venerdì 30 aprile 2010

prigioni

vigilegb3

"L'italiano non si stupisce se qualcuno viene arrestato, mai. Lo trova naturale. Solo silenziosamente si stupisce di non essere lui, l'arrestato. Qualcuno recentemente ha scritto che gli italiani dovrebbero fare tutti qualche mese di carcere. Suppongo che il proponente si considerasse estremamente paradossale. In realtà, interpretava l'inconscio collettivo italiano. Gli italiani, man mano che invecchiano, sempre più si rallegrano e stupiscono di non essere mai stati arrestati. Per l'italiano, il fatto di non essere in galera è semplicemente un segno che da noi lo Stato non funziona. E come potrebbe funzionare, avendo dei cittadini come lui? L'italiano libero è semplicemente un italiano che l'ha fatta franca."
(G. Manganelli, Mammifero italiano, Adelphi 2007)

giovedì 29 aprile 2010

Denuncia Di Smarrimento

Hans_Magnus_Enzensberger

Perdere i capelli, i nervi,
capite, il tempo prezioso,
in una partita perduta perdere
quota, lustro, sono dolente,
non importa, perdere per un pelo,
non interrompetemi, sangue
perdere, padre e madre,
ho perso il cuore a Heidelberg,
senza battere ciglio,
perdere ancora una volta, il fascino,
della novità, acqua passata,
i diritti civili, ahaha,
la testa, dio mio, la testa,
se proprio dev'essere,
il paradiso perduto, per conto mio,
il posto di lavoro, anima perduta,
la faccia, anche quella,
un molare, due guerre mondiali,
tre chili di peso, perdere,
perdere, sempre e solo perdere, anche
le illusioni già da tempo perdute,
beh se proprio ci vuole, taciamo
sulla fatica perduta,
ma dov'è, il lume degli occhi
dagli occhi, l'innocenza
perderla, peccato, la chiave di casa,
peccato, perdersi d'animo
perdendosi tra la folla,
non m'interrompete,
la ragione, fino all'ultimo centesimo,
se è per questo, ho quasi finito,
la calma, il ranno e il sapone,
perdere tutto in una volta,
guai, persino il filo,
la patente e la voglia.

Hans Magnus Enzensberger - da "La Fine del Titanic"

mercoledì 28 aprile 2010

Macroché?

piers-sm-pix
Il macroscopio è una macchina prodigiosa! Permette di mettere a fuoco ogni minimo particolare di un qualsiasi pianeta orbitante intorno ad una qualunque stella, non importa quanto questa sia vicina o lontana. Quando i terrestri, guidati da un gruppo di scienziati adolescenti, allevati in vitro nel corso di un esperimento finalizzato a creare dei geni, cominciano a studiare la proprietà dei "macroni", il nostro pianeta è messo maluccio: l'inquinamento è arrivato al punto di non-ritorno; dovunque ci sono ghetti all'interno dei quali l'umanità è praticamente regredita a livelli animaleschi.
Il romanzo di Piers Anthony - scritto nel 1969 - è quanto di più barocco ci sia, nella produzione fantascientifica moderna.
All'inizio il macroscopio viene usato per scandagliare la galassia, alla ricerca di altre specie intelligenti. Ma quello che si riesce a ottenere non è poi granché: il terzo pianeta di Sirio distrutto da una guerra atomica, il quinto pianeta di Beta Cygni prosciugato dall'inquinamento atmosferico (anche lì!), uno strano mondo dove si erge solitaria una stele, soffocata da una gigantesca vegetazione, probabilmente mutata in seguito a strani e pericolosi esperimenti, ma questo è solo l'inizio. Va detto che quello che si vede attraverso il macroscopio non è - come dire - contemporaneo all'osservatore.
L'immagine continua a viaggiare attraverso la luce, e soffre del limite di velocità. Il vantaggio è tutto per gli avventurosi Oblomov che possono esplorare l'universo senza alzarsi dalla poltrona. Ma c'è un ulteriore vantaggio, quello legato allo sviluppo di una sorta di network inter-galattico, dove l'impossibilità di incontrarsi fisicamente garantisce dall'intolleranza e da eventuali antagonismi e competitività.
Scienza, arte, tecnologia. Una sorta di televisione macronica universale che trasmette di tutto. Niente pubblicità e niente canone!
Solo che i geniali giovanotti responsabili del progetto - furbi come sono - ci mettono assai poco a capire che è solo l'inizio, quello messo in atto, solo un primo stadio di qualcosa destinato ben presto a cambiare. Dentro questo club di geni, c'è un'assenza. Il genio più grande di loro tutti, Schon. Schon è sparito da un pezzo, cancellando ogni traccia. E' riuscito a cancellare - quando aveva ancora otto anni - perfino il ricordo di sé, dalla mente dei custodi di quello straordinario gruppo di bambini. Gli altri bambini, ora cresciuti, lo ricordano. E sanno della sua incredibile potenza, e della sua spietatezza. Solo uno di loro, Ivo, il poeta, la pecora nera, è rimasto in contatto con Schon. Ma non c'è niente da fare, non possono altro che chiamare Schon al momento in cui si rendono conto che, oltre a quelle che la macchina sfrutta, vi sono delle correnti macroniche superiori. Schon si presenta. Poi scompare, poi ricompare, poi scompare di nuovo. Insomma, per farla breve, Schon altri non è che lo stesso Ivo che si nasconde dietro il suo basso QI per dissimulare la sua identità. In seguito, si verrà a sapere che non è affatto la prima civiltà macronica, quella che si è sviluppata! Forse è addirittura la quarta!!
Le navi più veloci della luce - contrariamente a quanto supponevano i genialotti - possono essere costruite; e nel tempo dei tempi è stato fatto, e questo ha causato un'enorme catastrofe. Ma la velocità è solo l'antipasto. C'è dell'altro. L'immortalità, la resurrezione e altre galassie da visitare per chi si annoia. Così Ivo e gli altri cominciano ad andare a zonzo da una stella all'altra. Sembrano cercare qualcosa. Qualcosa che ancora sfugge alla loro comprensione. E lo trovano, alla fine. Scoprono che è stato un raggio macronico extra-galattico, il responsabile della decadenza e del declino, anzi dell'annientamento della precedente civiltà macronica. Un raggio macronico accoppiato ad un raggio mortale. Il raggio - che di per sé era una benedizione - trasformato in una maledizione! Ma c'è ancora una sorpresa. Il raggio non è solo una sorta di trasmissione televisiva a lunga distanza. E' un essere vivente. Un individuo di una specie che si è spiritualizzata fino a trasformarsi in pura energia. In una sorta di spirito universale. I raggi operano per tutto l'universo e sono missionari, allenatori sportivi, mamme cosmiche! Inguaribili romantici che vogliono spiritualizzare tutto l'esistente. Bella prospettiva!
Il romanzo si chiude con Ivo/Schon, abbracciato alla sua pupa, che contempla le stelle attraverso l'oblò di un'antica nave aliena in rovina, alla deriva nello spazio da qualche milione di anni, commentando qualcosa a proposito del Signore che sa quello che fa l'artista, mentre l'artista non lo saprebbe. O qualcosa del genere.

martedì 27 aprile 2010

La Tranquillità

latranquilidad

Era il gennaio del 1901 quando venne terminata la costruzione di un capannone che avrebbe ospitato una taverna chiamata "La Tranquilidad", situata all'angolo di Avenida del Paralelo col calle Conde del Asalto (adesso Nou de la Rambla). La taverna nel 1910 si trasferisce al n. 69 di Avenida del Paralelo, vicino a dove oggi c'è il Teatro Vittoria.
Dall'inizio del secolo, diversi caffè sul Paralelo, specialmente il caffè Español e La  Tranquilidad, erano diventati punto di incontro abituale di anarchici e sindacalisti. Su quei tavoli circolavano
notizie e voci, si decidevano le risposte armate agli ultimi attacchi padronali  Libre, Capitanía e de la patronal, o si cospirava clandestinamente. sulle terrazze accanto del caffè Español, del
Concert Sevilla, del Paralelo y Rosales, sul marciapiede della Avenida Paralelo fra i numeri 64 e 80, tra i calle Ronda Sant Pau e Abad Safont, si discuteva di tutto l'umano e di tutto il divino, più spesso senza altro significato che il calore della discussione tra uomini accesi dai loro ideali.
Proprio sul marciapiede davanti al caffè La Tranquilidad avevano dominio le ideologie più estremiste e si pianificavano le risposte più adeguate agli attacchi padronali, fino all'insurrezione armata o allo sciopero generale.
La contraddizione del nome del caffè-taverna con la realtà dell'atmosfera che si respirava non poteva essere più radicale, dal momento che le continue discussioni, i litigi, le diatribe politiche, le incursioni della polizia alla ricerca di elementi pericolosi o di trasgressori dell'ordine pubblico, che spesso finivano in scontri armati, non potevano dare smentita più decisa al tanto beatifico quanto inappropriato nome di bar della tranquillità.

