mercoledì 30 giugno 2010

titanic

biglietto

Canto sedicesimo

La fine del Titanic risulta agli atti.
E' roba per poeti.
E' garanzia di un alto tasso di defiscalizzazione.
E' l'ulteriore conferma dell'esattezza delle tesi di Vladimir Ilic Lenin.
E' data alla Tivvù subito dopo la Domenica Sportiva.
E' impagabile.
E' inevitabile.
E' meglio di niente.
E' in congedo il lunedì.
E' ecologica.
E' colei che schiude la via verso un futuro migliore.
E' arte.
E' creatrice di nuovi posti di lavoro.
E pian piano ci dà ai nervi.
E' brevettata.
E' ancorata alle masse.
E' arrivata a proposito.
E' andata liscia.
E' uno spettacolo la cui bellezza ci mozza il fiato.
E' cosa che dovrebbe far riflettere i responsabili.
E ormai non è più quella di un tempo.

da "La fine del Titanic" di H.M. Enzensberger

martedì 29 giugno 2010

Prima del voto

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Quella che segue, è una lettera scritta da un gruppo di lavoratori della fabbrica di Tychy, in Polonia, agli operai di Pomigliano d’Arco. (da libcom.org/news/letter-fiat-14062010)

La Fiat gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli alti. E a Tychy lo abbiamo fatto. La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d’Europa e non sono ammesse rimostranze all’amministrazione (fatta eccezione per quando i sindacati chiedono qualche bonus per i lavoratori più produttivi, o contrattano i turni del weekend).
A un certo punto verso la fine dell’anno scorso è iniziata a girare la voce che la Fiat aveva intenzione di spostare la produzione di nuovo in Italia. Da quel momento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia pensa di poter fare di noi quello che vuole. L’anno scorso per esempio ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni record di produzione.
Loro pensano che la gente non lotterà per la paura di perdere il lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo “Giorno di Protesta” dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà educato come l’anno scorso. Che cosa abbiamo ormai da perdere?
Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre.
In questi giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per mostrare alla Fiat che ci sono lavoratori disposti a resistere alle loro condizioni. I nostri sindacati, i nostri lavoratori, sono stati deboli. Avevamo la sensazione di non essere in condizione di lottare, di essere troppo poveri. Abbiamo implorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo lasciato soli i lavoratori italiani prendendoci i loro posti di lavoro, e adesso ci troviamo nella loro stessa situazione.
E’ chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente.
Per noi non c’è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colleghi di resistere e sabotare l’azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa addosso.
Lavoratori, è ora di cambiare.

lunedì 28 giugno 2010

Pionieri

iPhone Wallpaper Template

Una navicella spaziale ed un cattivo atterraggio, uno schianto, dalle parti del Canada, sul confine con gli Stati Uniti. Le radiazioni impattano il terreno fino al Montana. La sorpresa - per il team inviato dal governo americano per far luce sull'accaduto - non è di poco conto: la navicella è di fabbricazione sovietica e, all'interno, c'è il corpo malato di un giovanissimo astronauta.
Questa, la trama del pilot di una serie televisiva che non verrà mai trasmessa da nessuna televisione!
"Pioneer One", infatti è il progetto, realizzato con "l'astronomica cifra" di seimila dollari da Bracey Smith e Josh Bernhard. La proposta è semplice: lo si scarica liberamente da Internet (su emule si trova anche la versione sottotitolata in italiano) e lo si guarda. Chi vuole - e se gli è piaciuto - può fare una donazione, di modo che gli autori possano continuare a girare le puntate successive. La storia - a detta degli autori - è già stata programmata per tutta la serie (7 puntate), ed ha una fine già definita.
Ad ogni modo, il pilot è stupendo e non soffre per niente dell'impostazione teatrale dovuta allo scarso budget, anzi! Gli attori sono perfetti, anche se hanno lavorato praticamente gratis, e c'è
almeno una sequenza (quella in cui compare, in una lunga telefonata, un agente CIA in pensione) che fa gridare al capolavoro.

venerdì 25 giugno 2010

Scienza Operaia

amalia

Il carcere femminile di Calle Amalia, a Barcellona nella Plaza Folch i Torres. Un sordido monumento alla tortura e al tormento. Usato per rinchiudervi le operaie catalane, per segregarle per deprivarle della luce del sole e dell'affetto dei loro cari.
Una prigione, come tante. Solo che questa venne distrutta fino alle fondamenta, nel 1936.
Le attiviste del Sindacato de Mujeres Libres si consultarono con i lavoratori del Sindacvato de Trabajadores de la Construcciòn per mettere a punto il modo migliore, e più veloce, di radere al suolo quell'obbrobio.
La piazza, resa più grande, divenne simbolo di libertà. Contro ogni carcere.
Plaza Josep Maria Folch i Torres.

