giovedì 31 dicembre 2009

Inparadisamenti



Nel 50* anniversario della sua morte, avvenuta il 4 gennaio 1960, Nicolas Sarkozy vorrebbe trasferire le ceneri di Albert Camus al Pantheon di Parigi ( che poi sarebbe il monumento nazionale "Per i grandi uomini, la patria riconoscente"). La sepoltura qui è rigorosamente limitata ed è consentita solo con un atto parlamentare per gli "Eroi Nazionali".
Il figlio Jean si è opposto, asserendo che tale "recupero" sarebbe un controsenso in riferimento alla vita del padre.
Per capire chi ha la faccia come il culo, basta guardare, prima, la faccia di Camus (sopra), e poi quella di Sarkozy (che non riproduco, per senso del pudore)!

mercoledì 30 dicembre 2009

Scrutate i vostri sogni!



A cercare su Google Maps, di Wold Newton ce ne sono tre. Tutt'e tre nel Regno Unito, e non troppo lontana una dalle altre. Ed è in una di queste tre Wold Newton - a detta di Philip J. Farmer - che, nel 1795, sarebbe caduto un meteorite radioattivo il quale avrebbe decretato, in qualche modo, l'ingresso sulla scena di una pletora smisurata di eroi e cattivi. Grandi detectives, scienziati ed esploratori di mondi esotici.
Fu a causa delle mutazioni genetiche, sopravvenute in seguito alla caduta del meteorite, che si diede luogo ad una sorta di "famiglia di mutanti" la quale attraversa anche tutta la nostra storia e le cui tracce sono riscontrabili proprio a partire dalle pagine della letteratura vittoriana che si riverbera fino ai telefilm e ai fumetti, arrivando ai giorni nostri.
Incroci narrativi (Crossover) che permettono l'incontro e la coesistenza dei personaggi letterari (sicuramente più simpatici del nostro vicino di casa) e personaggi storici. Del resto, sappiamo che Holmes ha lavorato con Teodore Roosevelt ("The Adventure of the Stalwart Companions", di Paul Jeffers). Ma anche il giovane Indiana Jones ha incontrato Roosevelt (in un telefilm del Giovane Indy). Di conseguenza, per la proprietà transitiva dei Memi, Holmes e Indiana Jones appartengono allo stesso universo, quello di Wold Newton. Con rigore filologico, i mitografi del Crossover sono riusciti a dimostrare la coesistenza di Holmes e soci con Zorro, il Santo, gli Avengers, Poirot, Rocketeer, gli agenti della UNCLE, Elliott Ness (il capo degli Intoccabili) e persino con Sculley e Moulder, i due degli X-Files!
Insomma questo è l'universo di Wold Newton. Non è affatto male!

martedì 29 dicembre 2009

Impostore?



Einric Marco è quello che comunemente viene definito un impostore.
Meccanico di professione, antifranchista legato al movimento anarchico, autodidatta che si è dato una discreta cultura storica e politica, nel 1978 rilascia una lunga intervista al periodico «Por Favor», nella quale racconta come, arrestato dai nazisti nel 1943, venne deportato nel Lager di Flossenburg, col numero 6448.
Preciso nei dettagli, esatto nella descrizione di luoghi e ambienti e nella documentazione delle atrocità dei carnefici e delle sofferenze dei prigionieri; non mette mai troppo in risalto la sua persona, non si atteggia a eroe né esibisce atti di particolare coraggio. Tutto questo, po, comparirà, con maggiore intensità e compiutezza, nel suo libro "Memorie dell'inferno" (1978). Enric Marco diventa un personaggio ufficiale, il rappresentante dei deportati spagnoli, la voce quasi impersonale e corale di chi ha vissuto uno dei massimi orrori della Storia.
Tiene centinaia di conferenze in tutta la Spagna, specialmente nelle scuole, sale ai vertici della Cnt, il sindacato anarchico che dopo tanti anni di repressione rinasce con la caduta del franchismo. Riceve da Jordi Pujol, presidente del governo catalano, la Croce di San Jordi. Il 27 gennaio 2005 è l' ospite d' onore alla seduta ufficiale del Parlamento spagnolo in memoria delle vittime del nazismo, diviene presidente dell'Amical Mauthausen, l' associazione dei deportati per la quale si prodiga con dedizione ed efficienza. Accanto a queste attività, che gli procurano onore e fama ma non denaro, continua a esercitare il suo mestiere di meccanico di automobili.
Però, mentre si trova in Austria per preparare le celebrazioni del sessantesimo anniversario della liberazione del Lager di Mauthausen, alla presenza di Zapatero, viene richiamato con un pretesto in Spagna: si è scoperto che egli non è mai stato deportato a Flossenburg e che il numero 6448 non corrisponde al suo nome, è il nome di Nessuno.
L' Amical Mauthausen espelle il suo presidente, il governo catalano ritira con imbarazzo la medaglia di San Jordi, centinaia di giornalisti, lettori, cittadini, familiari dell' impostore e familiari di autentici deportati scrivono, commentano, protestano. Vengono messe vivacemente in discussione le nuove tendenze storiografiche che prediligono le fonti orali.

Il suo discorso, lo legge un altro, un vero deportato. I sopravvissuti dei lager ascoltano il discorso scritto da Enric Marco, che dice cose vere in cui essi si riconoscono pienamente, di cui è falso non il testo ma l' autore e che dunque l' autore non ha il diritto di leggere e la cui lettura deve essere affidata alla bocca di un altro. Marco le ha scritte, ma non le ha vissute. Chi le legge ad alta voce non le ha scritte, ma le ha vissute.

«Tutto ciò che ho detto sono verità messe sulle labbra di un imbroglione. Le ho sentite da compagni che le avevano vissute. Si, sono un falsario, ma dico grandi verità»: ora questo è un film, e può essere visto - in streaming - su http://cinetube.ucoz.com

ICH BIN ENRIC MARCO
* 2009 - Beta digital PAL - Colour and Black and White - 100'
* Regia : Lucas Vermal , Santiago Fillol
* Sezione : Ici et Ailleurs
* Versione originale : Spanish/Catalan/German

lunedì 28 dicembre 2009

Trovatelo!



Ci sarà un motivo, senza dubbio, e forse anche un senso, ma fatto sta che, in questo finire del 2009, sono in grado di stabilire che il miglior cinema in circolazione condivide un paio di caratteristiche assolutamente ineludibili che riguardano il suo essere "di genere" e di non venire distribuito sul mercato italiano. Ovviamente l'eccezione a quest'ultimo punto attiene al fatto che, quando vengono distribuiti, vengono distribuiti male!
Detta questa cosa, assolutamente opinabile, non posso esimermi dal considerare che in almeno due casi che mi hanno fatto gridare "al capolavoro" (uno è stato "Moon"), la pellicola appare sviluppata a partire da uno script quasi teatrale. Il chiuso di una base lunare, oppure - come in questo caso - un pub, anzi i bagni maschili di un pub inglese!
Fin dal titolo, questo "Frequently Asked Questions about Time Travel" di Gareth Carrivick poteva sembrare una delle solite puttanate, giocata, com'è, sullo sfruttamento di quella che viene definita sottocultura, fra il doctor Who e Star Trek, passando per Ritorno al Futuro e per i morti viventi di Romero, e invece ...
Giocato fra ironia e conoscenza, il film si rivela una macchina perfetta inanellando una serie di momenti godibilissimi, senza un solo attimo di stanchezza. Citazioni e divertimento, fino alla conclusione che omaggia una serie tv, Sliders, forse troppo trascurata e sottovalutata. Lasciandoci a sperare in un sequel (del resto, come viene detto nel film) mica tutti i seguiti sono da buttare!). E poi, forse, lo sceneggiatore Jamie Matheson ("condannato" a scrivere, fin dal suo cognome), ha trovato in un pub, su un tavolo, un foglio strappato con qualcosa annotato dietro ...

domenica 27 dicembre 2009

Taylor



F.W.T. (1856-1915)

Così solerti sono soltanto i matti. Sì, mamma. Coscienziosamente
riempie le zuccheriere, si spazzola gli abiti, suona il pianoforte,
puntualmente si fa il suo bagno freddo, si ripulisce bene il piatto,
e l'erba sotto le magnolie la falcia orribilmente spesso.