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Dal 1918 al 1923, durante gli anni più duri del "pistolerismo" tra i padroni e i sindacalisti del Único, erano frequenti. fra la clientela, le lotterie di "pipa". La "Pipa" non era un attrezzo di legno per il fumo, ma un revolver "Star" per difendersi dagli assassini del Libre e dalla polizia di Martínez Anido. Allora, per quarantacinque pesetas, era possibile acquistare una pistola che in caso di necessità immediata poteva essere pagata anche al prezzo di una peseta alla settimana. Ce n'era un approvvigionamento quasi inesauribile di "Stars", fabbricate durante gli anni della Grande Guerra per rifornire l'esercito francese, che a causa della mancanza di controllo da parte del governo aveva un abbondante e fiorente mercato nero.
La pistola semiautomatica Star, conosciuta come "la sindacalista" veniva utilizzata dai lavoratori del Sindacato Unico (CNT), mentre invece era la Browning ad esser prevalente tra gli assassini del Sindacato Libre, fra il Somaten e le bande di vigilantes e polizia, anche se non erano troppo chiari i confini tra questi ultimi, tutti coordinati tutti dal capo della polizia, e generosamente finanziati dal padronato, in un esercizio di terrorismo di stato, molto chiaro e
palese, che trovò la sua massima espressione nella pratica della "ley de fugas”. La cosiddetta legge di fuga consisteva nel crivellare di colpi i prigionieri in corso di trasferimento o rilasciati dalla prigione, adducendo a pretesto la fuga o la provocazione da parte del detenuto; la cosa includeva anche una sarcastica "ignoranza" di quanto accadeva nelle prigioni relativamente al detenuto che veniva legalmente rilasciato.
La "Federación Patronal" ed il "Fomento del Trabajo" finanziavano il terrorismo contro i lavoratori organizzato dal generale Milans della Capitaneria Generale, mobilitando un esercito di informatori che elaboravano il cosiddetto archivio Lasarte, dove si raccoglievano tutte le informazioni possibili sui lavoratori che dovevano essere controllati o eliminati.
Il 23 febbraio 1923, Juan Garcia Oliver, nel corso di una riunione nel bar La Tranquilidad, insieme ai delegati di vari gruppi di affinità anarchica, espose la tattica della cosiddetta "ginnastica rivoluzionaria", che venne approvata con la nomina di un Comitato di
Coordinamento, formato da Aurelio Fernandez e Ricardo Sanz. Il 10 di marzo era stato assassinato il dirigente della CNT Salvador Seguí, in Calle Cadena, appena fuori del bar La Trona. Nel settembre 1923 il colpo di stato di Primo de Rivera instaurò una ferrea dittatura che
dava carta bianca al peggior nemico del movimento operaio, Martinez Anido, che mise fuorilegge la CNT costringendola ad entrare in clandestinità.
Già dagli anni Trenta gli attivisti anarchici avevano fatto del bar La Tranquilidad un assiduo luogo di incontro notturno, dopo una giornata di lavoro. Non era difficile incontrare nello stesso bar, all'ora di pranzo, i fratelli Badia, pistoleros e futuri organizzatori della polizia catalana, fanatici anti-sindacalisti, che mangiavano un enorme insalata di cipolle, bevendo da enormi caraffe, i revolver appoggiati sul tavolo in modo arrogante e provocatorio.
Marti, il titolare del bar, era un ex militante della CNT, che lasciava che si servissero gratis bicchieri di acqua di rubinetto, e concedeva che si rimanesse seduti ai tavoli a titolo gratuito. Le retate erano continue e frequenti, dal momento che quello era il primo posto, in caso di incidenti, ad essere visitato dalla polizia.
Nel dicembre del 1933, Durruti venne arrestato al bar La Tranquilidad, dal momento che pochi giorni dopo l'insurrezione di Alto Llobregataveva aveva convocato, molto ingenuamente, una riunione proprio nella ben nota taverna.
Alle quattro e mezza del mattino del 19 luglio del 1936, le truppe della caserma Bruc, a Pedralbes, erano uscite in strada, lungo l'Avenida 14 aprile (oggi, Diagonal) diretti al centro della città. I lavoratori, appostati nei pressi della caserma, avevano l'ordine di dare l'allarme, e di non attaccare i soldati fino a quando non si fossero allontanati dalla caserma stessa. La tattica del Comitato Confederale di Difesa aveva stabilito che sarebbe stato più facile battere le truppe per la strada, piuttosto che se fossero rimaste asserragliate nelle caserme.
Alle quattro e mezza del mattino del 19 luglio, il reggimento di cavalleria di Montesa, stanziato in Via Tarragona, dopo uno scontro a fuoco di venti minuti con le guardie d'assalto, occupò la plaza de España, e si schierò lungo la Gran Vía fino a plaza Universidad, e alle Rondas de San Antonio, de San Pablo e al Paralelo, con l'obiettivo di riunirsi alla sua divisione presso i Cantieri Navali. Il primo squadrone occupò la plaza de España con una sezione di mitragliatrici, fraternizzando con la Guardia d'assalto della caserma situata nella stessa piazza. Le guardie d'assalto e lo squadrone di cavalleria concordarono un curioso patto di non aggressione, e nel corso della mattinata lasciarono uscire dalla caserma della guardia d'assalto dei rinforzi diretti al Cinco de Oros e  alla Barceloneta, senza che fossero disturbati, mentre si lasciava il controllo della  plaza de España ai militari ribelli. Nel calle de Cruz Cubierta, la commissione difesa aveva eretto una barricata che chiudeva la strada. Le truppe ribelli disponevano di due pezzi d'artiglieria, piazzati vicino alla fontana nel centro della plaza de España. I militari sparavano contro la barricata. Una scena raccapricciante, con pezzi di carne umana che pendevano dagli alberi,dai lampioni e dai fili della tranvia, la testa di una donna decapitata scagliata ad un centinaio di metri di distanza. I comitati di difesa continuavano a difendere la barricata. Il secondo squadrone, con una sezione di mitragliatrici, cui si era unito un gruppo di fascisti, era inchiodato in calle Valencia, ma aveva raggiunto il suo obiettivo, che era quello di dominare la Piazza dell'Università e di occupare l'edificio universitario, sulle cui torri erano state piazzate le mitragliatrici. La missione del terzo squadrone era quella di dominare il Paralelo, con l'obiettivo di collegare il reggimento con la Capitaneria. Arrivati all'altezza della Brecha de San  Pablo, non riuscirono però a superare una barricata monumentale, fatta di sacchi di sabbia e ciottoli, che disegnava un doppio rettangolo, dal chiosco situato di fronte a El Molino fino al centro della avenida del Paralelo. Un intenso fuoco di sbarramento impediva il passaggio.
Le truppe golpiste riuscirono ad occupare la sede del sindacato del legno, in calle del Rosal, e a prendere le barricate, abbandonate dai militanti operai quando i militari avevano minacciato di fucilare sul posto le donne e i bambini del barrio. I franchisti installarono tre mitragliatrici, una di fronte al bar La Tranquilidad, la seconda sul tetto di un edificio adiacente a El Molino e la terza sulla barricata della Brecha de San Pablo.
Escofet, il commissario dell'ordine pubblico, aveva perso il controllo del Paralelo, dal momento che le guardie d'assalto, inviate dal Barceloneta, erano state sconfitte. I militari avevano conseguito una prima vittoria e controllavano tutto il paseo de Colón, dal Correos fino alla Dogana. così come controllavano tutto il Paralelo, cosa che permetteva loro di rimanere collegati con la plaza de España e con la caserma di calle Tarragona.
Erano le otto del mattino.
Il terzo squadrone aveva speso due ore per prendere la barricata difesa dal Comitato di Pueblo Seco e dai militanti del sindacato del legno. Ma i lavoratori continuavano a tenere inchiodate le truppe dall'altra parte della Brecha, sparando dai balconi degli edifici vicini e dai vicoli. Alle undici del mattino, il terzo squadrone era riuscito a prendere possesso dell'intero spazio della Brecha, dopo tre ore di combattimento.
Il tentativo, da parte delle truppe di stanza nella plaza de España, di portare rinforzi alle truppe che combattevano nella Brecha era stato bloccato all'altezza del Cinema Avenida, sul Paralelo. La
pressione crescente dei comitati di difesa di Sants, Hostafrancs, Collblanc e La Torrassa, non solo era riuscita a fermare l'avanzata, ma aveva anche conseguito l'obiettivo di circondare e spaventare le truppe accampate nella plaza de España.
Gli anarchici decisero di contrattaccare sulla Brecha, indirettamente, dal Conde del Asalto e altri punti, ma senza alcun risultato. Agli attaccanti, si unirono una decina di guardie d'assalto, le quali, insubordinandosi agli ufficiali che combattevano insieme ai militari, avevano deciso di unirsi alle forze popolari.
Antonio Ortiz, con un piccolo gruppo che si era impadronito di quattro mitragliatrici prese ai Cantieri Navali, riuscì ad attraversare la strada, portandosi dall'altra parte della Ronda de San Pablo, e ad innalzare rapidamente una barricata in grado di tenerlo al riparo dal fuoco delle tre mitragliatrici installate nella Brecha. Intanto, gli anarchici avevano piazzato, sul tetto del bar  Chicago (lo stesso edificio che è oggi sede della Caixa de Catalunya), le mitragliatrici che proteggevano, con le loro raffiche, l'assalto diretto alla Brecha, condotto dal caffé Pay-Pay in calle San Pablo, dal caffé de las Flores, dal calle de las Tapias e dai due estremi di calle Aldana.
Il capitano che comandava le truppe venne abbattuto dai colpi di Francisco Ascaso, il più avanzato degli attaccanti che avanzavano, allo scoperto, correndo, Un tenente che cercava di rilevare il comando al capitano caduto, di modo da poter continuare a resistere, venne abbattuto da un caporale della sua stessa truppa.Era la fine del combattimento di strada. A mezzogiorno la maggior parte dei soldati erano passati dalla parte della CNT.
I pochi combattenti rimasti, del terzo squadrone, si erano rifugiati all'interno de El Molino, dove si arresero alle due del pomeriggio, circa. In questo punto cruciale della città, gli anarchici, tra i
quali Francisco Ascaso, Juan García Oliver, Antonio Ortiz e Ricardo Sanz, avevano sbaragliato l'esercito, dopo oltre cinque ore di combattimento.
Garcia Oliver non smetteva di gridare "sì che si può con l'Esercito!"
Mentre Ascaso brandiva il fucile, sollevandolo alto, sulla testa, saltando per la gioia.
Tra i tanti anonimi combattenti vittoriosi alla Brecha, stava il militante del Sindacato Unico del Legno Quico Savaté, che anni più tardi sarebbe diventato il più famoso e temuto dei maquis.
La Brecha di San Pablo era il primo luogo in tutta la città dove la CNT e il popolo in armi avevano sconfitto, senza nessun aiuto significativo al di fuori del proletariato, la rivolta dell'esercito; anche se non sarebbe stato l'ultimo episodio rivoluzionario, quello, a Barcellona. In trentadue ore la gente di Barcellona aveva battuto l'esercito in tutta la città. Quasi tutte le chiese e conventi, alcuni fino alla notte del 19 luglio, vennero dati alle fiamme, sotto attento
controllo!
Oggi, al numero 69 del Paralelo, forse c'è un supermercato, o un negozio di souvenir. Chissà!
Nessuna indicazione di un bar chiamato La Tranquilidad. Nessun ricordo del fatto che, proprio lì, gli operai di Barcellona sbaragliarono l'esercito e il fascismo. Nessuna lapide. Bene!
Ma se passi davanti a El Molino, ricordalo, e ricordalo ad altri.
Meglio la memoria, di classe, che una vecchia targa di metallo, arrugginita!

