venerdì 31 dicembre 2010

brindisi di fine anno

battisti-cesare

"Sarà di nuovo a Parigi. Gli avevano detto che mettersi a ballare la notte sotto la torre Eiffel l'avrebbe proiettato nello spazio. Ma non era tornato per questo, benché la voglia di sparire fosse tanta. Torna solo perché non c'è altro posto al mondo disposto a riconoscergli il diritto all'esistenza."

- Cesare Battisti - da "Il Cargo Sentimentale"

giovedì 30 dicembre 2010

vocabolari

schiavi in mano

“Nella loro mediocrità spirituale e morale essi non sono in grado di cogliere sé stessi e il momento della loro azione come momento della totalità del processo: la ‘sconfitta’ come via necessaria verso la vittoria” - Gyorgy Lukacs – da “Storia e Coscienza di Classe” -

Ci sono parole che solo parole non sono, sono termometri, cartine al tornasole. Indicano la predisposizione di chi le adopera, e accomuna, in qualche modo, coloro che ne fanno uso, a volte scialo, persino.
Sconfittismo, è la parola. O meglio, la categorizzazione! Per esempio, leggo che ne ha appena fatto uso Fassino, a proposito della fiom e della vertenza con la fiat. Praticamente, sembra che per non avere un atteggiamento votato alla sconfitta ... bisogna unirsi a coloro che si ritiene di non riuscire a battere, detto in soldoni! Per inciso, ammetto che non mi riesce ancora di capire se l'appello forcaiolo che lo stesso Fassino ha rivolto, a nome del pd, al presidente uscente Lula, lo renda un vittorista o un pareggista, o se, più realisticamente, lo precipiti nel ridicolo insieme ai La Russa che minacciano boicottaggi ed embarghi ... di pietra pomice e di acqua minerale. Ma tant'è! Oramai il termine, la categorizzazione, ha preso piede. In alcuni ambiti, è diventato l'insulto peggiore, e lo sconfittista quasi (?) un nemico, da fermare con ogni mezzo, dal momento che si ostina a perseguire atteggiamenti ... sconfittisti, per l'appunto. Va bene anche un bel colpo dato, con un casco da motociclista, sul muso.
Viene quasi da pensare che certi termini, come lo sconfittismo e gli sconfittisti, siano solo un tentativo di dare una nuova aggettivazione a quello che, una volta, veniva chiamato diversamente, ma con identico livore.

mercoledì 29 dicembre 2010

eppure …

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Poeti. Ce ne sono stati, di poeti, che hanno partecipato alla guerra civile spagnola. Spagnoli e non. Inglesi, poeti riconosciuti, del calibro di Auden e di Spender. Ma non c'è niente di memorabile, fra le poesie. Solo una, fa eccezione. E, per ironia, non l'ha scritta un poeta. George Orwell non era certamente quello che viene comunemente definito un poeta. Del resto, quella di cui parlo, sembra sia proprio l'unica poesia - Spagna o non Spagna - che abbia mai scritto. Credo dovesse farlo. E infatti la scrive un paio d'anni dopo che la guerra era oramai persa. Ne aveva già accennato, brevemente, all'inizio di "Omaggio alla Catalogna", all'uomo, italiano, che aveva incontrato al corpo di guardia, al suo arrivo, mentre stava per arruolarsi in un sogno. Di quell'uomo non seppe mai il nome e - aggiungerà nelle sue memorie - "con gli strani tempi che correvano, era facile che uno così, se non lo avesse ammazzato la gestapo, lo avrebbe sicuramente fatto fuori la ghepeù!" Ma forse no, forse era il fior fiore della classe operaia  europea, perseguitata da tutte le polizie. Forse è ancora vivo!

The Italian soldier shook my hand
Beside the guard-room table;
The strong hand and the subtle hand
Whose palms are only able

To meet within the sound of guns,
But oh! what peace I knew then
In gazing on his battered face
Purer than any woman's!

For the flyblown words that make me spew
Still in his ears were holy,
And he was born knowing what I had learned
Out of books and slowly.

The treacherous guns had told their tale
And we both had bought it,
But my gold brick was made of gold--
Oh! who ever would have thought it?

Good luck go with you, Italian soldier!
But luck is not for the brave;
What would the world give back to you?
Always less than you gave.

Between the shadow and the ghost,
Between the white and the red,
Between the bullet and the lie,
Where would you hide your head?

