometro. Uno degli studenti consegna un foglio in cui ha scritto la risposta: "Lego uno spago al barometro, poi lo calo giù lungo una parete del palazzo e misuro la lunghezza dello spago". L'insegnante, infuriato, boccia lo studente. Lo studente fa appello contro la decisione, asserendo di avere dato una risposta corretta. La commissione decide che sì, è vero, la risposta è corretta, ma lo studente non ha mostrato alcuna capacità di saper comprendere la fisica, per poter essere ammesso. Ragion per cui, allo studente verrà data un'altra possibilità in cui dovrà dimostrare un'adeguata conoscenza della fisica. Seduto davanti all'esaminatore, pensa, quindi dice che ci sono troppe risposte e non riesce a sceglierne una. Eccole:

1 - Si può misurare la lunghezza dell'ombra del barometro, quindi misurare l'ombra del palazzo ed utilizzare il rapporto tra ombra e oggetto per calcolare l'altezza dell'edificio.
2 - Si può lasciare cadere il barometro lungo un lato dell'edificio e calcolare l'altezza misurando il tempo che impiega a colpire il suolo.
3 - Si può scendere lungo la scala antincendio, usando il barometro come fosse un righello e misurare l'altezza dell'edificio in unità di misura barometro.
4 - Si può costruire un pendolo, usando il barometro, e misurare la forza gravitazionale esercitata, a partire dall'oscillazione del pendolo, che diminuisce via via che ci si allontana dalla Terra, in modo da calcolare l'altezza dell'edificio.
5 - Se sei un tipo noioso, puoi usare il barometro per calcolare la pressione dell'atmosfera sul terreno e quella sulla parte superiore dell'edificio, ed usare la differenza per calcolare l'altezza della costruzione.
6 - Oppure, se sei un tipo brillante, puoi andare dal portiere dell'edificio in questione e dirgli che gli regalerai un bellissimo barometro nuovo di zecca, se lui acconsente a dirti quanto è alto il palazzo.

Questa storiella continua ad essere raccontata, riferendola ad ogni studente intelligente di Fisica. La prima traccia scritta di questa storia risale al 1958 e la si trova in un libro di testo che vuole incoraggiare gli studenti a pensare tutti i nodi in cui un problema può essere risolto. L'autore, Alexander Clanadra, afferma che si tratta di una storia vera e che parla di uno studente realmente esistito, di cui però non si è mai saputo il nome.

lunedì 17 settembre 2012

salvatevi!

agamben

Da ragusanews.com, un brano dell'intervista a Giorgio Agamben, fatta a Scicli da Giuseppe Savà il 16 agosto 2012.

Il governo Monti invoca la crisi e lo stato di necessità, e sembra essere la sola via di uscita sia dalla catastrofe finanziaria che dalle forme indecenti che il potere aveva assunto in Italia; la chiamata di Monti era la sola via di uscita o potrebbe piuttosto fornire il pretesto per imporre una seria limitazione alle libertà democratiche?

“Crisi” e “economia”  non sono oggi usati come  concetti, ma come parole d’ordine, che servono a imporre e a far accettare   delle misure e delle restrizioni che la gente non ha alcun motivo di accettare. “Crisi” significa oggi soltanto “devi obbedire!”. Credo che sia evidente per tutti che la cosiddetta “crisi”  dura ormai  da decenni e  non è che il modo normale in cui funziona il capitalismo  nel nostro tempo. Ed è un funzionamento che non ha nulla di razionale.
Per capire quel che sta succedendo, occorre prendere alla lettera l’idea di Walter Benjamin, secondo la quale il capitalismo è, in verità,  una religione e la più feroce, implacabile e irrazionale religione che sia mai esistita, perché non conosce redenzione né tregua. Essa celebra un culto ininterrotto la cui liturgia è il lavoro e il cui oggetto è il denaro. Dio non è morto, è diventato Denaro. La Banca –coi suoi grigi funzionari ed esperti- ha preso il posto della Chiesa e dei suoi preti e , governando il credito (persino il credito degli Stati, che hanno docilmente abdicato alla loro sovranità), manipola e gestisce la fede –la scarsa, incerta fiducia- che il nostro tempo ha ancora in se stesso. Del resto, che  il capitalismo sia oggi una religione, nulla lo mostra meglio del titolo di un  grande giornale nazionale qualche giorno fa: “salvare l’Euro a qualsiasi costo”. Già “salvare” è  un concetto religioso, ma che significa quell’ “a qualsiasi costo”?  Anche a prezzo di “sacrificare” delle vite umane? Solo in una prospettiva religiosa (o, meglio, pseudoreligiosa) si possono fare delle affermazioni così palesemente assurde e inumane.