lunedì 26 aprile 2010

Dinamiteros

dinamiteros

Lunedì 3 Gennaio 1938
Alcuni giorni dopo la cattura franchista di Gijón, avvenuta due mesi fa, una storia straordinaria ha raggiunto i corrispondenti esteri a Madrid e Valencia: diverse centinaia di Dinamiteros,
bombaroli-minatori asturiani che i fascisti odiano così tanto che una volta catturati vengono fucilati sul posto, sono riusciti a passare le montagne, di notte, scavandosi una strada attraverso 300 miglia di territorio franchista, e, attraverso un'altra linea di fuoco, sono
riusciti a riunirsi ai loro ufficiali, al sicuro, in territorio repubblicano. Sul fronte di Teruel, dove sta per aver luogo l'assalto finale, un improvviso cambiamento climatico ha sciolto le nevi
accecanti dei giorni precedenti.
A metà pomeriggio, improvvisamente, arrivano due camion carichi di uomini "Los Dinamiteros! Los Dinamiteros!" gridano le truppe, mentre li vedono scendere dai camion, consapevolmente spavaldi, appesantiti dalle loro uniche armi: bombe a mano fatte in casa. Al crepuscolo, poche ore più tardi, si possono vedere i Dinamiteros asturiani condurre l'assalto finale alla città, illuminati, come lucciole, dai lampi delle loro bombe che scoppiano. Quella notte, anche se una
manciata di guardie civili franchiste sono rimaste asserragliate tra le rovine della cattedrale, i cittadini di Teruel hanno organizzato una fiaccolata per le strade. Nel frattempo altri 20.000 miliziani hanno raggiunto Teruel, preparandosi per la prevista controffensiva.
Il generale Vicente Rojo ha dichiarato, e Barcellona lo ha ripetuto, che non ci sarebbe stata nessuna esecuzione, nessuna rappresaglia, ed il perdono per i difensori della cattedrale se si fossero arresi. Tutto questo è cambiato quando si è sparsa la voce, proveniente dal
territorio franchista, che il generale fascista più odiato in Spagna, quel Miguel Aranda che aveva comandato l'assedio di Oviedo, era alla testa della colonna di soccorso contro Teruel.
Nel giro di un'ora, i carri armati si dirigono contro la cattedrale. I cannoni da sei pollici sparano ad alzo zero sul seminario, sulla banca e sulla cattedrale, dove si sono asserragliati, con scarsi
rifornimenti e poche munizioni, i fascisti.

venerdì 23 aprile 2010

Crepuscolo

leninkamo

"Sai cosa ho dovuto fare poco fa?" chiese Kamo lasciandosi cadere in una poltrona.
" ...?"
"Ho dovuto riempire una scheda! Il Comitato di Partito voleva sapere tutto su di me. Ti rendi conto? Sono pazzi! La mia vita raccontata in dieci righe! Assurdo. Ecco a cosa sono ridotto: dieci righe su un pezzo di carta!"
"Cos'hai fatto?"
"Cosa volevi che facessi? Ho riempito quel maledette questionario. E poi ho detto loro: 'Mandatemi a lavorare tra i giovani; impartirò loro un'educazione rivoluzionaria. Ne farò una generazione di comunisti d'acciaio.' Spero che abbiano capito quello che volevo dire."
Fece una pausa, poi, dopo aver riflettuto, aggiunse con una smorfia: "Mi sto facendo illusioni. Non hanno certamente capito."
"Io ti capisco." rispose dolcemente il suo interlocutore. "Da quando Lenin è malato, sta cambiando tutto. Le responsabilità non sono affidate agli uomini migliori, ma ai servi di questo o quel tiranno. A Mosca ci sono uomini che aspirano al posto di Lenin. Si stanno preparando nell'ombra, piazzando i propri uomini nei punti strategici."
"Ma no! Non è possibile! E poi Lenin non morirà, e rimetterà ordine in tutto questo caos. Inoltre la rivoluzione sta covando in Europa."
"Anche qui" lo interruppe Bibineisvili ironico.
"Sei matto? Qui c'è il proletariato al potere! Coloro che si ribellano contro di noi possono essere solo dei bianchi!" ribatté Kamo fuori di sé.
"Dei bianchi, davvero? Ci credi realmente? Io ti dico che se continuiamo così, se Ordzonikidze e il tuo amico Stalin persistono nella linea che ci hanno imposto con mezzi equivoci e che noi non riusciamo a cambiare, avremo guai estremamente seri con i nostri operai e i nostri contadini."
E' una cosa passeggera! E' perché noi siamo isolati, ma non può durare. L'Europa si prepara a vincere. E' a questa impresa che voglio fare onore. Vedrai, vivrò e lotterò ancora cent'anni. Sto attento. Non bevo vino, evito le notti ... insonni. Le mie forze sono intatte, la mia salute è fiorente. Che cosa mi impedirà di vivere? Eh?"
Si separarono davanti alla porta del commissariato alle finanze.
Kamo inforcò la bicicletta. Passò da Attarbertzkov, il capo della Ceca, poi si avviò per la strada di Vejris che scende bruscamente verso il ponte sul Kura.
Il ciclista prendeva le curve strette e spingeva sui pedali con tutte le sue forze. Aveva quarant'anni, ma la velocità lo inebriava sempre. L'aria della sera era di una tenerezza materna. La terra era felice di portarlo e gli rideva perché sapeva ancora amarla.
Quando l'automobile nera comparve, a fari spenti, né il ciclista né lei cambiarono direzione. Era come se avessero un vecchio appuntamento.
Erano le undici di sera.
Il sangue sprizzò dalla gola e stillò dalle orecchie. Onde di luce danzavano davanti agli occhi di Kamo. Incomprendibili brusii arrivavano alle sue orecchie. Aveva freddo.
L'ospedale Mikhailovskij, ancora una volta. L'ultima. Alle tre del mattino fu la fine. Il 18 luglio 1922 all'estremità di Piazza Erivan, in quel giardino Puskin che aveva risuonato per le splosioni del leggendario colpo del giugno 1907, le corone si accumulavano.
Quella di Lenin diceva semplicemente: "All'indimenticabile Kamo."

da “KAMO, l’uomo di Lenin”, di Jacques Baynac

giovedì 22 aprile 2010

Pietà l’è morta!

