mercoledì 11 ottobre 2006

La guerra di Max


Mi chiamo Max, Max Hölz. Per farla breve, sono quello che ha sparato in testa a Piero, mandandolo a dormire in un campo di grano, vegliato da mille papaveri rossi. Sono nato a Moritz, nella Sassonia tedesca, e avevo ventotto anni quando mi imbattei in Piero. Devo dire che l'incontro con Piero mi ha salvato la vita, ma solo perchè prima di cadere, in fondo a quella valle, Piero riuscì a premere il grilletto, lasciando partire un colpo provvidenziale che mi raggiunse ad un piede. Era appena cominciata l'offensiva dell'autunno del 1918 e, grazie a quella pallottola, venni dichiarato inabile al combattimento e rispedito a casa. Non avrei voluto ucciderlo, giuro. Fu solo un riflesso automatico. Se avessi avuto il tempo di riflettere non gli avrei sparato in mezzo agli occhi. Non cerco scuse. E' così. Non era un bel periodo per me, quello. Stavo cominciando a capire il mondo.E il mondo stava cambiando. Aveva cominciato un anno prima, a cambiare. Febbraio, ottobre, soviet, operai armati. Trotzkji ha la barba? Avranno capisquadra nelle fabbriche? Servono gli autisti nel socialismo? E le maschere dei cinema? Domande. Quante domande! E mentre me le ponevo ancora, mi dettero una pensione di quaranta marchi e mi rispedirono a casa, dalla mia Clara che, diversamente da Nina, avrebbe riabbracciato il suo uomo. Arrivai a Falkenstein zoppicante e febbricitante, dopo aver viaggiato su un treno occupato da migliaia di disertori. A Kiel era cominciata la rivolta dei marinai, il kaiser aveva abdicato. Prima di dirigermi a casa, chiesi se esisteva un consiglio di operai e soldati: nessuno ne sapeva niente. Scrissi a mano dei volantini di convocazione per una riunione allo scopo di costituire il consiglio. Li appiccicai alla stazione e nel municipio, poi andai da Clara. Cominciai a lavorare per una rivoluzione che aveva già quasi cessato di essere tale. L'SPD (socialisti maggioritari) la stavano togliendo di mezzo. Nel gennaio del 1919 si verificò il primo scontro: gli spartachisti dichiararono l'insurrezione a Berlino. Fallì. Rosa Lucemburg e Karl Liebknecht vennero assassinati. Ebert, un socialista maggioritario, venne eletto presidente del reich, l'11 febbraio. Cominciai a cercare, disperatamente, un punto d'appoggio. Fondai la sezione locale del KPD (partito comunista tedesco) a Falkenstein, e cominciai a guardarmi intorno.

Una zona industriale distrutta, migliai di disoccupati, almeno tre o quattromila. Un corteo. Marcia sul municipio e lo occupa.Si reclama carbone e cibo. Il sindaco chiede aiuto militare a Dresda. Arriva l'esercito e dichiara lo stato d'assedio, occupa la città, arresta diversi membri del consiglio dei disoccupati. Il sottoscritto se la svigna, ma senza allontanarsi troppo: "lo stile Hölz", bisogna sempre stare vicini al punto dove può risorgere l'azione, durante la fuga bisogna mantenere sempre la vista e la distanza corte, non bisogna allontanarsi dai compagni, anche se bisogna farlo dalla polizia; una vera teoria delle distanze!

Decisi di passare al contrattacco. Un corteo di disoccupati, riunito in fretta e furia. Marciammo, cantando, sul municipio difeso da soldati che avevano montato un paio di mitriagliatrici. Apostrofai l'ufficiale, chiedendo chiarimenti sullo stato d'assedio. Un bel bluff! E mentre quello, sconcertato, chiese due ore per consultare i suoi superiori, la folla, nel frattempo riunitasi, aveva circondato il municipio. Guidai un assalto che aveva della farsa: gli operai buttavano a terra le mitragliatrici, fraternizzavano coi soldati e toglievano loro i fucili (con le buone? con un sorriso? indicando il calcio della pistola alla cintola?). Seguirono diverse settimane di pace. Ma non amavo stare con le mani in mano. Andammo a confiscare il cibo nelle case dei padroni per distribuirlo nelle case dei miserabili. Non mi bastava. Cominciammo a portare l'organizzazione nei paesi vicini. Cominciammo a tassare i capitalisti. Col denaro ottenuto finanziammo il reparto mensa per i disoccupati. Il 3 luglio, la zona temporaneamente liberata arrivò alla fine.
Un reggimento invase Falkenstein. obbiettivo?: casa mia.

Cento soldati che lanciano bombe a mano nel giardino e mi mitragliano il camino, e io ad osservarli da una collinetta vicina.(...) Ne sono successe di cose, da allora. Ed è sempre Piero che mi tornava in mente, ogni volta che riuscivo a scamparla, a farla franca. Fino alla fine, quando sono stato ritrovato morto che galleggiavo sulle acque del fiume Oka, un piccolo affluente del Volga vicino a Gor'kij, in Unione Sovietica. Galleggiavo proprio come quei cadaveri che, nella canzone, avevano soppiantato i lucci argentati. Avevo delle ferite sul viso ed, in vita, ero un eccellente nuotatore. Credo proprio sia stata la GPU di stalin ad assassinarmi, e due sono i miei più grandi crucci: il fastoso funerale che ebbero la spudoratezza di celebrare, il 9 settembre 1933, per congedarsi dal "grande rivoluzionario tedesco" e il fatto che Fabrizio De André non abbia mai scritto una canzone sulla "Guerra di Max"!

Sono stato considerato, dai socialdemocratici, un pericoloso avventuriero, dai comunisti ufficiali un irresponsabile e un traditore, dalla sinistra comunista un anarchico e dagli anarchici un leninista Poi, con la morte di coloro che avevano combattuto al mio fianco (morti, massacrati dai nazisti e dai campi di concentramento staliniani) il mio nome e le mie vicende sono stati dimenticati da tutti. Poi, negli anni ottanta, una mia statua (tentativo di riabilitazione all'acqua di rose svolto dalla burocrazia poststalinista) venne posta in una piazza della città di Hettstedt (uno dei tanti teatri delle mie "scorribande"). Fino a quando, nel marzo 1990, con le prime elezioni dopo la caduta del muro, trionfarono i conservatori della CDU, e una delle loro prime azioni fu quella di togliere la statua per deporla nella cantina del museo. Allora, un gruppo rimasto anonimo raggiunse Hottstedt e, con un operazione lampo, "liberò" la statua. La leggenda vuole che più tardi questa statua sia stata ritrovata in una casa occupata di Halle, ma, di fatto, la statua fantasma è a tutt'oggi introvabile.

Max Hölz

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