Emerge dal sonno madido di sudore. A tredici anni quindi
si confeziona una barda in cuoio e infilza chiodi di legno nel letto.
Il sognatore, non appena si rivolta sulla schiena,
si punge e si sveglia prima che la paura lo colga.

Un prigioniero. Il pronome Io non compare nei suoi scritti.
Astemio, non fuma, niente tè né caffè. Un'esistenza
interamente dedicata al benessere dei lavoratori. Sì, mamma.
Bethlehem è il nome del primo monopolio dell'acciaio. Più durezza,

più solerzia nello sgobbo e nel risparmio! Pochi lacchè furono sì coraggiosi.
Aizza i cottimisti contro l'indolenza. Dobbiamo diventare amici!
(Lavoro e capitale). Chissà come mai non l'hanno accoppato
questo fachiro che li apostrofava: - Voi non dovete pensare!

più che altro deprimente. Su col ritmo, a me il cronometro.
Ogni manovra è buona per spaccare, frantumare la classe. Vivisezione,
indispensabile subordinazione delle masse. (Lenin lo ammira).
La nostra asse chiodata è la produzione. Ci predica il profeta

la scienza della profilatura, laminatura, trafilatura, la scienza
della trasmissione a cinghia, la scienza del murare, dello spazzolare,
e del suonare il piano, necessariamente sfruttate al massimo grado,
e la scienza della mortificazione delle carni. Ecco cosa sono:

I prossimi compiti della potenza sovietica: i migliori sistemi di sorveglianza,
le più prodigiose conquiste! Sì, mamma. Dentro casa,
nella fattoria, in ogni chiesa, in tutti gli uffici governativi.
Lo sfruttamento della scienza diventa scienza dello sfruttamento.

Sempre sano e normale: informe sonnecchia seduto, insonne
sui cumuli informi di cuscini. Un automa sociale. Tutta la vita impotente.
Sì, mamma. In una foto ingiallita lo si vede, indossare bovino
e dalle palpebre pesanti, una camicetta rosa e una gonna a ruches.

Oltracciò martelli a pressa, migliaia di brevetti. Il miglior angolo
per tagliare bandoni di acciaio superrapido. La massima produttività
deve diventare il proponimento di ogni individuo. Vive molto appartato,
coltiva rose e in punto di morte carica scrupolosamente il proprio orologio.

H.M. ENZENSBERGER - Mausoleum -

giovedì 24 dicembre 2009

Old Gringo

gringo

"Natale: giorno speciale consacrato allo scambio di doni, all'ingordigia, all'ubriachezza, al sentimentalismo più melenso, alla noia generale e a domestiche virtù."

Ambrose Bierce

mercoledì 23 dicembre 2009

Ancora quelle benedette maletas!

agusti centelles


Ancora Agustì Centelles e ancora quelle sue foto che si trascinò dietro, dentro quella valigia. Questa, in particolare. E' come un mondo, un libro da leggere, un quadro da contemplare, una canzone da cantare.
L'uomo sulla destra indossa una divisa (probabilmente quella della Guardia Civil, mi vien da dire) ed ha un fucile che non stringe. La faccia sembra voler accennare un sorriso, ma c'è come un'ombra di pudore che non riesce a diventare vergogna, però. La sua mano destra disegna un gesto accennato a mezz'aria. Forse sta spiegando qualcosa, quasi come parlasse a sé stesso. Intorno, tutt'intorno a lui, le facce assai simili alla sua del popolo spagnolo in armi. Chi sorride di aperta approvazione, chi sembra volergli guardare dentro - la mano sulla spalla - a cercare di capirlo. Altre mani, sembrano domandare. L'uomo, accanto a lui è tranquillo, il fucile ben stretto nella sinistra, qualcosa nella destra come a porgerla. Insieme alla fiducia e all'appartenenza di classe.

martedì 22 dicembre 2009

soldados y maletas

soldado

Il soldato, ritratto nella foto, è stato uno dei primi americani a morire combattendo il fascismo come volontario nelle brigate internazionali durante la guerra civile spagnola.
Adesso, le autorità spagnole stanno cercando di identificarlo, per poter consegnare questa foto, come dono, al presidente Obama quando visiterà la Spagna, il prossimo anno.
La fotografia in bianco e nero del volontario afro-americano fa parte della straordinaria collezione di fotografie della guerra civile realizzate da Agustí Centelles, e recentemente acquistate dallo Stato spagnolo.
"Tutto quello che sappiamo è che arrivò con la Brigata Abraham Lincoln e che cadde nella battaglia di Brunete, nel luglio del 1937" ha detto Sergi Centelles, il cui padre, Agustì, scattò la fotografia.
L'Associazione della Brigata Lincoln, con sede a New York e la Tamiment Library della New York University, hanno perlustrato i loro archivi sulla Guerra Civile nel tentativo di poter identificare l'uomo nella fotografia (uno dei 90 volontari afro-americani della "Lincoln") che è stata scattata con ogni probabilità nel febbraio del 1937 . Sono emersi due potenziali candidati: Milton Herndon, il cui fratello Angelo vinse una celebre causa presso la Corte Suprema degli Stati Uniti, in un processo per "incitamento alla rivolta", e l'aviatore Paul Williams.
"Sappiamo che gli afro-americani avevano pochi volontari e molti di loro sono stati maltrattati quando tornarono al loro paese, perché la gente pensava che fossero comunisti", ha detto Sergi Centelles. "Abbiamo quattro o cinque nomi di possibili candidati, ma ciò che vogliamo davvero è quella di trovare la sua famiglia."