For where is Manuel Gonzalez,
And where is Pedro Aguilar,
And where is Ramon Fenellosa?
The earthworms know where they are.

Your name and your deeds were forgotten
Before your bones were dry,
And the lie that slew you is buried
Under a deeper lie;

But the thing that I saw in your face
No power can disinherit:
No bomb that ever burst
Shatters the crystal spirit.

martedì 28 dicembre 2010

la paura di ridere

miedo

C'era una volta un paese dove l'insalata russa si chiamava "insalata imperiale", dove le montagne russe si chiamavano "montagne svizzere", i deputati si chiamavano procuratori, il primo maggio si celebrava la festa di San Giuseppe Artesano e i giornali avevano aggiunto "spagnolo", alla testata, affinché nessuno mettesse in dubbio la loro adesione al regime.
"Quando ridevamo per la paura", è il libro appena uscito in Spagna, in cui lo storico Gabriel Cardona recupera la memoria del "lato umoristico" dei 40 anni grigi e feroci della dittatura franchista, attraverso eventi, programmi satirici e film comici di quel periodo. E così ci offre un quadro da cui emerge sia la mancanza di senso dell'umorismo del regime che la voglia di ridere di un popolo che soffre la miseria economica del dopo-guerra e la miseria morale della classe che lo governa.
"Il Caudillo è uno di quei doni che la Provvidenza fa, ogni tre o quattro secoli, ad un popolo, per ricompensarlo dei sacrifici che esso ha fatto per Dio", una frase detta da qualcuno che non aveva alcuna voglia di ridere. Pronunciata, con la solennità del caso, da un primo ministro, Luis Carrero Blanco, che ascese al cielo nel 1973.
Cardona, nel suo libro, racconta la necessità da parte della gente di condannare la stupidità e la brutalità dei tempi del franchismo, insieme alla voglia di evadere dalle difficoltà e dalle angosce. Ma anche di far politica per mezzo dell'umorismo. I messaggi sovversivi, veicolati dalle barzellette , e alla fine delle risate si avvertiva di non raccontarle fuori di casa!
Francisco Franco aveva cercato di trasformare la Spagna in un posto metà caserma e metà sagrestia. Non si può comprendere quel periodo senza ricordare la complicità attiva della chiesa, quel fondamentalismo che porta il gesuita Angelo Ayala a tuonare, senza nessun umorismo: "Il cinema è la più grande calamità che ha colpito il mondo, dai tempi di Adamo. Più grande del diluvio universale, più grande della guerra mondiale e della bomba atomica.".
Cardona, per far meglio comprendere, infarcisce il libro di pubblicità del tempo, di barzellette, di canzoni e dialoghi rubati da riunioni e feste, estratti da giornali, riviste e trasmissioni radiofoniche. E' allegato anche un DVD di 44 minuti di frammenti di pellicole, notiziari e programmi televisivi.

lunedì 27 dicembre 2010

definizione

marxism

La politica è l'arte di cercare problemi, trovarli dovunque, diagnosticarli in modo non corretto ed applicare ad essi i rimedi sbagliati.

- Groucho Marx -

giovedì 23 dicembre 2010

rabbia antica

Euno

La statua, della foto, rappresenta Euno, e si trova ad Enna.
Era il 132, avanti Cristo, e la guerra, per gli schiavi che si erano rivoltati in Sicilia, era oramai persa. Chiusi nella morsa dell'assedio di Enna, Euno, lo schiavo siriano che li comandava, fece rappresentare azioni sceniche con cui gli schiavi rappresentavano la ribellione contro i padroni, rinfacciando loro l'arroganza e la violenza che, alla fine, li aveva portati alla rovina. Questa forma singolare, forse unica, nel mondo antico, di "teatro rivoluzionario" aveva un valore assai speciale. E di "pedagogia", imposta ai padroni-spettatori, e, soprattutto, di una sorta di "memento", quando la certezza della sconfitta imminente avrebbe potuto indurli ad un cedimento. Euno, così, riattizzava, mediante lo strumento efficacissimo del teatro, quell'odio di classe che Posidonio, nel raccontare tutta la vicenda, additerà come sintomo della "malattia rivoluzionaria". L'odio degli oppressi che legittima la violenza, viene messo in scena, forse per la prima volta, più di duemila e cento anni fa.

