mercoledì 22 giugno 2011

Una luce violenta, senza compassione!

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Durante la seconda metà degli anni venti, durante lo scorso secolo, comincia a diffondersi una corrente fotografica documentaria, espressione del movimento operaio legato alla Terza Internazionale Comunista.
Nel 1926, durante la Repubblica di Weimar, viene indetto un concorso di fotografia dalla rivista AIZ (Arbeiter Illustrierte Zeitung). Contemporaneamente, in Unione Sovietica, viene fondata la rivista "Sovetskoe Foto" che si propone di guidare e coordinare la cultura fotografica sovietica.
Nascono discussioni e dibattiti sul realismo, sul reportage fotografico, sulla "fattografia". Da queste sorgenti, la "fotografia operaia" comincia ad espandersi, fino ad articolarsi come un vero e proprio paradigma per tutti i movimenti di sinistra nel Centro e nel Nord Europa, e negli Stati Uniti. Le sue ramificazioni si stendono fino alle esperienze dei Fronti Popolari in Spagna ed in Francia.
Sergei Tretyakov, David Seymour, Robert Capa, Paul Strand, Tina Modotti, Walter Ballhause e Max Alpert, fra gli altri, se ne fanno carico.
Il teorico della "Fattografia", Sergei Tretyakov, sostiene un'arte giornalistica, descrittiva, oggettiva, che si fonda sulla stampa e che viene realizzata da un nuovo tipo di autore-produttore, che mette in pratica un programma materialista dell'arte circoscritto alla produzione industriale.
A partire dal 1929, cominciano a formarsi le prime associazioni di fotografi operai.
E' l'origine del foto-giornalismo. E' l'opposizione alla stampa borghese con i mezzi visivi. Alla fine del 1931, una rivista come AIZ, in Germania, tirava 500mila copie settimanali. Culmine, e punto finale, che coincide con la caduta della Repubblica di Weimar e con la fine di qualsiasi sperimentazione culturale in Unione Sovietica.
Nella prima metà degli anni '30 l'esperimento è oramai diventato un movimento politico che stende la sua rete nell'Europa Centrale e arriva negli Stati Uniti della Grande Crisi con la "Photo League", dove si incontrano Aaron Siskind, Harold Corsini, Morris Engel, Sid Grossman, e Tina Modotti.
L'esperienza si conclude nella seconda metà degli anni '30, quando l'operaio si trasforma dapprima in soldato e infine in sconfitto, tutto questo sugellato dalla fine della Guerra Civile Spagnola che aprirà le porte alla Seconda Guerra Mondiale. In questo periodo, si situa la rivista francese "Regards" che raccolse le opere di Robert Capa, Louis Aragon, Henri Cartier-Bresson, Josep Renau, ed Eli Lotar.
E' la fine di un'iconografia e di un movimento, la fotografia operaia, che è stato un momento chiave di tutta la storia della fotografia. Un movimento che è stato marginalizzato e dimenticato e che, invece, merita un posto centrale nel dibattito fotografico che ha avuto luogo fra le due guerre, dal momento che ha creato una sorta di sfera pubblica fotografica.

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