"E 'una delle otto/nove fotografie scattate da mio padre agli americani quando marciarono a Barcellona", ha detto Centelles. La foto è rimasta nascosta per quarant'anni, dopo che Agustí Centelles, noto come il "Robert Capa spagnolo", lasciò Barcellona e la Spagna, all'arrivo delle truppe di Franco nel 1939.
"Mio padre portò con sé le sue fotografie in una valigia, perché temeva che venissero utilizzate per identificare coloro che vi comparivano e per evitare che fossero vittime di rappresaglia", ha detto Sergi Centelles. Il fotografo si servì della valigia come cuscino nel campo profughi francese, cercando così di evitare che potesse essere rubata. Poi, si trasferì a vivere presso una famiglia francese a Carcassonne, nel sud della Francia, ma dovette fuggire ancora una volta allo scoppio della seconda guerra mondiale quando arrivò alle orecchie degli occupanti tedeschi che usava la sua macchina fotografica per fabbricare passaporti falsi.
"La Gestapo lo cercava, così torno in Spagna attraverso i Pirenei" Sergi Centelles racconta. "Lasciò la sua valigia, chiedendo alla famiglia francese di non consegnarla assolutamente a nessuno, tranne che a lui. Così la valigia passò dal nonno, quando morì, al figlio, e da questi, quando morì anche lui, al nipote."
Agustí Centelles inviava alla famiglia francese un regalo ogni Natale, come segno che era ancora vivo. La Spagna non concesse al fotografo un passaporto fino al 1962. Fu allora che si recò a Carcassonne per vedere se la valigia era ancora lì. Ma solo nel 1976, l'anno dopo la morte di Franco, Centelles si sentì sicuro di poterla riprendere e di riportarla a casa.Nella valigia c'erano centinaia di fotografie della guerra civile, tra cui una di George Orwell insieme a un gruppo di volontari internazionali.

lunedì 21 dicembre 2009

una piccola considerazione ...

thinker

una piccola considerazione, circa il "pensare con la propria testa";
oggi viviamo in un mondo pieno di piccoli pensatori con la propria testa!
Temo che uno dei pre-requisiti per attuare codesta "inedita" procedura sia quello di leggere il meno possibile, soprattutto meno libri .
Quanto a me, se dovessi pensare con la mia sola testa, credo che dovrei limitarmi ad emettere qualche grugnito, ed a grattarmela, la testa. Perfino le parole che diventano scrittura e che batto su questa tastiera, lettera dopo lettera, non sono mie. Le ho avute in eredità, da altre teste, grazie alle quali penso.

domenica 20 dicembre 2009

cosa vuol dire ...



"Revisionismo" - se non ricordo male - è termine che attiene alla vulgata marxista-leninista ed è volto a denunciare e ad inchiodare coloro che si opponevano al dogma stalinista per cui il pensiero di Marx costituiva la premessa teorica e, l'opera di Lenin l'unica attuazione pratica possibile.
Detto questo, trovo quanto meno singolare che una o più persone, che si firmano "alcuni anarchici", titolino "Piazza Fontana: revisionismi di Stato e revisionisti di movimento" quello che si rivela essere solo un cumulo di banalità, spesso in aperta contraddizione le une con le altre, al fine di accusare di malafede Oreste Scalzone. Avrebbe avuto il torto - dicono - nel corso di un'intervista a "RadioCane" di argomentare circa l'inconsistenza dell'espressione - messa in bocca a Pinelli nella ballata omonima - per cui "un compagno non può averlo fatto" (riferito alla collocazione di una bomba presso una banca) e - di più - avrebbe rincarato la dose chiedendo cosa cazzo vorrebbe dire, sempre riferendosi alla stessa ballata, "anarchia non vuol dire bombe, ma giustizia nella libertà"!!??
Già, la procedura - perché di procedura si tratta - sembra proprio voler svolgere l'intento di preservare quell'aura di innocenza sacrale che DEVE continuare a soffondersi intorno a tutti i puri, sempre vittime innocenti, ecc. ecc.
Per far professione di "anarchia", i suddetti non si risparmiano circa l'elencare tutti quei nomi (da Paolo Schicchi ad Émile Henry scritto con l'accento giusto) che conferiscono loro l'autorita e il diritto di poter parlare di quello di cui intendono parlare: che Oreste è solo un finto libertario, e di anarchia non può parlare! Di quegli anni dicono poco, solo un accenno al fatto che gli anarchici - a dire di Scalzone - erano succubi del piano politico di Lotta Continua, contro la quale in realtà sarebbero diretti i veri strali dell'ex-leader di Potere Operaio.
E allora, forse, sarebbe davvero il caso di riaprire la discussione su quegli anni. E senza le infamie delle accuse di "portaordini di Toni Negri" e, peggio, di connivenza con la strage di Primavalle.
Sarebbe il caso di affrontare - adesso che la maggior parte dei reati è prescritta - la discutibilità di un'azione politica, da una parte ciecamente e follemente innocentista a tutti i costi, e dall'altra assurdamente giustizialista.
Il candore di un Pinelli (tacendo del fatto che all'appuntamento con la morte, ci andò di sua volontà, senza mandato), da una parte, la campagna personalizzata contro Calabresi (come se non fosse vero che il responsabile era lo Stato, e non uno qualsiasi dei suoi servi), dall'altra.
Sarebbe forse il caso di parlare di come allora, e per almeno quattro anni, il movimento anarchico abbia asservito ogni sua attività all'esigenza di dimostrare la propria totale estraneità a qualsivoglia azione che puzzasse minimamente di violenza. Se parliamo di canzoni, allora dobbiamo dire come fossero banditi i versi di "Nel fosco fin del secolo morente" che parlavano di "schianto redentore della dinamite"!
Sarebbe il caso di parlare di questo e di altro, comprese le bassezze che intridono anche la storia di quegli "anarchici e del loro movimento anarchico", che "lo zombi Scalzone" si sarebbe permesso di criticare!

venerdì 18 dicembre 2009

altre lune ...

MoonconSamRockwell

Non è difficile scovare un buon film, anzi un ottimo film! Basta assicurarsi che venga fatto arrivare sugli schermi italiani con un buon ritardo e che, soprattutto, gli venga riservata al massimo una settimana di programmazione sugli schermi suddetti.
Niente di male, già fin dai tempi del capolavoro disastroso (per la United Artists!) di Michael Cimino, "I cancelli del cielo", le cose hanno cominciato a procedere in tal senso.
E oggi, a parare la situazione, esiste il Web e uno stuolo di eccezionali sottotitolatori (così ci si può godere il timbro della voce di Kevin Spacey, prestata al robot "Gerty"). Bene!
Ecco, "Moon" di Duncan Jones è un piccolo capolavoro, costruito su una trama che sembra prelevata di peso da una piece teatrale, giocato - dopo le citazioni-tributo d'obbligo - sulla prestazione inarrivabile di Sam Rockwell che fa tutto e anche di più.
La trama? Presto detto, Sam Bell lavora per la "Lunar",in una base lunare chiamata Selene, da tre anni ha l’incarico di curare l'estrazione di un prezioso gas (l’Helium 3) che ha risanato la crisi energetica terrestre. Manca poco al termine del suo contratto e l’uomo non fa altro che sognare il suo ritorno a casa, dalla moglie e dalla sua bambina. Quando sta per arrivare la nave con il rimpiazzo, la salute di Sam comincia a deteriorarsi. Poi ha un incidente ...

Girato in soli 33 giorni, dal figlio di David Bowie, e ispirato ad un libro del 1999 di Robert Zubrin, "Entering Space : Creating a Spacefaring Civilization", tocca tutte le corde giuste, con crudezza che sarebbe facile definire "dickiana".