mercoledì 22 dicembre 2010

una brutta storia

landandfreedom

Servizi d'ordine. Si chiamavano così, una volta. E forse bisognerebbe scriverla, una storia dei servizi d'ordine. Ma anche raccontarle, le storie dei servizi d'ordine. Magari, ciascuno la propria; il proprio "affaire" coi servizi d'ordine.
"Il servizio d'ordine aveva il compito di far rispettare ai cortei i limiti di percorso imposti dalla Questura o dalla Prefettura e di sorvegliare lo svolgersi delle manifestazioni, bloccando sul nascere eventuali azioni violente di qualche esagitato o difendendo i partecipanti ai cortei da aggressioni esterne", così c'è scritto su wikipedia, a proposito del servizio d'ordine del movimento studentesco della "statale" di Milano. E così, ai tempi, venne scritto, a colpi di spranga, sulla pelle, e sulle teste, dei tanti compagni che con le imposizioni non andavano troppo d'accordo. Cicatrici, da servizio d'ordine. E ciascuno aveva il proprio. Cordoni, li chiamavano, ed erano proprio una sorta di cordone sanitario. C'erano quelli con la fascia stretta al braccio, ognuno di loro condivideva con un altro un bastone, e tutti i bastoni avvolgevano i loro pezzi di corteo. Qualcuno, sempre ai tempi, ritenendo che anche gli "esagitati" meritavano qualcosa di più, pensò bene che, anziché simili strutture poliziesche, forse era meglio che il "servizio d'ordine" si muovesse senza fascette al braccio e pronto a non farsi sprangare dai solerti protettori dei cortei. Questo era il clima, più o meno. Stranamente, nessuno mise mai in discussione la denominazione. In qualche modo ce la tenemmo, ché forse era un modo per giocare, l'uno contro l'altro. Il servizio d'ordine della Galileo, che poi in pratica era il servizio d'ordine sindacale della cgil, ci aveva "spiegato" come stavano le cose, secondo loro. Non eravamo d'accordo, e rimanemmo della nostra idea. Così, poi ci provò il servizio d'ordine del pci: una delegazione ci venne a trovare alla mensa universitaria, in pompa magna, guidata nientedimeno che da quel "bambino" che poi sarebbe diventato guardia del corpo di Enrico Berlinguer; solo che quella volta gli andò male, cadde e si ruppe un braccio, “bambino”. Cose che capitano, si vince e si perde! Ricordo che alla fine (di lc), fu il servizio d'ordine di lotta continua, proprio durante un corteo, ad aprire un contenzioso in quanto disturbati da una richiesta di libertà per Renato Curcio. La gazzarra fu indecorosa, ma necessaria al fine della comprensione. Almeno, credo.
Per tutti questi motivi, pensavo ed ero convinto che oggi a nessuno sarebbe venuto in mente di rimettere in campo un vecchio arnese come quello del servizio d'ordine, poliziesco e repressivo, in grado di imporre una presunta strategia, a tutti, e "per il loro bene". E invece, la storia torna a ripetersi. Mentre dalle colonne del Corriere, un vecchio collega di Capanna, di Gino Strada e di Cofferati, propone agli studenti il modello "gruppo Stalin", dall'altra parte, i responsabili della scelta politica che ha portato al ferimento di un quindicenne che non si lasciava irreggimentare fanno di tutto ed il contrario di tutto. Quelli di “esc”, tumultuosamente, prima negano, poi provano a liquidare il "colpevole" (singolarmente difeso da Tommaso Mancini, avvocato di Toni Negri) dicendo che era solo un cane sciolto che si limitava a partecipare alle feste e ai cortei ( e cos'altro avrebbe dovuto fare??). Poi, vanno in delegazione al liceo frequentato dal ragazzo ferito per fornire giustificazioni, più che spiegazioni, politiche, alla dinamica dei fatti. Tragedia che scolora in farsa, e mette in scena l'assenza di qualsiasi senso del ridicolo.
Sì, è proprio una brutta faccenda, con l'aggravante di una pessima regia da parte di chi si gloria di essere esperto di tecniche mediali.
Vorrebbero riscrivere la storia - dicono - ma hanno ri-scritto solo una sporca vecchia brutta storia, di servizi d'ordine!