giovedì 24 giugno 2010

Linea di condotta

mario_benedetti

Difesa dell’allegria


Difendere l’allegria come una trincea
difenderla dallo scandalo e dalla routine
dalla miseria e dai miserabili
dalle assenze transitorie
e da quelle definitive


difendere l’allegria come un principio
difenderla dallo sbalordimento e dagli incubi
dai neutrali e dai neutroni
dalle dolci infamie
e dalle gravi diagnosi


difendere l’allegria come una bandiera
difenderla dal fulmine e dalla malinconia
dagli ingenui e dalle canaglie
dalla retorica e dagli arresti cardiaci
dalle endemie e dalle accademie


difendere l’allegria come un destino
difenderla dal fuoco e dai pompieri
dai suicidi e dagli omicidi
dalle vacanze e dalla fatica
dall’obbligo di essere allegri


difendere l’allegria come una certezza
difenderla dall’ossido e dal sudiciume
dalla famosa patina del tempo
dalla rugiada e dall’opportunismo
dai prosseneti della risata


difendere l’allegria come un diritto
difenderla da Dio e dall’inverno
dalle maiuscole e dalla morte
dai cognomi e dalle pene
dal caso
e anche dall’allegria


Mario Benedetti

mercoledì 23 giugno 2010

se te ne stavi zitta …

bibero

La "Leva del Biberon", conosciuta anche come la "Quinta del Biberon".
I circa trentamila che erano nati fra il 1920 ed il 1921 furono chiamati alle armi alla fine dell'aprile del 1938, nel mentre che le truppe franchiste attaccavano Lérida, Gandesa, Balaguer, Tremp e Caramasa. Destinati, all'inizio, a svolgere servizi ausiliari, il 25 luglio del 1938, quando i più di loro avevano appena diciassette anni, parteciparono all'offensiva repubblicana della Battaglia dell'Ebro.
Il nome di "Leva del Biberon", rimase loro appiccicato quando Federica Montseny si riferì a loro, dicendo: "Diciassette anni? Ma se hanno ancora bisogno del biberon!"

martedì 22 giugno 2010

Tanto rumore per nulla

servi

Le Sante Alleanze. Ne parlava Carletto nel suo manifesto (che non era un quotidiano!), a proposito di spettri e di Capitale. Allora ci si riferiva a Metternick e al Papa. Oggi, assai
più modestamente, bisogna accontentarsi dei Sofri, dei Travaglio e dei Wu Ming, per non parlar delle Norma Rangeri. Ad ogni modo quest'ultima incarnazione di Santa Alleanza si sta giocando tutte le proprie carte per parlare del ... nulla!
Roberto Saviano combatte la camorra, dicono. E lo fa sotto le bandiere del "New Italian Epic" (e se non sapete di che si tratta, cazzi vostri!!!). Intanto, lo stesso Saviano, da Parigi, ci manda a dire che il cardinale Sepe (da non confondere con l’omonimo cantautore) è un brav'uomo che tanto ha fatto per Napoli. No, di Marchionne e della Fiat a Pomigliano non ne parla. Neppure di industriali! Eppure, dal momento che si occupa di camorra ...Mah!
Mi chiedevo: qualcuno ha notato come, in sembiante, Saviano somiglia, curiosamente, al ministro Alfano???

lunedì 21 giugno 2010

un’idea stupenda

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Ultima cena. Scuola veneziana, XVI secolo

I

Quando ebbi terminato la mia Ultima Cena,
cinque metri e mezzo per poco meno di tredici metri,
una fatica da cani ma pagata molto bene,
spuntarono le solite domande.
Cosa vorrebbero significare quegli stranieri
con le loro alabarde? Da eretici
sono agghindati, o da tedeschi.
Dica, le pare conveniente
mettere a San Luca
uno stuzzicadenti in mano?
E chi mai l'ha convinta
a invitare mori, beoni e pagliacci,
al desco di Nostro Signore?
E questo nano con il pappagallo, cosa ci fa,
cosa ci fa quel cane che fiuta,
e perché al mamelucco sanguina il naso?
Signori miei, dissi loro, tutto ciò
l'ho inventato io liberamente per il mio diletto.
Ma i sette Giudici della Santa Inquisizione
fruscianti nelle loro vesti vermiglie
mormorarono: Non ci convince.