Alla fine, rimane la domanda se davvero qualcuno sarebbe disposto a firmare un contratto a termine per un lavoro di tre anni, da solo, sulla luna!?!

giovedì 17 dicembre 2009

Ottocento



E' a partire dagli anni settanta, durante e dopo la depressione del 1873-77 e in seguito al grande sciopero del 1877 nelle ferrovie e dopo la vittoria indiana del Little Big Horn, e nella fase di restituzione del Sud a quella "plantocrazia" che era stata sconfitta nella guerra civile; è a partire da tutto questo che la stampa delle città dell'Est fissa "l'analogia fra l'identità di classe dei bianchi proletari e l'identità razziale dei nativi americani (definiti "selvaggi").
In occasione degli scioperi industriali del 1877, le "guerre indiane", la "guerra razziale" e la "guerra di classe" vengono evocate sempre insieme, fino a fondersi nei resoconti e negli editoriali dei giornali. L'estrema difesa e la fine di Custer nella battaglia del Little Big Horn (il cosiddetto "Last Stand", immortalato nel giro di qualche anno in tutti i Wild West Show e in migliaia di quadri e racconti), avvenuta l'anno precedente, viene assunta a metafora della minaccia incombente sulla civiltà anglosassone in quanto tale, "assediata anche nelle metropoli dalle orde barbariche degli immigrati".

mercoledì 16 dicembre 2009

Anni luce



C.M. (1730-1817)

M. La lettera M sulla mappa del cielo: M 42
in Orione; M 57, la nebulosa nella lira; anche le Pleiadi,
M 45; e la nuova stella dei cinesi, la supernova, M 1:
Incandescenti nubi di gas, bombe cosmiche, fonti radio.
Al-Sûfi, falco celeste! O Swedenborg, sognatore extragalattico!

Costui invece: disponibile, meticoloso, modesto.
Un morto di fame. A ventun'anni reca con sé a Parigi
una garbata calligrafia e nulla di più.
Cinquecento franchi l'anno, offre vitto e alloggio.
Delisle gli fece ricopiare la sua pianta di Pechino

e i suoi disegni della Grande Muraglia.
Un ignorante. La sua prima cometa la cercò
diciotto mesi invano: i calcoli di Halley erano
imprecisi (perturbazioni dovute alla massa di Giove).
Il re l avrebbe poi chiamato il furetto delle comete.

Una volta sua moglie lo derubò di un'intera notte:
era in punto di morte. Egli pianse le comete,
che si era perse. Mentre a Londra il vecchio Herschel
i suoi enormi riflettori fondeva, poliva e montava,
lui vegliava alla lucerna, sprovvisto di teorie. Un ignorante.

Occhi aguzzi, orologio a pendolo. Un piccolo quadrante,
un misero telescopio (sette pollici). Tutto qui.
Non dormiva. Cercava. Eclissi, macchie solari.
Una notte d'autunno di duecento anni fa
notò nei pressi di Zeta Tauri un fioco bagliore.

Una cometa che cometa non era, poiché non si muoveva.
L'apparizione, una galassia, lo disturbò. Vide, fece
uno schizzo, non capì nulla. Membro della Royal SOciety,
delle Accademie di Pietroburgo, Berlino, Stoccolma
e infine Parigi. Un contabile, un copista. Quanto fu cieco!

Sotto la sua finestra incedevano cortei e processioni,
matrimoni e funerali. Lungo la Rue Saint-Jacques
ferveva la storia. Le prostitute adescavano, piovevano colpi,
le tirate avvampavano e si estinguevano: virtù, terrore e bene.
Cieco e sordo. La penna scricchiolava. L'olio divenne scarso.

Del re decapitato non sentì la mancanza, né dei birrai
e delle lavandaie, degli accalappiatopi e dei banchieri
che l'equanime scure tranciò. Gli astronomi si erano
dati alla fuga. Ne trovò uno solo. Bochard de Saron,
l'amico di Laplace. La Conciergerie puzzava d'urina.

Nella sua cella questi gli calcolò la traiettoria di una cometa,
prima di salire al patibolo. E il vecchio proseguì, senza sonno
né soldi, inosservato e gottoso, la sua vita all'Hotel de Cluny.
La città era oscura. Fame, paura, usura e inflazione.
Un quarto d'ora di silenzio, poi di nuovo raschia la penna.

Catalogue de nébuleuses et des amas d'étoiles
que l'on découvre parmi les étoiles fixes. Testardo,
placido e incurante come un bambino.
Soltanto una lettera ci ricorda di lui. M
era un ignorante. Due milioni di anni luce distante

passa una galassia, più lentamente che noi,
M 31. QUando lo smog lo consente, quando prescindo
dal riverbero di Manhattan e dalla storia,
la scorgo, minuscola, a occhio nudo, nel cielo nordico,
tra Mirach, Sirrah e Schedir, nell'Andromeda.

H.M. ENZENSBERGER - Mausolemum -

martedì 15 dicembre 2009

Differenze

vilas

Fabio Massimo Parenti, riferendosi a un racconto di Calvino (da Sotto il sole giaguaro) sul viaggio in Messico intrapreso da un uomo, «più portato a definire verbalmente e concettualmente le esperienze», e da una donna, «più sensibile alle sfumature e dotata di una memoria più analitica, dove ogni ricordo restava distinto e inconfondibile», scrive: «la donna fa esperienza e l'uomo teorizzando si appropria dell'esperienza della donna. Dunque la ragione è un parassita di sesso maschile che vive alle spalle di un'esperienza tipicamente femminile? Il problema che si pone alla coppia del racconto di Calvino non è tuttavia quello di esasperare la differenza - continua l'autore - ma di costruire sulla differenza una maggiore complicità, che passa attraverso la ri-appropriazione di sensi tipicamente femminili da parte della più astratta razionalità maschile, attraverso, cioè, una sorta di cannibalismo reciproco, (...), che tuttavia non riesce a cancellare le differenze».

lunedì 14 dicembre 2009

TelePurgatorio

vilas

Le copertine sono importanti!
Così per il suo libro, Manuel Vilas ha scelto una copertina che vuole essere un punto di vista. Un modo di guardare, dall'altra parte della relatà. Lo skyline di Manhattan visto dalla prospettiva della ... spazzatura, dall'altra parte dell'Hudson.
Il titolo del libro, Aire Nuestro, potrebbe essere tradotto come Nostra Etere, o qualcosa del genere e, probabilmente non lo si potrà mai leggere tradotto in italiano! Chissà.
Tuttavia, se - come dice Elvis Presley nel libro - "dal momento che tutto è fiction, le cose possono essere cambiate; sì la fiction ripara le cose"!
E, magari, ha ragione Vilas quando premette che la materia esiste solo se è ... "televisionabile". E, a partire da questa premessa costruisce una realtà "telvisionata". In un futuro prossimo, "Aire Nuestro" è un network televisivo spagnolo il cui flusso audiovisivo incessante oltrepassa il parossismo. Undici canali simultanei, combinati telepaticamente, che aboliscono passato e futuro in un presente di immagini, realtà e finzione che sono alla fine la stessa cosa. Su un canale il Che annuncia che ci sarà più bisogno di psichiatri, che di guerriglieri, per la prossima rivoluzione; mentre Johnny Cash, impegnato in un tour spagnolo a bordo di una dodge rossa, canta nella cattedrale di Santiago e trasforma l'acqua in vino, su un altro canale. Poi, non importa se ai tempi di Walt Whitman non esisteva la televisione. TelePurgatorio c'è apposta per mandare un giornalista a fargli qualche domanda. Nel frattempo vediamo una certa Manuela Vilas che, dagli schermi, guida il movimento di liberazione sessuale. Sul canale di Teleterrorismo, la CIA getta nell'Atlantico il cadavere di uno scrittore catalano contaminato dal virus dello stalinismo. Sul Reality Show si mette in onda il sequestro e la morte di un funzionario della Marte Company, di nome Polanski. Il canale di Televendita offre una confessione del padre di Manuel Vilas, morto nel 2005, oppure le ultime parole di Juan Carlos III, morto nel 2398.
Una sorta di Tarantino della letteratura, questo Manuel Vilas, che riesce ad andare sempre oltre, a fare quel passo in più che permette di essere inimitabile.
E, come dice lo speaker del canale di Televendita: "Quello che credevo delirio, è risultato essere onestà. E quello che gli altri dicevano essere frivolezza, degenerazione, inconsistenza e provocazione alla fine risultò essere rappresentazione".
Buon Viaggio