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Uno sente cantare, "una mattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor". E ti vien da dire, "ma come, una mattina? erano vent'anni e più che c'erano gli invasori, e tu arrivi, tomo tomo cacchio cacchio, e dici: eccoli gli invasori! Ecchecazzo e gli era un po' che si diceva...".            E così, non si sa come - ma si sa quando - ecco che quella canzone bella pulita, senza rosse primavere da conquistare o altri ammennicoli politicamente scorretti, si fa strada fino a diventare "la canzone ufficiale della resistenza". E cosa importa se, tolta qualche zona del reggiano, o attorno a Bologna, nessuno la conosceva né, tantomeno, la cantava?
Ma c'era gente ben abituata alle strategie mediatiche, ben dentro il pci. Si erano fatti le ossa con i fratelli Cervi che, da anarchici pericolosi da mettere in condizioni di non nuocere alla causa partigiana si erano trasformati - grazie alla sapiente regia di Italo Calvino su ordine di Togliatti - in icone della resistenza. Così va la vita! O certo qualcuno insinuava che la soffiata sui fratelli Cervi ... ma no, Togliatti certe cose le faceva in Spagna, mica a casa sua!
Ad ogni modo, basta poco, a metà degli anni sessanta per far decollare il successo inarrestabile di "Bella ciao". Uno sceneggiato tv(con Lino Capolicchio, mi pare) che la elegge a sigla e la fa cantare a mezza italia, da una parte e, sul versante "colto" arriva Giovanna Daffini - mondina e cantastorie - che al microfono di Bosio e Leydi ne canta una versione precedente, mondina e lavoratrice. Abbiamo l'anello mancante! E considerato che la canzone non dispiace neppure alla Democrazia Cristiana e, addirittura, alle forze armate, le associazioni partigiane colgono la palla al balzo nel loro tenero e triste tentativo della ricerca di strumenti di unificazione ben avvolti dal tricolore. E poi c'è il ventennale, in quel momento!
La cosa diventa assai più divertente quando certo Vasco Scansani da Gualtieri (lo stesso paese della Daffini) scrive, nel maggio 1965, all'Unità dichiarando di essere l'autore della canzone in questione. "Bella ciao l'ho scritta io, nel 1951" - dichiara. Le cose si ingarbuglieranno ulteriormente quando, nel 1974, verrà fuori un carabiniere, tale Rinaldo Salvatori, che avrebbe scritto la canzone, nel 1934, "la risaia" per amore di una ragazza di Marsiglia che andava a fare la mondina: il testo ("tante genti che passeranno" e "bella ciao ciao ciao") glielo aveva messo posto quel Giuseppe Rastelli autore di "Papaveri e papere" e più in odore di fascismo che di comunismo. Tant'è!
Ora si dice che la lega non vuole sentirla suonare alle commemorazioni del 25 aprile! Ma se si tenevano "Fischia il vento", non era meglio!!???

mercoledì 21 aprile 2010

Alfabeti

samo3848

"A Nord, un pino solitario
S'eleva sopra un'arida collina.
Dorme: neve e ghiaccio l'avvolgono
Nel loro bianco mantello.

Sogna un magnifico palmizio
Laggiù nei paesi del sole
Che s'intristisce, cupo e solitario,
Sopra una scogliera di fuoco."

 - Heinrich Heine -

martedì 20 aprile 2010

Grandissimi Scrittori

stout

Sebbene finora non sia stata ancora pubblicata una biografia di Paul Chapin, milioni di persone conoscono sia lui che le sue opere. Le notizie più complete sul suo conto appaiano in "The League of the Frightened Men", secondo volume della biografia del grande investigatore Nero WOlfe. Sappiamo, così, che Chapin nacque nel 1891 e che ben presto dimostrò di possedere un'intelligenza assai brillante ed un atteggiamento "swiftiano" nei confronti del mondo. Sappiamo anche che rimase invalido a causa di un incidente occorsogli ad Harvard. I critici affermano che quell'evento influì notevolmente sulla sua opera narrativa, la quale viene definita - senza mezze misure - "un inno alla bellezza bruta della violenza". Il primo romanzo apparve nel 1929, i più noti rimangono "The Iron Heel" (messo anche in scena a Broadway) e "Devil take the Hindmost" (best-seller nel 1934, probabilmente grazie alla pubblicità portatagli dal processo che lo fece ritirare dal commercio). Le presunte oscenità di allora - c'è da dire - oggi sembrerebbero del tutto innocue, ma a quel tempo Chapin venne perfino sospettato d'omicidio. Fu lo stesso Nero Wolfe a farlo scagionare! Così Chapin ripagò Wolfe, mettendolo con il nome di Nestor Whale nel suo successivo romanzo, e facendolo morire in modo particolarmente orrido. Ovviamente, di Paul Chapin non è mai stato tradotto niente in italiano!
Ah, non esiste alcun ritratto di lui.

lunedì 19 aprile 2010

Il Piano X

collectivitatfusta

Donostia, meglio conosciuta come San Sebastiàn, è il luogo. L'anno è il 1948. Il 12 settembre, un Norécrin, un piccolo aereo da turismo, passa i Pirenei e scende quasi fino al pelo dell'oceano, il sole alle spalle. Il pilota, Primitivo Gomez, sa il fatto suo. Si è fatto le ossa volando su un Polikarpov 16, qualche anno prima. A bordo, con lui, c'è Antonio Ortiz che gli siede accanto. I due, aiutati da Jesus Perez Ibanez - conosciuto da tutti come "El Valencia" - hanno saldato, sotto le ali, quattro tubi. Dentro ai tubi venti bombe a frammentazione e quattro granate incendiarie. Il pacco è destinato nientemeno che al generalissimo Francisco Franco che a Donostia, appunto, sta per arrivare, a bordo del suo yacht, per partecipare a una regata in suo onore.
Laureano Cerrada Santos ha pensato a organizzare il tutto, insieme a Pedro Mateu. Laureano è stato espulso dalla CNT, in quanto "illegalista". Del resto, stiamo parlando del miglior falsario di documenti e di monete in circolazione. E' anche finito in cima alla lista dei ricercati dell'Interpol, a causa di un affare incominciato tre anni prima, nel 1945: il venticinque aprile di quell'anno arriva, in automobile insieme ad un altro compagno, a Milano. Non è lì per partecipare all'insurrezione armata! Vuole mettere le mani su cliché delle banconote da cinquanta e cento pesetas che il regime franchista, per anni, ha fatto stampare in quella città. Laureano, con l'aiuto dei partigiani della Malatesta-Bruzzi si impadronisce dei cliché e se ne torna nella Parigi liberata, a Bellville, e prima di essere scoperto dalla polizia ha già stampato un fottìo di pesetas che sono state distribuite a tutti i gruppi di combattimento operanti in Spagna. Non ci crede troppo, però, Laureano nella tattica di far passare commandos dai Pirenei. Troppi morti! Ammazzati dalla Guardia Civil, caduti nei crepacci, crivellati di colpi mentre cercano di sbarcare sulla Costa del Sol o sulla Costa brava, assai spesso venduti dalla polizia francese che avverte la polizia spagnola non appena qualche rifugiato si assenta per troppo tempo dal lavoro. Così, con parte delle banconote spagnole ha comprato quell'aereo da turismo e ha approntato il "Piano X", insieme a pochi compagni fidati, tutti considerati "eretici".
E' l'una del pomeriggio quando Primitivo localizza la barca del dittatore. Si prepara ad attaccare quando, dal nulla, un idrovolante e quattro caccia  gli si mettono nella scia. Poi, subito, altri due caccia. Gomez e Ortiz decidono di provarci lo stesso, ma le due cannoniere di scorta allo yacht del generalissimo li mettono sottotiro con le mitragliere. Sono costretti a sganciarsi. A rinunciare.
Per tornare in Francia, Primitivo pilota l'aereo tenendolo pochi metri sopra le onde, troppo in basso per i caccia. Non appena atterrano sul luogo da cui poche ore prima si erano levati in volo, trovano la polizia ad aspettarli: qualcuno li ha venduti. Anche Laureano, Mateu ed "El Valencia", di lì a poco, verranno arrestati. Liberati poco dopo, Ortiz e Gomez finiranno in Venezuela per sottrarsi alla caccia dei servizi segreti spagnoli. Pedro Mateu farà perdere le tracce. Laureano torna a Parigi. Verrà arrestato altre volte per falsificazione di documenti e di denaro. L'ultima volta, fermato a Billancourt, nel 1967, resterà in carcere fino al 1976. Ha quasi settantaquattro anni, ed è appena uscito dalla Santé, quando viene freddato per strada, a Bellville. Lo ammazzano i nazisti del "Paladin Group" comandati da quel Gerhard Harmut von Schubert che ha "lavorato" per Peron, per Nasser e in Irak. I servizi segreti spagnoli gli hanno ordinato di eliminare quello che continuano a considerare il più pericoloso dei rivoluzionari spagnoli. E' il 1976, Franco è morto l'anno prima. La Spagna saluta così la ... democrazia!

