mercoledì 10 giugno 2009

Françoise-Marie-Charles Fourier



C.F. (1772 - 1834)

Avete visto le polverulente anime nelle botteghe dei trecconi
e dei mercanti, gli stanchi scritturali e i commessi,
con le loro soprammaniche, i loro polverini e raschietti,
li avete visti, pieni di macchie d'inchiostro, declassati una volta per tutte,
sedere incatenati in perpetuo alle loro casse e ai loro scrittoi?
Il secolo dei generi coloniali e della concorrenza
ne pullula, ne abbisogna e non li tiene in alcun conto.

Immaginate dunque il suo letto freddo e il suo pane raffermo
e considerate quanto sia puntuale e rassettato e quali siano i suoi
divertimenti: al sabato sera una partita di biliardo,
un conversare col gatto, indi potare e annaffiare le piante.
Sì, a un vivaio somiglia la suia dimora, a una serra.
L'ordine regna tra le palme domestiche e la simmetria, e grave
aleggia un tanfo come di hascish, grave e verde nell'aria.

Con "imprecazioni annibaliche" maledice negozi e commerci,
ma invano. Perché a Rouen sottopone ai clienti rotoli di stoffa,
a Marsiglia rivende spezie, salmodia listini dei prezzi a Lione,
bestemmia coi sensali dietro le quinte della Borsa e ronfa offerte,
come ogni commesso viaggiatore percorre selciati, preme maniglie,
pesa pacchetti e deve, a Parigi, con la sua fantastica penna,
scribacchiare cifre e nomi per conti correnti d'estranei.

"Keplero", dice, "ed io". E su oscuri giornali annuncia
un dì la sua scoperta: "L'attrazione passionale,
l'armonia universale, il mistero dei quattro movimenti,
la determinazione matematicamente provata di tutti i corpi celesti
e dei loro abitanti", e la rivelazione di un'era di collettiva felicità.
Colombo, Newton, Descartes ed io: udite? "Ecco, arriva il matto!"
gli gridano appresso nei giardini del Palais Royal gli scolaretti.

Ma non lasciatevi ingannare: non è un "critico della società",
ne è il nemico. Fabula rasa, ovvero, "il dizionario assoluto".
E' questo il minimo. Così dev'essere. Poiché "le passioni
hanno sempre ragione, e il nostro errore non è di bramare troppo,
ma troppo poco." Udite? "Nella sua sorprendete opera, accoste
a un ammasso di stoltezze trovansi, sovente in verba oscuri,
assai ingegnose arguzie", in cui promette ora a venire
orgasmi e fiori, profitti e sfarzi, meloni e avventura.

Mirate con quanta serietà studia! Ama la scienza,
aborrisce la menzogna e viaggia con un metro da falegname
per misurare piazze e giardini. Di tutto parla, di tutto
s'intende e d'ogni cosa tiene registro. Cosa significa dunque
il melodramma, il cavolfiore e l'oro? Cos'è la tenia? la via lattea?
la massoneria? la banchina siberiana? il pipistrello, la cometa?
Swedenborg, dice, ed io, e sprofonda in allegorie.

Ma cosa farà mai di quelle sue tabelle di folle minuzia,
di quelle sue deliranti enumerazioni, di quei suoi manoscritti
rosi dai topi, sul "Nuovo Mondo dell'Industria e dell'Amore"?
Ve li regala! Avete inteso? vi regala i suoi calcoli,
le sue ordinate orgie e i suoi sistematici pasticci di frutta,
eccoveli, prendete le sue cerimoniali estasi,
i suoi erotici vaticini, e mangiate, e fottete, e bevete!

Basta, grida, basta con la noia! la monogamia! la censura!
la paura! il dovere! e la povertà! Abbasso, udite, ascoltate,
abbasso con l'ascesi! la gerarchia! e l'inferno industriale!
E chiama, e urla, e vocifera in quella sua lisa giacchetta
sotto il tiglio domestico, e balbetta preciso, e d'improvviso
il paradisiaco marchingegno, le molle, le camme, le bielle,
le ruote dentate ed elicoidali dell'armonia passionale

da sole, come per miracolo, senza sforzo, si mettono in moto. Vedete!
Lo volete adesso? come roteano e danzano l'una all'altra avvinta
in perfetto ordine, felici, le sue creature: fate e fachiri,
geni, cherubini, magnati, baccanti, eroine,
sibille, vestali, serafini, paladini e cortigiane.
Ora s'infiamma, millanta la propria ignoranza, si vanta
che nessuno lo conosca, lui, il profeta, il "paria della scienza".

Perché è "un garzone di bottega, che annienterà la cabala
dei filosofi e smentirà i quattrocentomila volumi
dei farisei!" (Com'è squisitamente confuso! Com'è sublime nel ridicolo!
Com'è astutamente ingenuo!) "Non sarebbe forse auspicabile", domanda,
"che avessi ragione io a dispetto di tutti?" E ininterrottamente
scrive a principi, imperatori, ministri, ambasciatori e banchieri
i suoi illeggibili memoriali, le sue petizioni e i suoi manifesti.

"Dovranno quindi", scrive solenne, "regnare gli istinti e gli umori,
finanche le manie e le fisse!" Ma presto sopraggiunge l'inverno,
gli rubano le idee. "Il domani è voluttà", scrive.
I suoi allievi con le loro lusinghe lo soffocano. "Evviva
la gozzoviglia!" Eppure non si fida di loro. "Il lusso, il superfluo!"
Freddo e riflessivo infierisce contro la marmaglia, amareggiato
distingue e si ripete, ingarbugliato in solitarie invettive.

Gli fa eco solo il silenzio. Osservatelo attentamente. Come tende
l'orecchio! Ha forse suonato o bussato qualcuno? Immaginatelo,
inflessibile e immobile come Bartleby, con gli occhi aperti, sarà,
o come Pécuchet al suo scrittoio, fiero e immodesto, una mattina,
la portinaia a trovarlo, sotto le foglie, morto, in ginocchio,
al quinto piano, nella Rue Jean-Jacques Rousseau,
tra vasi di piante, in un narcotizzante e verde odore di semi.


H.M. Enzensberger - Mausoleum -

2 commenti:

Guido Baldoni ha detto...

Veramente bello questo Mausoleum che vai proponendo a puntate! Peccato che risulti fuori stampa da decenni!

BlackBlog francosenia ha detto...

E apposta, lo pubblico a puntate! :-)
Armati di pazienza, e vedrai che, prima o poi, riuscirai a leggerlo tutto. Ad ogni modo cazzo, è vero, son trent'anni: la mia edizione è del 1979.
Come passa il tempo, quando ci si diverte :-)

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