venerdì 11 dicembre 2009

La forchetta di Rita Hayworth

mera

Sembra che tutto sia cominciato da una forchetta. Una forchetta d'argento custodita gelosamente da Nardo Imbernón, a Parigi, fin da quando suo padre gliela consegnò.
La forchetta aveva da raccontare una storia interessante, e non poco:
la limousine di Rita Hayworth, che viaggiava insieme all'Aga Khan, venne bloccata da alcune vetture, mentre tramsitava per il Bois de Boulogne. Gli assalitori si impossessarono di vestiti, gioielli e argenteria.
Quella rapina, degna di stare in un film, fu un esproprio (o meglio “una recuperación”) e gli uomini, mascherati, appartenevano al "gruppo di azione della CNT"). Era il 1949.
Più tardi, la forchetta arrivò nelle mani della famiglia di Nardo, anarchici per tradizione, che,
scherzando, si vantava di mangiare come mangiano i ricchi, con quella forchetta.

giovedì 10 dicembre 2009

San Patricio

san_patricio

Era un film del 1999, "Un uomo, un eroe", con Tom Berenger nel ruolo del Capitano John Riley che comandava quello che sarebbe diventato il "Battaglione San Patrizio" nella guerra fra Stati Uniti e Messico, 1846-1848.
Un gruppo di soldati dell'esercito americano, quasi tutti di origine irlandese, che decide di disertare e di combattere con i messicani contro l'invasore yankee! Immigrati e coscritti che videro balenare, da una qualche parte, in Messico, una possibilità di libertà.

Adesso, Paddy Moloney e Ry Cooder si sono uniti per farne un disco.
Un album a molte voci dove la musica irlandese e quella messicana la fanno da padroni. Molti gli ospiti, da Linda Ronstadt a Van Dyke Parks, a Los Tigres del Norte, a Lila Downs, al novantaduenne Chavela Vargas.
Ry Cooder canta la leggenda dei "San Patricios" nella ballata “The Sands of Mexico” e l'attore irlandese Liam Neeson ne racconta il sacrificio nell'inno “March to Battle”, composto da Moloney su testo dello scrittore Brendan Graham:

"We are the San Patricios, a brave and gallant band
There’ll be no white flag flying within this green command
We are the San Patricios, we have but one demand,
To see the Yankees safely home across the Rio Grande…
We’ve disappeared from history like footprints in the sand
But our song is in the tumbleweeds and our love is in this land
But if in the desert moonlight you see a ghostly band
We are the men who died for freedom across the Rio Grande"

mercoledì 9 dicembre 2009

Soltanto fumetti ...



Quando finalmente Franco morì, il 20 novembre 1975, lasciandosi alle spalle quasi 40 anni di dittatura, tutto quello che importava agli spagnoli era il sesso . La priorità era quella di sbarazzarsi a qualunque prezzo della morale nazional-cattolica, dimenticare il passato, dimenticare anche la storia di un bambino povero dalle grandi orecchie, che stava morendo di fame in una casa di assistenza sociale, come quella che si racconta in Paracuellos , di Carlos Giménez.
"A quel tempo, alla gente interessavano solo le tette, grandi, e nessuno voleva leggere i miei fumetti", racconta il maestro del fumetto spagnolo. Dopo un silenzio di piombo, e ora che la legge della memoria storica ha fatto diventare di moda discutere del conflitto, una storia, ambientata in parte nella guerra civile, come "I serpenti ciechi", ha vinto il Premio nazionale del fumetto 2009 ed è appena stato pubblicato "L'arte del volo", in cui Antonio Altarriba racconta la vita di suo padre.
Vignette per rompere il silenzio.

"Il fumetto può, naturalmente, partecipare ad un lavoro di memoria storica, perché si collega alle persone che non hanno mai letto i libri. Riesce ad estendere il focus di interesse, parlare di amore e di violenza con un altro linguaggio, esprimere cose che non possonoi esprimersi con solamente la scrittura" asserisce Julián Casanova, l'autore di "Storia della Spagna nel XX secolo ".
La principale differenza tra un saggio e un libro a fumetti è che le vignette riescono a mettere a fuoco una storia personale, una testimonianza diretta di un ex-miliziano o un civile che soffrirono l'orrore quotidiano della guerra.

