mercoledì 23 marzo 2011

La barricata: chiude la strada ma apre la via

barricades

Dal 15° al 19° secolo, gli europei, quando si ribellano contro i propri governanti assai spesso ammucchiano barili, sanpietrini e qualunque altro oggetto che possa servire a costruire, nelle strade cittadine, una massa inamovibile. Simili strutture, difensive e tattiche allo stesso tempo, vengono innalzate e sorgono così facilmente che danno l'impressione che gli insorti agiscano quasi d'istinto.
Ora, in un libro, "The Insurgent Barricade" (University of California Press), Mark Traugott racconta la storia di quella che per lui è "l'incarnazione più evidente" dello spirito rivoluzionario di quei tempi. Quello che più interessa l'autore, sembra essere la diffusione della "coscienza della barricata". Le barricate mostrano - egli scrive - come il popolo scelga e simboleggi  il suo modo di esprimere il proprio malcontento e le proprie speranze collettive.
Partendo da un concetto sviluppato nel 1970 dallo storico e sociologo Charles Tilly, circa "il repertorio delle azioni collettive", in riferimento alla gamma di tecniche di protesta disponibili in un dato luogo e in un certo momento storico; Traugott si rende conto che, dapprima in Francia e poi in tutta Europa, quando sale il grido "Alle barricate!", i rivoltosi, assai spesso sconosciuti gli uni agli altri, "sapevano perfettamente cosa fare, ed agivano di concerto, con grandissima efficienza, anche senza beneficiare nemmeno della più rudimentale struttura di comando."
Così, quella delle barricate, finisce per essere "una storia, molto più grande e molto più complicata di quanto si possa inizialmente immaginare."
La tecnica di costruzione, generalmente, comporta l'uso di barili (barriques: da cui venne coniato il termine barricata, durante il 16° secolo), in quanto potevano essere fatti rotolare facilmente fino al luogo deputato all'innalzamento della barricata. e poi riempiti di terra e di pietre, quindi rinforzati con tutto quello che ci si poteva procurare: carri, assi, travi dai cantieri edili, sanpietrini della pavimentazione stradale, balaustre strappate agli edifici.
Poi, questa tecnica, praticata per secoli da studenti, esuli e lavoratori itineranti; figure sociali che ne hanno diffuso la conoscenza per tutta l'Europa.
Per quanto eroiche, gloriose, temerarie, le barricate, raramente sono state suicide. Capacità ed impegno collettivo, necessari a raggiungere i risultati desiderati, facevano sì che i rivoltosi, nel frattempo, potessero valutare realisticamente le loro possibilità di successo; ed avevano tutto il tempo per ritirarsi velocemente quando fosse cominciata la carica dei soldati e veniva aperto il fuoco. Spesso, l'unico beneficio in cui gli insorti potevano sperare era dato proprio dalla socializzazione, dalla fraternizzazione e dalla solidarietà fra rivoltosi che insieme avevano costruito una barricata.
Col loro pesante pedaggio di morte e di aspirazioni politiche fallite, l'aspetto simbolico delle barricate ha ispirato artisti ed autori. Ad esempio, Victor Hugo si concentra sulle strutture delle barricate, quando ne "I Miserabili" descrive la rivolta del giugno 1832 a Parigi. Lo stesso fa Gustave Flaubert quando racconta un evento simile ne "L'educazione sentimentale".
Per gli storici, le barricate hanno sempre posto una sfida: in genere non pianificate, oppure organizzate segretamente, intorno ad esse c'è sempre stata poca o punta documentazione, soprattutto perché i principali partecipanti assai spesso finivano ammazzati sulle barricate stesse! Così, Traugott, alla ricerca di un senso pieno della natura, della finalità e della realizzazione delle barricate, piuttosto che basarsi su documenti relativi ad una qualche barricata, passa in rassegna 150 eventi, in Francia ed altrove in Europa. Eventi piccoli e grandi, che hanno avuto successo o che hanno fallito. Dove, magari, alcuni eventi che vengono celebrati come grandi successi, e che hanno contribuito a creare la "leggenda della barricata", non sono poi così "tipici".
Riferendosi anche agli eventi recenti, delle ultime settimane in nord Africa e in medio oriente, Traugott afferma che sì, si è soffermato a chiedersi come riferirli alle barricate. E mentre "lo storico" si rende conto che è azzardato fare parallelismi, "il sociologo" cerca, invece, schemi e generalizzazioni. E questi ultimi abbondano.
Un altro modello, è dato dal ruolo dei media. Così come Facebook, Twitter, ecc. oggi, per gli eventi recenti, "la diffusione della coscienza barricadera si incrementa sensibilmente a partire dal 1840, in seguito ad un paio di cambiamenti importanti, a partire dal debutto della cosiddetta stampa illustrata." Immagini delle barricate di Parigi e di altre città europee.
"Per la prima volta, le persone potevano vedere immagini di eventi in corso" - afferma Traugott - "Questo creava un'enorme capacità di diffondere informazione, oltrepassando le barriere nazionali e linguistiche."
"Il parallelismo con ciò che ora è completamente globale, con ciò che è una forma assolutamente istantanea di trasmissione di informazioni, è assolutamente chiaro."

- Tratto da http://chronicle.com/blogs/pageview/the-barricades-then-the-uprisings-now -

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