sabato 15 settembre 2012

e ora, qualcosa di completamente differente …

Salomé-recibe-la-cabeza-de-Juan-el-Bautista-Caravaggio

Correvano gli anni '60, e Greg F. era un giovane inquieto e talentuoso che viveva nel quartiere di Queens, a New York. Come tanti altri, si sentiva attratto irresitibilmente dalla musica e dalla moda hippie del momento. Appassionato dei Grateful Dead, scriveva canzoni e cominciò a sperimentare gli allucinogeni. Eppure, niente di tutto questo riusciva a dare quiete al suo anelito spirituale. Finché non entrò in contatto con la Società Internazionale della Coscienza di Krishna, diretta dal swami (maestro) Bhaktivendata. Vestito della sua tunica arancione, e cantando Hare krishna, sembra che avesse finalmente trovato il suo posto. Ma al secondo anno di questa vita, cominciò a lamentarsi che vedeva tutto sempre più sfuocato. Per i suoi correligionari non c'erano dubbi: stava per raggiungere uno stadio superiore di santità, la luce interiore cresceva dentro di lui. Poco tempo dopo il suo carattere cominciò a cambiare, mostrava una serenità sempre maggiore e, a volte, rimaneva per ore in uno stato come di stordimento. Anche in questo caso, il maestro non aveva dubbi: stava raggiungendo la beatitudine. Passò il tempo, e dopo diversi anni, senza che fossero più stati in contatto con lui, i suoi genitori vennero a fargli visita, nel tempio di New Orleans dove viveva.
A vederlo rimasero atterriti. Era grasso, calvo, completamente cieco e con un sorriso ebete sul viso. Era incapace di sostenere qualsiasi conversazione, perciò decisero di portarlo immediatamente in ospedale, dove gli venne  diagnosticato un tumore cerebrale, il quale, anche se era benigno, aveva raggiunto nel frattempo la dimensione di un'arancia. Gli venne estirpato con un intervento chirurgico, ma oramai i danni che aveva causato erano irreversibili. Venne ricoverato nel reparto psichiatrico, dove trascorse il resto della sua vita su una sedia a rotelle e con facoltà mentali seriamente menomate, in uno stato che il suo maestro considerava di "beatitudine".
La storia, l'ha raccontata Oliver Sacks, che lavorava come psichiatra nel reparto dove venne ricoverato, nel suo libro "Un antropologo su Marte".
Ispirerà anche il film del 2011, "The Music Never Stopped" di Jim Kolhberg.
Sembrerebbe che, insomma, a quanto pare, la scienza moderna ci deruba di ogni tipo di santità e di miracoli!
Quella che una volta era la mano di Dio, adesso è questione di un tumore.

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Andiamo a vedere, per esempio, la storia di San Stanislao di Kotska, patrono delle ossa rotte, un santo polacco del 16° secolo. Sul loro sito, i francescani ne parlano nei seguenti termini:
"Il fervore straordinario con cui recita le preghiere. Lo lascia con il viso incendiato e il cuore ansimante, tanto che dopo aveva necessità di prendere aria in giardino, e si è reso necessario più di una volta applicare dei panni imbevuti di acqua fredda per calmarlo. I suoi svenimenti ed estasi sono frequentissimi."
Senza essere medico, direi che il tipo mostrava tutti i sintomi di una malattia. Ma ce ne sono molti, di santi degni di nota. Come San Bonaventura, un santo toscano "il cui viso riflette la gioia", considerato patrono dei disordini intestinali. Nel solito sito francescano si descrivono le sue virtù:
"Fu grandiosa l'attività del Santo di Bagnoregio, e come sacerdote e come vescovo e come saggio. Ma né la scienza né l'azione prosciugarono il suo spirito. Spinto dal bruciante amore per Dio e per il prossimo, visse un'intensa vita interiore, la sua linfa vitale lo inzuppava tutto di effluvi soprannaturali. Sorgente segreta di un dinamismo fecondo che è stata la fonte del sua sempre forte vita interiore."
Ma l'escatologia cristiana non si limita ad essere ... escatologica. Oltre ai focolai epilettici e agli effluvi, mostra una spiccata predisposizione alla rappresentazione della violenza più estrema. Accompagnata perfino da un certo umorismo nero. Il martirio è una prova della verità del cristianesimo. Si può dire che ne è "il controllo di qualità". "I martiri accreditano con la loro vita la realtà di quello che crediamo e speriamo" - parola di Ricardo Blázquez, vicepresidente della Conferenza Episcopale.

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Di solito, si rappresentano i martiri insieme all'oggetto per mezzo del quale vennero torturati, o uccisi, proprio come Gesù. Un esempio di questo è San Pietro Martire. Tale e quale al personaggio di un film horror, di solito è raffigurato con la sua caratteristica ascia conficcata nel cranio. Per farla breve, la cosa avvenne quando era Inquisitore della Lombardia. Durante un viaggio, cadde nell'imboscata di un gruppo di càtari e ghibellini che lo uccisero - come potevamo immaginare - con un'asciata in testa. La sua reazione al colpo ricevuto, si racconta, fu quella di mettersi a pregare. Mentre si accorgeva di perdere le forze, intinse un dito nel suo proprio sangue, e scrisse "credo". E morì. Dicevo dell'umorismo nero? Be', i fedeli lo invocano quando soffrono di emicrania.