Un simile intento ha portato Miguel Gallardo a pubblicare "Un lungo silenzio" nel 1997. "Mio padre attese fino alla morte di Franco per parlare della sua esperienza. Non era un eroe, ma fu mandato in esilio nei campi di concentramento del sud della Francia prima di tornare nella Spagna franchista", spiega Garcia. Fino agli anni novanta, l'unico riferimento è stato Giménez, che ha pubblicato i quattro volumi che compongono "36-39. Malos tiempos".
Per lungo tempo, i critici hanno parlato dell'esilio "della memoria storica" riferendosi alle numerose pubblicazioni sulla guerra civile, pubblicate all'estero. Gimenez stesso pubblicò la prima volta in Francia sulla rivista "Fluide Glacial".
Fra le prime opere a riferirsi al conflitto spagnolo, abbiamo "Le falangi dell'Ordine Nero", una storia del francese Pierre Christin e di Enki Bilal, pubblicata nel 1979. Hugo Pratt, il padre di Corto Maltese, parla anche della Spagna divisa ne "LK'ultimo volo", una storia sull'aviatore e scrittore Antoine de Saint-Exupery, e l'unico autore non-spagnolo che ha deciso di raccontare in dettaglio la guerra civile è l'italiano Vittorio Giardino in "Le avventure di Max Friedman.¡No pasarán!"
I fumetti disegnati e scritti dagli spagnoli non superano le quindiuci unità, ma "la cosa più importante è quello di parlare di questo. Essa è fondamentale per la politica culturale di questo paese," sottolinea con tono il presidente dell'Associazione per il Recupero della memoria storica, Emilio Silva.
"Il genere del fumetto è molto interessante perché è alla portata di molte persone", continua. Inoltre, non dobbiamo dimenticare il lavoro pionieristico di Antonio Hernandez Palacios, che pubblicava, in piena transizione, le sue opere sulla guerra civile: "Eloy, uno tra i tanti" (1979) e "1936, Euskadi en llamas" (1981).
La maggior parte delle opere finora pubblicate in castigliano e da autori spagnoli sono il risultato di una frustrazione, di un silenzio imposto da quando le forze di Franco vinsero. Rappresentano la parte dei perdenti.
Il regime ha sempre onorato i propri caduti, usando anche vignette e riviste per l'infanzia.
"La verità è che sarei interessato a leggere anche le storie personali dei franchisti", riconosce Paco Camarasa, editore delle "Edicions de Ponent". Gallardo è sicuro che molte storie personali, come quelle degli uomini della Divisione Blu che fuggirono in Russia, potrebbero essere rese in un fumetto.
"Non è più un tabù parlare", dice lo storico Casanova, "anche se vi è una certa riluttanza, da parte della popolazione, a far sì che la guerra divenga oggetto di discussione.
Alcuni album come "Martillo de herejes" ed il lavoro collettivo "Nuestra Guerra Civil" parlano di entrambe le parti. "Ho voluto spiegare chiaramente cosa è successo. Io sono uno storico e non ha mai capito le grandi differenze dei dati sul nostro conflitto", spiega Juan Gomez, lo sceneggiatore di "Martillo de herejes". José Vicente Galadí, il coordinatore di "Nuestra Guerra Civil", condivide questa visione pedagogica e ritiene che il fumetto sia "un buon mezzo per contribuire" ad un lavoro di memoria storica.
Gimenez sa che il suo lavoro è considerato come una prova di primaria importanza. "Un amico mi ha detto un giorno: l'hai inventata tu, la memoria storica, solo che non lo sapevi", ricorda. E precisa: "La cosa più importante, prescindendo da un presunto lavoro di memoria, è la sincerità. La cosa importante è interessarsi alle persone". In "36-39. Malos tiempos", l'artista racconta "la tragedia di persone che muoiono di fame, terrorizzati una guerra orribile. Ho voluto mettere in primo pianol'esperienza della guerra." Le sue storie si basano su interviste con le persone che hanno vissuto il conflitto.
Altarriba, autore di "El arte de volar", rimase traumatizzato dal suicidio di suo padre, nel 2001. Come il padre di Miguel Gallardo, questi non aveva mai parlato della guerra.
"La mia priorità era quella di tirare fuori il dolore e l'onore di mio padre", confessa Altarriba. Ha usato gli scritti lasciati dal padre per raccontarne la vita, dall'inizio del conflitto fino al discreto ritotno allla sua famiglia nella Spagna di Franco.
Lo sceneggiatore di "Las serpientes ciegas", Philip H. Cava, insiste sul fatto che il suo lavoro "non è sul conflitto spagnolo, quanto, piuttosto, una trama che mostra l'orrore generato da ideologie totalitarie", Gimenez ricorda che "poche persone che hanno vissuto la guerra sono ancora vive per poterne raccogliere le testimonianze. Ora o mai più!". Altarriba non condanna il lavoro delle nuove generazioni, ma riconosce che aver vissuto la dittatura lo ha aiutato nel suo lavoro. Giovani scrittori come Paco Roca hanno già nuovi progetti in corso: gli hanno commissionato un libro a fumetti sugli esiliati nel sud della Francia. A Javier de Isusi (Los viajes de Juan Sin Tierra) piacerebbe molto lavorare sulla guerra civile, ma all'interno di una cornice più ampia, "all'interno di un'opera sulle guerre della Spagna."
Il fumetto sulla guerra civile può contribuire a rompere un silenzio imposto da anni di terrore, che alcuni continuano a credere che non sia finito.

martedì 8 dicembre 2009

Sostanzialmente vero



Dalla guerra del 1846-1848 tra gli Stati Uniti e il Messico, a proposito della quale rimangono pochi dagherrotipi malconci, nessuna guerra è rimasta fuori della portata di almeno una fotocamera rudimentale (se non addirittura centinaia, come si è verificato dopo l'invenzione della telecamera portatile). Si consideri che solo nei primi tre decenni del XX secolo vi erano più di ottanta conflitti armati in tutto il mondo, e la raccolta di fotografie che, di conseguenza, si era accumulata verso l'inizio della guerra civile spagnola non era affatto modesta:
tutte le immagini che permettevano di avere un'idea abbastanza chiara della guerra e del suo impatto erano già state diffuse.
Tutte, sì, tranne una.
Quella del soldato non ancora caduto: mentre stava cadendo.
La fotografia che Robert Capa ha scattato il 5 settembre 1936 era l'immagine che nessuno aveva visto, quella che mancava : una collina erbosa, vediamo un giovane uomo, in abiti civili, sul punto di cadere sulla schiena, morto, sopra la sua propria ombra, il fucile tuttavia ancora in mano.
"Se le tue fotografie non sono abbastanza buone, è perché non sei abbastanza vicino",
soleva dire Capa.
La vicinanza, come categoria estetica, richiede certamente audacia. Senza dubbio, questa immagine è davvero impressionante perché ci mette proprio lì: a pochi centimetri dalla morte.
O almeno così sembrava.
Nel 1975 il giornalista Phillip Knightley mise in dubbio, per la prima volta, nel suo libro "La prima vittima", l'autenticità dell'immagine, usando l'argomento - molto dubbio - che se il soldato stava davvero morendo, avrebbe lasciato cadere il fucile (come se ci fosse un solo modo di morire!).
Da allora in poi si è dato luogo ad ogni sorta di speculazione, molte delle quali a partire dal fatto che nello stesso giorno Capa aveva scattato tutta una serie di fotografie ai miliziani (compreso quello che più tardi sarebbe stato ucciso), mettendo in scena diversi momenti della battaglia (racconta lo stesso Capa: "Scherzavamo tutti. Eravamo di buon umore [...] Venivano correndo giù dalla collina e anch'io cominciai a correre. [...] e all'improvviso era tutto vero").
Pochi mesi fa, tuttavia, José Manuel Susperregui, professore presso l'Università dei Paesi Baschi, è venuto fuori con quella che sembra essere la prova - topografica - inconfutabile che l'immagine non appartiene a quel luogo (Cerro Muriano) e a quel momento (l'imboscata da parte delle forze del generale Varela alle truppe repubblicane che difendevano la valle del Guadiato) dove si suppone avvenisse la morte. La qual cosa - va detto - non trasforma necessariamente il soldato in un attore (il fatto che la fotografia sia stata scattata altrove, non significa che ciò che sta avvenendo sia una farsa).
Però tutto questo mette il fotografo - come dire - in una posizione scomoda!
I difensori di Capa, hanno cercato di salvarlo, usando argomenti che dicevano: in fondo, non stiamo parlando ancora del miglior fotografo di guerra del mondo.
In quel periodo, Capa, o Ernest Andrei Friedmann, se si vuole, è solo un giovane di venti anni, con un Leica in spalla e un desiderio selvaggio di ottenere fotografie della guerra civile spagnola (dopo, avrebbe partecipato alla seconda guerra mondiale - da cui proverrà il famoso racconto dello sbarco in Normandia - e sarebbe andato in Vietnam, dove morirà nel 1954, saltando su una mina).
Ma in realtà, l'unica difesa possibile è che la fotografia è maledettamente buona. E non solo.
La foto è, come direbbe Borges, sostanzialmente vera.
Per assunto, la differenza tra un uomo che sta morendo ed un altro che non lo sta facendo, in assoluto è insignificante. Ed è anche vero che il fotogiornalismo è disciplinato in primo luogo da un impulso storico a mostrare i fatti così come sono, ma chi può negare che nel lavoro del fotografo di guerra si annidi anche uno scopo politico, nel senso più ampio che gli ha dato Orwell (legato al desiderio di spingere il mondo in una certa direzione).
Orwell stesso, ha spiegato il suo biografo Jeffrey Meyers, era sempre teso a presentare "una versione accresciuta della realtà quando voleva un effetto drammatico."
In una delle sue "Lettere da Londra", per esempio, asseriva che le cancellate dei parchi nei quartieri poveri della città venivano usate come rottami, mentre nei quartieri ricchi venivano lasciate intatte. Quando qualcuno chiese l'origine di tali falsità, Orwell avrebbe ribattuto, come Borges, che non aveva importanza, dal momento che il fatto "era sostanzialmente vero."
Così per la fotografia di Capa. Non vi è alcun dubbio che il combattente, il quale - è emerso anni più tardi - si chiamava Federico Borrell García (anche se i suoi amici lo conoscevano come "Taino"), sia morto il 5 settembre. E' iscritto a verbale. Come siano andate realmente le cose, non è dato sapere. Forse il miliziano trovò la sua morte poche ore prima di incontrarla realmente.
Come sia stato, comunque, ciò che vediamo è vero.

