martedì 24 aprile 2007

Libri di testo per un corso di educazione alle lacrime!



E' scirocco: non asciuga niente!
Già, non asciuga niente quando c'è scirocco. Lo sa bene la madre di Girolamo De Michele. Non asciuga niente. Tantomeno le ferite. Non s'asciugano nemmeno i ricordi. I ricordi, quelli che si portano dietro le parole, gli avvenimenti e le facce. Facce come quella di De Michele, sbirciata su un numero di "Panorama” che parlava di Wu Ming e dei Quindici, e poi conosciuta a Perugia, ad un concerto di Lolli. E' una faccia giusta, la sua. Serve a "confermare". Semmai ce n'era bisogno.
"Tre uomini paradossali", già lo aveva sussurrato alle orecchie, con voce sommessa e sicura. Ma le seicento (600!) pagine di "scirocco" non lasciano adito a dubbi. Ci si può specchiare in quella faccia, e in quelle pagine. Scivolano via, mentre ci parlano di noi.
"Non parlarle di te, parlale di lei!", era il consiglio prezioso che un amico "sgamato" regalava a mio figlio diretto verso il suo primo appuntamento. E di "noi" ci parla De Michele. Con semplicità.
Dall'inizio alla fine.
Siamo fuori, ci sono rimasti solo i territori della cosiddetta illegalità dove continuare a muoverci per poter dire. Hanno ragione gli Evangelisti, i Genna, i Quadruppani, i Battisti. Ormai solo il "polar", il "noir", può essere la cifra del nostro raccontarci. Alla faccia degli sceriffi-sindaci, svezzatisi a misurare i tempi alla catena di montaggio. Caporali! E non siamo più nemmeno i Richard Dreyfuss/Moses Wine detective, "private eyes" che si commuovono fino alle lacrime a rivedere i filmati d'epoca di quando eravamo giovani.
No. Noi (ho detto noi!!??) siamo giovani, e lo rimarremo per sempre! Tale è la condanna,o la maledizione, e i libri come questi servono a ricordarcelo.
Così, Per meglio riuscirci, si muovono su territori neutri e si contaminano con tutto quel che è rimasto vivo. C'è di tutto, dal parlamento dei corvi della "swamp thing" di Alan Moore alle "falangi dell'ordine nero" di Enki Bilal, senza trascurare la elektra di Frankie Miller, e tutto Neil Gaiman. Ma anche Alan Ford. Fino a Will Eisner, per restare sul territorio dei "fumetti".
Un elenco di canzoni occhieggia, alla fine del libro. Original Soundtrack. Anche se non esaustiva di tutta la musica, e i versi, che risuona dentro le pagine. Donald Fagen e Fabrizio De André. Bob Dylan e la sua Hard rain che gonna fall. I Waterboys e Claudio Lolli, per una storia che passa per le strade di Bologna e arriva fino a Taranto.
Improbabili commissari di polizia e partigiani dai "nicknames" altrettanto improbabili. Barboni che si fanno di chinotto. Hacker e puttane d'alto bordo che escono da una generazione per entrare in un'altra. Parroci che, nella cantina insieme al sangiovese, conservano sten ben oliati. E il tempo, il tempo che non passa. Il tempo che resta, dal 1945 al 1969, al 1977. Vecchi conti da riscuotere, il sud forse inesistente di "mo' che il tempo si avvicina" e dei treni di Reggio Calabria. La tequila e il caffé. Una disanima della risata, breve e fulminante come la risata che avrebbe dovuto seppellirli e il conforto che la mia fissazione sulla libertà al singolare, qui allargata anche alle "ingiustizie", non è solo mia, da quando mandai in culo il professor Sartori, durante l'esame di scienza della politica, negandogli il diritto di poter affettare la libertà, come il salame, per riporla dentro la vaschetta della cosiddetta democrazia.
Ma si sa, ora il professor Sartori è un "compagno" nello schieramento dello sceriffo di cui parlavo più sopra. Dovrebbero salvarci dai Berlusconi e dai Fini. Sembra di stare dentro quel racconto di Sheckley, dove si costruiscono dei robot volanti predatori per distruggere gli "uccelli da guardia" che sono stati incautamente creati per salvaguardare gli esseri umani, e che si sono trasformati da protettori in carnefici. Chi ci salverà dai salvatori?
Ma forse è davvero tutto solo e sempre un western. Solo che ora non è più quello visto con gli occhi un componente della "colonna John Wayne". Non siamo più "estranei e forti", come riassume Cesare Battisti in "Cargo sentimental" con una felice espressione (ma questa è un'altra storia, e un altro libro di cui ho potuto leggere solo qualche frammento tradotto in "L'arte della fuga", a cura di Alberto Prunetti, Stampa Alternativa, 10 euri). Ora è la "colonna Clint Eastwood" alla regia. Niente più "Tore" che, a Reggio Calabria, entra nel vicolo da dove provenivano le provocazioni dei fascisti, dopo aver sfondato il cordone del sindacato, e torna fuori pulendosi le mani, applaudito dagli operai dell'Italsider. Niente più sfide, ad attendere la macchina della polizia, a gambe larghe, piantati in mezzo a Piazza Oberdan, con il tascapane a tracolla e le bottiglie in mano e la pantera che fa marcia indietro e si dilegua. Niente più "Mustaki" che si precipita fuori dalla sede di Lotta Continua, armato di piccone, e insegue il ceffo che era venuto a minacciarlo armato di pistola e gli conficca il piccone nel cofano della macchina dove il malcapitato si era rifugiato. Niente più.
Un mondo meraviglioso, se solo non ci fosse la sofferenza. O se, forse, si smettesse di dare tutta questa importanza alla sofferenza.
Ce lo ripetono, alla fine del libro, le voci di Shane McGowan e di Nick Cave, mentre il libro finisce come un fumetto di Corto Maltese, come un libro di Neil Gaiman. E il vento continua a soffiare. E non asciuga niente.