domenica 18 aprile 2010

Spegnere il mondo

snake-plissken

Ricordo ancora, era un giorno d'Agosto, anni fa, quando aprii gli occhi, non troppo presto di mattina. Com'ero solito fare, guardai fuori dalla finestra per ipotizzare il genere di giornata che mi aspettava, meteorologicamente parlando. Guardai fuori, d'agosto, e vidi novembre! Un cielo grigio di piombo, plumbeo. Mi precipitai fuori, sulla veranda di quella casa in Sicilia, a sud di Siracusa nella penisola Maddalena. L'aria era stranamente fredda. Mi resi conto di quello che era successo, non appena appoggiai le mani sulla ringhiera per ritirarle sporche di una polvere nera. Etna, a settanta kilometri a nord, aveva sternutito, a quanto sembrava. La cenere sputata via in un colpo solo, con violenza, aveva ricoperto tutto, e avremmo continuato a soffiarcela via dal naso per giorni e giorni. Il vento avrebbe continuato per diverso tempo a rivogarcela addosso, soffiandola via dai tetti dove era annidata. Allora, i "danni" aereoportuali furono di breve durata : il metro di cenere, una volta rimosso dall'aereoporto di Fontanarossa, non causò ulteriori problemi.
Stavolta, sembra sia diverso. Sarà che i vulcani del nord sono assai meno amichevoli di quelli mediterranei (certo con le debite eccezioni di Vesuvio e Santorini!), ma a quanto pare la cosa sta creando diversi problemi, di cui non si conosce ancora né l'entità né la durata. L'unica cosa che emerge, incontrovertibile, da tutto questo è l'estrema fragilità della struttura su cui il "sistema" si regge. Basta che un'antica divinità islandese decida di alzare la voce e niente sembra più essere poi così sicuro. Niente così eterno. E se l'eruzione durasse settimane, o mesi? Cosa accadrebbe? Fallirebbero tutte le compagnie aeree? Basta poco, a quanto pare. Sembra che personaggi come Efesto o Poseidone abbiano ancora da dire la loro. E se poi, anche Zeus decidesse di alzare la testa, e scatenasse, poniamo caso, una tempesta elettromagnetica - o cosa per essa - in grado di far saltare qualsiasi genere di collegamento telefonico e "internettistico", che cosa ci separerebbe, a questo punto, da un nuovo medioevo? E non ricordo male, era metà settembre del 2013 quando Snake Plinssken preme il pulsante per attivare il satellite "Sword of Damocles"...

venerdì 16 aprile 2010

Taccuino Rosso

MaryLow

Ci sono libri che arrivano con notevole ritardo, ma, per fortuna, alla fine, arrivano.
E' il caso del "Cuaderno rojo de Barcelona", scritto da Mary Low, inglese di origine australiana.
Scritto da una militante trotzkista tra l'agosto e il dicembre del 1936, porta davanti ai nostri occhi le immagini della Barcellona rivoluzionaria, e lo fa, lontano dagli eventi storici principali,
guardando i piccoli dettagli nella vita quotidiana.
Attraverso gli occhi e le parole di Mary Low, la città di Barcellona del 1936 appare come la capitale rossa dove i taxi rosso sono stati soppressi e dove i camerieri non accettano mance, una città nella quale gli anarchici hanno intrapreso una crociata contro i cappelli e gli organetti, per strada, suonano con insistenza "l'Internazionale".
Parla anche, nel dettaglio, di una manifestazione al vecchio teatro Price, con i palchi straripanti di un pubblico ricettivo, la più parte con indosso l'uniforme dei miliziani. Merita un'attenzione particolare la sua descrizione dell'intervento di Andreu Nin: "Nin in piedi. Era un uomo corpulento, robusto sebbene non molto alto. Indossava la tuta blu dei miliziani, e quella,insieme ai suoi suoi capelli ricci, gli davano un'aria giovanile ed entusiasta, leggermente piegato sopra il tavolo, con un pugno fermamente appoggiato su di esso, agitava l'altra mano in aria.
Dapprima, gli applausi coprivano la sua voce, annegandola quasi, ma quando finalmente ci fu il silenzio, si ascoltarono le sue parole, profonde e potenti. Nin parlava come un uomo della strada. Non ho mai mai sentito fioritura alcuna nelle sue frasi. Passa da un'idea all'altra, con ordine, e la tritura, e tutta la sua efficacia risiede nella semplicità e nella disinvoltura con la quale la esprime (...). Le persone reagiscono con passione agli interventi di Nin. Il suo passato in Russia avalla le sue parole e lo sostiene".
Nel capitolo dal titolo "Un giorno intero", viene offerta una panoramica di una giornata tipo nella vita di una città rivoluzionaria. "Le mattine sono vivificanti e belle", scrive, "e il fresco della notte rimane ancora appollaiato sulle tegole delle case. In cucina, si servono tazze di caffè, e nel bar di fronte i miliziani consumano sandwich di pesce o salsiccia." Si parla anche
dei buoni-pasto che venivano distribuiti per il pranzo ('tutti potevano mangiare a Barcellona'), delle trasmissioni della radio e della vita nei caffè, bar dove i camerieri avevano deciso di non
accettare mance, e dove "si prende atto con sollievo e gioia che la vecchia abitudine di strisciare in cambio di mance e servilismo è finita per sempre." Nemmeno i lustrascarpe accettano mance ed espongono con orgoglio la tessera sindacale. Mary Low descrive anche l'atmosfera dei caffè di Barcellona: del Oriente, del Automàtic, del Euskadi, del American Bar
e del Moka, del quale si diceva fosse pieno di fascisti camuffati e dove si andava a prendere il sole e a guardare, sulla Rambla, i miliziani di ritorno dal fronte. Espone, in prima persona, le
conquiste rivoluzionarie dal basso e parla di quando "noi prendemmo il Banco di Catalogna e il Museo della Virreina, che conteneva solo fotografie orribili, ognuna più insulsa e vergognosa dell'altra". Scrive con orgoglio della liberazione delle donne di Barcellona e della norma imposta da Andreu Nin nei certificati di matrimonio. Un paragrafo dedicato al marito recitava testualmente: "È necessario ricordare che tua moglie entra nel matrimonio, in quanto tua compagna, con gli stessi tuoi diritti e privilegi". In alcune pagine, si scaglia contro i "borghesi della Generalitat", che accusa di indugiare alla burocrazia e al vecchio vizio del "torna
domani"."Non Sono venuta alla rivoluzione per aspettare nelle anticamere". Tuttavia, conserva parole di elogio per Jaume Miravitlles, ministro della Propaganda con cui ha lavorato per qualche
tempo. E anche le pagine in cui parla del poeta francese Benjamin Péret, da lei conosciuto a Barcellona, sono colme di ammirazione.
Partecipa ai funerali dell'anarchico Buenaventura Durruti, e commenta alcuni aneddoti, come quello riferito al fatto che "la fossa che avevano scavato era troppo piccola per una bara", e prende in giro uno striscione di Esquerra Republicana de Catalunya. "Caro fratello" – diceva -"Quelli di Esquerra Republicana sono fortunati di essere al tuo funerale, e non altrove". Fosse stato vivo, avrebbe risposto con una mitragliata!"
Mary Low lascia Barcellona, con il suo taccuino rosso, nel mese di dicembre 1936. "Ci è rimasta una guerra da vincere" - scrive - "però quello che noi volevamo era la rivoluzione. Avevamo come la sensazione che questa fosse stata congelata".
Molti anni dopo, a quanto scrive nell'introduzione Agosti Guillamón, Mary Low è una donna di circa 90 anni che vive a Miami, dopo essere fuggita da Cuba nel 1964, delusa dalla rivoluzione di Fidel Castro. Questo quaderno rosso, in ogni caso, rimane una testimonianza eccellente di "quelli di Barcellona" nel 1936, di una rivoluzione che non era solo parole e discorsi, ma che coinvolgeva le persone, la loro vita quotidiana.


"RED SPANISH NOTEBOOK", in inglese, può essere letto per intero qui:

http://www.marxistsfr.org/history/spain/writers/low-brea/red_spanish_notebook.html

giovedì 15 aprile 2010

Volontà

guerrabella

Nel 1937, James Neugass, poeta e romanziere elogiato dal New York Times, si unì ad altri 2.800 altri giovani americani appassionati giovani per raggiungere la Spagna come parte della Brigata Abraham Lincoln, un improbabile mix di artisti, giornalisti, operai e intellettuali uniti nella loro volontà di combattere il fascismo europeo.
Nonostante le voci persistenti nel corso degli anni che Neugass avesse scritto un libro di memorie, il manoscritto di "War Is Beautiful", una cronaca sfumata e profondamente poetica del suo servizio come autista di ambulanza, non era mai venuto alla luce per sessanta anni, finché un libraio non lo ha rinvenuto tra le carte, in una casa del New England, una volta occupata dal critico radicale ed editore Max Eastman. Il memoriale combina i resoconti dei frenetici guizzi sul campo di battaglia per raccogliere i feriti, con il racconto elegiaco dei giorni passati in allerta, regalando tutta una serie di sguardi acuti e sempre differenti sulle città spagnole, nel trascorrere della più difficile delle attività in tempo di guerra: in attesa.
I ricordi di Neugass, scritti in forma di diario, risuonano al ritmo casuale della guerra, passano dalla noia al trionfo effimero, al terrore. Brevi, vivide descrizioni della vita quotidiana, come quando parla di un piatto di baccalà immangiabile ("sa di pellame greggio imbevuto di colla e poi cotto in olio di macchina"), si intrecciano inestricabilmente alle descrizioni poco sentimentali dei soldati feriti. "Un cecchino ha beccato Fred Mowbray di New Orleans alla base
della colonna vertebrale", scrive. "Paralizzato dalla vita in giù, l'urina gli si deposita nei reni, richiedeva di essere cateterizzato .... Pregava per la morfina, che non poteva essergli somministrata. Piangeva tanto più pietosamente dacché non era in delirio, Fred è stato evacuato questa mattina. Sento che per i casi di spina dorsale, prima o poi, tutti muoiono." Neugass riesce a suonare, a volte, come un Raymond Chandler stanco del mondo. "La carnagione color argilla della morte è internazionale", scrive. "Che cosa possiamo fare? Andare
la fuori e fare più morti».
Ha dimestichezza con lo spagnolo e conosce la Spagna già dai suoi viaggi di prima della guerra; così Neugass è periodicamente in grado di scivolare fuori dalla sua pelle americana e rubare una prospettiva locale del conflitto. Durante una breve tregua a Mezquita, un piccolo paese nei pressi del fronte d'Aragona, viene invitato da una povera famiglia di dodici persone per la cena.
"Mi invitarono a mangiare", scrive. "Quando vidi la dimensione del recipiente di terracotta nel camino, riposi che avevo già cenato .... La madre alzò il coccio dal camino e ne svuotò una massa fumante di patate." Insistettero che condividessi il loro cibo : tredici persone intorno ad un solo piatto. Quando finimmo le patate, il pasto era finito."
Dopo cena, Neugass intervista il padre di famiglia, un contadino senza terra. Chiede all'uomo a che partito politico di appartenga. "Revolutionario soia, como todos", risponde. Insistendo, Neugass chiede di nuovo a che partito appartenga. "De los matafascistas .... Io credo nel partito ammazza-fascisti", risponde l'uomo. "Ma che partito è?" chiede Neugass. "Questo è ogni partito politico", risponde l'uomo. "Che cos'è il comunismo?" domanda Neugass, cambiando tattica. L'uomo risponde esitante: "Io non lo so ... significa, significa ... trattori! ... E gli altri partiti anche ... il comunismo, il socialismo, l'anarchismo ... tutto questo significa ... macchine per la terra! "