martedì 21 dicembre 2010

il cibo degli dei

eracle

"(...) Per esempio Ercole, il grande eroe, una figura mitica che fa da sfondo a gran parte del nostro senso di potere maschile, muscoloso, infaticabile, massacratore, vigoroso, aveva come classico appellativo 'il mangiatore di manzo'. Per contro, nei giardini di Adone, il giovane amante dalla pelle liscia e dalle carni morbide, coltiva la lattuga, e la lattuga era considerata sgradevole e negativa per la virilità, perché appassiva e in poco tempo si afflosciava. Quest'accoppiata di manzo e di lattuga offre uno sfondo mitico ad un cambiamento culturale che si sta verificando nei 'fast food': gli enormi hamburger stanno cedendo il posto al banco delle insalate. Questa accoppiata compare anche, comicamente rovesciata, nel contrasto fra Bracciodiferro, che per essere forte mangia spinaci, e l'imponente Poldo che vive di hamburger."

- James Hillman -

lunedì 20 dicembre 2010

La rossa primavera vs. l’italica bandiera

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"Abbiamo letto con attenzione la canzone dei partigiani che ci avete mandato. Il suo contenuto ci porta a fare considerazioni politiche. Eccole:
Abbiamo discusso a lungo la linea politica dei Partigiani e ci siamo trovati tutti d'accordo. Da tutti noi è stata apprezzata l'importanza della lotta del nostro Partito per mobilitare il popolo italiano nella lotta per cacciare il tedesco.
E 'all'unità di tutti gli italiani che vanno i nostri sforzi. Ne è prova l'iniziativa e la partecipazione al Governo dove, si spera, tutti i partiti rappresentati daranno prova della loro capacità per liberare il nostro paese dai banditi nazifascisti. La nostra lotta è l'espressione più genuina che noi vogliamo in nome della libertà e della democrazia lottare per battere i tedeschi. La vostra canzone dice invece che i partigiani marciano 'per conquistare la rossa primavera, dove sorge il sol dell'avvenir' e conclude dicendo che i partigiani torneranno a casa vittoriosi 'sventolando la rossa bandiera'.
Politicamente è un errore di sinistra fare di tale inno la canzone dei partigiani della vostra valle.
Indirettamente si favorisce la propaganda nemica che da anni va dicendo che il comunismo fregherà tutti se le nazioni democratiche vincono la guerra.
E' un errore politico perché il partito lo ha detto più volte che noi combattiamo la lotta per l'indipendenza a fianco di tutti. E' nocivo alla comprensione di cosa sono le brigate Garibaldi, dove noi vogliamo che ci sia posto per tutti i sinceri patrioti. Noi non vogliamo affatto impedire che i partigiani comunisti cantino gli inni rivoluzionari. Fare delle canzoni per tutti i partigiani vuol dire capire che cosa è la politica del Partito.
Non si è d'accordo con il Partito e poi si fa cose che possono nuocere e non aiutare. Non basta dire ' i combattenti preferiscono mettere il fazzoletto rosso alla coccarda tricolore '. Occorre rendersi conto che ciò è sinistrismo pericoloso; si deve saper convincere dell'errore chi crede di essere più 'rivoluzionario' con tali esteriorità. Noi lottiamo nelle file del Corpo di Liberazione Nazionale. Le formazioni garibaldine sono al servizio della Patria e quindi i nostri distintivi e le nostre canzoni sono e devono essere nazionali.
Vi mandiamo la vostra canzonetta corretta come deve essere cantata.
A coloro che non si rendono conto di che cosa è la nostra posizione politica parleremo a lungo personalmente presto.
F.to La Delegazione"

(emanato dal Comando Brigate d'assalto Garibaldi, Delegazione Piemontese, in data 24 aprile 1944)

venerdì 17 dicembre 2010

Urbanistica

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"L'architettura è l'espressione della vera anima della società, proprio come la fisionomia è l'espressione dell'anima individuale. Tuttavia, tale comparazione pertiene particolarmente alle fisionomie dei personaggi ufficiali (prelati, magistrati, ammiragli). Infatti è solo l'anima ideale della società, quella che ha il potere di comandare e di vietare, quella che si è espressa in composizioni architettoniche, propriamente parlando. Così i grandi monumenti sono stati eretti come dighe, opponendo la logica e la maestà dell'autorità contro tutti gli elementi di disturbo: è in forma di cattedrale o di palazzo che la Chiesa o lo Stato parlano alla folla e impongono il silenzio su di loro. E' infatti evidente che i monumenti ispirano prudenza sociale e spesso anche vera e propria paura.
La presa della Bastiglia simboleggia questo stato di cose: è difficile da spiegare se non facendo ricorso alla categoria dell'animosità del popolo contro i monumenti, che esprimono il dominio reale."

