lunedì 2 ottobre 2006

Guccini, ancora!



Lo chiamavano "il vate", il nome di tutta una vita,
segno di una rivoluzione perduta, di una lotta finita.
Lo vedevi arrivare con lasagne e depliants di rutelli
mentre i suoi vecchi fans si strappavano tutti i capelli
Dopo qualche fiasco di vino, con versi un po' ironici e amari
cantava di locomotive, di simboli ed eroi proletari.
E cantava, cantava, con Cofferati che stava a sentire
mentre il coprifuoco a Bologna andavano ad istituire.
Viveva di tutto e di niente: di vino che muove i ricordi
di articoli sull'unità, di dei e cantanti ormai sordi.
Canzoni da avvinazzato, con dentro bandiere e violenza
storie di sbornie ed amori, di cui poteva ormai fare senza.
E quelle sere d'estate sapevan d'amore e di rabbia
cantate con voce urlata per poter romper la gabbia.
Ma non ho ancora capito, mentre lo stavo a ascoltare
chi volesse prendere in giro, con il suo periodare.
Ma non ho ancora capito, fra interviste e letteratura,
quale fosse davvero la sua vera natura.
Ma non ho ancora capito, con la mia cultura fasulla,
se fosse soltanto schizzato o se stesse facendo una burla.

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