venerdì 27 aprile 2012

Pulp

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Philippe de Broca ne sapeva di cinema. Aveva studiato presso l'École Technique de Photographie et Cinématographie, poi aveva lavorato come fotografo dell'esercito francese in Algeria, quindi aveva girato documentari ed aveva fatto da assistente ai principali registi della Nouvelle Vague. Era stato, ad esempio, assistente di François Truffaut ne "I quattrocento colpi".
Poi De Broca comincia a girare film a basso budget, in un ambito apparentemente di basso livello intellettuale: grandi commedie come Cartouche (1962), L'uomo di Rio (1964) e L'uomo di Hong Kong (1965), tutte con Jean-Paul Belmondo, come attore.
In "Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo" (Le Magnifique), del 1973, c'è come protagonista lo scrittore François Merlin (sempre Belmondo) che produce, a ritmo forzato, i romanzi che hanno per protagonista l'agente segreto Bob Sinclair. Merlin si è identificato completamente nel personaggio di Bob Sinclair, in lotta contro la spia albanese Karpov (ispirato al suo edito) ed innamorato della sofisticata Tatiana (ispirata ad una studentessa inglese che si è appena trasferita nel palazzo dove vive). Insomma, lo scrittore Merlin ricicla la sua vita miserabile e la trasforma in grandi avventure.
Uno scrittore di romanzi di spionaggio, già, un po' come quel Gerarde de Villiers che poi - a quanto pare - è lo scrittore europeo che ha venduto in assoluto più libri. De Villiers ha pubblicato oltre 180 romanzi della serie "SAS", il cui protagonista, Son Altesse Sérénissime (ecco perché SAS) Malko Linge, un principe austriaco, fa lavoretti per conto della CIA, e altre cose del genere. Villiers - che afferma di aver venduto oltre 150 milioni di copie dei suoi libri - vive in un lussuoso appartamento in Place de l'Etoile, a Parigi, arredato con armi e dipinti di arte erotica; simpatizza per l'estrema destra ed ha girato tutto il mondo - dice - per documentare le storie che scrive, prima di incominciare a farlo.

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Un solo libro, volendo, può essere consigliabile leggere, di Villiers: quel "Dossier Hariri" che parla dell'assassinio dell'ex primo ministro libanese (magari aiuterebbe a capire meglio l'attuale conflitto siriano) e che si dice si basi su una copia delle relazioni dei servizi segreti francesi, fornita allo scrittore dall'allora presidente Chirac, buon amico di Villiers. Ah, sembra che a Beirut il "Dossier Odessa" (La liste Hariri) si venda tutt'ora come il pane!
Pulp, certo! Ma anche Twain, Dickens, Burroughs (entrambi, sia quello di Tarzan che quello de Il Pasto nudo), Conan Doyle, London, Hammett, Chandler e molti altri hanno pubblicato come Pulp, il meglio di ciò che hanno scritto.
Oggi come oggi, sta venendo fuori l'ennesimo dibattito sulla presunta "fine della cultura". Gli è che Mario Vargas Llosa ha appena scritto un libro su "La civilizzazione dello Spettacolo" (vi ricorda niente il titolo??). Le solite menate su "cultura alta" e "cultura bassa", con contorno di sacro furore contro la cultura di massa e la sua presunta banalità. Le solite idiozie di chi non ha capito che se l'Ulisse di Joyce fosse fatto a fette e spedito in fascicoli, come posta elettronica, avrebbe un impatto formidabile. Con la sua pornografia, le sue banalità, il suo ritmo biblico. Letteratura popolare, Joyce, a differenza del tempo che ha perso Proust a scrivere delle sue madeleine.
Letteratura popolare, basta non farsi ingannare dalla confezione, dall'involucro.
L'autore deve soffrire e il lettore deve godere. Quando si verifica il contrario, è meglio non fidarsi.

2 commenti:

gigi capastìna ha detto...

Se aggiungo Sven Hassel, mi devo ritenere fustigato? Quand'ero giovane, dopo essermi fatto una cultura fumettara con la "Guerra d'eroi" finalmente leggevo una versione (pulp)eroica vista "dall'altra parte"...

BlackBlog francosenia ha detto...

Assolutamente no! Credo che Sven Hassel sia imprescindibile. E poi, senza Sven Hassel, non ci sarebbe stato quel capolavoro che è "La croce di ferro", di Peckimpah, con James Coburn.