II

Oh certo, ho dipinto cose migliori;
ma quel cielo fa mostra di colori
quali non li troverete in nessun cielo
che non sia stato dipinto da me;
e mi piacciono quei capocuochi
con i loro immensi coltellacci,
quella gente con diademi, piume d'airone,
cuffie impellicciate e sgadiate,
e turbanti trapunti di perle;
ne fanno parte anche quegli imbacuccati
arrampicati sui più remoti tetti
dei miei manieri d'alabastro,
che da altissime balaustre si affacciano.
Cosa stiano tenendo d'occhio,
io non lo so. Ma né a voi
né ai santi volgono lo sguardo.

III

Quante altre volte mi toccherà dirvelo!
L'arte senza il piacere non esiste.
E ciò vale anche per le innumerevoli crocefissioni,
i diluvi e le stragi degli innocenti
che, non so per quale motivo,
voi tutti mi commissionate.
E un dì, quando i sospiri dei critici,
le cavillosità degli inquisitori
e le molestie degli esegeti
mi vennero al fine in uggia,
ribattezzai L'Ultima Cena
col titolo
La Cena in Casa di Levi.

IV

Vedremo comunque chi ha il fiato più lungo.
Ad esempio la mia Sant'Anna con la Vergine e il Bambino,
per certo un soggetto non troppo divertente.
E tuttavia sotto il trono,
sul pavimento in marmo riccamente intarsiato
di rosarena, nero e malachite,
dipinsi, onde far salvo il tutto,
una testuggine dagli occhi strabuzzati,
dai piedi leggiadri e dal guscio
in tartaruga semi-trasparente:
un'idea stupenda.
Come un immenso pettine artisticamente convesso,
color del topazio, essa scintillava al sole.

V

Quando la vidi strisciare
mi sovvenni dei miei nemici.
Udii i gargarismi dei galleristi,
le insinuazioni degli accademici
e il ruttare dei saccenti.
Presi in mano il pennello
e seppellii la creatura -
prima che i parassiti potessero cominciare
a spiegarmene il significato -
sotto piastrelle accuratamente dipinte
a marmo nero, verde e rosa.
Sant'Anna non è il più famoso,
ma forse il migliore tra i miei quadri.
Nessuno all'infuori di me sa perché.

da "La Fine del Titanic" di Hans Magnus Enzensberger

venerdì 18 giugno 2010

chiese e teschi

chiesa occupata 1936

" la ùnica iglesia que ilumina la inteligencia, es la que arde", e ne bruciarono parecchie, di chiese, a comnciare da quella di Santa Monica della Rambla, o quella della Madrona, vicino alla quale trovò la morte Francisco Ascaso. Ma, a volte, specialmente nelle calde giornate di luglio, non c'è niente di meglio della frescura di una chiesa. E' quello che devono aver pensato gli operai ritratti nella foto, accampati nella Chiesa del Carmine, a Barcellona. Il tutto, condito con una buona dose di umorismo, fra cappelli da prete e macabri teschi. Così va la vita

giovedì 17 giugno 2010

Giacca e cravatta

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La foto è una delle tante, pregevoli, scattate da Agustin Centelles. E non ritrae persone in posa; della stessa scena esistono un certo numero di immagini! La data è sempre quella del 19 luglio 1936. Le armi, di cui si fa sfoggio, sono quelle "prelevate" dall'arsenale dell'Artiglieria
di San Andrés. Gli uomini, hanno le facce giuste! A sinistra, Helios Gòmez stringe una carabina Tigre, dalla foggia assai simile ad un Winchester. Manuel Trueba, a destra, di lì a pochi giorni formerà una colonna, alla testa della quale si dirigerà verso Lérida. Intanto ha messo le mani su una preziosa mitragliatrice, una Hotchkiss, come al solito. Al centro, José Estivill, anarchico e giornalista, ha rimediato anche lui un qualche fucile e lo stringe con aria sorniona.
Curiosamente, indossa una cravatta. Ma poi perché curiosamente?!?

mercoledì 16 giugno 2010

Mai beccato!

manfromlaramie

"Ci credeva il mondo intero a James Stewart. Non l'hanno mai beccato a recitare. Era indubbiamente un americano - anche se il suo accento e le sue intonazioni erano indecifrabili, geograficamente - e proprio per questo era sempre e soltanto sé stesso. Era anche ottanta film, ottanta modi di vederlo, milioni di immagini ingrandite che si combinavano a creare un'immagine che tutti chiamavano - americani o europei che fossero, e nonostante il "James" che sempre appare nei titoli - "Jimmy” Stewart, a qualsiasi età, un nome da ragazzino.