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Così, San Clemente viene rappresentato insieme ad un'ancora, come quella a cui venne legato e poi gettato in mare dove diventò il santo patrono dei marinai. Ma i marinai hanno per patrono anche Sant’Erasmo, torturato con dei chiodi infilati sotto le unghie e morto - secondo un'invenzione popolare posteriore - a causa del fatto che gli strapparono l'intestino per mezzo di un argano per le barche.

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Un simile livello di crudeltà, mostrarono i torturatori di San Biagio, che gli strapparono la pelle a strisce, usando dei pettini di ferro per la cardatura, prima di decapitarlo. Una fine simile a quella di San Bartolomeo, scorticato con un coltello che sarebbe poi diventato il suo attributo. Santo patrono di macellai, pellai e fabbricanti di guanti.

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Un altro caso degno di essere riportato e quello di San Dionisio, vescovo di Parigi nel III secolo finché non venne catturato. Fu flagellato, poi legato con pesanti catene e gettato in mezzo a bestie feroci, perché lo divorassero, fu messo perfino sulla griglia. Ma era fatto di una tale pasta che non c'era verso, non moriva. Finché, alla fine, non venne decapitato. Anche San Lorenzo passò sulla griglia dell'imperatore Valeriano che, presente al supplizio, si sentì dire: "da questa parte sono già arrostito, girami da quell'altra e poi mangiami". Insomma, aveva le palle! Ma non era certo l'unico, capace di uscirsene con delle frasi alla Bruce Willis, in situazioni del genere. Santa Dorotea, martire sotto l'imperatore Diocleziano, rifiutò come tanti altri di fare sacrifici agli dei e perciò dovette subire tutti i maltrattamenti e percosse del caso, che lei diceva sentire come "tocco di penna di pavone". Poi, mentre veniva condotta al patibolo per essere decapitata, si rivolse alla folla dicendo che stava per andare in un luogo dove non c'era mai né inverno né neve. Un giovane la derise e la sfidò ad inviargli un cesto di frutta e fiori, da quel luogo. Mal gliene incolse, visto che il cesto arrivò puntuale l'inverno seguente e il giovane si convertì. Naturalmente, morì da martire. San Teofilo.

san dionisio

A quanto pare, cucinare santi doveva essere un'abitudine, e come San Lorenzo, un altro che subì un destino abbastanza simile fu San Giovanni Evangelista, l'unico discepolo di Gesù a non abbandonarlo quando venne crocefisso. Giovanni venne immerso dentro un calderone di olio bollente, eppure ne venne fuori assolutamente illeso. La stessa cosa avvenne con San Vito, che dal pentolone di acqua bollente uscì fuori indenne.
Naturalmente, da un tour come quello che sto facendo non può mancare San Sebastiano. Soldato dell'Impero Romano, nato in Gallia, fu arrestato e condannato a rimanere legato ad una colonna, dove venne crivellato di frecce, pur rimanendo vivo. Perciò venne flagellato a morte e poi gettato nella cloaca massima. Oggi è un'icona gay!

santagata

Con Sant'Agata, la sorte non fu troppo gentile. Anche lei rifiutava di fare sacrifici agli dei, nella Catania del terzo secolo. Ragion per cui venne mandata in un bordello, dove, tuttavia, riuscì a mantenere intatta la propria verginità). Contrariato dalla cosa, il console Quinciniano ordinò che le venissero strappati i capezzoli! Ancora oggi, a Catania, la faccenda viene onorata con un dolce che sia chiama "minni ri sant'Agata", e l'espressione "tette di sant'Agata" è riferita, in paesi come la Spagna, alle donne che hanno problemi con il seno e l'allattamento.

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Sant'Andrea era un palestinese, apostolo di Gesù, e si suppone che venisse crocefisso al tempo su una croce non latina, a forma di "X". Almeno così ci ha raccontato la tradizione posteriore, consegnandoci la croce di Sant'Andrea che ancora oggi adorna, fra le altre, la Union Jack britannica e la Ikurriña basca.

santi-cosma-e-damiano

Da parte loro, i fratelli santi, Cosma e Damiano, che vissero in Siria fra il terzo ed il quarto secolo, sono due santi medici da invocare per febbre, ghiandole gonfie e cimurro. E questo non tanto per i tormenti che subirono (che poi erano le solite torture e la lapidazione), né per la loro morte (decapitati, come la norma), bensì per i fatto che, da vivi, fecero addirittura un trapianto di una gamba all'imperatore Giustiniano! Vabbè che era un gamba di un etiope, per cui Giustiniano se ne dovette andare in giro con una gamba bianca ed una gamba nera. Ma, come si suol dire, nessuno è perfetto.