Pubblicato ora per la prima volta, solo in inglese, "La guerra è bella" si ritaglia un suo posto accanto alle opere di George Orwell e di H.E. Kaminski, col suo reportage trascendente sulla vita in tempo di guerra. Nell'edizione sono state incluse alcune delle foto scattate da Neugass mentre era in Spagna.
Nato a New Orleans, James Neugass frequentò Yale, Harvard e Oxford e lavorò come recensore di libri, venditore di scarpe, assistente sociale, e maestro di scherma prima della spedizione verso la Spagna. Il suo unico romanzo "La pioggia di cenere" venne accettato per la pubblicazione poco prima della sua morte, nel 1949, per un attacco di cuore mentre si trovava nella stazione della metropolitana di Sheridan Square

mercoledì 14 aprile 2010

… non son l’uno per cento …

ww2france

Erano convinti che avrebbero proseguito verso la Spagna. Non aspettavano altro. Avevano già liberato Parigi, e i nomi di cui si fregiavano i loro blindati, agli ordini del generale Leclerc, erano "Durruti" e "Ascaso" e "Casas Viejas" e "Teruel". Anche il presidente Roosvelt aveva proclamato la priorità di abbattere Francisco Franco, e De Gaulle aveva chiamato eroi i soldati spagnoli della Armée.
Avevano perfino dimenticato le umiliazioni subite quando, nel '39, avevano passato la frontiera: le armi immediatamente sequestrate, il contenuto di zaini e tascapane rovesciato nei fossi. Avevano scordato i campi di concentramento. E, da subito, avevano cominciato a combattere contro i tedeschi. Continuavano la loro guerra, cominciata dietro le barricate di Barcellona. Avevano cominciato subito. A Dunkerque, mentre i soldati francesi si sparavano fra loro per disputarsi le poche barche, un intero reparto formato solo da spagnoli aveva difeso la posizione fino all'ultimo uomo. E più di seimila di loro erano stati uccisi tenendo le trincee davanti ai panzer tedeschi che entravano a Parigi. Già nel '40, appena caduta Parigi, un gruppo aveva dato vita al primo maquis della resistenza, ad Annency. Per ore, nel dipartimento dell'Ariége, un solo combattente spagnolo, con una mitragliatrice, aveva inchiodato milleduecento soldati della Wermacht. Nel quartiere di Bellville avevano la loro base i commando della "mano d'opera immigrata". Assaltavano a colpi di granate le sfilate militari. Spagnoli erano i "passeurs" che mettevano al sicuro, attraverso i passi dei Pirenei, i soldati alleati evasi dai campi di concentramento. Il "Reseau" che aveva il suo quartier generale a Tolosa, all'Hotel Paris, poteva contare su punti d'appoggio nascosti nelle soffitte oppure celati in appartamenti o fattorie, sorvegliati da bambini e innocui vecchietti: le sentinelle più affidabili, insospettabili e coraggiose.
Liberi di operare in "terra di nessuno", e di muoversi alle spalle delle linee tedesche, si spostavano velocemente sugli "half truch" e scompaginavano le retrovie della Wermacht. I primi ad entrare nei paesi e nelle cità per snidare i cecchini e far saltare i nidi di mitragliatrici che i tedeschi si lasciavano dietro: un lavoro duro e sfibrante che i soldati americani odiavano, impauriti com'erano dai combattimenti di strada. La Nona Compagnia, la "Nueve", un reparto che per mesi nessun ufficiale aveva voluto prendere in carico, per il timore che incutevano, faceva sempre da reparto eplorante. Furono loro ad arrivare per primi all'Hotel de Ville, a Parigi, cantando "A las Barricadas" e "Ay Carmela". Gridavano "Y ahora Espana" dai blindati lanciati a folle velocità per i viali parigini. Furonno loro ad attraversare per primi, su un ponte di barche, il Reno. Un azione così folle che, da allora, i fucilieri senegalesi, li soprannomirano "I toccati da Dio". Addestrati alla guerra di commando da Antonio Ortiz, si erano uniti di nascosto alle truppe di Leclerc e avevano messo in piedi una sorta di mercato. Ogni venti soldati tedeschi che consegnavano si facevano dare una Machine Pistole o uno Sten, ogni tre ufficiali una motocicletta, un generale valeva una jeep del tutto equipaggiata. Recuperavano armi e munizioni che facevano arrivare in Spagna, alla resistenza catalana.
Intanto, dalla Spagna arrivavano notizie di scontri armati e richieste di aiuto da parte di chi teneva duro da anni. In tanti passavano il confine per andare a recuperare le armi automatiche abbandonate dai tedeschi. In molti compravano dai disertori americano carabine "Rock Oil" e mitra "Thompson".
Alla fine gli alleati arrivarono alla frontiera, tanto da guardare dentro gli occhi preoccupati delle Guardie Civil che li fissavano. Arrivarono al ponte di Hendaye. E lì si fermarono.
Così gli spagnoli seppero di essere stati venduti, ancora una volta, sullo scacchiere della politica internazionale.
I più coraggiosi cominciarono a disertare dall'esercito francese. "Il mio obiettivo non è il Reno. E' l'Ebro!" - dichiarò un esploratore prima di andarsene con la camionetta carica di armi.

martedì 13 aprile 2010

Lettere d’amore

ShowJacket

Lois Orr, una studentessa di 19 anni simpatizzante del Partito Socialista Americano, arrivò a Barcellona nel settembre 1936. Era in viaggio di nozze col marito, Charles Orr, facevano l'autostop in Francia sulla strada per l'India quando sentirono che la rivoluzione era scoppiata a Barcellona. Come molti della sua generazione, Lois credeva che la Spagna fosse "la posizione più favorevole per una svolta" per la rivoluzione mondiale. Invece erano a testimoniare il declino della rivoluzione e la sua sconfitta per mano degli stalinisti e dei loro alleati. Per dieci mesi sarebbero stati immersi ne "le immagini e i suoni e gli odori della rivoluzione".
Lois e Charles facevano parte di quella comunità ibrida di rivoluzionari generalmente molto giovani che arrivarono a Barcellona in quel momento e si  associarono al POUM. Molti andarono al fronte per combattere - oltre 500 gli stranieri arruolati nelle milizie di partito - mentre altri rimasero nelle retrovie, dove Charles pubblicava il foglio del POUM in lingua inglese "Spanish Revolution", e Lois lavorava per il governo catalano (Generalitat).
Comprensibilmente, questo non è il libro da leggere se volete sapere cosa è realmente accaduto nella rivoluzione spagnola. Le lettere raccontano dettaglio i loro tentativi di misurarsi con gli eventi che si svolgevano intorno a loro, la vita quotidiana e le polemiche politiche dei rivoluzionari stranieri con cui hanno condiviso il lavoro e l'alloggio, l'ossessione per il cibo e i frequenti tentativi di rassicurare i genitori preoccupati. Avevano un comprensione assai
limitata della lingua spagnola, per non parlare del catalano, che li ha aiutati appena a comprendere la complessità di quel processo rivoluzionario. Entrambi sono stati radicalizzati dalla loro esperienza. Mentre Charles si è iscritto al POUM, Lois si è avvicinata sempre di più ai
trotzkisti. In particolare, il dissidente americano rivoluzionario della Lega dei Lavoratori guidata da Hugo Oehler. In seguito, entrambi sarebbero stati attivo nel Partito dei Lavoratori di Max Shachtman. Dopo i combattimenti di strada del maggio 1937, quando la CNT e il POUM si ritirarono dal barricate, Lois spiega: "I rivoluzionari (tranne un sacco di stranieri perdi-tempo che sono tutti in procinto di lasciare il paese) stanno lavorando freneticamente per costruire
un'organizzazione che possa dare le parole d'ordine necessarie a condurre le masse verso la vittoria, un partito rivoluzionario marxista che capisca la situazione e non manchi al momento del ricorso all'azione, cosa che il POUM ha sempre fatto". Con il POUM fuorilegge, inizia una caccia alle streghe di rivoluzionari stranieri in un rozzo tentativo di produrre "prove"
dell'esistenza di una rete  "fascista-trotskista" di spie. Lois e Charles verranno coinvolti in questo vortice e arrestati per breve tempo prima di essere salvati dai loro passaporti statunitensi.