- Peter Bogdanovich -

martedì 15 giugno 2010

Uomini e cose

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Un nido di mitragliatrici nella Madrid assediata dai fascisti. Due uomini, una macchina fotografica e un sax. Si cerca di vedere il nemico, di capire, guardando fuori dalla bocca di lupo della trincea.
In primo piano, una Hotchkiss, mitragliatrice a nastro di fabbricazione francese, costruita su progetto americano, un'arma praticamente onnipresente nel corso della guerra civile spagnola, da entrambe le parti.

lunedì 14 giugno 2010

Scienza dell’Insurrezione

Asalto
Gli uomini che si vedono nella foto non sono ancora miliziani. Con ogni probabilità, lo saranno!
Adesso stanno andando ad espugnare il "Cuartel de la Montaña". Di questi uomini - si può vedere - solo due sono armati, ma tutti sanno benissimo cosa fare, e dove andare. Le armi le prenderanno nella caserma verso cui si stanno dirigendo. A loro, si uniranno altri uomini che verranno liberati dal carcere attiguo alla caserma stessa.
I militari hanno appena commesso un errore: dopo aver alzato bandiera bianca, hanno aperto il fuoco delle mitragliatrici sulla popolazione. E fra poco pagheranno il conto. E' il 19 luglio del 1936, a Madrid.

venerdì 11 giugno 2010

magra consolazione

crimeandpunishment

La lotta di tutti contro tutti dovrebbe,
secondo quanto trapela da ambienti
vicini al ministero degli Interni,
essere prossimamente nazionalizzata,
fino all'ultima macchia di sangue.
Tanti saluti da Hobbes.

Guerra civile ad armi impari:
quel che gli uni fanno con la carta bollata
gli altri lo fanno col mitra.
Gli avvelenatori e i piromani
dovranno fondare un sindacato
per difendere il proprio posto di lavoro.

Si osserva un'apertura sempre maggiore
del nostro regime carcerario.
Lavabile, rilegato in plastica nera,
Kropotkin è lì pronto per lo studio:
"Sistema del reciproco aiuto
in natura". Magra consolazione.

Abbiamo con rammarico appreso
che non esiste giustizia,
e con ancor maggior rammarico
che, come ci assicurano negli ambienti in questione,
stropicciandosi le mani, mai alcunché
del genere potrà, dovrà né saprà esistere.

Dibattuto è tuttavia chi o che cosa
ne abbia colpa. Si tratta del peccato originale
o della genetica? della cura del neonato?
della scarsa educazione sentimentale?
della dieta sbagliata? del DioCheCiAssiste?
del predominio del maschio? del Capitale?

Del fatto che purtroppo non possiamo impedirci
di violentarci a vicenda,
di metterci in croce alla prima occasione
e di mangiarci gli avanzi, non sarebbe male
scoprire un'adeguata spiegazione,
balsamica, per l'intelletto.

Anche se l'obbrobrio quotidiano disturba,
esso tuttavia non ci stupisce.
Ciò che però appare enigmatico
è il tacito aiuto,
la bonarietà senza secondi fini,
nonché l'angelica bontà.

E' dunque il gran tempo ormai di elogiare
con lingua infuocata il barman che per ore e ore
ascolta il monologo dell'impotente;
il rappresentante di gallette prodigo
di misericordia, il quale risparmia il colpo mortale
lasciando cadere l'ingiunzione a pagare;

nonché la bigotta, la quale
inaspettatamente accoglie il disertore affranto
che bussa alla sua porta, e lo nasconde;
e il rapitore che al confuso complotto
con un fievole sorriso di felicità
improvvisamente rinuncia, stanco morto;

e noi mettiamo da canto il giornale
rallegrandoci con un'alzata di spalle, come
quando il pezzo strappalacrime, se Dio vuole, è finito;
quando al cinema si accendono le luci, e fuori
ha smesso di piovere, e allora finalmente
c'infiora le labbra la prima boccata di sigaretta.