Giovanni evangelista

venerdì 14 settembre 2012

il giorno della corda

MOLLY

E' il primo giorno dell'estate del 1877, quando a Schuylkill (una contea mineraria della Pennsylvania) dieci uomini, dieci immigrati irlandesi accusati di essere membri di una società segreta chiamata "i Molly Maguires", vengono impiccati in quello che in America passerà alla storia come "il giorno della corda". In tutto, saranno venti, i membri del gruppo, ad essere giustiziati, dopo un processo farsa. Sfruttamento, oppressione, intolleranza razzista, scioperi e violenza antisindacale, erano tutte cose comuni in quei giorni, ma la storia dei Molly Maguires e il tentativo, da parte del potere, di distruggere questi minatori irlandesi ha assunto uno status di leggenda, quasi. Fino a chiedersi se i cosiddetti Molly Maguires - che si diceva facessero parte dell' Antico Ordine degli Hiberniani - siano mai esistiti.
Molly Maguire, potrebbe essere stata una donna realmente esistita, oppure un mito. Quale che sia la verità, ha funziona come una sorta di talismano, contro l'oppressione agraria, nell'Irlanda del 1840. Poi, in seguito alla carestia e all'esproprio delle piccole proprietà terriere, il suo spirito simbolico si è trasferito negli Stati Uniti, insieme ai due milioni di emigranti irlandesi. Ma questi uomini pieni di speranza nella "terra delle opportunità" continuavano a leggere "astenersi gli irlandesi", sotto i cartelli con su scritto "si assumono operai". Per molti, l'alternativa divennero le brutali miniere della Pennsylvania. Il lavoro era pericoloso, la paga ridicola. Vivevano nelle case di proprietà delle compagnie mineraria, l'affitto gli veniva detratto dalla paga. Compravano tutto quello che serviva loro per vivere nei negozi di proprietà delle compagnie minerarie, ai prezzi che le compagnie minerarie stabilivano. Alla fine, erano pieni di debiti e schiavi dei loro padroni.
L'industria mineraria resisteva a qualsiasi tentativo di sindacalizzazione. A cavallo fra il 1874 e il 1875, i minatori scesero in sciopero. Fu allora che i Molly Maguires cominciarono a sabotare gli impianti e le attrezzature minerarie. Esplosero bombe lungo le linee ferroviarie, saltarono per aria strade e ponti, di modo che i crumiri non potessero arrivare. I padroni e il governo lo chiamarono terrorismo, altri cominciarono a chiamarla resistenza. Gli industriali si rivolsero ai Pinkerton che usarono un americano di origine irlandese per infiltrarlo fra i minatori. James McParlan - sotto il falso nome di James McKenna - si guadagnò la fiducia della comunità irlandese, mentre raccoglieva le prove che avrebbero portato una ventina uomini sulla forca.
Il processo si svolse in un clima di fanatismo sociale e religioso alimentato dalla stampa nazionale, una farsa. Gli imputati, arrestati dalla polizia privata di Gowen, lo stesso che aveva assunto i Pinkerton, vennero condannati sulla base delle prove fornite da un agente provocatore, integrate dalle confessioni di alcuni informatori, che poterono così salvarsi il collo. I testimoni della difesa finirono tutti su una lista nera, sfrattati dalle loro case e interdetti dall'accesso allo spaccio aziendale, in qualche caso arrestati. Nessun cattolico faceva parte della giuria. La maggior parte degli avvocati lavoravano per le compagnie minerarie o per le ferrovie. Lo stesso Gowen fece da pubblico ministero, e i suoi discorsi in aula vennero stampati e diffusi.
Dopo le esecuzioni, dei Molly Maguires non si seppe più nulla.
Tredici anni dopo il "giorno della corda", venne creato il sindacato "United Mine Workers". Incapace di far fronte alla prospettiva di essere costretto a cedere nei confronti dei minatori, Franklin Gowen si suicidò.

giovedì 13 settembre 2012

incubi

hux

Nel mese di Ottobre del 1949, poco tempo dopo la pubblicazione del capolavoro di George Orwell, "1984", lo scrittore inglese ricevette una lettera da Aldous Huxley, un uomo che, 17 anni prima, aveva già pubblicato la propria visione da incubo della società futura, sotto il titolo "Il mondo nuovo". Quella che comincia come una lettera di elogio, ben presto si trasforma in un breve confronto dei due romanzi, e nella spiegazione del perché Huxley crede che la sua possa essere una predizione più realistica.

