lunedì 12 settembre 2011

teocrazie

ricciardi

1861 e 2011

«Lo Stato ha bisogno di soldi? Prendiamoli ai preti».
E' la proposta sostenuta in parlamento dall'estrema sinistra, il 22 maggio 1861 in Parlamento. La propugna il deputato napoletano Giuseppe Ricciardi, mazziniano e anticlericale. Sa che non può farcela (a Roma ci sono ancora i soldati di Napoleone III che vegliano sui beni del Papa), ma, venerdì 28 giugno 1861 la sua linea è l'unica ad essere alternativa a quella governativa, che chiede l'approvazione di un prestito pubblico di 500 milioni, pari a 2 miliardi e 200 milioni di euro oggi. «Questo prestito - insiste Ricciardi - basterà appena quest'anno. E gli anni venturi?». «L'alternativa è l'incameramento della mano morta ecclesiastica». «Nelle province meridionali - sottolinea Ricciardi - i soli frati sono più di 33 mila, i preti 60 mila. Le mense vescovili sono di una ricchezza scandalosa. L'arcivescovo di Capua ha una rendita personale annua di 40 mila ducati borbonici» (pari a 748 mila euro odierni). «I conventi nella sola terra di Bari possiedono per più di 15 milioni di lire», equivalenti a quasi 66 milioni di euro. «L'Umbria, con 550 mila abitanti, nutre 361 conventi, che posseggono oltre 43 milioni», pari a oltre 187 milioni di euro. «Napoli annovera oltre 100 conventi straricchi. Occupano le migliori posizioni, mentre mancano terreni per erigere case per i poveri». Infine, il Patrimonio di San Pietro: «Sarà nostro fra breve. Renderà enormi rendite alla Nazione».

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