H.M. Enzensberger - da "La fine del Titanic" -

giovedì 10 giugno 2010

preti in guerra

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Mentre, in Italia, il papa in persona impartiva la benedizione alle truppe italiane che si apprestavano a partire per la Spagna, per combattere al fianco dell'esercito di Francisco Franco, fu proprio in Spagna che, per la prima volta si assistette al coinvolgimento diretto del clero nella lotta armata. Perfino i frati francescani parteciparono direttamente al conflitto, mentre i cappellani militari avevano la consegna di dare l'assoluzione anticipata, per i "comunisti" eventualmente ammazzati, ai franchisti che andavano a combattere.La "guerra santa" (o "la crociata") venne combattuta in prima persona dalle "divisioni della chiesa". Del resto, bisognava che riguadagnassero quei privilegi che, fino alla fine degli anni '20, davano al clero il controllo completo sull'educazione e sulla stampa, e che erano stati aboliti nel 1931 in seguito alla nascita della seconda repubblica spagnola. La nuova costituzione aveva sancito la libertà di espressione, ed aveva introdotto la separazione fra Stato e Chiesa, il diritto al divorzio, la  perdita di tutti i privilegi nobiliari, e il suffragio universale per le donne. Decisamente troppo,
per una chiesa il cui volere, in Spagna, era sempre stato legge!

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mercoledì 9 giugno 2010

bambini in guerra 5

Exilio

1939: la “retirada”. La guerra è finita. E anche loro hanno passato la frontiera con la Francia. In qualche modo, da qualche parte, forse a piedi, forse su una nave. Ora sono in attesa di qualcosa, di qualcuno.
Lo sguardo perso e penetrante allo stesso tempo, l'atteggiamento sconsolato e sottomesso. Nostalgia e paura nei loro occhi, guardano qualcuno dalle parti dell'obiettivo della macchina fotografica. Qualcuno, adulto, magari con una divisa addosso e con la faccia severa.

martedì 8 giugno 2010

bambini in guerra 4

morelia

Erano 456, i bambini che il 7 giugno del 1937 arrivarono nel porto di Vera Cruz, a bordo di una nave battente bandiera francese, il "Mexique". 456 orfani, accompagnati da un gruppo di insegnanti spagnoli, cui avevano promesso che avrebbero potuto occuparsi dell'educazione dei loro alunni. Avevano promesso loro un rifugio dignitoso, al sicuro dalla guerra civile.
Si legge nel loro sguardo impietoso, fermato dalla fotografia, che niente di tutto questo avrebbe avuto luogo. Appena arrivati, i bambini, tutti in età fra i sei e i dodici anni, vennero separati dai loro insegnanti e internati in regime semi-carcerario, divisi per sesso in due vecchi edifici e sottoposti ad una severa disciplina militare, costretti a vivere in condizioni estreme, in omaggio alla ben radicata corruzione che serviva ad arricchire i loro "benefattori" in forza del bilancio destinato agli alimenti e ai bisogni fondamentali dei bambini che già erano in condizioni di salute precaria, dopo un anno di guerra e dopo la traversata.
In simili condizioni, morirono e sparirono bambini di cui a nessuno si curava. Alcuni ebbero la fortuna di riuscire a scappare senza essere riacciuffati e, in seguito, racconteranno senza rabbia né pieta cosa significassero tutti quei discorsi affabili che millantavano mielose razioni di buoni sentimenti, fatti dai governanti messicani.
Come ciliegina sulla torta, quei bambini ricevettero tutto il disprezzo e tutti gli attacchi che la loro condizione di "rossi e comunisti" poteva suscitare (e, ripeto, erano bambini fra i sei e i
dodici anni!), come il discorso rabbioso, tenuto da Manuel Zorilla, contro la protezione che veniva data a bambini stranieri e "rossi".
Come risposta a dei così tanto pii propositi, quel mucchio selvaggio di bambini affamati cominciò a ribellarsi, prendendo a sassate la buona borghesia conservatrice che era venuta a messa nella chiesa di Morelia. Quei "figli del demonio" avevano avuto l'opportunità di
rendersi conto, nella loro breve vita, che la sottomissione e la bontà non servono a niente con gli oppressori e che si sopravvive solo quando si mantiene quell'atteggiamento belligerante che i discendenti degli insorti della Rivoluzione Messicana sembravano aver dimenticato.
I sopravvissuti dei cosiddetti "bambini di Morelia" cominciarono ad organizzare un ammutinamento dopo l'altro, e diventarono un vero e proprio "problema di ordine pubblico" di cui dovette occuparsi direttamente il presidente Lorenzo Cardenas.
Il direttore, sadico carceriere, venne rimosso e vennero migliorate le condizioni di vita e di confino, fino a quando, poco dopo, vennero chiusi i due stabilimenti ed i bambini e le bambine vennero dispersi verso destinazioni incerte.
Nessuno più se ne occupò: né gli esuli spagnoli che avevano un qualche prestigio accademico né i rappresentanti del Governo legale della Repubblica in esilio. Nessuno più si preoccupò di quella banda di bambini facinorosi! Servivano assai poco al prestigio intellettuale di chicchessia.
La storia del Messico, benefattore ed ospitale che accoglie i vinti della guerra civile spagnola fa risuonare ancora le risate sarcastiche dei bambini che sono sopravvissuti e che oggi dovrebbero avere un'ottantina d'anni. Avranno passato la loro vita, come hanno imparato, in competizione con il potere, prima da spagnoli e poi da messicani.                                                            Con lo stesso sguardo impietoso.