Wrightwood, Cal.
21 Ottobre, 1949

Caro Signor Orwell,

E' stato molto gentile da parte sua dire ai suoi editori di inviarmi una copia del suo libro. E' arrivato mentre mi trovavo nel bel mezzo di un lavoro che mi richiedeva molta lettura e consultazione di riferimenti; e considerato che a causa delle condizioni della mia vista devo razionare le letture, ho dovuto aspettare molto tempo prima di essere in grado di imbarcarmi in 1994.
In accordo con tutto ciò che i critici hanno scritto, non c'è bisogno di dire, ancora una volta, quanto bello e profondamente importante sia il libro. Posso parlare, invece, dell'argomento con cui il libro si misura - la rivoluzione finale? I primi accenni ad una filosofia della rivoluzione finale - la rivoluzione che sta oltre la politica e l'economia, e che mira ad un totale sovvertimento della psicologia dell'individuo e della fisiologia - si possono trovare nel Marchese de Sade, che considerava sé stesso come il continuatore, colui che porta a compimento, di Robespierre e di Babeuf. La filosofia della minoranza dominante in 1984 è un sadismo che è stato portato fino alla sua logica conclusione, andando ben oltre il sesso, e negandolo. Come se nella realtà la politica dello stivale-sulla-faccia potesse andare avanti all'infinito. La mia convinzione è che l'oligarchia dominante troverà modi sempre meno difficili, e senza perdita di tempo, per soddisfare la propria brama di potere, e tali modi somiglieranno a quelli che ho descritto ne "Il mondo nuovo". Ho avuto recentemente occasione di esaminare la storia del magnetismo animale e dell'ipnotismo, e sono rimasto grandemente colpito dal modo in cui, per un secolo e mezzo, il mondo ha rifiutato di considerare seriamente le scoperte di Mesmer, di Braid, di Esdaile e di tutti gli altri.
In parte a causa del materialismo imperante e in parte a causa del perbenismo prevalente, i filosofi e gli scienziati del XIX secolo non hanno voluto investigare i fatti più strani della psicologia, cosicché uomini pratici, come politici, soldati e poliziotti, la potessero applicare nella sfera del governo della società. Grazie alla volontaria ignoranza dei nostri padri, l'avvento della rivoluzione finale è stato ritardato di cinque o sei generazioni. Un altro fortunato accidente è dovuto all'incapacità di Freud a praticare con successo l'ipnotismmo, e quindi il suo conseguente disprezzo per l'ipnotismo. Ciò ha ritardato l'applicazione dell'ipnotismo alla psichiatria per almeno quarant'anni. Ma adesso la psicoanalisi viene combinata con l'ipnosi; e l'ipnosi è stata resa facile ed indefinitivamente estensibile per mezzo dell'utilizzo dei barbiturici, che inducono uno stato ipnoide e suggestionabile anche nei soggetti più recalcitranti.
Credo che entro la prossima generazione i governanti del mondo scopriranno che il condizionamento infantile e la narco-ipnosi sono più efficienti, come strumento di governo, del manganello e delle prigioni, e che la brama di potere può essere completamente soddisfatta suggestionando le persone e facendo amare loro la servitù piuttosto che fustigarli per costringerli all'obbedienza, in altre parole, credo che l'incubo di 1984 è destinato a conformarsi all'incubo di un mondo che rassomiglia a quello che ho immaginato ne Il Mondo Nuovo. Il cambiamento sarà il risultato della necessità di una maggiore efficienza. Naturalmente, nel frattempo ci sarà una guerra biologica e atomica, su larga scala - nel qual caso avremo incubi di altra natura e di un tipo difficilmente immaginabili.

Grazie ancora per il libro.

Sinceramente vostro,

Aldous Huxley

mercoledì 12 settembre 2012

ritratti

odio1

Alfred Eisenstaedt, uno dei fotografi più famosi dello scorso secolo, era nato in Polonia da una famiglia ebrea ed aveva assistito all'ascesa del partito nazista guidato da Hitler. All'inizio, aveva cercato di farsi strada professionalmente a Berlino, ma alla fine, quando l'ostilità nei confronti degli ebrei si fece insostenibile, fu costretto ad emigrare negli Stati Uniti.
Come cittadino nordamericano e come corrispondente, riuscì a viaggiare per tutto il mondo e a scattare fotografie che poi sarebbero diventate icone della storia del novecento, come "il bacio a Times Square", forse la più famosa.
Ma c'è un'altra foto di Eisenstaedt, una fotografia forse assai meno conosciuta ma che è riuscita a fermare sulla pellicola tutta la malvagità, l'ipocrisia e l'odio che un volto umano riesce a contenere. Una fotografia, dicevo, ma dovrei, meglio, dire due fotografie. Due fotografie scattate a pochissimo tempo una dall'altra.
Fu a Ginevra, dove Eisenstaedt era stato inviato come corrispondente da Life Magazine, che vennero scattate queste due foto che ritraggono Joseph Goebbels, ministro della Propaganda di Hitler. Nella prima foto, tutto sembra tranquillo, normale. L'atmosfera è rilassata e Goebbels, quasi stella mediatica, sorride mentre attende di incontrarsi con i corrispondenti accreditati.

goebbels

Poi - la seconda foto - il volto, le sembianze, cambia radicalmente. Muta espressione, si decompone.E' successo che è stato avvisato a proposito del fatto che uno dei fotografi accreditati è ebreo. Lo cerca, cerca con lo sguardo Alfred Eisenstaedt, lo trova, lo mette a fuoco e gli rivolge, gli scaglia contro, uno sguardo, un'occhiata demoniaca. L'immagine parla da sola.
Ma Eisenstaedt aggiungerà, quando racconterà la sua esperienza:
"Nel 1933, ho viaggiato fino a Ginevra per la quindicesima riunione della Lega delle Nazioni. Lì, seduto nel giardino dell'hotel, c'era il dottor Joseph Goebbels, ministro della Propaganda di Hitler, per un momento sorrideva con tutti, però appena mi vide smise. Dietro di lui c'erano il suo segretario privato e l'interprete. Qualcuno gli aveva detto che ero un fotografo ebreo. Cominciò a guardarmi con odio e mi fissò addosso lo sguardo. Io, fermamente, non abbassai il mio. Mi considerava un suo nemico? Sembrava che fosse così. Molto persone oggi mi chiedono come mi sono sentito quando ho dovuto fotografare questa gente. Ovviamente, non troppo bene, ma quando ho una macchina fotografica in mano non conosco la paura".