Lois Orr, Gerd-Rainer Horn- Letters from Barcelona: An American Woman in Revolution and Civil War - (Palgrave, Basingstoke, 2009), £45

lunedì 12 aprile 2010

Pulp Maps

rope

I "Dell Books" sono stati una serie americana di libri di pulp
fiction, che coprivano molti generi, ma soprattutto il romanzo
poliziesco. Loro caratteristica importante erano le mappe, riprodotte
sul retro della copertina, che illustravano la scena per le avventure
relative ai crimini commessi nel libro. Dal 1943 al 1952,per tutta la
durata della collana, abbiamo un totale di 577 'Map Backs'.
Il soggetto di ogni mappa naturalmente era pertinente al contenuto
della storia e poteva rappresentare qualsiasi cosa, dalla pianta di un
edificio alla mappa di una città o di uno stato - reale o immaginario
- in quanto scena dell'azione.
Nel 1983, la Greenwood Press ha pubblicato "Putting Dell on the Map –
A History of the Dell Paperbacks" di William H. Lyles.
A questo url una bella selezione delle copertine (fronte/retro) dei
libri di Dashiel Hammett

venerdì 9 aprile 2010

Costituzioni

usa

Agli Stati Uniti ci legava la ricerca della felicità.
I firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776 affermavano infatti:
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità”. Duecento anni dopo quella ricerca della felicità, di stampo illuministico, non si era ancora né conclusa né, tanto meno, realizzata. E comunque quell’essere eguali e il poter godere del diritto alla vita e alla libertà ci parevano ancora proprio un bel sogno. Il nostro mito americano si nutriva anche di questo. Anche il passo successivo della stessa dichiarazione ci sembrava essere estremamente radicale nel suo intento di fondo: “che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”. In quell’anno di rinascita dei movimenti, di libertà espressiva e di assalti alle armerie, i primi due emendamenti alla costituzione sembravano essere ancora estremamente attuali. Il primo, del 15 dicembre 1791, affermava che: “Il Congresso non potrà fare alcuna legge per il riconoscimento di qualsiasi religione, o per proibirne il libero culto; o per limitare la libertà di parola o di stampa; o il diritto che hanno i cittadini di riunirsi in forma pacifica e di inoltrare petizioni al governo per la riparazione di torti subiti”. Il secondo, contestatissimo ancora oggi anche se stilato nel 1791, affermava invece che:
“Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben ordinata milizia, il diritto dei cittadini di tenere e portare armi non potrà essere violato”.
Collegato al diritto del popolo a mutare o abolire ogni forma di governo poco consona al perseguimento della felicità comune, quell’emendamento sembrava essere quanto di più vicino agli slogan sui fucili in spalla agli operai che una nazione moderna avesse prodotto. Libertà, Vita, Felicità e il diritto a difenderle anche con le armi: in quali altre dichiarazioni e costituzioni avremmo trovato altrettanto pane per i nostri denti affamati?
Non certo in tutte quelle costituzioni che, da quella staliniana del 1936 a quella ipotetica proposta per la Repubblica di Salò fino a quella italiana del 1948, sarebbero state incentrate sul lavoro. Che Dio ce ne scampi! avremmo potuto urlare se fossimo stati credenti . Felicità e Lavoro (specie se salariato) non potevano andare d’accordo e lo slogan “Non lavoreremo mai!” costituiva la nostra radicale risposta a chiunque affermasse che il lavoro rende liberi. Liberi? Opponemmo il diritto all’ozio alla libertà dei lager e del gulag, delle officine, degli uffici e dei supermercati. La vita passava sicuramente altrove e noi l’avremmo afferrata.

da "RITI DI PASSAGGIO", di Sandro Moiso

giovedì 8 aprile 2010

Anarchici al governo

consellcentralrepublicaconsells

Il 7 aprile 1919, dopo la caduta della monarchia (7 novembre 1918) e dopo l'omicidio del capo del governo socialista Kurt Eisner (21 febbraio 1919), i consigli dei lavoratori e dei soldati, influenzati dalla rivoluzione russa e da quella ungherese, proclamano la Repubblica dei Consigli di Baviera a Monaco. Nell'entusiasmo rivoluzionario, gli anarchici sono invitati a prendere parte attiva alla direzione del movimento, nonostante l'opposizione del KPD (Partito Comunista di Germania). Il poeta Ernst Toller sarà nominato presidente del Consiglio Centrale; Erich Mühsam ,responsabile delle relazioni all'estero; Gustav Landauer, all'istruzione; Ret Marut (Ben Traven), Responsabile della stampa e della propaganda; Silvio Gesell, alla finanza. Ma le loro decisioni radicali verranno boicottate dai comunisti che prenderanno il potere, il 13 aprile, e proclameranno la Repubblica Sovietica Bavarese, dopo il fallito tentativo di pustch da parte dei reazionari e dopo il rapimento di Mühsam. Alla fine, 30.000 membri dei Freikorps (Forze Militari dello Stato) riprenderanno con la forza la città, tra il 29 aprile e 2 maggio 1919, con un bilancio sanguinoso di oltre 700 vittime.

mercoledì 7 aprile 2010

Statue e Ghigliottine

cremantguillotina

A Parigi, il 6 aprile 1871, durante la Comune, il 137° battaglione della Guardia Nazionale brucia due ghigliottine che erano state commissionate da Adolphe Crémieux, ministro della Giustizia, nella piazza del consiglio del XI distretto, sotto la statua di Voltaire - il difensore di Jean Calas, ingiustamente condannato a morte. Le ghigliottine vengono bruciate davanti ad una folla in festa al grido di "Abbasso la pena di morte". Henri Rochefort dichiarerà, in questa occasione, che non era più l'ora di "tagliare le teste, ma di aprire le menti".
Si dovrà attendere più di un secolo perché François Mitterrand, come presidente della  repubblica, abolisca la pena di morte, nel 1981, relegando questo strumento di morte per sempre in un museo. 125 anni dopo il rogo, il 6 aprile 1996, gli "Amici della Comune" ridurranno in cenere un modellino della ghigliottina nello stesso posto, per commemorare il fatto, anche senza più la statua di Voltaire, scomparsa durante la l'occupazione nazista.

martedì 6 aprile 2010

Nosotros!

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Un luogo comune vuole che la storia venga, alla fine, sempre raccontata dai vincitori. Rimane da capire - diversamente - come si dia luogo a che, anche fra gli sconfitti, qualcuno, meno sconfitto (oppure, più sconfitto!), riesca a raccontare la storia, estromettendone altri, di sconfitti.
Vero e proprio paradigma, la storia del conflitto (a 360°) che ebbe luogo in Spagna alla fine della prima metà del secolo scorso soffre e trae vantaggio da tutta una serie di semplificazioni e rimozioni che, a conti fatti, ne impediscono la piena comprensione.
Magari, alleggerirla dai suoi orpelli mitici e dal peso schiacciante del sacrificio che vi ebbe luogo, potrebbe sortire l'effetto di emancipare quel periodo da qualsiasi discorso pontificante.
Certo, così le cose si complicano, la storia si complica. Ma non credo che ci possa essere stato niente di semplice in quell'avventura umana!
Ce lo racconta Antonio Ortiz Ramirez, in “Ortiz, géneral sans dieu ni maître”, girato nel 1996, poco prima della sua morte. La questione del potere - di solito ridotta alla sua dimensione politica spettacolare: la partecipazione degli anarchici al governo Caballero - viene affrontata con una franchezza disarmante. Quando Ortiz racconta della creazione "assai poco democratica" del Consiglio d'Aragona, sottolineando il ruolo svolto dai comandanti delle milizie, rimette la storia sui suoi piedi, facendola uscire da quella leggenda di spontaneità e contraddicendo uno dei miti fondanti la rivoluzione spagnola. Chiaramente e semplicemente, senza emozioni e con quell'ironia necessaria a combattere ogni mistificazione, e assumendo ogni responsabilità su sé stesso e sugli altri, tutti gli altri.
E' facile innescare nello spettatore quella "meccanica dell'entusiasmo" di cui parlava Jules Valles a proposito della COmune di Parigi. Ma Ortiz, rigoroso, misurato, assai spesso irriverente, riesce a far riecheggiare tutta la complessità della rivoluzione spagnola. Niente viene omesso, dagli eccessi anti-religiosi, al culto della personalità di alcuni dirigenti, dalle spedizioni punitive al peso del moralismo, all'apparato burocratico. Senza scendere a compromessi con l'epica, Ortiz ammette, mostra, sfida. Avventuroso e irriverene, si stacca umanamente sia dalla figura di un Durruti "impanteonato" che da quella di un Garcia Oliver "caporalizzato". Sfugge a quella sinistra legge della storia che vuole il rivoluzionario necessariamente identificato con la figura del monaco-soldato o con quella del commissario del popolo. Ad un certo punto, un filmato lo mostra, raggiante, mentre passa, marciando a capo della sua colonna, accanto ad un edificio che espone il suo ritratto. Troppo affezionato alla vita e ai suoi piaceri, alle donne e al tango, ha sostenuto le ire dei moralisti incazzati contro il suo "nomadismo sessuale"; anche per questo alla fine verrà messo ai margini - l'Erroll Flynn anarchico, come era soprannominato - di quel movimento di cui tanta parte era stato.
E così, ciò che si viene a sapere è che la CNT e la FAi cercavano di ridurre al minimo il rischio di scontro con gli stalinisti, e  che il Consiglio d'Aragona contraddiceva con l'immagine di rispettabilità e responsabilità che i vertic anarchici volevano dare di sé stessi, e che l'incontrollabile Ortiz era troppo pericoloso per il gioco delle burocrazie. Nel film, viene narrato l'episodio de "La Silla vacia", rivelatore del clima del tempo, e di come quel film venne proibito da Garcia Oliver, adducendo che era "demoralizzante" più che "mobilizzante", dissimulando il fatto che avrebbe contrariato gli stalinisti per la preponderanza della presenza di anarchici in un film girato in terra d'Aragona.
Dopo l'inversione definitiva del rapporto di forze, in favore di Stalin, dopo la distruzione delle collettività aragonesi e la messa fuori legge del Consiglio, nel maggio 1937 Ortiz si vede "licenziato" dal comando della sua colonna e nominato comandante della 24.ma divisione nei Pirenei catalani. A questo punto, decide di andarsene in Francia - ché non si sa mai - insiemne a Joaquin Ascaso ex-presidente del Consiglio d'Aragona. Accusati di diserzione, arrestati, sono vittime di un tentativo di avvelenamento. Riescono a fuggire a Marsiglia, dove vengono raggiunti da una richiesta di estradizione del governo stalinista di Negrin. Braccati e abbandonati a sé stessi, paradossalmente, dovranno la salvezza alla caduta della repubblica spagnola!
Poi, i campi di concentramento in Francia e nel Sud Sahara da dove riuscirà ad arruolarsi con l'esercito francese con cui combatterà, dall'Africa fino in Germania. Poi ...
12 Settembre 1948, un "Norecrin 1902", un piccolo aereo, sorvola la baia di San Sebastian dove Francisco Franco presiede una regata in suo onore. A bordo ci sono il pilota, Primitivo Gomez Perez, e Jose Perez Ibañez detto "El Valencia, ed Antonio Ortiz. Trasportano trenta bombe rubate alla Luftwaffe, circa centoventi chili di esplosivo. Ben presto è inseguito da due, quattro, sei aerei militari. Il Norecrin è costretto a tornare indietro, volando a bassissima quota .... Ma questa, forse, è un'altra storia ...