Georges Bataille

giovedì 16 dicembre 2010

Blake Edwards

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Addio, e grazie di tutto. Delle risate, e delle lacrime.

costruire …il futuro

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Li chiamavamo "Tiznaos", ed erano quei "veicoli modificati" per essere utilizzati in combattimento durante la guerra civile spagnola.
Autobus, trattori, camion, tutto quello che dava l'idea di poter esser trasformato in un veicolo corazzato. Bastava qualche lastra di metallo, a volte una torretta messa in cima, e il gioco era fatto.
Cominciarono a sbucare come funghi, fin da subito, e poi se ne costruirono una gran quantità. La diversità di tipo e di modello era enorme, ed ogni partito, sindacato ed organizzazione,ogni gruppo politico, ogni colonna, si costruiva i propri. Le sigle, ben distinte, disegnate sulle fiancate, sui musi, ché farsi un po' di propaganda, male non faceva! Vi si scrivevano sopra anche slogan politici.
Costruiti più col cuore, che con la testa, di aspetto imponente, incutevano timore, ma l'efficacia in battaglia si avvicinava allo zero. Peso, volume, poca mobilità e scarso armamento li rendevano vulnerabili. Troppo. La maggior parte di essi non passò il battesimo del fuoco; eppure, alcuni riuscirono a durare per tutti i tre anni della guerra.

fonte: http://historiasconhistoria.es

martedì 14 dicembre 2010

Brindisi alla salute dei rivoltosi

roma

E’ tornato il Novecento. Era ora!

è la stampa, baby!

canalejasportada

Era il 12 Novembre del 1912, e a Madrid Manuel Pardiñas uccideva, per strada, Don José Canalejas Mendez, presidente di Spagna. Il giorno dopo, il "Diario ABC", pubblicava in prima pagina la foto dove si poteva vedere il momento preciso in cui il presidente veniva abbattuto per mano dell'anarchico che di lì a poco dopo si sarebbe suicidato con la stessa arma usata per l'esecuzione. Certo, un bel colpo di fortuna - per il reporter - essere stato presente, e in condizioni di scattare la foto, in un'epoca in cui non era certamente comodo andare in giro con una macchina fotografica compresa di treppiede! Senonché, l'immagine ha una storia assai curiosa. Visto che di quei tempi, ottenere uno scoop di tale portata era praticamente impossibile, la foto venne creata ricorrendo a degli attori, al fine di ricostruire il fatto. E ci sarebbe anche da aggiungere che la storia non finì lì!
Venne girato perfino un breve film che ricostruì tutto l'attentato, in cui il ruolo dell'anarchico venne consegnato a Pepe Isbert, attore spagnolo di cinema che - a 26 anni - interpretò la sua prima parte.
Nel film in cui viene messo in scena prima l'omicidio e poi il funerale, si può vedere, nelle prime scene, che l'attore, dopo essersi sparato, si alza senza aspettare la fine dell'inquadratura. Era alle prime armi...

fonte: http://historiasconhistoria.es

lunedì 13 dicembre 2010

morti, e sepolti!