fonte: http://www.sentadofrentealmundo.com/

martedì 11 settembre 2012

Il pelo del filosofo

idealisti e non

Le regole, e l’eccezione

orwell

Nel 1946, George Orwell pubblicava "La Politica e la Lingua Inglese", un saggio nel quale criticava le cattive abitudini di molti scrittori e promuoveva l'uso di un linguaggio chiaro e senza fronzoli, ove possibile. Alla fine del saggio, Orwell fornisce la seguente lista di regole per scrivere:

1 - Non usare mai metafore, similitudini o altre figure retoriche che siete abituati a leggere
2 - Non usare una parola lunga dove se ne può usare una corta
3 - Dove è possibile tagliare una parola, tagliate sempre
4 - Non usare mai una frase straniera, un termine scientifico o una parola gergale se  pensate che ci possa essere un equivalente nella lingua inglese comune
5 - Violate una di queste regole prima di dire qualcosa che suoni come definitivamente barbaro.

lunedì 10 settembre 2012

game over

BARBARIE

Domanda: Cosa distingue la crisi attuale dalle precedenti?

Robert Kurz: Il capitalismo non è l'eterno ritorno ciclico dello stesso, bensì un processo storico dinamico. Ogni grande crisi si produce ad un livello di accumulazione e di produttività, superiore a quelle passate. Ciò perché, la questione di sapere se la crisi è stata padroneggiata o meno si pone ogni volta in modo diverso. Alcuni meccanismi che hanno portato alle precedenti soluzioni, hanno perso la loro validità. Le crisi del 19° secolo sono state superate in virtù del fatto che il capitalismo non aveva ancora occupato tutta la riproduzione sociale. Rimaneva ancora uno spazio disponibile per lo sviluppo industriale. La crisi economica mondiale del 1930 era invece una rottura strutturale al livello più alto dell'industrializzazione. E poté essere superata grazie alle nuove industrie fordiste e alla regolamentazione keynesiana, della quale le economie di guerra della seconda guerra mondiale sono state il prototipo. Durante gli anni '70 l'accumulazione fordista ha raggiunto i suoi limiti, il keynesismo ha portato ad una politica inflazionista fondata sul credito dello stato. Ma quello che qualcuno ha chiamato "rivoluzione neoliberale" ha semplicemente spostato il problema del credito di Stato verso i mercati finanziari. Tutto ciò è avvenuto sullo sfondo di una nuova rottura strutturale dello sviluppo capitalista, segnato dalla terza rivoluzione industriale (microelettronica). A tale livello di questa qualitativamente nuova produttività, è diventato impossibile creare lo spazio necessario ad una reale accumulazione. Nel corso di più di vent'anni, si è perciò sviluppata una situazione globale di deficit, che potrebbe non essere più praticabile sul lungo periodo, fondata sul debito e sulle bolle finanziarie prive di sostanza. Finché queste crisi rimanevano limitate a certe regioni del mondo, o ad alcuni particolari settori, era possibile contenerle per mezzo di un flusso di liquidità emesso dalle banche centrali. Ma in questo modo si sono solo create le basi che hanno portato al culmine del processo di crisi. Dall'autunno del 2008, la crisi generata dalla terza rivoluzione industriale ha assunto una dimensione globale. Lo scoppio delle bolle finanziarie ha portato alla luce la mancanza di accumulazione reale. Il nuovo keynesismo ha semplicemente spostato il problema della crisi dai mercati finanziari al credito di Stato, ma ad un livello più alto che nel '70. Proprio come allora, lo Stato non è in grado di sovvenzionare in modo durevole la mancanza di accumulazione reale. La crisi del credito dello Stato ha sostituito la crisi finanziaria - la Grecia è solo la parte emersa dell'iceberg. Lo spostamento del problema verso lo Stato (una soluzione senza fantasia) mostra oggi come non ci sia alcun nuovo meccanismo che permetta di risolvere la crisi al livello di produttività raggiunto.

D: Secondo te, il capitalismo si sta avvicinando alla sua fine. Per la prima volta nella storia, possiamo superare il capitalismo? Era per forza così che il capitalismo doveva sviluppare le sue contraddizioni per quanto era possibile? Non era possibile prima?