lunedì 7 dicembre 2009

Maletas



Il modo migliore per comprendere Cipriano Mera, muratore anarchico che arrivò al comando della 14a Divisione dell'esercito repubblicano durante la guerra civile, consiste nello svelare il contenuto di due valigette. La prima cadde nelle sue mani dopo aver sconfitto le truppe di Mussolini nella battaglia di Guadalajara (marzo 1937). Era del generale italiano Annibale Bergonzoli. Dentro, c'erano "foto del militare vestito solo di biancheria intima femminile". Non sappiamo cosa sia passato per la testa di Mera, quando vide il suo nemico travestito da donna, ma ordinò di bruciare le foto e si tenne la valigetta italiana.
Due anni più tardi, durante le giornate caotiche della caduta di Madrid, ebbe l'opportunità di scambiare la valigia di Bergonzoli con un'altra piena di soldi e gioielli. Ma non lo fece (anche se qualcuno ha pensato che si fosse tentu). Spedì la borsa del tesoro al Banco di Spagna, con la seguente nota: "Da parte di Cipriano Mera". Non sarebbe stata l'ultima volta che quest'uomo, che proveniva dalla miseria di un piccolo letto condiviso con otto fratelli, che apprese a leggere e scrivere all'età di 23 anni e che praticò l'azione diretta contro la dittatura di Primo de Rivera e i pistolerois padronali, si sarebbe dimostrato persona retta e integra fino alla fine!
Poi Mera andò in esilio in Africa: tre anni di prigionia, fughe e campi di concentramento nei territori francesi del Nord Africa. Come se non fosse stato abbastanza aver perso la guerra, i suoi problemi si aggravorono in seguito ad un equivoco. Circolavano su di lui tutti i tipi di leggende a proposito di enormi quantità di denaro saccheggiato in Spagna dai capi dell'esercito repubblicano. Sia le autorità francesi a Casablanca, così come le spie Franco e qualche altro rifugiato stalinista, credevano che Mera nascondesse nella sua valigia ora sufficiente ad organizzare una guerriglia anarchica contro Franco. Tutto ciò gli rese la vita impossibile. Una situazione che mise a dura prova i suoi nervi. "E' ripugnante che gli uomini debbano rifuggire dagli uomini per poter vivere», annotava nel suo diario mentre vagava per i deserti del Marocco.
Infine fu trasferito in un carcere spagnolo dove penò per tre anni, fino a quando, in un tentativo da parte delle autorità di ripulire la propria immagine all'estero, gli fu concessa la grazia. Ma Mera era quel che era: il giorno della sua liberazione promunciò, rivolto ai suoi carcerieri, uno dei giudizi più duri sulla Spagna degli anni Quaranta: "Non mi concedono l'indulto, mi trasferiscono solamente in un cortile più ampio di quello del carcere".
A quel tempo, seppellì la sua valigia sotto la sua casa nel quartiere di Tetuan de las Victorias, al sicuro dalle incursioni della polizia di Franco. Nessuno sembrava sapere più niente della sua sorte fino a pochi mesi fa, quando il regista Figueres l'ha trovata per caso, dimenticata, nella casa del figlio della vedova di Mera, Floreal, nella periferia di Parigi.
Ma la cosa più sorprendente è stata che Figueres ha dovuto spiegare ai nipoti di Mera, che non parlano una parola di spagnolo, chi in realtà fosse il loro nonno. "Non avevano idea né della sua militanza sindacale, né della sua partecipazione attiva alla guerra civile. Nessuno aveva letto le sue memorie", dice il regista, riferendosi a "La guerra, l'esilio e la prigionia di un anarcosindacalista".
Solo uno dei suoi nipoti ha ricordato che il nonno era misteriosamente scomparso da casa per un paio di giorni nel maggio del 1968. "Ci siamo chiesti dove fosse finito", dice nel film. Semplice: il nonno stava tirando giù un muro. "Questo è un film su un muratore e tre crepe", afferma Figueras. "La prima crepa si produsse dopo la rivoluzione russa del 1917 che ha dato le ali a quelli come Mera che agognavano la rivoluzione sociale. La seconda crepa si produsse il 19 luglio 1936, quando la gente prese le armi e cominciò la breve estate del l'anarchia."
La terza crepa si è aperta durante il maggio francese. "Dal 1936, Mera non aveva più visto quell'energia che scuote il mondo", dice il documentario. Dopo aver subito un doloroso esilio (arresti, prigioni, l'espulsione traumatica dalla CNT da parte della dirigenza in esilio in Francia), Mera ebbe la più grande gioia dei suoi ultimi anni viaggiando in bicicletta (senza bagagli) per le barricate di Parigi.
Giustizia poetica, la chiamano.

venerdì 4 dicembre 2009

Vivere in piedi. Le guerre di Cipriano Mera.



Muratore, sindacalista, membro della CNT e anche tenente colonnello. Cipriano Mera Sanz è una delle personalità più interessanti della guerra civile spagnola. Nato a Madrid, nel barrio di Tetuan, venne condannato a morte, dopo la sconfitta , ma riuscì a scappare. Andò in esilio in Francia, dove, oltre a seguire attivamente le idee anarchiche, entrò a far parte della Gioventù libertaria e si impegnò per porre fine alla vita di Franco. Nel maggio del 1968, non esitò ad andare sulle barricate, nuovamente!
"Vivir de pie. Las guerras de Cipriano Mera" è uno sguardo documentario su uno dei personaggi più "cinematografici" della guerra civile spagnola. Il regista e sceneggiatore Valenti Figueres ha conosciuto la sua storia per caso, durante un viaggio in Francia, e non ha esitato a mettere sulla pellicola la vita di questo "vecchio anarchico". Il lavoro documentario lo ha impegnato cinque lunghi anni in undici diversi paesi (Spagna, Francia, Olanda, Stati Uniti, Marocco, ...), riportando alla luce eventi e documenti audiovisivi finora sconosciuti.
Il film ripercorre gli episodi più drammatici nella vita di Cipriano Mera, dalle sue umili origini, fino alla sua morte, venti giorni prima di quella di Franco, raccontando il suo attivismo nella CNT e i suoi piani per uccidere il dittatore. Tutto questo accompagnato dalle parole dei testimoni del tempo.
"Vivir de pie" racconta, attraverso documenti inediti, l'odissea di uno straccivendolo e bracconiere che fu muratore e sindacalista nella UGT per poi diventare un rivoluzionario e uomo d'azione della CNT. Racconta la vita di un muratore che comandava il IV Corpo d'armata nella guerra civile e che sconfisse i generali italiani. Racconta del generale che perse le mostrine ma mantenne il suo obiettivo: uccidere Franco. Racconta anche le storie sconosciute di un cameriere, di un sarto, di un binario ... tutte le sue "doppie vite"in cui è stato El Viejo, La Leona, El Fraile,...
Le vite di coloro che innalzarono le bandiere della libertà ed ebbero il coraggio di sognare un mondo nuovo.