saltarelli

Il 12 dicembre - si sa - oramai è celebrazione, ed è costume, qua e là, celebrarlo, per l'appunto.
C'è una canzone, dal titolo e dal testo altisonante. Si intitola "Katanga", dal nome del servizio d'ordine del movimento studentesco della "statale" di Milano, delle cui capacità "militari fa - come dire - una celebrazione. Di autore sconosciuto, ne circolano diverse versioni (più o meno censurate dei versi ritenuti più truculenti) e qualcuna viene perfino attribuita a Pino Masi.
Il testo, facilmente rintracciabile sulla rete, confeziona una narrazione degli avvenimenti che definire fantasiosa costituisce un eufemismo. I fatti sono più o meno noti: il 12 dicembre del 1970, ad un anno dalla strage di Piazza Fontana, durante una manifestazione indetta dagli anarchici per la liberazione di Valpreda, un candelotto, sparato ad altezza d'uomo da pochi metri, colpisce Saverio Saltarelli e gli spacca il cuore. Saltarelli, aderente ad un'organizzazione bordighista, il Partito Comunista Internazionalista (Rivoluzione Comunista), cade a pochi passi dall'Università Statale. E' il 12 Dicembre 1970. Già, il 12 dicembre. E' già passato un anno da quando il Movimento Studentesco della Statale, celebrato in questa canzone, ha cominciato, insieme al Partito Comunista Italiano, a gettare fango sugli anarchici e ad organizzare manifestazioni in difesa della democrazia. E infatti, un anno dopo, quel 12 dicembre 1970, la polizia vieta la manifestazione degli anarchici, cui aderisce anche il Partito Comunista Internazionalista di Saverio Saltarelli, ed autorizza, contemporaneamente, un corteo antifranchista indetto da PCI, PSI, DC e sindacati. Viene anche autorizzato un presidio antifascista del Movimento Studentesco davanti alla Statale. Ed è proprio nei pressi della Statale che il corteo anarchico viene caricato dalla polizia, mentre il Sevizio d'ordine del MS (quei Katanga che si distingueranno sempre più nella pratica briosa di spaccare le teste dei rivoluzionari, al ritmo dello slogan "Leone, Leone, ricordati il piccone") impedisce ai compagni di rifugiarsi all'interno dell'ateneo. Sono passati 40 anni, e Saverio Saltarelli giace, ben sepolto, sotto un cumulo di lapidi e di canzoni!

venerdì 10 dicembre 2010

in girum imus nocte et consumimur igni

avventura

 

"Il mio ottimismo si fonda sulla certezza che questa civiltà crollerà.
Il mio pessimismo su tutto ciò che essa farà per trascinarci nella sua caduta."

- Guy Debord -

giovedì 9 dicembre 2010

la capra

HeroicaAbuela

Il soldato francese - la mitragliatrice in primo piano - non sembra intendere ragione. La nonna non può passare la frontiera francese, almeno finché si ostina a voler portare la capra con sé. E' il 1939, Barcellona è già caduta. Un popolo sconfitto si ammassa alle frontiere, di terra e di mare. Fra loro, anche questa donna, con la sua capra. Niente bauli con sé, niente bagagli, solo la sua capra. Il soldato ha tutta l'aria di stare perdendo la pazienza, ma la donna non demorde.
Sembra chiedere: "Ma voi, non ce l'avete le capre, in Francia???"

mercoledì 8 dicembre 2010

ancora sull’ora legale

karlo-marx

Lo "sciopero delle lancette" viene organizzato dai Consigli di Torino nell’aprile del 1920: il governo aveva fissato per il 18 marzo l’entrata in vigore dell’ora legale, come si era fatto durante la guerra. Gli operai non la tollerano, poiché li obbliga ad entrare in fabbrica al buio anche in primavera e in estate. Per protesta, il Consiglio di fabbrica della Fiat Brevetti decide di spostare le lancette degli orologi dello stabilimento sull’ora solare. La Fiat risponde licenziando tutta la commissione interna (egemonizzata dal consiglio di fabbrica).
La FIOM di Torino risponde dando il via a uno sciopero che dura quasi 20 giorni e che si estenderà a mezzo milione di lavoratori in tutto il Piemonte, braccianti inclusi. L’AMMA percepisce chiaramente la portata nazionale dello scontro coi Consigli di fabbrica ed è determinata a distruggere il movimento dei consigli prima che contagino tutto il paese. I lavoratori dei Genova e di molte città liguri sono sul piede di guerra ma i loro dirigenti approfittano del congresso della Fiom per condannare il movimento dei Consigli.
Turati propone di superare la crisi accettando l’invito del primo ministro a entrare nel governo liberale, mentre Bordiga sbarrella e si perde in una ridda di obiezioni dottrinarie ai consigli operai e sui pericoli nascosti in questa novità: afferma che i consigli sarebbero un’arma in mano al padrone per controllare i lavoratori. I lavoratori di Torino chiamano alla lotta la classe operaia di tutto il paese. Lo sciopero delle lancette diventa politico già dal secondo giorno. I padroni non cedono di un millimetro. Buozzi, segretario della Fiom, discute più con Agnelli che con gli operai e personalmente accetta la proposta padronale di dimissioni di tutta la Commissione interna. D’Aragona, segretario della CGL è determinato a recuperare a tutti i costi il controllo della situazione e a distruggere il movimento dei consigli. Tratta con l’AMMA senza consultare gli scioperanti e baratta il riconoscimento formale dei Consigli in cambio dell'accettazione della proibizione di qualunque ingerenza di questi organi nel controllo della produzione e delle condizioni di lavoro nelle fabbriche. I dirigenti dichiarano chiusa la vertenza e la Fiom nazionale dichiara finito lo sciopero.