Girolamo De Michele
"Scirocco"
Einaudi Stile Libero Noir - pp.594 - Euri 14,50
Finito di stampare nel giugno 2005

L'amore degli Insorti

Succede, succede che non te lo aspetti. Perlomeno, non te lo aspetti così. Leggi una breve recensione su un giornale, e il libro ti incusiosisce. Cerchi, allora, una scheda dell'editore su internet che ti conferma a proposito della storia di un probabile scampato alla polizia e ai pentiti, uno dei tanti a contare oltre il numero dei seimila finiti in carcere in quegli anni. Uno di quelli che "l'ha fatta franca"! Poi, sulla scheda, vedi, e segui, il rimando ad un "url". Un link che porta a leggere le parole di Pino Cacucci a proposito di una storia il cui titolo è preso da una frase in un racconto di Erri De Luca.
Leggi tutto, avidamente, fino a toccare quasi con mano la "volontà di possesso" del libro in questione. Così esci e lo compri, il libro, e cominci a leggerlo. E non ti riesce di non continuare a leggerlo, fino alla fine. Ogni pagina, ogni frase come un colpo di lametta sulla carne. Tagli che fanno sanguinare, e il sangue scorre per dare colore e visibilità al nostro oramai invisibile.
Ma è l'unico modo che ci è rimasto per farci raccontare la nostra storia! Per raccontarla, di modo che anche gli altri sappiano, senza che per questo "si debba pretendere che un'intera generazione si umilii al punto di gettare via il proprio passato, per vederlo scorrere nelle fognature dei salotti televisivi".
Tagli nella carne, fino alla domanda finale, formulata a chiare lettere - "potevate imboccare un'altra strada?". Senza risposta, forse.
E in mezzo tutto il resto. Tutto. Tutto quanto. Da Carrero Blanco ai brindisi alla morte di Calabresi. "Le scelte condivise, e quelle non" .Tutte.
La musica, anche: gli Stormy Six che suonano e cantano la morte del presidente Mao, indigeribile per che era abituato ai re-la-sol di Guccini e Masi (testuale); il Banco del Mutuo Soccorso in piazza Navona, il primo maggio de 1975, per festeggiare la vittoria vietnamita. Lolli e radio Alice, con quel pianoforte che suonava sulle barricate.
La voglia, il bisogno di dire e quello di difendersi. Lo so bene chi è la compagna a pagina ventidue, lo ricordo bene il sorriso beffardo del funzionario capo, mentre la bara di zinco usciva dal portone. No, non era Clara il suo vero nome.
Le scelte condivise e quelle non. Il comizio, e la cacciata, di Lama dalla "Sapienza" di Roma.
Poteva essere imboccata un'altra strada? Forse. Ma i morti - dice Paolo Emilio Calvesi, il protagonista - sono morti, i nostri e i loro, e per di più non siamo stati noi a cominciare! La morte di Angela, nel libro, è una coltellata. Senza lacrime e senza rabbia. Segna, in qualche modo la fine del percorso. Le scelte condivise e quelle non! Qualcosa di diverso poteva essere fatta, se solo ci si fosse sentiti dalla stessa parte. Come quel giorno, a Firenze, con i Rodolfo Boschi, di cui nessuno ha mai più parlato. Meglio parlare di "poveri untorelli", vero?
Il libro "L'amore degli insorti" finisce con una rivelazione che non ha alcun sapore di colpo di scena, come è giusto che sia. Finisce, soprattutto, una ventina di pagine prima della parola fine, con una lunga poesia di otto pagine, quasi un poema a verso libero che riassume e sintetizza tutto, col suo romanticismo che eravamo noi.

"E mi rimane, infine, la certezza che si possa sbagliare dalla parte giusta schierati a protezione di un'intesa tra l'utopia di chi insegue gli orizzonti e gli orizzonti stessi che si spostano per noi come se fossero le guide di un cammino in fondo al quale scavalcare il mare per ritrovare lì l'amore degli insorti che solo noi sappiamo pronunciare".

Dopo "Scirocco", di Girolamo De Michele, "L'amore degli insorti" di Stefano Tassinari è un'altra lezione nel corso di "educazione alle lacrime". Grazie Stefano!

Stefano Tassinari
"L'amore degli insorti"
Marco Tropea Editore - Pag 175- Euro 12,00
Finito di stampare nel novembre 2005

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