giovedì 3 gennaio 2008

Marx a Detroit e ... Totò a Cleveland



Il remake, al cinema come in altri territori, di solito è sintomo di mancanza di idee. Oppure no. Oppure si potrebbe anche configurare come supremo gesto d'amore. Simile, nella sua dinamica, a quello che Héctor German Oesterheld fa dire ad Ezra Winston (uno dei personaggi del suo Mort Cinder, disegnato da Alberto Breccia), a proposito delle "copie" di un'opera d'arte, che sarebbero superiori all'originale, in quanto recherebbero in sé, oltre alla bellezza anche l'amore per l'originale!
E magari questo "Welcome to Collinwood" non sarà certo superiore a "I soliti ignoti", ma riesce a trasmettere come un senso di stranita ammirazione per un'operazione che traspone nell'odierna Cleveland la Roma del dopoguerra, con cinque squinternati (più un George Clooney su una sedia a rotelle che interpreta il ruolo che fu di Totò) che non avrebbero niente da invidiare agli originali, se non fosse per il continuo richiamo del cuore.
Non saprei davvero quale, delle due cinquine di ladri, definire più improbabili!
Poche e piccole variazioni nello script, giusto per evidenziare le poche e piccole differenze fra le due locazioni, fra cui il finale.
Ché non c'è pericolo, a Cleveland, che un sottoproletario possa cadere nella trappola del lavoro!
Insomma, un film da guardare. Con indulgenza e con l'attenzione dovuta alla somiglianza e alla differenza. Col cuore.

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