martedì 7 dicembre 2010

fra sindacati e ora legale

occupazione

L'anno 1920 cominciò con gli scioperi degli operai statali delle poste e telegrafi e delle ferrovie; i dirigenti della C.G.I.L. dovettero fare opera di convincimento presso molti dei sindacati aderenti perché non scendessero in sciopero di solidarietà con i ferrovieri. A febbraio scioperarono i tessili, i metalmeccanici e gli operai dello zolfo. A marzo vi fu uno sciopero generale di protesta a Milano per l'uccisione di un tramviere. A Torino, in aprile, ci fu uno sciopero generale provocato dal conflitto sull'ora legale. Nell'agosto del '20 le richieste salariali del sindacato metalmeccanico vennero respinte. I sindacati non avevano fondi e non erano disposti a rischiare uno sciopero protratto, per cui proclamarono in pratica un rallentamento della produzione. Gli imprenditori cominciarono a rispondere con le serrate, e il sindacato chiamò all'occupazione preventiva delle fabbriche. Il 5 settembre, la C.G.I.L. indicò le tre strade percorribili: a) circoscrivere il movimento ai soli metalmeccanici, b) estenderlo a tutta Italia, c) trasformare in rivoluzione l'occupazione delle fabbriche. I sindacati si opposero alla rivoluzione immediata. Il Partito Socialista si offrì di assumere la responsabilità del movimento, ma invece di scegliere una delle tre strade indicate richiese semplicemente la convocazione del parlamento, che in quel momento non era al lavoro. A questo puntò, l'iniziativa operai cessò ed il primo ministro, che conosceva troppo bene i socialisti per temere una rivoluzione ad opera loro, attese fino a che il movimento perdette forza e poi negoziò un accordo basato su aumenti salariali, festività e liquidazioni. Le occupazioni cessarono fra il 25 e il 30 settembre.

lunedì 6 dicembre 2010

topografia

paris

France-Soir - 13 Giugno 1968

1h.30:
Porta Saint-Denis, scene di violenza. Alcuni saccheggiatori stanno sventrando un chiosco. Boulevard de la Chapelle, lato Barbès, alcuni manifestanti, per la più parte nordafricani, attaccano la polizia.
Boulevard Bonne-Nouvelle, una barricata formata da alberi segati e posti di traverso sulla carreggiata, insieme a qualche griglia di ferro, ostruiscono la strada tutt'intorno al teatro des Noveautés.
Una barricata simile è stata eretta cento metri più avanti, nei pressi della sede del quotidiano L'Humanité.

1h.45:
Alcuni giovani hanno ripiegato su avenue du Maine, dove hanno continuato ad erigere barricate su barricate. La loro tattica è stata facilitata dall'arrivo di un piccolo bulldozer giallo che un manifestante ha trovato in un cantiere di Montparnasse.

4h.30:
Dopo che erano stati dispersi in diverse strade del 15° arrondissement, 80 manifestanti si sono raggruppati in rue d'Alésia. "Al Quartiere Latino!", urla un fanatico sulla quarantina. Nelle mani guantate stringe un segnale stradale di senso vietato. La stazione di polizia del quartiere di Montparnasse, al 19 di rue de la Galté, che era già stata saccheggiata una volta, durante la serata è stata di nuovo assaltata ed occupata. C'erano rimaste alcune finestre da infrangere.
Nello stesso momento, il Centro di Informazione U.D.R., al 248 di rue de Vaugirard, dove si trovavano una trentina di persone, veniva assalito da 500 manifestanti che sventolavano una bandiera nera. Sono state lanciate bottiglie molotov. Dappertutto saccheggio.

venerdì 3 dicembre 2010

La libertà NON è partecipazione!