Per chi è interessato, il film è visionabile, in streaming (quindi scaricabile da firefox usando l'estensione "fast video download") a

http://www.christiebooks.com/fmd.html

Aspettate che carichi la pagina, rispondendo "no" ogni qual volta vi si chiede se volete interrompere lo script che potrebbe bloccare il computer. Poi, quando il browser torna in sé, cercate nell'elenco in ordine alfabetico:

SP - Ortiz: Général sans dieu ni maître

e poi PLAY!

“Ortiz, géneral sans dieu ni maître” / “Ortiz, the anarchist general”
Dirección: Ariel Camacho, Phil Casoar, Laurent Guyot
Dir. Fotografía: Isabelle Ferrandis
Sonido: Antoine Sellabert
Montaje: Anne Riegel
Música: Pascal Comelade
Producción: iO Prod., Dominique Pailler
Coproducción: C9TV, Bernard Lafont
País y año de producción: Francia, Reino Unido, 1996.

venerdì 2 aprile 2010

E questa è l’ultima …

Finisce qui, con Ugo Cerletti, la pubblicazione della galleria Enzensbergeriana di Mausoleum. Trentasette ballate sulle contraddizioni, le illusioni e le disillusioni, e la sostanziale follia di quello che si continua ad indugiare a chiamare progresso. Non a caso l'ultima, di questa sorta di piccolo blog ante-litteram, attiene proprio alla figura di uno psichiatra, e al suo elettroshock!!

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U.C. (1877 - 1963)

I.
E mi recai al mattatoio (ed ero Direttore dell'Ist. Neurobiol. di Milano) e vidi i crani dei maiali tra le pesanti morse di metallo (e il mio studio in Via Savoia) e la leva dell'interruttore (e i miei bronzi antichi sullo scrittoio) e osservai come gli animali crollassero privi di coscienza e s'irrigidissero (e Prof. di Neuropsichiatria Univ. Bari Univ. Genova Roma) e come dopo un paio di secondi fossero colti da convulsioni (e inventore di un detonatore ad accensione ritardata per l'artiglieria e l'aereonautica) e pensai di disporre qui di un materiale estremamente prezioso per i miei esperimenti (e le mie onorificenze e medaglie d'oro) e decisi di identificare la dose e la tensione e il metodo adatti a procurare la morte dei maiali (e Pres. Soc. It. Psich.) e diedi loro delle scariche elettriche nel cranio da diverse parti (e Membro Onor. della Comm. di Biol. e Med. del C.N.R.) e nel tronco per parecchi minuti (e candidato al premio Nobel) e mi accorsi che raramente gli animali soccombevano quando la corrente traversava la loro testa ( e la mia governante di casa e il mio accendisigari da tavolo in cristallo di Murano) e che dopo uno spasimo violento giacevano immobili per alcuni minuti (e Dr. h.c. Sorbonne, Parigi) e che poi si rialzavano con estrema fatica (e Dr. h.c. Rio de Janeiro e San Paolo e Montreal per ricerche d'avanguardia sul gozzo e sul cretinismo) e tentavano infine di scappare

II.
E avvertii i miei assistenti di non lasciarsi sfuggire le persone adatte all'esperimento (e W il Duce) e il 15.4.1938 il prefetto di Roma mi fece consegnare un individuo da tenere in osservazione (e il Fascismo si è innalzato sopra le spoglie putride della Dea Libertà) e cito ora dalla sua lettera d'accompagnamento (e Italiani! Camerati! Legionari!): "S.E., di professione ingegnere e di anni 39 e fermato alla stazione centrale e sprovvisto di patente valida ed evidentemente non in possesso delle sue piene facoltà mentali" (e inestinguibili ovazioni) e scelsi questo individuo per il mio primo esperimento umano

III.
E gli applicai due elettrodi alle tempie (e le principali indicazioni sono schizofrenia e paranoia) e decisi di cominciare con una corrente alternata di 80 volt e 0,2 secondi (e alcolismo e tossicomania e depressione e malinconia) e i suoi muscoli s'irrigidirono (e i principali effetti collaterali sono amnesia e nausea e panico) ed egli s'inalberò ( e questa è la tipica posa del burattino descritta da von Braunmuhl) e s'accasciò ma senza perdere conoscenza ( e le principali complicazioni sono fratture del femore del braccio della mascella e della colonna vertebrale) e si mise a cantare a voce altissima (e disturbi cardiaci ed emorragie interne) e poi tacque e non si mosse più

IV.
E naturalmente tutto ciò rappresentava per me un notevole peso emotivo (e secondo Reil [1803] la tortura non dannosa è una necessità per la medicina mentale) e conferii con i miei assistenti circa l'opportunità di una pausa (e secondo Squire [1937] si ignora la durata dell'amnesia) e l'uomo ci ascoltò e improvvisamente con voce alta e solenne disse: "Non fatelo ancora una volta. E' la morte" (e secondo Sogliano [1943] il trattamento può essere ripetuto senza scrupolo alcuno sino a cinque volte nello spazio di dieci minuti) e confesso che il coraggio mi venne meno ( e secondo Kalinowski et al [1946] occorre sempre tener pronti cinture e legacci per i casi in cui il paziente diventa violento e pericoloso) e dovetti farmi forza per non cedere a quel sentimento superstizioso (e secondo Sakel et al. [1963] manca purtroppo tuttora una giustificazione scientifica dell'elettroshock) e poi presi animo e gli diedi ancora una scarica di 110 volt

V.
E da allora nei loro reparti isolati con indosso il loro pigiama si arrampicano sui loro lettini di ferro bianco smaltato (e non potremo mai dimenticare la sua impresa pioneristica) e si beccano un'iniezione e se resistono un'altra iniezione (e il suo contributo al progresso scientifico) e quattro infermieri gli affertrano mani e piedi (e il suo ardore creativo) e gli tappano la bocca con un tubo di gomma e gli calcano le fredde placche cromate sulle tempie (e la sua inappagabile sete di sapere) e nei mattatoi non si odno più mugolii e muggiti e squittii (e il suo autentico umanesimo) e poi il capo dà loro una bella scossa (e una gratificazione scientifica di tutto ciò manca purtroppo tuttora) e poi vengono meno e poi si ridestano e poi sono obliterati.

Hans Magnus Enzensberger - Mausoleum -

giovedì 1 aprile 2010

Corazon Helado

GCE_Capa_SD_CorazonHeladoDe1939

Qualche sito attribuisce la foto a Robert Capa, ma, a quanto ne so, lo scatto risulta essere di Agusti Centelles. Non credo ci possano essere parole per commentare il volto del "musico" – lo strumento serrato nella mano quasi, e meglio che, fosse un mitra - della banda del Quinto Reggimento che nell'inverno del 1939 si appresta a varcare il confine con la Francia, sui Pirenei. Dopo la derrota, la retirada! E il cuore si fa come di ghiaccio. A gelare perfino le lacrime.