martedì 8 maggio 2007

Homenaje



Non so se sia, o sia stato così, per tutti, ma il mio gusto di leggere ha da sempre attraversato come dei "periodi". Ne ricordo molti, di questi periodi. Joseph Roth, per esempio. Da "il profeta disarmato" in poi, mi ritrovai a leggere tutta la sua opera omnia. Era facile, era già morto al momento in cui cominciai a leggerlo. E anch'io, credo come molti, ho avuto un "periodo russo". E così per molti altri. Spesso, mi è anche successo di accumularli, i libri dello scrittore che in quel momento mi attrae (una "fittonata", la chiamano a Firenze), per poi scordarmi di leggerne qualcuno. Assomiglia a quando, mentre indossi una vecchia giacca che non mettevi da tempo, infili la mano in tasca e ne tiri fuori una bancanota spiegazzata. Magari di grosso taglio! E così è stato, settimane fà, quando mi sono ritrovato in mano il corposo "Te li do io i Tropici" (stupido titolo "grillesco" per la traduzione italiana di "Asì es la vida en los pinches Tròpicos") di Paco Ignacio Taibo II.
Non è un romanzo (per lo meno, non è solo un romanzo), bensì una serie di scritti difficilmente classificabili, fra cui anche romanzi, o abbozzi di essi. Taibo. Ricordo che divorai almeno due suoi libri, leggendoli d'un sol fiato, senza mai richiudere le pagine prima di essere arrivato alla parola fine. Ricordo anche che rifiutai la proposta di un mio amico - in quello stesso periodo - di farmelo incontrare a cena, ad uno stand del festival dell'Unità di Firenze, dove aveva tenuto una sorta di "conferenza", a cui io ovviamente non ero andato. Ne conoscevo le "passioni", e devo confessare che alcune mi trovavano in ... disaccordo. Come quella per la coca-cola, e quella per la musica di Santana! Altresì, ero affascinato dalla sua capacità di raccontare storie, in margine alla storia principale. Frammenti, quasi, che rilucevano di un fulgore quasi accecante. Uomini, più che pezzi di letteratura, che si muovevano sulla pagina. E realizzavano quella massima che Taibo dice non sapere se essere sua, o se averla letta in un libro di Salgari:

"Non è la letteratura che deve imitare la vita, è la vita che deve imitare la letteratura".

Così fra le tante cose che ci sono dentro questo libro, scelgo e ricopio questa storia. Per la voglia di imitarla che mi fa venire!
Ah, dimenticavo, Paco Ignacio ha sempre dichiarato di essere diventato ateo, quando ha scoperto che in chiesa era proibito fumare. E io non vedo l'ora di poter leggere la biografia di Pancho Villa che dovrebbe uscire a breve per Marco Tropea!
Ah, ridimenticavo, mi è successa una cosa simile, riguardo una carta verde, transitando per l'Austria.