R.K.: La dinamica cieca del capitalismo si dispiega secondo le sue proprie leggi. Questo processo è solo "necessario" e determinato nella misura in cui le categorie, ed i criteri fondamentali di questo modo di produzione e di vita, non vengono rivalutate nella pratica. Un intervento appropriato avrebbe potuto permettere di fermare la marcia del capitalismo in qualsiasi fase della sua evoluzione. La socializzazione della produzione avrebbe allora assunto una forma di cui non possiamo dire niente, dal momento che non ha avuto luogo. Non è questione di necessità oggettiva, bensì di coscienza critica. Né le rivolte del 1700 o dell'inizio dell'800, né il vecchio movimento operaio né i nuovi movimenti sociali delle recenti decadi, sono stati capaci di generare una tale coscienza. Al contrario, le forme capitaliste di lavoro astratto, di valorizzazione del valore e di un moderno Statismo sono state sempre più interiorizzate. Ma questi sono solamente fatti. Non è che il capitalismo "DOVEVA" sviluppare le sue contraddizioni interne fino al punto raggiunto oggi, ma lo ha fatto. Noi dobbiamo perciò confrontarci con il compito di riformulare la critica delle forme capitaliste, e con quello della loro abolizione, al livello dato delle contraddizioni che hanno raggiunto. Questa è semplicemente la situazione storica nella quale ci troviamo, e sarebbe ozioso mettersi a piangere sulle battaglie perdute del passato. Se il capitalismo è arrivato oggettivamente ai suoi assoluti limiti storici, è pur vero che, data la mancanza di una sufficiente coscienza critica, l'emancipazione può fallire anche oggi. E allora il risultato non sarebbe una nuova primavera di accumulazione ma, come ha detto Marx, la caduta di tutti nella barbarie.

venerdì 7 settembre 2012

motori e … dolori

autolusso


Miglioramento discutibile nel settore automobilistico
di Robert Kurz - Giugno 2012 -

Se la crisi del debito pubblico europeo e statunitense continua allegramente a devastare ogni cosa al suo passaggio, sembra invece avere poca influenza sulla situazione economica mondiale. L'industria tedesca d'esportazione, in particolare, immagina di vivere un'eterna primavera. A cominciare dall'industria automobilistica, che costantemente annuncia di aver battuto dei nuovi record. Ciò mostra fino a che punto la produzione automobilistica costituisca per il capitalismo un settore chiave, cosa che ci fornisce una prospettiva perfetta di dove ci troviamo nell'avventura economica. Hanno ragione gli ottimisti a prometterci una crescita senza fine dell'economia reale per i prossimi dieci anni?
Vale la pena di esaminare da vicino la struttura dell'attuale boom dell'auto. Sembra che, da un lato, le vendite in Europa continuino a diminuire. Da un'altra parte, però, si assiste ad una vera e propria esplosione delle esportazioni verso i paesi emergenti, la Cina in testa, e verso gli Stati Uniti. Se si trattasse di una situazione economica solida a lungo termine, si baserebbe sull'acquisto di piccoli veicoli di fascia bassa o media, rivolta alla maggioranza della popolazione, mentre i costosi modelli di fascia alta dovrebbero segnare solo il picco di un grafico con una base molto larga. Invece, si osserva esattamente l'inverso. Il carburante di questo preteso miracolo automobilistico, sono le limousine lussuose e appariscenti della Daimler, della BMW e dell'Audi, o le vetture sportive della Porsche.
In Cina, come negli Stati Uniti, il divario fra ricchi e poveri continua ad allargarsi. E' un problema sociale, ma è anche un problema economico: il fatto che il consumo di massa di automobili, da parte dei salari più bassi, sia in larga misura assente attesta il carattere febbrile di questo boom delle vetture di lusso. Abbiamo a che fare con una parvenza di ripresa, basata sul prestito e sulle bolle finanziarie.
La classe media benestante recentemente apparsa in Cina non si fonda su alcuna base solida. Essa è legata alla crescita speculativa della costruzione di alloggi ed uffici, per la più parte inoccupati, di stadi e di altri investimenti voluttuari, supervisionati a livello comunale e regionale da quadri di partito corrotti. Essa compra a credito i suoi prodotti di lusso, o grazie a delle entrate illecite. La situazione è del tutto simile a quella degli Stati Uniti, dove i flussi di capitale che vengono continuamente iniettati dal governo e dalla banca centrale sono solo a beneficio di una minoranza.
Non c'è bisogno di aspettare il prossimo crack finanziario per capire che è stata sopravvalutata la capacità dei consumatori mondiali di veicoli di fascia alta - anche quando si tratta dei cittadini di questa Germania che tutti celebrano come se fosse un paese della cuccagna: tutti questi bei prodotti probabilmente non sono stati comprati in contanti, ma in leasing.
Si può portare l'acquirente a comprare, per una rata mensile che a prima vista può sembrare modesta. Ma, nella misura in cui questi "acquirenti" hanno già raggiunto i limiti del loro reddito, le prospettive economiche a lungo termine si rivelano assai magre.
Inoltre, le prestigiose supercar sono talmente superequipaggiate che vanno rapidamente in panne. E laddove, per una piccola vettura senza niente di elettronico, il prezzo medio delle riparazioni rimane ancora relativamente abbordabile, con i modelli di fascia alta non si spende meno di 800/1000 euro. Non è solo in Germania che concessionari e garagisti sono sovraccarichi di piccoli gioielli comprati in leasing, i cui presuntuosi utilizzatori non hanno più i mezzi per pagare la riparazione (o la prossima rata).
Tutto ciò ci indica come il boom delle vetture di lusso si potrebbe rivelare un bidone tale e quale a quello immobiliare.

