mercoledì 1 ottobre 2008

il monopolio della violenza



Adesso che anche il cinema americano si occupa delle stragi naziste nell'Italia in "corso di liberazione", non evitando di suscitare le immancabili polemiche (che un pizzico di "revisionismo storico" non fa mai male, e attizza anche il mercato), dovrebbe essere giocoforza, magari, rispondere a Spike Lee ricordandogli le stragi compiute dagli alleati americani, rimaste avvolte dal silenzio diplomatico. Certo è che da Biscari a Comiso, fino a Piano Stella non è che i nostri
liberatori (di qualunque colore avessero la pelle) si siano comportati meglio, non dico dei nazisti, ma di quei partigiani che il cineasta americano accusa di aver abbandonato la popolazione del paesino di S.Anna.
Ma i silenzi - se non le menzogne - colpevoli non attengono solo agli "stranieri", amici o nemici che fossero. Esiste anche un bel silenzio su quanto riguarda invece l'attività dell'esercito italiano
nell'Italia liberata dagli americani!
Nel 1944, è già tornato Palmiro Togliatti, anche il partito comunista è entrato a far parte dei governi presieduti dal generale Badoglio, prima, e da Bonomi dopo.
Ed è in quest'Italia che il 19 Ottobre del 1944, a Palermo, scendono in piazza i dipendenti del comune, decisi ad ottenere un aumento salariale che li equipari ai dipendenti statali. Il corteo, da piazza Pretoria, intende muovere verso la prefettura per far incontrare una sua rappresentanza con il prefetto e con l'alto commissario per la Sicilia.
Alla notizia che nessuna delle due alte cariche si trova in città, la rabbia dei manifestanti comincia a crescere, e al corteo di tremila persone si unisce una piccola folla di disoccupati e di ragazzi,
giovanissimi, sbucati dai vicoli del centro.
Il viceprefetto, non sapendo cosa fare, allarmato, chiede l'intervento dell'esercito. Cinquantatre militari armati di moschetti '91 e bombe a mano Breda, agli ordini del sottotenente Lo Sardo, raggiungono Via Maqueda.
Si schierano in posizione di combattimento e aprono il fuoco, senza alcun preavviso, completando l'operazione con un fitto lancio di bombe a mano. Una carneficina, compiuta ai danni di persone armati di qualche pezzo di legno e di qualche latta vuota.
Il computo delle vittime, per lo più i "ragazzi dei Quattro Canti", è approssimativo.
Dopo giorni, la lista dei caduti - senz'altro parziale - arriva a comprendere ventiquattro nomi:

Giuseppe Balistreri - 16 anni
Vincenzo Cacciatore - 38 anni
Domenico Cordone - 16 anni
Rosario Corsaro - 30 anni
Michele Damiano - 12 anni
Natale D'Atria - 28 anni
Andrea Di Gregorio - 16 anni
Giuseppe Ferrante - 12 anni
Vincenzo Galatà - 19 anni
Carmelo Gandolfo - 25 anni
Francesco Giannotta - 22 anni
Salvatore Grifati - 9 anni
Eugenio Lanzarone - 20 anni
Gioacchino La Spia - 17 anni
Rosario Lo Verde - 17 anni
Giuseppe Maligno - 22 anni
Erasmo Midolo - 19 anni
Andrea Oliveri - 16 anni
Salvatore Orlando - 17 anni
Cristina Parrinello - 61 anni
Anna Pecoraro - 37 anni
Vincenzo Puccio - 22 anni
Giacomo Venturelli - 70 anni
Aldo Volpes - 23 anni

Le due donne, estranee alla manifestazione, vennero dilaniate da una bomba a mano lanciata nei locali della stireria dove lavoravano.
Il giorno dopo, in un manifesto firmato da tutti i partiti del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), si stigmatizzava "l'angoscioso travaglio del popolo smarrito che non ritrova la sua via nella ripresa del fecondo lavoro"!
Senza dimenticare di evidenziare che "le folle tumultuanti, per quanto degni di considerazione siano i motivi che le agitano, potrebbero, in questo delicato momento, inconsciamente, servire a fini anche diversi dal pubblico bene.".
Ma, del resto, l'uso legale della forza, nella Sicilia post-bellica, è regolato dalle disposizioni precise di una circolare del 31 Agosto 1944 che invita ad usare reparti dell'esercito per servizio di ordine
pubblico e ad agire contro il popolo senza esitazione.
E "ad aprire il fuoco, anche a distanza, con mortai e artiglieria, senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche".
Il generale Taddeo Orlando, firmatario della circolare, è cresciuto alla scuola dei criminali fascisti all'opera in Slovenia. Dopo la fine del conflitto, viene amnistiato e ricompensato con la carica di
comandante generale dell'Arma dei Carabinieri. In tale veste, fra le altre cose, favorirà la fuga di Mario Roatta che era stato condannato all'ergastolo per l'omicidio dei fratelli Rosselli.
Inutile aggiungere che tutti i militari colpevoli dell'eccidio di Via Maqueda verranno assolti da qualsiasi accusa (che poi si ridurrà al solo "eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi"), in un processo farsa che si concluderà con un riconoscimento di colpevolezza, da parte della corte, e da un contemporaneo non luogo a procedere per sopraggiunta amnistia.
Solo cinquant'anni dopo, nel 1994, l'ex-fante Giovanni Pala, roso dal rimorso, intervistato da un giornalista, dirà tutta la verità.
All'interno di Palazzo Comitini, oggi, al riparo degli occhi indiscreti degli ignari passanti, una lapide ricorda i caduti di Via Maqueda.

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