dustin

"La politica non riguarda solo i politici. I politicanti fanno leva sulla tendenza intrinseca all’uomo contemporaneo, all’uomo del capitale, a cercare la verità e la soluzione della sua condizione in un altrove, al di là dei rapporti sociali. Non è per una coincidenza storica che la religione, la filosofia e la politica sono state criticate da Marx simultaneamente o, più precisamente, in un medesimo movimento critico; in ciascuno dei tre casi, ci si trasferisce a un altro livello: invece di trasformare la realtà, la si disloca. I politici servono solo da mediatori tra i rapporti sociali e questa realtà altra che è la regolazione delle contraddizioni. Si costituiscono come gestori della mediazione. Se la gestione operaia è conservatrice perché fa partecipare il salariato al proprio sfruttamento, l’autogestione della politica da parte di tutti è un asservimento ben più profondo."

Jean Barrot

giovedì 2 dicembre 2010

studenti

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(...) Lo studente é un essere diviso tra una condizione presente e una condizione futura nettamente distinte, il cui limite sarà superato meccanicamente. La sua coscienza schizofrenica gli permette di isolarsi in una “società di iniziazione”, mistifica il suo avvenire e si incanta davanti all’unità mistica che gli offre un presente al riparo dalla storia. (...)
Poiché raccoglie qualche briciola del prestigio dell’università lo studente é ancora contento di farne parte. Troppo tardi. L’insegnamento meccanico e specializzato che riceve é così profondamente degradato (rispetto al vecchio livello della cultura generale borghese) quanto il suo livello intellettuale al momento in cui vi accede, perché le forze dominanti, cioè il sistema economico, esigono una fabbricazione massiccia di studenti incolti e incapaci di pensare. Che l’università sia diventata un’organizzazione  - istituzionale  - dell'ignoranza, che la cosiddetta “alta cultura” si vada decomponendo al ritmo della produzione in serie dei professori, che tutti questi professori siano degli imbecilli, la maggior parte dei quali susciterebbe le risa di scherno di qualsiasi pubblico di liceo, lo studente lo ignora e continua ad  ascoltare rispettosamente i suoi maestri, con la volontà cosciente di perdere ogni spirito critico per meglio piombare nell’illusione mistica di essere diventato uno “studente”, uno che si dedica con serietà a farsi un’istruzione con la speranza che gli saranno rivelate le verità  supreme. 
E’ la menopausa dell’intelligenza.   (...)
Non si rende neanche conto che la  storia trasforma il suo ridicolo mondo chiuso. La famosa “crisi dell’università”, aspetto di una crisi più generale del capitalismo moderno, rimane oggetto di un dialogo tra sordi di differenti specializzazioni. Essa traduce soltanto le difficoltà di un  adeguamento tardivo di questo settore particolare della produzione a una trasformazione generale dell’apparato produttivo. I residui delle vecchie ideologie dell’università liberale borghese si banalizzano nel momento in cui scompare la sua base sociale. E’ stato possibile per l’università considerarsi autonoma nell’epoca del capitalismo liberoscambista e del suo stato liberale che le lasciava una certa libertà marginale. Ma di fatto dipendeva strettamente dai bisogni di quel tipo di società: dare a una  minoranza privilegiata, quella che studiava, la cultura generale appropriata prima che tornasse a far parte della classe dirigente da cui proveniva. (...)

da "Della Miseria dell'Ambiente Studentesco" - Strasburgo 1966

mercoledì 1 dicembre 2010

internazionale

cassibile

Durante la seconda guerra mondiale, certamente gli americani non furono , poi, quei "liberatori" di cui si disse, e si continua a dire. Ma - come sempre - c'è un però. C'è sempre un'altra faccia della medaglia, e c'è sempre un modo per cui, la classe operaia, riesce a mettere un'ipoteca sulla storia, e sulle storie.
Mentre lo stato maggiore americano faceva uso della mafia siciliana, fra le altre forze, per i propri fini di conquista, il movimento operaio riusciva, a volte e spesso con difficoltà a intrecciare e ristabilire rapporti autonomi.
E così avvenne che i figli degli anarchici italiani, i militanti di quella sezione della IV Internazionale che sul suolo americano era stata preceduta dall'opposizione bordighiana, tutti questi irregolari riuscirono ad aiutare materialmente, con mezzi e armi, soprattutto nel sud dell'Italia, e a contribuire alla ricostruzione di nuclei rivoluzionari.

(cfr.: James P. Cannon - The History of American Trotskyism - Pioneer Pubblishers)