martedì 22 aprile 2008

Com'è bella l'avventura!



Tarzan. Tarzan delle scimmie (Tarzan of the Apes) viene pubblicato a puntate, dapprima sul pulp "All-Story Magazine", nel 1912 e, poi, nel 1914 appare in volume. E' il delirio. L'America che sente lontana la guerra mondiale, nel mentre che sta liquidando anarchici ed estremisti di ogni tipo, entra nel suo secolo delle meraviglie ed elegge Tarzan come suo deputato nel parlamento dell'immaginario. Tarzan è un pioniere che si riallaccia direttamente ai miti e alle tradizioni dell'America, la quale si prepara, proprio in quegli anni, a mettere in banca questo bagaglio. Ma è anche un Lord, di puro sangue inglese, come tutti gli americani veramente degni di questo nome. Si dice che, nel profondo, Tarzan sia ancora un animale, ma è vero piuttosto il contrario. Tarzan è un essere civile, tanto più che la sua cultura emerge sempre, innata. Un carattere forte e determinato che giudica invivibile la civiltà, solo perché sa che la civiltà autentica non è mai stata data. E' lui che se la porta dentro, e lui solo l'incarna, la vera civiltà. Coltiva idee di legge ed ordine che sono "rimemorazioni" di leggi soppresse e di un ordine antico. E' un trasgressore che ha rotto con il mondo delle convenzioni che si riproducono sulla scena di una storia che è storia venduta al nemico. Assai lontano dall'essere l'uomo naturale di Rousseau, non si lascia per niente ricondurre al sogno di regressione del progresso. Del progresso, non sa nulla! Non ne sa il bene, non ne sa il male. Più che rifiutarlo, lo ignora. Aristocraticamente. Non è un'opera di beneficenza e nemmeno un'organizzazione di soccorso, come saranno certi super-eroi a venire. Chi si deve liberare, che si liberi da sé solo! Lui lavora per sé stesso, per il proprio piacere, in nome dell'avventura e del diritto. Tarzan si aggira nell'area dell'immaginario come un fantasma inquieto, severo e irresistibile. La vita quotidiana assume connotazioni allarmanti: i quattro passi nel parco per portare il leone a far pipì, l'asilo dei bambini che è una capanna in cima ad un albero altissimo con una scimmia per tutrice, insomma il mondo rischiarato dalla filosofia, quasi l'originaria promessa della borghesia!
Il Tarzan cinematografico è una mistificazione di cui il "Io Tarzan tu Jane"ne esprime tutta l'insufficienza. Tarzan nella giungla propriamente detta, al più soggiorna, dimora. Prende il sole fra un'escursione e l'altra.
L'Africa di Tarzan, infatti, è la geografia di un mondo stravolto, dove converge tutto cià che la storia ha bandito, distrutto, soppresso, eliminato, calunniato e bruciato sul rogo delle ideologie. Dai quattro, ma forse sono anche di più , punti cardinali arriva di tutto, sull'Africa di Tarzan. C'è Opar, estrema propaggine dell'antica Atlantide, col suo ceppo genetico degenerato in cui i maschi sono scimmioni neanderthaliani e le femmine tutte stelline hollywoodiane. Ci sono antiche colonie greche, romane, egiziane, fenicie. Ormai perdute. Non mancano borghi medievali dimenticati, imperi di piccolo cabotaggio fondati da scimmie, popoli lillipuziani. C'è perfino una falsa Londra abitata da scimmie che sono state mutate da uno scienziato pazzo assai bizzoso! E c'è Pal-U-Don, ovviamente, una delle tante "terre dimenticate dal tempo" che hanno fatto la fortuna di Edgar Rice Burroughs, con la sua fauna primordiale di dinosauri e polli da combattimento. Tutto quanto, senza contare i popoli paraumani di esseri neri pelosi e con la coda, ma anche bianchi, glabri e sempre con la coda. Per accedere a Pal-U-Don si attraversa una strana palude che, presumibilmente, conduce in un altro tempo e in un'altra dimensione, oltre che in un altro luogo. Forse in un lontano passato. Non si sa e non importa. Ci sono anche "incroci" con altre saghe di Burroughs, come con "Pellucidar", un altro posto che ricorda molto da vicino Pal-U-Don: strane popolazioni, umane e non, animali preistorici e una vegetazione sconvolta. In tutti questi posti Tarzan impazza!
E' la geografia, questa geografia, la chiave per capire le storie di Tarzan.

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