La Guerra Contro l'Olanda

...fui trattenuto dai doganieri dell'areoporto di Schiphol che pretendevano di farmi pagare le tasse su quattro stecche di sigarette spagnole di tabacco nero che portavo con me.
Facendo appello al buon senso, li informai che le sigarette erano spagnole e che la Spagna, come l'Olanda, si suppone essere un paese della Comunità Europea. Mi spiegarono che, dato che le avevo acquistate in Messico in un negozio duty free, non c'era niente da fare, dovevo pagare.
Feci notare che nel loro paese ero solo di passaggio, e che, anzi, nel loro paese non c'ero nemmeno entrato ma che mi trovavo nei corridoi di "transito" dell'areoporto, diretto in Italia, che le sigarette me le sarei fumate in Italia, in misura di tre pacchetti al giorno durante ventisei giorni di conferenze, che non mi piacevano le sigarette italiane e quindi mi portavo dietro quelle spagnole. Che per dimostrare che erano per uso personale e non volevo specularci sopra ero disposto a scartare tutti i pacchetti.
Niente.
Domandai quanto devessi pagare. Mi dissero sessanta dollari. Dato che le sigarette mi erano costate cinquantadue dollari, mi parve un'esagerazione. Risposero che le tariffe erano quelle. Pretesi di vedere il tariffario, me lo mostrarono. Ogni stecca, venti dollari, una poteva passare esentasse, le altre tre ...
In quei momenti mi sentivo vittima di un'estorsione legalizzata, una rapina legalizzata su scala internazionale.
Dissi allora che non avevo alcun problema a pagare le tasse ma che mi rifiutavo di farlo in Olanda, che avrei pagato la somma alle autorità italiane, che siccome avrei fumato le sigarette in Italia...Niente. Impiegati pubblici che fanno orecchie da mercante.
Le due doganiere bionde che avevo di fronte erano come un muro di gomma. Le parole entravano da un orecchio e uscivano dall'altro.
Domandai dunque quale legge internazionale permettesse loro di imporre tasse su qualcosa che non sarebbe transitato per il loro paese, dissi che esigevo un documento che certificasse che i sessanta dollari sarebbero stati versati al fisco italiano.
A quest'ultimo attacco non si degnarono nemmeno di rispondere.
Dissi che allora mollavo le sigarette, le avrei buttate in un cestino dell'immondizia sotto gli occhi dei doganieri. Mi obiettarono che non potevo farlo. Che loro potevano requisirle se non pagavo le tasse.
Fu il mio turno di dichiarare che non se ne parlava nemmeno. Che se non le lasciavo di fronte al posto di dogana, non le avrei certo consegnate a loro, che le avrei fumate una dopo l'altra, avrei perso un giorno e l'aereo, oppure le avrei distrutte. Vendetta apache.
Le amabili doganiere bionde chiamarono un poliziotto.
Pensai di chiamare qualcuno anch'io. Ma saranno dodici anni che non ho un avvocato e pensare di parlare con l'ambasciata messicana mi sembrava ancora peggio che lasciarmi turlupinare dallo stato olandese. L'ambasciata messicana poteva pretendere parte del bottino e scucirmi altri venti dollari, secondo la migliore tradizione del governo PRI messicano che dice: prima intasca e poi domanda.
Così, pur protestando, pagai i sessanta dollari e me ne andai a prendere la coincidenza per l'Italia, con in mano la ricevuta che allego a queste righe.
Di conseguenza, signor ambasciatore, voglio dirle che ruminando il sentimento di odio che mi aveva invaso, ho preso le seguenti decisioni, le stesse che vado a comunicarle per rendere pubblico questo atto.
Di fronte all'azione di pirateria statale subita in Olanda, e per far sì che l'impotenza del cittadino nei confronti dello stato non diventi sottomissione e poi costume, dichiaro guerra allo Stato olandese con le seguenti conseguenze:
a) non prenderò mai più un areo della linea KLM per tutto il resto della mia vita, non transiterò per alcun aereoporto olandese fintanto che non mi saranno restituiti i miei sessanta dollari;
b) tiferò contro tutte le squadre di calcio olandesi, ovunque giochino, e contro chiunque giochino, Aiax incluso;
c)ruberò saponi, fiammiferi e salviette in tutti i bagni di istituzioni olandesi, musei, ambasciate, rappresentanze commerciali ecc., in cui mi capiti di incappare per tutti i giorni a venire;
d) infine, nei miei prossimi romanzi, i burocrati più figli di puttana che i miei personaggi dovranno affrontare saranno di nazionalità olandese;
e) va da sé che escludo da questa dichiarazione di guerra il degno popolo olandese, della cui amabilità, solidarietà e senso dell'umorismo ho avuto prova in molte altre occasioni, e che sospetto angariato come me dalla burocrazia del proprio paese.

Distinti saluti
José Daniel Fierro,
Città del Messico

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