giovedì 3 dicembre 2009

Condorcet



A.C. de C. (1743 - 1794)

La bontà brillava nei suoi occhi. E per lo più, apparentemente senza ombra alcuna:
ragionevole, nobile, onore e vanto della scienza, pur essendo nato aristocratico,
tuttavia l'amore per l'umanità lo condusse tosto sul sentiero della rivoluzione.
Nel suo ultimo nascondiglio scrisse La luce a due passi dalla morte
dell'illuminismo garantisce a tutti noi che, al chiarore di un moccolo di candela
un futuro radioso ci attende. Testa o croce: è davvero un gran peccato
che il cittadino marchese perdesse entrambe contemporaneamente. Le nostre condoglianze.
Del resto il terrore è una sorta di tric trac: un gioco stocastico.

Per un certo tempo passò per una mente agile e fredda. Ispettore della zecca,
Direttore della Navigazione, Segretario Permanente dell'Accademia. Carriera sobria
ma poliedrica, memore del benessere collettivo. S'interessava inoltre della teoria
delle comete, del problema dei tre corpi celesti e di statistica commerciale.
Eppure parrebbe che il suo spirito, perennemente proteso in avanti, le allusioni
alle attuazioni anteponga. Aha! Preferisce le allusioni!
Provvedete subito al mandato di cattura.
Si dà alla macchia, lo condannano a morte. Non c'è da stupirsene. Chi è sì virtuoso,
sì liberale, sì di nobile stirpe, generalmente lo si liquida per primo.

I consueti epiteti dal repertorio degli elogi e necrologi:
"ingegnoso", "sensitivo", "marito e padre affettuoso". Certo, certo.
Solo che la cantilena della pietà lascia irrisolte innumeri questioni.
Per esempio quella del fiocco bianco tra i capelli: è vero che la sua mamma
lo votasse per bigotteria alla Madonna, e che egli frequentasse prelati
fino all'età di quindici anni, in cuffia e crinolina, sempre immerso in preghiera?
Vi è forse qualche rapporto, e quale, tra queste voci e il fatto che questo timido,
roseo e distinto personaggio, diventasse il precursore dei più rudi tecnocrati?

Nel regno dell'esperienza è la probabilità che governa: ovvero arte politica,
volontà del popolo, commercio e industria, non sono che una sorta di tric trac
cui conviene applicare modelli matematici. Danni emergenti e lucri cessanti
diventano calcolabili, e gli sciamani della teoria ci insegnano d'ora in poi
I vantaggi che ottiene colui che sa calcolare il proprio gioco
rispetto a tutti coloro che al contrario si affidano all'istinto
o alla routine. Dobbiamo ringraziarlo per le macchine di Markov
e per il principio del minimax: al cittadino marchese noi stringiamo la mano.

Precedette la ghigliottina. Se fosse tuttavia vero che nella sua cella lo trovarono
ucciso da una forte dose di veleno che da tempo seco recava, quali conseguenze trarne
in rapporto alla sua tavola storica del progresso del genere umano?
Spruzzi di bianco filosofale, frasi morbide come ovatta. Egli le scrisse dunque
col veleno già in bocca? Raccomandiamo cautela in caso di inalazione.
La barbarie è per sempre sconfitta. Un fluido ingenuo ci penetra nelle narici,
e noi ci chiediamo come stanno in realtà le cose, se questa sua filosofia
è scaramanzia, profumato sarcasmo, giaculatoria, monomania oppure bluff?

H.M. ENZENSBERGER - MAUSOLEUM -

mercoledì 2 dicembre 2009

Via del Campo a New York

travis

Peter Handke, nel suo bel libro "Il peso del mondo", "aforeggia" a proposito di come fosse stato colto dallo sgomento nel sapere che uno di quelli che considerava "un amico" non amasse affatto il film "Taxi Driver".
Amicicia finita, per farla breve!
Travis Bickle ha di che esserne contento, di certi comportamenti estremi!
Lui che mi ha sempre fatto tornare in mente "l'illuso di Via del Campo", che torna dopo aver combattuto in Vietnam; torna, e non ci capisce più niente. Il mondo è cambiato.
La graziosa sta sempre là, ma non è più Via del Campo: è una delle tante luride strade in un sobborgo di New York. Iris, con gli occhi color di foglia o color di strada che siano.
Ha dodici anni, Iris. E' una bambina? Una donna? Una puttana?
E' quella strada di New York!
E Bickle ci va, in quella strada, per salvarla. Scova i suoi "latitanti", e li stermina.
Il gesto non lo salverà del tutto dalla vendetta della società. Anziché trovare una dimensione collettiva in qualche "Attica", verrà inchiodato per sempre alla sua solitudine dentro la sudicia cabina di uno "yellow cab".
Solo. Come in un film di Scorsese. Come in una canzone di De André!

martedì 1 dicembre 2009

Cielo a carboncino



Una canzone bella e quasi struggente, questa "Charcoal Sky", dall'ultimo disco di Chip Taylor, "Yonkers"! Un disco di ricordi, una canzone per rievocare il bambino che metteva le monetine sui binari, affinché il treno le appiattisse, e il padre che parlava con l'amico macchinista a proposito di treni a vapore e di sogni americani. Una "train song", come non usa più, a stregare le orecchie e a rapire il cuore, sotto un cielo disegnato a carboncino. Dietro la prossima curva.

Charcoal Sky

Got a reservation – down at Neperhan station
Flatten your nickel's boys – and wave that train good bye
It'll be on time – it's the Hudson River Line
God Bless America & that Charcoal Sky

Boys this is Harry – he's the conductor for the Putnan Division
Now he's been doin' it for 18 years – and he's been my friend for nine
Harry this is Barry, middle son Jon and little Jamie
Tryin' to teach my boys about that Charcoal Sky

Repeat chorus

(Harry says) - Now since the 1860's, boys – we've been pushin' up steam
I still hear those wheels every time I close my eyes
And without that steam, boys – there'd be no American dream
Daddy said God bless you Harry – we'll see you by and by

Repeat chorus

Instrumental

Now wave goodbye to Harry boys – the caboose she's a rollin'
See him runnin' to catch up to her – don't he catch her every time
When he hops on board, boys - give a wave – it's time we started goin'
Soon around the bend we'll see that Charcoal Sky

Repeat chorus