Robert Kurz

giovedì 6 settembre 2012

mele proibite

scacchi

C'è una setta islamica che proibisce il gioco degli scacchi. I suoi maestri sostengono che gli scacchi sono una sfida all'Altissimo e che ne offendono i disegni. Il destino dell'uomo è scritto, dicono questi saggi. Tutto è predeterminato. Gli scacchi sono empi perché in essi l'abilità e l'intelligenza umana dominano il caso, attraverso il quale si manifesta la volontà divina. Costoro tollerano soltanto quei giochi il cui esito sia completamente affidato alla fortuna, cioè alle mani stesse di Dio.

mercoledì 5 settembre 2012

subito!

moscow-clocks

Per ogni cittadino di Mosca le giornate sono piene fino all'orlo.
Sedute, commissioni vengono convocate ogni momento in uffici, club, fabbriche, spesso non hanno a disposizione una sede determinata, si svolgono addirittura in angoli di rumorose redazioni, su tavoli frettolosamente sbarazzati di una mensa. Fra tutte queste iniziative si sviluppa una forma di selezione naturale, e anzi una lotta per la sopravvivenza. La società in un certo senso le produce, le organizza, le rende operative. Ma quante volte questo processo deve ripetersi perché alla fine una delle tante sia viva e vitale, sia funzionale, si istituzionalizzi.
Che niente riesca proprio come era stato progettato e come ci si aspettava, quest'ovvio portato della realtà, si impone qui in ogni singolo caso così ineluttabilmente e così prepotentemente da giustificare l'atteggiamento fatalista dei russi. E quando a poco a poco si fa strada nella vita collettiva un tentativo di razionalizzazione, ciò, almeno inizialmente, non fa che complicare la situazione. (In una famiglia che disponga solo di candele si è provvisti meglio che non dove c'è un impianto elettrico la cui alimentazione però è continuamente disturbata).
Nemmeno nella capitale della Russia c'è, malgrado ogni «razionalizzazione», il senso di un valore del tempo. Il Trud, l'istituto sindacale del lavoro, a mezzo di manifesti murali ha condotto, sotto la direzione di Gast'ev, una campagna per la puntualità. Da allora si è assistito a Mosca a una proliferazione di orologiai. Essi si sono concentrati, quasi si trattasse di una corporazione medievale, in certe strade, a Kuznecs-kij Most, nella Ulica Gercena. Ci si domanda a cosa veramente possano servire.
«Il tempo è denaro»: per accreditare una parola d'ordine così strana si è fatto ricorso, nei manifesti, persino all'autorità di Lenin. Tanto è lontana da ciò la mentalità dei russi. Su tutto prevale il loro istinto giocoso. (Si arriverebbe a dire che per loro i minuti sono come un elisir di cui non sono mai sazi, che il tempo li inebria).
Se, ad esempio, per la strada si gira la scena di un film, essi dimenticano perché e dove vanno, si accodano alla troupe per delle ore e arrivano al lavoro frastornati. Nell'impiego del tempo il russo resterà fino all'ultimo «asiatico». - Una volta avevo bisogno di esser svegliato alle sette: «Domani chiamatemi alle sette». Questo provocò nello svejcar - così si chiamano qui i portieri - il seguente monologo shakespeariano: «Se ci ricorderemo, La sveglieremo; se però non ci ricorderemo allora non la sveglieremo. In verità, di solito ci ricordiamo, e quindi in tal caso chiamiamo. E' vero, qualche volta succede che ci dimentichiamo se non ci pensiamo. Allora non svegliamo. Un obbligo vero e proprio non c'è, ma se ci viene in mente al momento giusto allora lo facciamo. Dunque, a che ora vuole essere svegliato? Alle sette? Ecco, adesso lo scrivo; vede, il biglietto lo metto qua. Così lo troveranno. Naturalmente, se non se ne accorgeranno non La sveglieranno. Ma per lo più noi chiamiamo».
L'unità di tempo fondamentale è qui lo sejcas, cioè, il «subito». A seconda dei casi si può sentirselo dire dieci, venti, trenta volte, ma poi bisogna rassegnarsi a lasciar trascorrere ore, giorni e settimane prima che ciò che era stato assicurato in quel modo si verifichi.
Così, non è in genere facile che ci si senta rispondere «no». La risposta negativa resta affidata al tempo. Disguidi catastrofici, assurdi contrattempi sono in tal modo all'ordine del giorno... Essi rendono ricca ogni ora, pieno ogni giorno, un lampo ogni vita.

- Walter Benjamin - da "Immagini di città" -