mercoledì 13 dicembre 2006

storie di lotta continua



L'ho letto, il libro di Ico Gattai. "Mamma dormo fuori". L'ho letto quasi tutto d'un fiato. Mi sono divertito, ed ho riconosciuto chi doveva essere riconosciuto. Civetterie d'autore, forse. No, forse no. Forse semplicemente un qualcosa di ineludibile, la figura del "maestro". Lo era a pisa, e doveva per forza esserlo anche nel romanzo. Ricordo, a proposito del "maestro", come rimettedendo in ordine, all'archivio "il 68", i faldoni del fondo dell'avvocato Sorbi, ero incappato in una gustosissima cronaca giudiziaria del 1966 e 1967, a base di parà e capelloni, e di chitarre sfasciate sul capo. Anche lì imperversava la figura del "maestro". Ma questa è un'altra storia, anche se forse no. Non del tutto. Comunque ho ritrovato nel libro di Gattai, quel ritmo, quell'aria che non riesco a trovare nelle ricostruzioni serie di quella - Lotta Continua - che rimane una realtà che ci ha investito e pervaso un po' tutti, noi di quel paio, o tre, di generazioni. Anche, ma vi verrebbe da dire "soprattutto", coloro che non ne facevano parte! Mi è sembrato il modo migliore di raccontarla, la storia. O meglio, le storie. Perché di storie si tratta, più che di una storia monolitica. E quella di Gattai è, a pieno titolo, una storia di lotta continua. Una delle tante! Non sfigurerebbe affatto, anzi, accanto a quelle che conosco io. Direttamente, o che mi hanno raccontato altri. Quella di "pasquino", a Piombino, ad uno dei tanti processi contro il potere operaio pisano che, all'ennnesimo invito a togliersi la papalina di lana, risponde facendo notare al carabiniere che anche lui ha un berretto in testa. E quando quello ribatte dicendo di essere in servizio, sbotta con un "... e perché, io sare qui a divertirmi?". Quelle che giravano intorno alla più variopinta delle sezioni di elleci: quella di Siracusa, composta dalla più variegata provenienza di sinistra che si fosse mai vista. E una sede, in via Resalibera, nel ventre di Ortigia, che assomigliava a tutto - da un mercato ad un asilo nido - meno che ad una "sede politica". Praticamente, in essa era confluito tutto: dagli operai della montedison alla fuci. Dagli stalinisti agli anarchici. Alla prima uscita di piazza, vennero massacrati dalla polizia! Chissà dove sono adesso i miei amici. Aldo Taranto e Alfredo Di Pasquale. Storie. Come quella di Lotta Continua di Firenze, che venne "oltraggiata" da Adriano Sofri, quando per organizzare il comizio a Pisa, per la morte di Serantini, prese direttamente contatto con gli anarchici del "Gruppo Durruti". Ma a Firenze c'era anche il babbo di Moreno - che era di LC, non il babbo, Moreno - che aveva una friggitoria in Santa Croce. Quante volte ci ha sfamato, gratis, quando non avevamo una lira per mangiare. Adesso c'è una pizzeria di lusso, al suo posto, proprio di fronte al Cibreo. Che è del Picchi, che non era di Lotta Continua, ma avrebbe potuto esserlo, considerato che lo è stato uno come Pietrostefani! E la faccia trionfante di Maurizio Lampronti, quando sul quotidiano uscì un articolo di fondo a proposito di Trozkismo e Stalinismo, di mano del gran capo in persona, che argomentava dicendo il trozkismo non esistere e, rincarando la dose, defineva lo stalinismo parte costituente del nemico di classe. Era il 1972. Già, la faccia di Maurizio era il reciproco della faccia di Andrea "formaggino" Montagni.Storie di lotta continua. Non so se quella di Ico sia una storia buona, o una storia "giusta", ma è una storia. Giusto una storia. Di lotta continua.

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