venerdì 8 luglio 2011

La risacca

olas040711

Si chiama "Las Olas", il film. "Le onde". Si chiama così perché è quella delle onde, l'immagine che il protagonista ha sempre presente dentro la sua testa. Ad Argèles, nel campo di concentramento che "accolse" i profughi della Repubblica Spagnola, i corpi di quelli che morivano venivano gettati in mare, e le onde li rapivano dal bagnasciuga.
Così, il protagonista del film, Miguel, interpretato dall'attore ottantenne Carlos Alvarez-Novoa, quando muore la moglie, decide di intraprendere un viaggio che, da Valencia, lo porterà fino al sud della Francia, alla spiaggia di Argelès-sur-Mer. Fino al ricordo della morte e del dolore.
E così, Miguel, attraverso strade, luoghi che sono stati teatro della sua giovinezza, stazioni di servizio e spazi senza identità, incontrando tutta una serie di personaggi, reali e immaginari, torna a quella spiaggia con l'intento di riuscire a guardare di nuovo "las olas", quelle onde. Un vecchio elefante che cammina verso il suo cimitero!
Incontrerà, fra i tanti, Una donna e uno dei suoi antichi compagni miliziano che si rifiuterà di accompagnarlo fino a quella spiaggia. Il dramma si svolge senza fanfare, raccontato con tono di sordina, a colori grigio chiari
 
"Questo non è un film sulla memoria storica", ha dichiarato il regista Alberto Morais, 35 anni, al pubblico. "La memoria storica in Spagna cerca di guarire le ferite, ma noi, qui, dimostriamo che ci sono ferite che non si possono guarire".
Qui, il cinema funziona come "una critica di un certo modo di intendere la memoria storica, che si sforza di porre in atto una chiusura della memoria attraverso l'istituzione, senza riuscire a vedere i singoli casi di persone che hanno dovuto tacere per anni e la cui vita non è tornata alla normalità ".
Un film fatto di ferite non rimarginate, che sono diventati occhi per vedere, dove è protagonista una generazione oramai quasi del tutto scomparsa, o che lo sarà di qui a poco, e che ha vissuto una tragedia che nessuno le ha riconosciuto.

3 commenti:

Elisabetta Lelli ha detto...

Come le onde va e torna la memoria. Come le onde, la memoria scava la battigia, la deforma, la riaggiusta, la distorce nuovamente. Ma tutto, per quanto le onde possano essere mutevoli, torna ad essere una sola compatta battigia, una sola, eterna, inalienabile memoria.
Le onde riportano i corpi degli amici, dei compagni, dei volti appena intravisti, ma mai dimenticati… del fluire neppure così lento dei giorni che passano, senza intaccare la vividezza di quel che è stato e continua ad essere. E a sanguinare.
Sono struggenti, queste immagini, il loro significato e la disarmante facilità con la quale esse vanno dritte al cuore.
Miguel e la vecchia fotografia tenuta stretta fra le dita, Miguel e la ricerca della stazione radio, avanti ed ancora avanti, per poi tornare alla prima che aveva trovato, come il ritorno al punto di partenza del passato… Miguel e la fuga dalla musica aliena e l’attendere in auto, Miguel e le poche parole, raccontate quasi tacitamente, intrise forse di pudore, Miguel nei frames senza colonna sonora; soltanto i suoni reali… Miguel che cammina sulla sabbia, nel lieve vento del passato/presente, verso le medesime onde di Argelès-sur-Mer che hanno portato via quei corpi e che seguitano a riportarli ove erano stati lasciati, tanto tempo addietro.
Miguel da solo, di fronte a quelle onde.
E poi non si narra, non si vedono i suoi occhi, non si ascoltano voci.
Eppure si sa tutto di Miguel, anche quando il video si interrompe, quando appare lo schermo buio. Non è difficile entrare nella sua mente e nel suo cuore.
Non si ha bisogno di orpelli, mai, nell’abilità di avvertire e captare i sentimenti più profondi ed incancellabili.
Mio padre ha 89 anni. Il suo nome non è “Miguel”. Ma potrei chiamarlo con quel nome ugualmente. Ho visto il medesimo sguardo, la stanchezza, ma anche la forza, l’aggrapparsi tanto caparbiamente alle cose di un tempo e che sono ancora e che saranno sempre.
Ho ascoltato gli stessi silenzi di mio padre, più eloquenti di milioni di parole.
Ho potuto rivedere, insieme a Miguel, i volti di coloro che mio padre ha lasciato per via.
E ho sentito la ferita delle intense memorie bruciare sulla mia stessa pelle.
Mio padre ha 89 anni. E mi incanta ogni volta, colmo com’è di cose da dire, anche tacendole...
Grazie, Franco, per questa bellissima ed umanissima pagina.
Elisabetta Lelli

Elisabetta Lelli ha detto...

Caro Franco,
a distanza di due anni e mezzo torno qui, alla tua Risacca.
Mi ha talmente commosso, questo tuo ricordo, che vorrei/voglio pubblicarlo su WordPress, ovviamente citando la fonte.
Ti auguro ogni bene, confidando nella capacità del Fato (o di chi per Lui), di discernere e proteggere le belle menti da tutte le altre.

Con affetto e stima,
Elisabetta

BlackBlog francosenia ha detto...

Ti ringrazio per le tue parole, e per la condivisione che vorrai fare delle mie, di parole.

ciao