lunedì 7 giugno 2010

bambini in guerra 3



E questo è inverno, l'inverno madrileno. La guerra ha riunito un anziano e dei bambini intorno ad un fuoco e ad un pentolino. L'anziano accovacciato - ci suggerisce il suo aspetto - deve aver visto tempi migliori. Uno dei bambini è fieramente vestito da miliziano. Più distante, un altro anziano sembra osservare la scena senza alcun interesse.

venerdì 4 giugno 2010

bambini in guerra 2

3ragazzi

Madrid assediata. Tre ragazzini e le armi, probabilmente, di un familiare che è arrivato a casa, dal fronte, per una licenza breve. I maschi, uno di loro vistosamente ferito, ammirano con invidia il fucile e l'elmetto, entrambi di fabbricazione spagnola. La ragazzina si avvolge nello scialle, ma gli altri tre non sembrano patire il freddo, nonostante i loro abiti assai poco invernali. La primavera del 1937, forse!

giovedì 3 giugno 2010

bambini in guerra 1

bimbo duerriero

Ha tutto quello che serve! Berretto, cartucciera, fucile ad armaspalla e revolver alla cintura. Sigaretta in bocca. Legge con interesse e concentrazione la sua copia di "Ahora", giornale illustrato. Assolutamente tranquillo, si prepara a difendere Madrid.

martedì 1 giugno 2010

Fuori fuoco

maleta

Alla fine del dicembre 2007, sono arrivate presso il Centro Internazionale di Fotografia (ICP) di New York tre scatole di cartone il cui contenuto è stato dato per perso per ben 67 anni. La cosiddetta "valigia messicana", contenente i mitici negativi di Robert Capa sulla guerra civile spagnola. Per anni sono corse voci circa la sopravvivenza di questi negativi, spariti dallo studio di Capa a Parigi, all'inizio della seconda guerra mondiale, ma a nulla erano serviti gli sforzi di suo fratello Cornell, fondatore della ICP. Ha dovuto aspettare fino ai suoi 89 anni per poter vedere il contenuto delle casse: 126 rullini di pellicola, non solo di Robert Capa, ma anche di Gerda Taro e di David Seymour (detto Chim), tre dei più famosi fotografi della guerra civile spagnola. L'insieme di questi rullini costituisce un documento prezioso per documentare l'evoluzione della fotografia e del fotogiornalismo di guerra, e anche dello sforzo spagnolo per fermare la diffusione del fascismo nel mondo.

Seguendo le orme de 'la valigia messicana!”, la storia di questa valigia, con dentro più di 4.000 originali in perfette condizioni, insieme ad un'analisi sulla memoria storica costituisce la trama del documentario che in queste ultime settimane è stato girato in Spagna (Barcellona, Madrid e Teruel), diretto dal regista inglese Trisha Ziff, direttore di "Chevolution" documentari.
Il film uscirà nel 2011, con le ultime sequenze che saranno registrate a New York, a settembre, quando si aprrirà una mostra con gran parte delle foto che Robert Capa ha scattato durante il suo viaggio dentro la guerra civile.
Il documentario racconta con precisione questa storia e darà voce ad alcuni dei personaggi che compaiono nelle foto di Capa, Taro e Chim, ai loro discendenti e ad alcuni protagonisti della guerra che parleranno del passato, degli eventi che hanno vissuto durante la guerra e di quello che accadde dopo.