lunedì 1 febbraio 2010

Ultimo tram ...

BONVI1

C'è una storia che nei giorni scorsi mi è tornata a mente, così, senza nessuna ragione precisa. Parlando di tram. Qualcuno parlava di tram, e ...
La storia, l'aveva scritta Bonvi, una di quelle sue storie senza Sturmtruppen!
Il titolo, se non sbaglio, era "... andiamo all'Havana!". Eccola!:


L'anno doveva essere il 1968, la città Milano. Di notte. L'ultimo tram sferragliante che tiene appena sveglia un'ultima quota della città che scivola piano nel sonno. Poca gente sul tram, oltre al manovratore e al bigliettaio. Umanità spicciola, normalmente banale, mediocre.
Una donna, giovane e già mutilata dalle delusioni e dagli abbandoni, già disposta alla rassegnazione, pronta a liberarsi dalle ultime fantasie romantiche. Un impiegato, finalmente rilasciato dal dispotico principale che lo costringe a straordinari e ad umiliazioni, che sta immaginando le parole che vorrebbe pronunciare e che non pronuncerà mai. Il terzo passeggero, un altro uomo, che ha rimandato il più possibile il suo ritorno a casa, da una donna e dei figli che vorrebbe non avere. Un 'altra fermata. Le porte si aprono e sale un uomo. giovane i capelli biondo sporco, gli occhi brillanti. Si avvicina al manovratore e, da sotto il giaccone, estrae una bomba a mano: - "Questo è un dirottamento! Fai rotta verso Cuba!”
Sbigottiti, i passeggeri si guardano tra loro, incapaci di credere a ciò che sta accadendo. Il manovratore tenta timidamente di spiegare che quello è un tram, non un aereo e che non crede che le rotaie possano proseguire sull’Atlantico… ma il giovane non lo ascolta neppure:
- “Tu pensa a guidare…”
Intanto, approfittando di un attimo di distrazione dello strano dirottatore, il bigliettaio riesce ad azionare una porta e a saltare giù , ma tutti gli altri a bordo sono ormai bloccati, nelle mani di un pazzo che vuole dirottare un tram su Cuba!
Mentre il panico inizia a serpeggiare, il giovane comincia a parlare, a voce bassa, del luogo dove, secondo lui, sarebbero diretti. Inizia a parlare di Cuba. Non la Cuba reale, ma quella che da tempo ha cominciato a sognare come via di fuga dalla realtà che l’opprime. Un luogo di sogno, con giorni di sole e notti profumate di frangipane. Un’isola dalle spiagge di candida sabbia, circondata da un mare di smeraldo che nasconde preziosi coralli d’ogni colore e relitti di galeoni spagnoli ancora ricolmi d’oro, perle e pietre preziose; un Paese popolato di donne bellissime, allegre e sorridenti, di uomini dallo sguardo franco ed onesto.
Di più: è il luogo dove ogni ingiustizia è stata sconfitta, dove non si conosce il razzismo od il disprezzo del diverso, dove gli esseri umani si sentono fratelli e si aiutano a vicenda nella difficoltà… è il paese in cui si sta costruendo una società di liberi e di uguali, profondamente diversa dalla triste burocrazia dei Paesi dell’Est.
Un socialismo solare, caraìbico, che ha il sapore del rum di canna ed il ritmo della rumba.
I passeggeri lo ascoltano, sanno bene che le sue sono le fantasie di un povero pazzo. Tuttavia… nella loro mente iniziano a farsi strada brandelli di sogno…
Ed al timido, supino impiegatuccio sfugge un sorriso mentre immagina a faccia del capufficio che riceve la cartolina dove lui è ritratto con due meravigliose mulatte sorridenti che lo abbracciano mentre sorseggia un mojito… ed arriva quasi alla risata nell’istante in cui gli sembra di vedere la rabbia che coglie il suo persecutore nel leggere il testo che lui ha vergato di sua mano sul retro della fotografia: “Buon lavoro, coglione!”
Il padre di famiglia, in quello stesso momento, sta pensando a Fidel Castro, al “Che”, alla Rivoluzione… a Marx che diceva. “Non avete altro da perdere che le vostre catene!” E riesce a vederle, le catene: bollette, ingiunzioni di pagamento, rate, il mutuo, avvisi bancari…e ancora, quelle più pesanti, le catene di un affetto rugginoso e greve, la moglie, i figli, le responsabilità…
“Un calcio a tutto” – pensa – “Certo, non si può fare, non si deve… ma, dio! Come sarei più leggero!” Improvvisamente si ricorda di quando aveva vent’anni e voleva scrivere. Gli bruciavano dentro, allora, mille storie che avrebbe voluto narrare e che seppellì da qualche parte, negli angoli più segreti della sua anima…perché… la famiglia, il lavoro… si deve crescere, che diamine!
“A Cuba” – pensa – “A Cuba riuscirei a scrivere… e non è colpa mia: è il tram che è stato dirottato…” e quasi gli viene da sperare che l’impossibile si realizzi.
Così, senza rendersene conto, iniziano a parlare tra loro di quanto potrebbero realizzare a Cuba, di cosa avranno abbandonato, una volta arrivati, di come siano felici di questa nuova occasione che la vita sta offrendo loro.
Intanto il bigliettaio fuggito ha dato l’allarme.
Polizia e Carabinieri, consapevoli di trovarsi di fronte ad un pazzo, organizzano un piano: dirigono il tram verso un deposito periferico che, nel frattempo, viene esteriormente trasformato e camuffato. Sulla sua facciata viene montata una grande insegna luminosa che reca la scritta: “Aeroporto de La Habana” e tutt’intorno molte bandierine di Cuba. E, tanto per non lasciare dubbi, qualcuno trova anche un grande ritratto di Ernesto “Che” Guevara e lo appiccica in bella vista. Così, agli occhi di un frastornato manovratore, ad un tratto la nebbiosa notte milanese si trasforma in un’esplosione di luci e colori ed i binari che il tram sta percorrendo finiscono, dritti-dritti, in un fantasmagorico aeroporto da favola.
Ed allora, sul tram, esplode l’entusiasmo: nessuno si chiede più come sia stato possibile realizzare l’impossibile; l’unica cosa che conta è che, ora, sono a Cuba, lontani dal grigiore della loro vita, pronti a ricominciare, a giocarsi al meglio le nuove carte che la sorte ha loro assegnate.
Ci si abbraccia, ci si congratula, ci si da appuntamento per il giorno dopo, sulla spiaggia… ed appena messo piede a terra gli agenti si lanciano sul giovane folle, gli sottraggono la bomba (che risulta finta), lo ammanettano e lo portano via…
E l’incanto, improvvisamente, si spezza, si frantuma. Le luci si spengono, si spengono le illusioni e le speranze. Ognuno dei passeggeri è pronto a compiere una veloce, radicale, capriola mentale a ritoso: da questo momento negherà anche a se stesso che, per un istante della sua grigia esistenza, ha avuto il coraggio di sognare l’irrealizzabile.

Solamente negli occhi della giovane donna, forse, la luce resta accesa per un secondo in più, mentre osserva il ragazzo dai biondi capelli spettinati che viene trascinato lontano… ma poi anche lei si stringe nelle spalle pensando: “Bèh…in fondo era solo un pazzo!”

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