mercoledì 18 ottobre 2006

di me



Sono nato in Ortigia, l'isolotto a forma di anatra che costituisce il nucleo storico di Siracusa da oramai 2.740 anni.In fondo a Via della Maestranza, a pochi passi dal Belvedere san Giacomo. Una piazza alta sul mare aperto che nessuno chiamava in quel modo agiografico: per tutti i siracusani era "facci 'e rispirati", in omaggio a tutti quei poveracci che avevano scelto di porre fine alla propria miserabile vita schiantandosi sugli scogli sottostanti. E questo dovrebbe dirla lunga sul senso della morte proprio di quei 'due volte' isolani. Quel senso della morte che faceva sì che noi, bambini, ci si alzasse presto, la mattina del 2 novembre, per scoprire cosa ci avessero portato in dono i morti. Mai saputo niente di babbo natale, io! Erano i morti a portarci i regali, proprio perchè la commemorazione dei defunti non doveva riguardare i bambini. Per loro, i bambini, il 2 novembre doveva essere la "Festa" dei Morti.
Sono nato in una fredda mattina del 1953; l'anno in cui, in tutto il sud, l'emigrazione aveva toccato il suo record ineguagliabile. Ho visto la luce in una casa non proprio grande dove ad aspettarmi c'erano due genitori ed una sorella. Restammo in quella casa per ancora quattro anni, fin quando nel '57 ci assegnarono una casa popolare nell'immediata periferia. Lasciai Ortigia con pochi ma vividi ricordi di quegli anni. La gente seduta davanti alla porta, fino a tarda notte, nelle calde serate d'estate. Mio padre che pescava dalla balconata sul mare, quando tornava dal suo lavoro di operaio. E poco altro. Il nuovo quartiere mi accolse coi suoi campi di grano dietro casa. La città cambiava piano piano. Automobili e televisori cominciavano a diffondersi e l'insediamento del più grande polo chimico d'Europa vi appose sopra un bel timbro con su scritto MONTEDISON. Fu quel che fu. Lavoro e reddito per tanti che ne erano stati esclusi fino a quel momento (in modo continuativo, per lo meno). Distruzione sistematica dell'ambiente. Quella città così piena di luoghi magici, venne stuprata nella sua integrità ancora una volta. Dopo le tante invasioni, dai greci ai romani ai normanni agli arabi, allo sventramento fascista di Ortigia, arrivò la montedison coi suoi bei tuboni di 2 metri di diametro a prelevare l'acqua "incantata" della fonte Ciane. Incurante del fatto che in seguito a questo, Proserpina non avrebbe più potuto lasciare l'Ade per i suoi sei mesi da passare ogni anno con la madre Demetra. E, a parte gli antichi miti, Siracusa venne trasformata in una città operaia. Da artigiana in operaia. E noi crescevamo in quel clima e non potevamo non sentirne gli effetti. Il 2 dicembre 1968 ci lasciò attoniti, ma non ci colse di sorpresa.Eravamo pronti. La notizia arrivò da Avola, come un fulmine, davanti e fin dentro le scuole. "La polizia ha sparato sui braccianti disarmati, ne hanno fucilato due di loro". Niente più sarebbe stato lo stesso. Una fiumana di giovani cominciò a riversarsi per le strade, e per qualche tempo non avrebbe smesso. Quasi due anni dopo, nell'ottobre del 1970, ero alla stazione a prendere quel treno arruginito che mi avrebbe portato a Firenze. Ma questa è un'altra storia.

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